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I Camuni

Post n°1297 pubblicato il 08 Marzo 2017 da blogtecaolivelli

b) scene di guerra e di artigianato: gli scambi commerciali

Alcune figurazioni mostrano scene di lotta che si svolgono secondo "il canone celtico", che vedono come protagonisti dei guerrieri che recano uno scudo con la tipica forma ovale dello scudo celtico. E' il periodo finale della Cultura Camuna (durante l'Età del Ferro), la quale appare inequivocabilmente Celtica; pur tuttavia le popolazioni continuano a portare avanti la tecnica incisoria rupestre, a differenza di altre in Europa nello stesso periodo.

I Camuni, durante l'età del Ferro, utilizzarono vari tipi di armi, che possiamo riconoscere dalle incisioni rupestri (pugnale, spada, ascia e lancia; uso dell'arco e della freccia); una menzione merita un'arma molto simile al boomerang, che è comune a tutte le popolazioni celtiche: essa era costituita da una sorta di ascia con il manico leggero flessibile, lunga circa mezzo metro che, se lanciata con abilità, tornava indietro in mano al lanciatore. I romani chiamavano quest'armacateia, e il poeta Virgilio nell'Eneide la include tra le armi da guerra. Su alcune rocce di Naquane si ritrovano tre esemplari di quest'arma.

Dall'arte rupestre si intuisce che i Camuni conoscessero bene le lotte fra gladiatori, cosa che si pensa importarono dagliEtruschi, la cui potenza era già estesa nella Valle Padana nel V sec. a. C. I Romani quindi imitarono soltanto una pratica già antica di sette secoli quando la impiegarono.

Un'ulteriore analisi comparativa volta ad attestare la "sovrapposizione" delle due Culture, deriva dal fatto che sono molte le raffigurazioni rupestri dedicate alla lavorazione dei metalli, segno che questa attività era molto fiorente nel periodo di datazione delle stesse e che può essere fatto coincidere con l'influenza di una cultura di matrice Celtica.

E' noto come i Celti fossero abili artigiani dei metalli, del legno e della tessitura; tutte attività che nell'arte rupestre Camuna sono rappresentate in maniera notevole. Naturalmente l'arte della lavorazione del legno era sviluppata in Valcamonica già da tempi antichi. L'età dei metalli fu un periodo di grande fioritura della società dei Camuni, aiutati anche dal fatto che la loro zona era ricca di minerali metalliferi (e per questo motivo probabilmente molto ambita). Ma le tecniche di lavorazione le appresero, stando al lavoro degli studiosi, dall'esterno, dai fabbri e dagli artigiani della cultura di Halstatt. Poi seppero rendersi autonomi, e svilupparono il commercio, favorendo l'instaurarsi di scambi con tutta l'Europa, con il Medio Oriente e con l'Egeo.

L'influenza di varie culture è attestata dai petroglifi pervenuti fino a noi e che progressivamente vengono chiariti dagli studiosi, tramite analisi comparative e prospettiche. Si pensi al cosiddetto "pugnale lunato" (lama triangolare e impugnatura a forma di lunetta perpendicolare alla lama stessa), che compare da noi attorno al 2000 a.C. (nelle incisioni rupestri della Valcamonica si ritrova maggiormente inciso tra il 1800 e il 1250 a.C., non senza modificazioni nella forma e nell'impugnatura).

Se ne ritrovano modelli in tutta l'Europa (tombe micenee, monumenti megalitici inglesi, complesso di Stonehenge), ma sono emersi esemplari durante gli scavi a Ur, in Mesopotamia, che risalgono al 3000 a.C. circa; sul finire dello stesso millennio è attestato ad Ugarit (scavi archeologici), e quindi in Egitto, presente durante le dinastie del Medio Regno. E' stato rinvenuto anche negli insediamenti Anatolici Ittiti, e - come abbiamo già detto - presso la civiltà Micenea in Grecia. E' da qui, verosimilmente, che si diffonde per l'intero Mediterraneo e verso il II millennio a.C. compare sulle stele dell'Alto Adige, e sulle rocce Camune.

