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Noi dobbiamo essere i genitori

Post n°123 pubblicato il 09 Ottobre 2008 da lapassante0
 

(...) La letteratura postmodernista si è a lungo concentrata sui "postumi" seguiti alla sbornia del moderno. Gli autori postmoderni hanno sviluppato un tipo di ironia che all'inizio aveva un valore critico, e io sono contento che quei libri siano stati scritti, amo alcune di quelle opere, penso che dobbiamo tenere il buono e portarcelo appresso lungo la via, scartando quello che non ci serve più; oppure, se preferite un'altra metafora, dobbiamo ricostruire su quelle fondamenta, ma per ri-costruirci sopra dobbiamo prima demolire la casa squinternata che c'è adesso.
Il problema del postmodernismo è che ha generato un esercito di seguaci e imitatori, e presto si è ubriacato di se stesso, si è intossicato della propria ironia, del proprio sarcasmo e disincanto. L'ironia si è fatta sempre più fredda e anaffettiva, il che era perfetto per il nuovo spirito dei tempi: il disincanto ha invaso e impregnato l'intero paesaggio artistico e mediatico, finché a un certo punto, probabilmente durante gli anni Ottanta, è diventato il sentimento dominante nella cultura occidentale. Nulla andava più preso sul serio. Se prendevi qualcosa sul serio, facevi la figura del seccatore.

Vorrei citare lo scomparso David Foster Wallace. Questo è uno stralcio da una famosa, classica intervista rilasciata a Larry McCafferty per la "Review of Contemporary Fiction", estate 1993. E' l'ultimissima risposta, ed è molto interessante:

Questi ultimi anni dell'era postmoderna mi sono sembrati un po' come quando sei alle superiori e i tuoi genitori partono e tu organizzi una festa. Chiami tutti i tuoi amici e metti su questo selvaggio, disgustoso, favoloso party, e per un po' va benissimo, è sfrenato e liberatorio, l'autorità parentale se ne è andata, è spodestata, il gatto è via e i topi gozzovigliano nel dionisiaco. Ma poi il tempo passa e il party si fa sempre più chiassoso, e le droghe finiscono, e nessuno ha soldi per comprarne altre, e le cose cominciano a rompersi o rovesciarsi, e ci sono bruciature di sigaretta sul sofà, e tu sei il padrone di casa, è anche casa tua, così, pian piano, cominci a desiderare che i tuoi genitori tornino e ristabiliscano un po' di ordine, cazzo... Non è una similitudine perfetta, ma è come mi sento, è come sento la mia generazione di scrittori e intellettuali o qualunque cosa siano, sento che sono le tre del mattino e il sofà è bruciacchiato e qualcuno ha vomitato nel portaombrelli e noi vorremmo che la baldoria finisse. L'opera di parricidio compiuta dai fondatori del postmoderno è stata importante, ma il parricidio genera orfani, e nessuna baldoria può compensare il fatto che gli scrittori della mia età sono stati orfani letterari negli anni della loro formazione. Stiamo sperando che i genitori tornino, e chiaramente questa voglia ci mette a disagio, voglio dire: c'è qualcosa che non va in noi? Cosa siamo, delle mezze seghe? Non sarà che abbiamo bisogno di autorità e paletti? E poi arriva il disagio più acuto, quando lentamente ci rendiamo conto che in realtà i genitori non torneranno più - e che noi dovremo essere i genitori.

dfw1.jpgDa quell'intervista sono passati quindici lunghi anni, Wallace non è più tra noi e finalmente capiamo quanto avesse ragione. Noi dobbiamo essere i genitori, i capostipiti, i nuovi fondatori. Abbiamo bisogno di riappropriarci di un senso del futuro, perché sotto il sole sta accadendo qualcosa di radicalmente nuovo. E' un pericolo senza precedenti, è un GROSSO problema e il disincanto non è la soluzione migliore.

(tratto da "Noi dobbiamo essere i genitori", Wu Ming1)

 
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La ragione l'è dei bischeri

Il fiorentino ama la rissa (verbale) , il dissenso aperto, la battuta pronta e diffida di chi gli dà facilmente ragione, perché ci tiene ad averla, ma quando si sente dire "L'ha ragione, l'ha ragione..." sospetta che lo si prenda in giro (per bischero) e che uno gli dia ragione per poter continuare a fare quello che gli pare.

In passato era ben vivo il gusto per le allusioni, la battuta con o senza doppio senso da cogliere al volo o dimenticare per sempre. Perché una battuta spiegata è un disastro. (Caterina)

Io con Caterina, la mia sorellina di cuore...

I Fiorentini sono dei passionali trattenuti e la fiorentinità è loro scudo. Prendono in giro gli altri soprattutto quando fanno cose che farebbero anche loro, in un festival perverso di autoironia. Questo scudo li rende spesso un po' chiusi, un po' orsi, tanto sono diffidenti, sospettosi, sempre pronti a pensare che gli altri li vogliano fregare. Ma è anche la loro salvezza: Firenze difficilmente si plasma, difficilmente si piega. Il loro terreno non è fertile per chi vuole piazzare le tende delle limitazioni alla libertà, e di questo i Fiorentini ne saranno sempre tremendamente orgogliosi e fieri! (Sandro)

I miei amici con i quali condivido la mia passione viola... Sandro, Caterina, Cristian, Simone e Salvatore, intelligenza e cuore: persone splendide.

 

E LA FIORENTINA

E’ tutto peggiorato nel mondo, non solo nel calcio, e allora bisogna partire da se stessi: in Italia si amano i riti, anche quelli falsi, evidenti, ridicoli… il calcio è un po’ tutto questo. Non so se siamo tifosi idioti, ma so che siamo veramente innamorati e che allo stadio andremo ancora. E sia chiaro:  non vogliamo regali, anche perché sappiamo che così è più bello vincere e non ce ne frega niente se siamo gli unici a farlo (o forse qui mi illudo?). Siamo rimasti solo noi? E allora diamo il meglio di noi stessi, non ci pentiremo, ma soprattutto teniamoci ben stretta la nostra diversità.

... penso all’urlo collettivo di Firenze, a quel modo di gridare al mondo la propria voglia di esserci.
Non esistono tifoserie capaci di esplodere d’amore infinito come i fiorentini. Una parte dell’Italia se ne è accorta, ma sinceramente non ci interessa… in fondo quelli che ora ci fanno i complimenti, sono gli stessi che hanno cercato di distruggerci… ipocriti…
Ci guardiamo in faccia e ci accorgiamo di avere negli occhi una luce nuova, intensa, brillante…quella luce è la Fiorentina. Hanno provato a portarcela via, non ci sono riusciti. E sapete perché? Immaginate di chiudere gli occhi, di riaprirli e accorgersi di vivere un sogno vero. Un sogno chiamato Fiorentina. Squilla il telefono, è un’amica, non tifosa, ma evidentemente contagiata…”Chiara, sono strafelice per te…un amore sincero non muore mai”.

 

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