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Viva la Juventus...

Post n°330 pubblicato il 16 Maggio 2006 da annisexanta
 

...Abbasso Moggi, uno dei tanti (troppi) Uomo falco


 (Corriere.it 13 maggio 2006)

«Da juventino dico: vadano all’inferno di Dante»

Vittorio Sermonti: «Se uno ama una donna, continua ad amarla anche se diventa una donnaccia»

ROMA — Ahi serva Juve... A questa Juventina Commedia, lo sfegatato dantista e autorevole tifoso Vittorio Sermonti dice che dedicherebbe una terzina sempre buona: «Ahi serva Italia, di dolore ostello,/ nave sanza nocchiere in gran tempesta,/ non donna di province, ma bordello! ». E se Facchetti è un Brindellone, «ditemi chi voi siete e di che genti», quel diavolo d’un Moggi, un Malacoda; il demoniaco Giraudo, un Draghignazzo; e Bettega, un luciferino Farfarello... «Questa triade, credo che Dante la ficcherebbe tutt’insieme fra i barattieri». Barattieri? Fuori il bigino: Inferno, canto XXI, bolgia quinta, quelli che vissero d’inganni e profittarono delle cariche per tornaconto personale... «Quelli. Immersi nella pece bollente. Ma là non ci metterebbe solo Moggi. E non solo gli juventini. Mi sembra ci siano già nuovi arrivi».

Tre peccatori, una schiera d’anime in pena. Romano da 77 anni, gobbo da settanta, Sermonti è pronto al peggio: «Sarei scemo, altrimenti. Uno ama una donna tutta la vita e se poi si rende conto che ha fatto la puttana, la ama lo stesso. Lo stile Juve ormai era una gran fregnaccia. C’era discrezione della dirigenza ed eleganza dei giocatori, una volta. Se la mandano a battere negli angiporti della B, meglio: andremo a vederla in quattro, come ai tempi del Comunale che amavo anche quando si chiamava stadio Mussolini e si stava appoggiati alle ringhierette e non c’erano queste orrende tribune vip tutte uguali». A quelle tribune, Sermonti già da tempo «avea del cul fatto trombetta», perché «Moggi è un ‘‘romano’’ con quella vanteria e furbizia un po’ losca che suscitava un trepidare di giornalisti, ma che io detestavo: niente di meno juventino in quella gente, a parte Giraudo che è notoriamente torinista». La Juve, Sermonti l’amava quando aveva una sua «scalcinata nobiltà», 1937-1951, «una squadra arrembata e sconfitta, ho aspettato anni per lo scudetto: eravamo un’enormità di fratelli, la domenica sera mi toccava il bagno solo se la Juve vinceva, ma finiva che io non mi lavavo mai.

Durante la guerra, era il mio modo per viaggiare con la mente: Triestina-Juve, oh, chissà com’è Trieste! Adoravo certi nomi: il Livorno, l’Atalanta. Mi piaceva quella casacca a righe copiata dal Newcastle, niente a che vedere con un Roma-Juve che ho visto con le maglie beige, orrende, imposte dal marketing. Agnelli diceva: mi occuperò della Juve finché mi emozionerà vedere queste maglie. Io m’innamorai di quel bianconero elegante, non vinaccia-arancione come la Roma, e di quella J d’un inesistente latino: quando hai sette anni, inutile, la J fa una gran differenza ». Tifo bambino. «Una volta domandai all’Avvocato se il tifoso che si portava dentro era un bambino o un adolescente. Disse «bambino!», di getto, come dovesse scegliere Platini o Magrin. Questa bambinezza un po’ arrogante: è così, lo juventino». Anni luce... «Non cado dalle nuvole. La Gea è oscena, chi non depreca i poteri forti? Però io temo i poteri deboli, molto più diffusi. Milan, Roma, Inter, tutto questo materasso di bontà. Non fanno che lagnarsi: il fallo di Iuliano su Ronaldo l’hanno mostrato più delle Twin Towers».

Le memorie di Sermonti: «Un tiro a Roma di Cuccureddu, uno che non era di classe suprema, 40 metri, o la va o la spacca, e la Juve che vince il campionato»; «il 3 a 2 al Brasile, con mezza Italia che gufava perché la Nazionale era tutta Juve». I miti letterari: «Mario Soldati e uno degli anni 60, Salvatore Bruno: hanno scritto le cose più belle sulla Juve ». Gli eroi: Gabetto «anche quando giocava nel Grande Torino, che era una squadra di prepotenti ma mi piaceva»; Platini, «perché mio figlio si ricorda ancora che da bambino giocò con lui a casa sua»; «la furia cieca di Nedved e quel signore di Thuram ». E Prandelli, «ecco uno stile Juve, uno che dice le cose dirette e non è mai volgare».Maessere juventini non era correre sempre in soccorso del vincitore? «Che scemenza. Il potere è il Milan. Quando Berlusconi ha costretto Zoff a lasciare la Nazionale, la Federcalcio non ha detto una parola in sua difesa. La Juve è Fiat e quando la fabbrica era in crisi, s’è visto quant’era odiata: più a Torino che a Roma».

Però anche Peppino Prisco, a chi gli chiedeva di commentare il solito favore alla Juve, un giorno se la cavò dicendo «ormai ho 80 anni, giovanotto, e non vorrei che Dio fosse bianconero...». Di Paradiso, Sermonti sa qualcosa: «Non credo che Prisco abbia corso questo pericolo. Dio non è imparziale. Ma forse è della Ternana».(Francesco Battistini)

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