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CIAO GABBO... ONORE!
"Si può morire così, per giunta dormendo? Qualcuno ci deve dire perché. Se parliamo di perdono dobbiamo parlare di giustizia e questa è una morte che chiede giustizia. Ci sarà una giustizia divina sulla quale nessuno può permettersi di parlare, ma ci deve essere anche una giustizia umana, che non sia una vendetta ma che aiuti per quanto possibile a placare gli animi di tanti di noi".
Dall'omelia pronunciata da Don Paolo Tammi durante il funerale di Gabriele Sandri.
In memoria di Gabbo, fratello di questa Urbe Immortale... al di là dei colori
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Viene dopo tante finte battaglie, il giorno in cui c'è da fare sul serio, e si ristabiliscono di colpo le gerarchie naturali:
avanti gli ultimi, i dimenticati, i malvisti, i derisi. Essi ebbero la fortuna di non fare carriera, anzi di non volerla fare, di non smarrire le proprie virtù nel frastuono degli elogi mentiti e dei battimani convenzionali.
Essi ebbero la fortuna di assaporare amarezze sane, ire sane, conoscere lunghi silenzi, sacrifici ostinati e senza lacrime, solitudini di pietra, amicizie non sottoposte all'utile e non imperniate sull'intrigo.
Berto Ricci
KAISERSLAUTERN, 26 GIUGNO 2006:
Lettera della squadra al Presidente Sensi
Ciao Presidente,
ci affidiamo a queste poche righe per dirti tutto quello che a volte magari non siamo riusciti a trasmetterti a voce o attraverso i gesti e i comportamenti.
Qualcuno di noi Ti ha conosciuto dal giorno in cui sei diventato “Il Presidente”, qualcuno ti ha incontrato durante i Tuoi 15 anni di presidenza e qualcuno Ti ha conosciuto da poco, ma in ognuno di noi è rimasto impresso il tuo sguardo profondo, carico di umanità, pur se determinato e a volte, forse per chi Ti conosceva troppo poco, anche un po’ duro, ma nessuno di noi può dimenticare la passione con cui ci hai sempre seguito, anche quando non eri presente fisicamente. Sei sempre stato vicino a noi, a volte come Presidente, altre come un secondo padre.
In questi anni hai saputo coniugare sport e solidarietà umana e sociale, senza mai perdere i valori morali che sono propri dello sport. Hai fatto tanto per la Roma e per Roma, le tue passioni dopo l’amore per la tua famiglia, e i romani e i romanisti – e non solo loro – ti hanno accompagnato con dignità e riservatezza, così come Tu hai affrontato la Tua ultima battaglia, una delle tante ma sicuramente la più dura.
Noi non Ti lasceremo solo e non lasceremo sola la Tua famiglia e la famiglia romanista; la nostra forza sarà l’unione e faremo il possibile per farti sorridere da dove sarai, uno di quei tuoi sorrisi che ci regalavi quando venivi in spogliatoio per darci la carica.
Ciao Presidente, Tu sei sempre con noi.
Il gol di De Rossi alla Fiorentina commentato dal grandissimo e compianto Alberto D'Aguanno
Serie A: 18^ Giornata:
Chievo-Inter
Atalanta-Napoli
Bari-Udinese
Cagliari-Roma
Catania-Bologna
Lazio-Livorno
Parma-Juventus
Sampdoria-Palermo
Siena-Fiorentina
Milan-Genoa
Classifica:
- Inter 39
- Milan* 31
- Juventus 30
- Roma 28
- Parma 28
- Napoli 27
- Palermo 26
- Sampdoria 25
- Bari* 24
- Chievo 24
- Fiorentina* 24
- Genoa* 24
- Cagliari* 23
- Udinese* 18
- Livorno 18
- Bologna* 16
- 16
- Atalanta* 13
- Catania 12
- Siena 12
* una partita in meno
Marcatori Giallorossi in Campionato
9 reti: Totti.
4 reti: De Rossi.
3 reti: Vucinic.
2 reti: Perrotta, Brighi, Burdisso.
1 rete: Taddei, Mexes, Riise, Menez, Cassetti.
Giudice Sportivo
Multe all'A.S. Roma nel corso della stagione:
€ 77.000,00
Squalificati per la prossima gara di campionato:
Espulsi nell'ultima partita:
5 ammonizioni.
De Rossi.
4 ammonizioni:
Cassetti, Pizarro, Menez, Perrotta.
3 ammonizioni (in diffida):
Totti.
2 ammonizioni:
Vucinic, Andreolli, Mexes, Burdisso.
1 ammonizione:
Taddei, Okaka, Cerci, Vucinic, Doni, Riise, Motta, Guberti, Brighi.
Prossime gare AS Roma
6 gennaio, 18^ giornata:
-
9 gennaio, 19^ giornata:
-
12 gennaio, Coppa Italia, Ottavi di Finale:
-
Europa League
Sedicesimi di Finale:
Panathinaikos-Roma (18 e 25 febbraio)
Marcatori giallorossi in Europa League:
11 reti: Totti.
3 reti: Menez, Okaka, Cerci.
2 reti: De Rossi, Riise, Vucinic.
1 rete: Guberti, Perrotta, Andreolli, Scardina.