Quale via lo portò fino a qui? Forse non il mare, ma attraverso i  Balcani (il contatto con la civiltà Micenea è da porsi, infatti, in tempi successivi al 2000 a.C.). Gli studi archeologici hanno confermato come scambi tra la Valcamonica e l'antica Grecia fossero certi: non solo perché le incisioni rupestri mostrano il carro da guerra miceneo condotto da cavalli e armi di foggia micenea, ma perché è stata ricostruita la "via dell' " (3) che, dal Mare del Nord, conduceva all'Adriatico, dove le navi greche attendevano il prezioso carico: dalla Danimarca la strada dell'ambra percorreva il corso del fiume Elba, valicava la catena delle Alpi e passava a non più di sessanta chilometri dalla Valcamonica, poi entrava nella Valle dell'Adige e raggiungeva il mare.

I Camuni seppero inserirsi in questo tragitto, favorendo gli scambi commerciali (importazione ed esportazione), e probabilmente anche tradizioni e costumi spirituali.

Restano parecchi interrogativi, ad esempio come poteva una cultura che praticamente non scriveva, tenere ordinate dette complesse operazioni; inoltre, sono abbastanza esigue le testimonianze di una matematica utilizzata dai Camuni.

Sappiamo anche poco circa il ruolo della donna in seno alla comunità Camuna, così come ancora poco si conosce della loro organizzazione politica e sociale, dei rapporti tra gruppi, insomma sono ancora svariati i punti oscuri di questa millenaria cultura.

c) astronomia ed archeoastronomia: nuove evidenze nella comprensione dell'arte Camuna

Nel 1962 fu scoperta dall'equipe del professor E. Anati una struttura abitativa, presso il Castelliere situato in località Dos dell'Arca, situato a 450 m s.l.m., a est di  Capodiponte. Il prof. A. Gaspani, nella stagione 2000/2001, ha condotto indagini con tecniche satellitari (GPS), georeferenziando il sito ed effettuando misurazioni delle orientazioni delle strutture litiche ivi presenti.

Lo studioso ha esaminato la struttura del muro a secco che delimita l'unità abitativa in questione, valutandola archeoastronomicamente ed è emerso qualcosa di molto interessante. Egli infatti ha desunto l'asse della costruzione, in base all'andamento delle strutture murarie rilevate nel sito, e ha notato che la sua orientazione era in direzione occidentale, verso i punti di tramonto delle costellazioni del Centauro, del Sagittario e della Coda dello Scorpionequest'ultimo asterisco - asserisce Gaspani - già noto in ambito Golasecchiano e, più in generale, Celtico, come obiettivo di allineamenti rilevabili in luoghi di culto presenti nel territorio corrispondente alla Lombardia durante la prima Età del Ferro.

Il Castelliere fu posto in opera durante l'Età del Bronzo e l'abitato fu attivo anche durante l'Età del Ferro, durante il periodo celtico della Civiltà dei Camuni. Ha mura di tipo Megalitico.

Si accenna come l'analisi archeoastromica delle tombe rinvenute in Val Morina (presso Breno), deponga ancora per una correlazione con il mondo Celtico. Scoperta negli anni 1949-50 e datate al V sec. a.C. (Età del Ferro), la necropoli è formata da sei tombe, ben costruite, delimitate da muretti in pietra a secco, profonde da uno a un metro e mezzo, disposte vicine ad andamento tendenzialmente curvilineo. Trattasi di tombe a inumazione corredate di suppellettili ceramici e in bronzo e hanno la particolarità che le prime tre presentano il defunto posizionato con il cranio rivolto verso est, le altre tre rivolto verso ovest. Nella prima il corpo è stato deposto nella nuda terra; il cranio presenta due fori nella nuca, che risalgono con tutta probabilità all'epoca della morte.

In seguito ad una approfondita analisi di tipo archeoastronomico, il prof. Gaspani è giunto alla deduzione che la disposizione tombale attribuita dai Camuni a queste tombe, potrebbe rifarsi a determinate feste Celtiche a noi   L'orientazione di tutte e tre le tombe riporta all'usanza frequentemente riscontrata nelle tombe del mondo celtico lateniano (cultura di La Thene).

