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LA MUSICA IMMAGINATA

Messaggi del 04/02/2008

riproPOST; un anno fa

Post n°932 pubblicato il 04 Febbraio 2008 da annisexanta
 

"Gloria ai duecento anni di storia

del carnevale senza storia"

Penso francamente che, a parte le arancie, soprattutto quando

colpiscono i bersagli, questo Carnevale di Ivrea sia il più vivo di

quanti ne fioriscano in Italia. Il più vivo nel senso che esso non vien

periodicamente resuscitato da un letargo, com'è di parecchi carnevali

che finiscono per camminare per le strade dinoccolati e sonnolenti,

provocando una smorfia che sta fra la risata e lo sbadiglio. No. Il

carnevale di Ivrea non è la rappresentazione coreografica di un mondo

di carta pesta. Le maschere non esistono. Qui non si canta o non si

esalta una finzione. Questo carnevale non è il regno degli arlecchini.

Forse quello che rappresentano i vari riti non sarà esistito, ma questa

proiezione d’una leggenda s'è materiata per virtù d’uno spirito

patriottico, per uno specialissimo ardor d’amore alla terra natìa. La

"cerulea" Dora ha tessuto sotto l’arco canavesano tante canzoni e non

c'è alcuno che non le abbia ascoltate e imparate, lieto di credervi,

come si è lieti di credere a tutte le cose che ci vengono per prime

insegnate. A Ivrea non troverete nessuno che creda sul serio alla

leggenda della bella mugnaia, a questa specie di Giuditta provinciale,

vendicatrice delle angherie erotiche d’un marchese voglioso, eppure

guai se qualcuno osasse mettere in burletta questa personificazione

romantica. La mugnaia esce da un sogno, ma vive in una realtà. La

realtà ch’essa rappresenta brilla d’una dolce e lucente poesia. È la

poesia della famiglia, della castità delle nostre spose,

dell’indissolubilità dei legami dell’amore.

Chi ha mai pensato di esaltare tutto ciò in un carnevale? Cos'è questa

creatura di carne ed ossa, scelta or fra le ricche famiglie or fra il

popolo, ed egualmente onorata, che vien portata in un corteo pittoresco

di false autorità, con un cerimoniale rigidamente rispettato? Cos'è

questo atomo di verità umana, questo palpito nostro, questo respiro

vivente di bellezza che viene trascinato da generali che non lo sono,

da cancellieri, da ufficiali, da paggi, tutti usciti dal guardaroba del

Comune? È la poesia del popolo che non muore, più alta e più eterna di

quella d’ogni suo poeta, e ch’esso sa conservare viva e profumata anche

nella naftalina delle vecchie monture da operetta..

(...)

Non ho mai visto ricever delle maschere con tanta serietà. C'è una

specie di anacronismo psichico che turba la nostra sensibilità. Una

doccia svedese per lo spirito. Il frac del prefetto e le alabarde

allineate sulla via, all’uscita. Questo segretario in parrucca e col

librone dei verbali, questo vistoso generale e questi marrons glacés

napoleonici per fragranza... No: questo non è un Carnevale: è il

calendario della vita che è andato a catafascio, è un rigurgito dagli

abissi della storia sui nostri sentieri faticati.

(tratto da-passeggiate curiose, la storia del carnevale

senza storia, Corriere Della Sera-4 marzo 1930)

-cliccascolta-(aspetta che si apra la gif)

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