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« Tonetto rinnova. Interes... | Tonetto: "Ho sempre volu... » |
«Il calcio è bellissimo. Malati siamo noi, non il calcio. Io che esultai all'Heysel non finirò mai di sdebitarmi». A sostenerlo è Michel Platini, oggi presidente dell'Uefa. Una dichiarazione importante, rilasciata a chiusura dell'intervista realizzata da Roberto Beccantini e pubblicata ieri da La Stampa. Parole forti, quelle di Platini, che pure allora disse «quando al circo muore il trapezista, si fanno entrare i clown». Insomma, lo spettacolo doveva continuare, nonostante tutto. Anche se solo per motivi di ordine pubblico, come si disse allora. Parole che fecero forse inorridire qualcuno, ma non erano poi così lontane dalla realtà. Platini, quel giro di campo, insieme a qualche altro compagno, lo fece effettivamente. «E' vero - dice oggi Antonio Cabrini, anche lui quella sera in quell'assurdo e surreale Juventus-Liverpool - ma più per portare un segno di vicinanza ai nostri tifosi, che per esultare per la vittoria». Si poteva evitare? «Una cosa che avremmo potuto fare - continua l'ex terzino bianconero - e che ci venne in mente solo poi, perché in quei momenti non è certo facile mantenere la lucidità, sarebbe stata portare la coppa sotto la curva e posarla lì, come un mazzo di fiori con cui onorare chi era rimasto vittima di quell'atrocità».
Trentanove i morti quella sera in quel settore Z dello stadio di Bruxelles. Trentanove tifosi rimasti schiacciati sotto il peso della curva che veniva giù. Con gli inglesi, ubriachi, che premevano, e gli italiani che si ammassavano l'uno sull'altro, senza vie di fuga. «Uno stadio vecchio, fatiscente - ricorda Zibì Boniek - e che dovrebbe ancora insegnarci molto. Anche se non vedo, qui in Italia, l'interesse a costruire stadi diversi e investire in nuove infrastrutture». Zibì ricorda ancora: «Un'esperienza terribile. In cui ci trovammo a giocare perché costretti e non perché volessimo. Basti dire che in campo c'erano già l'arbitro e la squadra del Liverpool, mentre noi eravamo ancora negli spogliatoi». Si disse che i giocatori non sapevano. «Non è vero. Tutte balle quelle secondo cui lo scoprimmo solo l'indomani. Meglio, non conoscevamo il numero esatto delle vittime, ma sapevamo certamente che era venuta giù una struttura e che c'erano stati dei morti». Una questione ancora controversa. Sergio Brio, e con lui altri compagni di allora, da Paolo Rossi a Luciano Favero e a Stefano Tacconi, dicono in coro che: «la notizia arrivata negli spogliatoi parlava di un solo morto e qualche ferito». «Anche se questo, ovviamente, non giustificava comunque eventuali festeggiamenti» ribadisce Cabrini.
«Personalmente, non mi sono mai vantato di aver vinto quella competizione - continua Zibì - Quanto alla partita, che pure è stata la mia ultima con la maglia bianconera, la giocammo per davvero. Una volta scesi in campo, del resto, non avevamo altra scelta. Anche perché se avessimo perso, ci avrebbero accusato di non aver onorato i morti, così come ci hanno rimproverato di gioire per aver vinto. Penso anche di non dovermi sdebitare con nessuno. Capisco Michel, che è un uomo intelligente e che, per il ruolo che ricopre oggi, è giusto che dica questo. Anche se dopo ventidue anni. Io posso dire di aver rinunciato, dopo due giorni, al premio partita di 100 milioni di lire di allora, che chiesi di girare ad un fondo creato per le vittime». Anche Boniek conferma che «non fu esultanza, quella, ma rabbia, che avevamo dentro. Io partii subito dopo la gara, perché l'indomani dovevo giocare in Albania, con la mia nazionale. Arrivai a Tirana alle 5 del mattino. A mezzogiorno andai in campo e vincemmo 1-0 con un mio gol. Per dire di quanto ero carico…».
«Purtroppo è vero che quella sera ci furono forse delle espressioni di gioia, che mal si inserivano in quel contesto» ripete Cabrini. Ma veramente non eravamo al corrente di cosa fosse realmente successo. Sapevamo di grossi problemi nei due settori, contigui, occupati da italiani e inglesi, ma non più di questo. Giocammo perché costretti. Ci spiegarono che sarebbe stato peggio non farlo. E ancora oggi sono convinto che quella sia stata la scelta più giusta». Una partita che, a molti, sembrò quasi "finta". E, almeno in parte, orientata dall'arbitro, lo svizzero Deina, per dare la vittoria alla Juventus: «No. Una volta in campo, fu partita vera, anche se il rigore onestamente non c'era, il fallo era fuori area. Ma l'arbitro era vicino a me, a metà campo, molto distante dall'azione, e ci sta che non abbia visto bene».
La frase di Platini ha certamente pochi precedenti. «Ricordo che già Tardelli - dice ancora Cabrini - disse qualcosa del genere un paio d'anni fa, in un'intervista televisiva. Si scusava, insomma, per quell'esultanza, aggiungendo però, anche lui, che non sapeva…». Quanto quella partita pesi ancora nel ricordo di chi la giocò lo conferma Tacconi, che quella sera parò di tutto e di più: «Basti dire che è stata la partita più importante della mia vita, forse la mia migliore in assoluto. Eppure, ancora oggi non posso raccontarla…».
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