Secondo alcune testimonianze che il prof. Gaspani ha raccolto, similitudini con un'altra necropoli si sarebbero potute forse riscontrare a Pressò, pochi chilometri a est di Pisogne (BS), sulla sponda orientale del lago d'Iseo: anni fa, durante gli scavi per le fondamenta di una casa, vennero alla luce alcune tombe a inumazione delimitate da lastroni in pietra infissi verticalmente nel terreno e, al loro interno, fu rinvenuto materiale osseo consistente, ma la necropoli venne distrutta prima che gli archeologi potessero intervenire.

Lo studioso si dichiara più che possibilista sull'influenza Celtica in area Camuna, nella seconda metà dell'Età del Ferro, poiché se ne troverebbero le conferme dalla tipologia delle incisioni rupestri che risalgono cronologicamente a quel periodo storico. L'eventualità che le orientazioni rilevate possano essere dovute alla combinazione di fattori casuali, è praticamente assente.

Una menzione particolare merita il simbolo della "rosa Camuna", definita da un contorno quadrilobato che si snoda intorno a delle coppelle (generalmente nove). Gli esemplari, databili con un certo grado di affidabilità, sono collocabili in un periodo risalente al  IV periodo Camuno, ovvero tra la fine dell'Età dell'Età del Bronzo e tutta quella del Ferro, quando in Valcamonica c'era l'influenza Celtica.

Forse fu un modello mutuato da culture con cui vennero in contatto i Camuni, ma progressivamente evolutosi stilisticamente, morfologicamente. Altri dati depongono per una presenza più antica di questo simbolo tra i petroglifi, in questo caso i Camuni lo avrebbero già conosciuto prima dell'arrivo dei Celti.

 

Sono circa un centinaio le figure incise su una trentina di rocce, sempre in via di ulteriori rettifiche in base a nuove scoperte. La d.ssa Paola Farina ha messo in evidenza tre tipi di questo simbolo, per stabilirne una catalogazione in base ad alcuni criteri:

  1. rose a forma di "swastika", con le coppelle disposte lungo due diagonali, di cinque elementi ciascuna, che si intersecano nella coppella centrale, e i quattro bracci che si piegano su loro stessi secondo un angolo approssimativamente retto. Spesso rappresentate con figure di guerriero armato (che ne supporterebbe ulteriormente l'influenza Celtica nell'area);
  2. rose a forma di "swastika" asimmetrica, con le coppelle disposte come sopra, ma solo due bracci risultano piegati di 90° mentre gli altri due si uniscono in un solo braccio di forma bilobata;
  3. rose di forma quadrilobata in cui le coppelle risultano allineate lungo tre colonne parallele formate da tre elementi ciascuna e i quattro bracci della rosa sono diritti e simmetrici. Spesso raffigurate vicino a un guerriero armato.

Ogni tipo ha tre sottotipi: le rose complete, le rose incomplete, le figure incomplete, che sono più ardue da classificare, perché presentano alcuni elementi che le differenziano dal modello originale. Anche a tal proposito, sorge spontanea la domanda: perché? Se - come si comincia a capire sempre meglio - i Camuni utilizzarono orientazioni astronomicamente significative, anche questo potrebbe trovare una risposta magari da futuri studi in proposito.

Il tipo più rappresentato sulle rocce della Valcamonica è il n. 3. Il fatto che anche le "rose incomplete" presentino le file di coppelle ben delineate, fa supporre che prima siano state incise queste ultime, e poi la rosa, che sarebbe stata sviluppata su tali supporti. Quindi, sono le coppelle l'elemento determinante su cui dovremmo basare l'attenzione per penetrare nel significato dell'intero graffito? Inoltre, la disposizione delle coppelle segue uno schema fisso e ricorrente per ciascun tipo di rosa. Ma cosa sono le "coppelle"? Riferimenti astronomici?

La più grande rosa camuna nota si trova a Carpene, presso Sellero, nella media Valle Canonica, e misurerebbe 70 x 70 cm. Poco distante da essa ci sono altre due rose di dimensioni minori.

La questione che appare estremamente interessante è che su 61 di queste rose camune sono state condotte indagini di tipo archeostronomico, che hanno dato risultati molto interessanti, indicando come la disposizione del simbolo sia stata eseguita con precisi intenti di orientazione astronomica.

