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Non c’è niente da fare: io non li vedo! Mi ha spiegato che il mio approccio è quello del cacciatore primordiale, anzi addirittura dell’ancestrale predatore che è rimasto in noi. Il felino sta immobile in attesa che la preda dia un segno della sua presenza, un passo, un respiro, un minimo percettibile movimento… se tutto resta immobile le due figure sono elementi di un paesaggio statico, di una confusa fotografia, insoliti personaggi di un duello in un torrido far west che si studiano con le mani pronte vicine alle pistole, ma sempre salde a debita distanza, in attesa, poi, è un attimo, basta una lieve vibrazione, uno spostamento d’aria, un muscolo che si contrae e, in quell’istante, solo allora, con uno scatto improvviso e fulmineo, il cacciatore si avventa sull’incauto bottino, e il pistolero del film (quello bravo) fa fuori l’avversario. Soluzione: tu non sei un primitivo cacciatore, devi prendere coscienza della millenaria evoluzione del tuo intimo homo sapiens e comportarti di conseguenza. E’ evidente che, se l’occhio è rimasto indietro in questo processo evolutivo, occorre sfruttare l’indiscusso progresso del cervello: se la preda non si muove, mi muovo io (un po’ la storia di Maometto e la montagna). Guardo l’immota sparagina e, nell’osservare il nascondiglio della mia preda, muovo la testa cercando nuovi punti di vista sull’oggetto, a questo punto, per un magico effetto ottico, tutto si muoverà tranne il solingo e fisso asparaghino, ormai indifesa preda. Da domani basta frittate di antilopi e gnù! |
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