Creato da vincenza.ferrante il 01/12/2008

L'ANGELO "ARIANNA"

Il mio angelo è mia figlia Arianna nata prematura ed è affetta da tetraparesi spastica e non vedente, ma nonostante ciò è una bambina solare.

 

 

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malattia rara

Post n°8 pubblicato il 11 Giugno 2009 da vincenza.ferrante

Non solo la diagnosi di malattia rara, ma un qualsiasi tipo di diagnosi che evidenzi a carico di un figlio una patologia cronica, è per i genitori e per tutta la famiglia un’esperienza carica di dolore. Tali questioni si amplificano nel momento in cui ci si sente responsabili per la disabilità del proprio figlio e può succedere che dopo un’iniziale fase di shock e di incredulità, si passi ad una fase in cui emergono vissuti di rabbia, vergogna, ansia, spesso mescolati a senso di inadeguatezza e di colpa, dove l’aspetto più doloroso è il constatare che, in qualche misura, si è implicati nella malattia del figlio. Talora anche la relazione di coppia e le relazioni familiari vengono messe a dura prova e si può anche assistere allo scioglimento dei legami familiari. Molte volte, invece, i genitori, soprattutto se accompagnati in questo processo di adattamento, riescono a trovare le risorse necessarie per riorganizzare le proprie relazioni familiari salvaguardando il benessere di ciascun componente della famiglia”.

Ma tutto questo non basta – continua -. Comunicare una diagnosi, soprattutto se è effettuata precocemente, al momento della nascita, implica non solo fornire nel modo più chiaro possibile dei concetti sulla patologia, ma significa anche prestare attenzione al fatto che i genitori sono alle prese con un momento della vita intensamente drammatico. In questo senso sarebbe importante gestire la comunicazione della diagnosi non come unico momento, ma come processo che coinvolga più figure professionali che sappiano da un lato fornire informazioni mediche chiare e specifiche e dall’altro garantire un accompagnamento e un sostegno ai genitori. Occorre, inoltre, sottolineare l’importanza del comunicare la diagnosi ad entrambi i genitori congiuntamente, modalità non sempre usuale nella prassi medica. Comunicare la diagnosi ad uno solo dei genitori significa infatti, da un lato lasciarlo solo in preda al suo dolore, dall’altro lasciargli l’onere di dover comunicare la notizia drammatica all’altro. Inoltre, seppur in seconda battuta, anche gli eventuali fratelli sani del bambino disabile, trovando un modo adeguato all’età, alle capacità e al ruolo da loro rivestito, devono essere messi a conoscenza delle difficoltà del fratello e aiutati a comprenderle”.

 
 
 
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