E' fondamentale che diverse branche della scienza collaborino per poter giungere a conclusioni uniformi nella codifica di questo straordinario museo all'aperto. Dall'archeologia arriva la considerazione che la "rosa camuna" potrebbe intendersi come un simbolo solare, la cui matrice accomuna modelli presenti nelle varie culture di origine indoeuropea. L'astronomia non solo può confermare questa ipotesi, ma  fornire dati sorprendenti e affascinanti. A volte ciò si può scontrare con quanto gli archeologi stessi sono disposti ad ammettere, poiché sembra - dalle rilevazioni di tipo astronomico dei petroglifi - che le conoscenze dei Camuni possano andare oltre quello che si è portati a pensare.

A questo proposito si consiglia vivamente di leggere il lavoro di G. Brunod (Stima del grado di accuratezza di un allineamento definito da una configurazione di coppelle, esempio della rosa camuna di Sellero, Carpene).

Inoltre c'è da segnalare come la grande rosa di Carpene sia stata ritrovata, del tutto simile (anche se in dimensioni minori) e con le medesime orientazioni, in zone geograficamente distanti: incisa sulla Swastika Stone a Woodhouse Crag, sopra la Wharfe Valley (Rombalds Moor, presso Ikley, nello Yorkshire, in Gran Bretagna), databile all'Età del Ferro; incisa a Hovens, in Svezia, che gli studi daterebbero alla fine dell'Età del Bronzo, quindi sarebbe la più antica delle tre. Come si spiega che simboli identici siano situati in località tanto diverse?

Ma c'è dell'altro. Secondo lo studioso Giuseppe Brunod, l'esemplare più antico di rosa è da attribuirsi alla cultura Vucedol(5):

l'artista ha racchiuso quattro coppelle in una linea curva (che sembra una "rosa camuna"), mentre quelle esterne sono rappresentate da figure a stella.

Gli esemplari di epoca successiva, da quanto è dato capire, presenterebbero un movimento più dinamico, più somigliante a quel 'triskel' celtico (dico io) che dà l'immagine di un moto (solare), di ciclicità.

Però resta da capire un punto importante: in Valcamonica, la "rosa" dai contorni più "irrigiditi" è venuta prima o dopo di quella del tipo chiamato "a swastika"? 

A questo punto, mentre osservavo le diverse forme della rosa camuna, mi è sovvenuta la sua curiosa somiglianza con il Nodo di Salomone, che è tra l'altro presente - nella forma che ci è nota - anche nelle stesse incisioni rupestri della Valcamonica (che sono probabilmente da datarsi al periodo post-camuno), a Campanine di Cimbergo, roccia n.6; sullaRoccia n. 22 e a Foppe di Nadro sulla Roccia n. 27.

Ho pensato che vi potesse essere un'origine comune del simbolo, che - come sappiamo - si ritrova in ogni parte della Terra, in epoche diverse, in contesti diversi, etc. Sarebbe veramente importante riuscire a capire quando la "rosa" (che parrebbe l'antenata del Nodo, tutto sommato) ha assunto determinate forme e perché poi si sia evoluta, assumendo connotazioni morfologiche diverse. Ho quindi effettuato una ricerca mirata in base a queste supposizioni e ho trovato un lavoro particolarmente interessante, che ci porta ancora una volta nel campo dell'astronomia, che forse cela la chiave del mistero ed è ancora a firma di G. Brunod: www.brunod.info/Rosa/rosa3.html. Non solo lo studioso mette a confronto i due simbolismi ma ne risale la matrice originaria, sviluppando tra l'altro dei modelli tridimensionali del Nodo di Salomone in base al ciclo del Sole. Tutto potrebbe essere iniziato da una semplice "U"...

Alla luce di questi nuovi tasselli che emergono, da sempre nuove e stimolanti ricerche, si può porsi un ulteriore interrogativo (o, se volete, considerazione). E' noto che la valle venne conquistata dalle truppe romane. La tecnica incisoria rupestre non scomparve subito, pur perdendo molte delle sue peculiarità, perdurò per secoli.

