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Leggo sui giornali di stime di caduta del PIL nazionale dell'ordine del 4%. Leggo del nostro stimato Consiglio dei Ministri nella Sua versione più autentica ed unipersonale che vaticina venti milioni di disoccupati nel prossimo futuro. Immagino, leggendo così distrattamente, che si riferisca a qualche entità politica e sociale un po' più grandicella della nostra povera Italia, visto che venti milioni di disoccupati in Italia a occhio sono circa metà della popolazione attiva. Leggo di operai e impiegati licenziati che sequestrano imprenditori e managers. E insomma, leggo, leggo, leggo e penso: ci siamo! E' iniziato il 1930. Ma come è che casca tutto, prezzi delle azioni in primis, delle quali, con rispetto parlando, ma non gliene importa granché ormai più a nessuno (chi ha perso, ha perso e preferisce non pensarci più se no gli girano le cocones a mille), ma i prezzi del latte, del pane, delle verdure e della carne, quelli non cascano? Non che me lo auguri più di tanto, ma se uno rimane disoccupato e deve campare per un po' con i risparmi accumulati o vendendosi casa (provaci se ci riesci!), allora se iniziano a cadere anche i prezzi di quel che gli serve per sopravvivere magari un aiutino glielo dà, no? Oppure i prezzi calano sì, ma per mezzo del prendi tre e paghi uno, che significa riempirsi la casa di vettovaglie e poi correre a tenere dietro alle date di scadenza dei prodotti. Mangiare, mangiare, mangiare, solo per avere contezza di non aver buttato via i propri soldi avendo comprato cinque chili di asparagi che fanno fare tanta pipì santa. Insomma la recessione non dovrebbe anche far calare i prezzi? Si inizia? O l'equilibrio economico delle aziende si fa solo producendo meno con meno persone a prezzi costanti?
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