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Un punto di vista......

Post n°193 pubblicato il 05 Febbraio 2006 da annisexanta
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Differente....

Carla Corso e Ada Trifirò si occupano dell’assistenza alle prostitute e lottano per il riconoscimento dei loro diritti, tra cui quello della possibilità di dichiarare il reddito da prostituzione. Insieme hanno curato "… e siamo partite. Migrazione, tratta e prostituzione straniera in Italia": una raccolta di testimonianze di donne migranti, giunte in Italia e diventate prostitute. Non tutte sono vittime dei trafficanti che vivono della compravendita di persone, alcune sono arrivate nel nostro paese richiamate da mariti e fidanzati per sapere solo poi quello che sarebbero andate a fare. Tutte loro sono partite per migliorare la loro condizione personale e sociale, abbandonando il disagio e la miseria dei paesi di origine.
Storie di vite che escono fuori dalla narrazione collettiva mediatica, che le declina sotto la generica definizione di "vittime". Le autrici del libro insistono soprattutto su questo punto: "Riconoscere a queste persone solo il ruolo di vittime – scrive Corso nella prefazione – le trasforma in oggetti nelle mani dei trafficanti. Non sono mai presentate come soggetti della fuga, determinate ad accettare grandi disagi pur di cambiare il loro destino. Non si parla mai del denaro che mandano a casa, che serve a garantire la sopravvivenza della famiglia e il benessere delle comunità di appartenenza, esattamente come tutte le rimesse in denaro degli ‘immigrati buoni’". Il denaro che le prostitute guadagnano con il loro lavoro le emancipa: una volta pagati i debiti, liberate o scese a patti con chi le sfrutta, riescono spesso a trovare una casa, avviare gli studi, cercare un nuovo lavoro, richiamare in Italia i loro cari. Molte riconoscono che gli impieghi delle loro connazionali – colf o badanti – sono altrettante forme di schiavitù, per giunta meno redditizie.
Colombiane, nigeriane, moldave. Non si tratta di racconti lieti, ovvio: l’avvio della prostituzione – soprattutto se in strada – è uno choc, a cui tutte però dichiarano di essersi abituate in fretta, così come hanno imparato a difendere la salute, a evitare le aggressioni, a chiedere il giusto compenso. Colpisce anche l’occhio con cui vedono i loro clienti: nessuna li giudica male, molte raccontano di uomini che le hanno aiutate a denunciare gli sfruttatori, a ottenere il permesso di soggiorno, a trovare lavoro; alcune ritengono che la messa al bando della prostituzione li renderebbe ancora più aggressivi di quello che sono nelle loro case, con mogli e figli.
Diana, Mailinda, Mary: non conoscono quale sarà il loro futuro, ma sanno per certo che non rimetteranno più piede nella terra di origine, anche se amata. In Italia, nonostante tutto, vivono decisamente meglio .

 
 
 
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