Il Nodo di Salomone, con l'impero romano, sembra diffondersi a macchia d'olio, tanto da divenire un elemento fisso, sia in luoghi cultuali che civili. E' possibile che i Romani avessero assorbito tale simbolismo, che era ben attestato in Valcamonica? Non sembra troppo "simile" la raffigurazione del nostro Nodo con quello della rosa camuna? Si osservino le foto.

 (un esempio: mosaico pavimentale della Domus dell'Ortaglia, Brescia, I sec. d.C.)

Sembra che anche le coppelle siano in qualche maniera rimaste nell'iconografia posteriore ai petroglifi! In epoche ancora successive, poi, si vedranno Nodi di Salomone che, perdendo questi dettagli, vengono però raffigurati con anelli concentrici, quasi a darci l'impressione dell'intento prospettico!

Siamo partiti da molto lontano, parlando dei Camuni e ci ritroviamo a parlare di Nodi di Salomone, come se esistesse qualcosa di impalpabile che unisce con un filo di Arianna la storia, i popoli e le culture. E' importante cercare di seguirne il percorso, ricordando sempre che per quanto ci sforziamo, difficilmente riusciremo ad avere la mentalità di chi ci ha preceduto e inserirci coerentemente in quel contesto; con umiltà è necessario anzitutto individuare ed afferrare il capo del filo. Non è impresa facile, ma, come sempre, tentiamo di fare del nostro meglio per non perderlo.

La Ricerca continua

NOTE

( ) Il monumento fu eretto a La Turbie, sulle Alpi Marittime.

( ) Cultura propria di popolazioni prevalentemente agricole, che si presume provenienti da Oriente, da cui portarono il rito funebre dell'incinerazione delle salme e la deposizione delle ceneri nelle urne.

( ) L'ambra è una resina fossile prodotta dall'inabissamento di foreste di conifere (dovute a cataclismi del passato), che si deposita sulle coste dei mari nel nord Europa soprattutto; fu utilizzata per la fabbricazione di molta oggettistica, dai manici di pugnale agli amuleti, fino ai gioielli perché paragonata all'oro e utilizzata come mezzo di scambio. Le vie dell'ambra note sono state divise in quattro percorsi diversi. Si ritiene che la cultura di Halstatt fungesse da "polo di smistamento" commerciale.

( ) Nell'analisi del prof. Gaspani si legge: "Nella direzione individuata dall'azimut medio di orientazione delle tombe del primo gruppo, poteva essere osservata la levata del Sole nel giorno del solstizio d'estate durante il V-IV sec. a.C. all'orizzonte naturale locale rappresentato dal profilo delle alture poste ad est-nord-est. [...] Esiste anche una correlazione stellare: si osservava bene la levata eliaca di Regulus, nella costellazione del Leone (la più luminosa); a quell'epoca era nella prima decade di agosto e siccome la necropoli risale al periodo in cui in Val Camonica era presente l'influenza Celtica, potrebbe forse essere possibile ipotizzare una correlazione con il periodo di celebrazione della festa Celtica di LUGHNASA o dell'equivalente camuno che, durante l'Età del Ferro, avveniva nei primi giorni di agosto. Usualmente, questa data era legata - per i Celti - al sorgere eliaco di Sirio ma anche di Regulus (levando eliacalmente in quei giorni, poteva rappresentare un indicatore temporale altrettanto valido ed accurato ai fini della pianificazione della festa)".

(5) Cultura di Vucedol: sviluppatasi tra il 3000 e il 2.400 a.C. circa, sapeva lavorare abilmente il rame; è stata attestata presso Vukovar, vicino all'attuale confine orientale della Croazia con la Serbia, a metà strada tra Ungheria e Bosnia, dove i fiumi Danubio e Vuka si incontrano. Le condizioni climatiche e l'ambiente naturale avrebbero favorito l'insediamento umano fin dalla preistoria. Tra le culture più importanti della zona, quella di Vucedol, prende il nome dal luogo situato 5 km. a sud di Vukovar, sotto il Danubio. La cultura è coeva a quella ben più nota Egizia e Sumera; sembra che avesse sviluppato uno dei più antichi calendari d'Europa. Con gli eventi bellici del 1991, sembra che alcuni reperti siano stati danneggiati; oggi sono conservati all'Eltz Palace. Uno degli ornamenti di rame più conosciuti è la colomba di Vucedol 

 
 
 
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