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"La Gerusalemme Liberata " di T.Tasso

Post n°1862 pubblicato il 29 Gennaio 2019 da blogtecaolivelli

Armida

Nipote del mago Idraote, signore di Damasco,

Armida è una bellissima maga, che lo zio invia tra

i Crociati affinché ne catturi il maggior numero

possibile distogliendoli dalla loro missione con la

sua bellezza e con le sue arti magiche (IV, 23-30).

Armida giunge al campo ed immediatamente

i cristiani sono presi dalla sua bellezza (IV, 33, 1-4);

dissimulando la consapevolezza del suo potere

seduttivo e la gioia per le sue future conquiste

che crede ormai certe, seguendo i consigli dello zio

mago, si presenta come una principessa cacciata

dal suo regno bisognosa della protezione di

Goffredo e dei suoi. In presenza del capitano

racconta di essere figlia di Arbilano re di Damasco

e di sua moglie Cariclia, di aver perso i genitori e

il regno, e di essere minacciata dal perfido zio che

desidera la sua morte per usurpare il trono;

chiede al capitano di darle dieci dei suoi uomini

perché la aiutino a riconquistare il regno (IV, 33-64).

Goffredo dapprima le rifiuta cortesemente l'aiuto

richiesto perché distoglierebbe il suo esercito dalla

sua missione (IV, 64-69), ma visto lo scontento dei

suoi, per evitare ribellioni alla fine le concede

quanto richiesto (IV, 77-82).

Vengono estratti a sorte dieci dei soldati cristiani

(V, 72) ed Armida parte con loro, ma molti altri 

invaghiti della maga la seguono abbandonando

nottetempo il campo (V, 77-85) che si trova così

sguarnito dei principali eroi essendo anche

Rinaldo lontano.

Il piano di Armida sembra in parte realizzato; la

donna conduce i suoi prigionieri al suo castello

sulle rive del Mar Nero (X, 61), qui gli eroi cristiani

vengono trasformati in pesci, (X, 66-68), la maga

chiede loro di abbracciare la fede musulmana e di

passare alla parte nemica (X, 69), al loro rifiuto

li imprigiona, finché avendo saputo che il re d'Egitto

sta radunando un esercito decide di donargli i suoi

prigionieri. Proprio mentre li conduce da lui interviene

Rinaldo che li libera (X, 70-71).

Armida così, privata delle sue prede, decide di

vendicarsi facendo prigioniero proprio il loro l

iberatore (XIV, 51); lo attira nel suo castello, lo induce

al sonno con la sua magica arte e lo imprigiona.

Nel rimirarlo addormentato tuttavia Armida non può

che rimanere incantata dalla bellezza del paladino

(XIV 66-68) e se ne innamora. Allora lo porta con sé

nel suo giardino sulle Isole della Fortuna perché

nessuno le sottragga l'oggetto del suo amore (

XIV, 69-71). Qui trascorre con Rinaldo, dimentico dei

suoi doveri di crociato, un periodo di felici amori

(XVI, 17-25), finché il paladino non viene riportato

alla ragione dai suoi compagni Carlo ed Ubaldo inviati

da Goffredo per ricondurlo alla guerra.

Armida viene così abbandonata da Rinaldo

in nome dei suoi doveri di combattente della fede,

e rimasta sola e schernita (XVI, 35), in preda all'ira,

promette vendetta (XVI, 59-60). Evoca i demoni,

gli stessi attraverso i quali aveva fatto comparire

il palazzo, e l'incanto cessa: tutto sparisce senza

lasciare traccia (XVI, 68-69); poi vola con il carro

magico fino al suo castello a Damasco, qui raduna i

l seguito e si prepara per unirsi all'esercito musulmano

adunato dal re d'Egitto a Gaza (XVI, 73-75).

Al campo Armida si mostra al sommo della sua bellezza,

in veste di arciera, su un carro riccamente adornato,

con un immenso seguito (XVII, 33-34).

Di fronte al re d'Egitto e a tutto l'esercito Armida

si promette a chi l'aiuterà a realizzare la sua

vendetta su Rinaldo colpevole di averla disonorata

(XVII 48). Anche qui come prima nel campo cristiano

i principali eroi si contendono i suoi favori e fanno a

gara per tentare di compiacerla; allo stesso modo

Armida illude i vari guerrieri per infiammarli ed

ottenere da loro la sua vendetta (XIX, 67-70).

Giunto il giorno della battaglia decisiva, quando la

sorte arride all'esercito crociato, Rinaldo ed Armida

si incontrano, la donna punta il suo arco contro il

paladino e per tre volte cerca di scagliare la freccia,

ma l'amore le impedisce di colpire l'amato (XX, 61-63);

rimasta sola in balia dei nemici Armida viene difesa

da Altamoro che abbandona per lei i suoi soldati

dandole l'opportunità di mettersi in salvo

(XX, 69-70).

Dopo aver visto tutti i suoi campioni cadere ad

uno ad uno, disperando ormai la vittoria e la

vendetta, fugge sul suo destriero (XX, 117) e si

rifugia in una radura; qui in preda alla disperazione,

medita di uccidersi con le stesse armi che non hanno

saputo macchiarsi del sangue del suo nemico-amante

realizzando la sua vendetta (XX, 124-127).

Rinaldo giunge proprio nel momento in cui sta per

trafiggersi con le sue stesse armi e la ferma (XX, 127);

poi la rassicura, la invita a placare il suo animo,

si dichiara suo campione e servo e promette di

ricollocarla sul suo trono e di regnare al suo fianco

come legittimo consorte se lei abbandonerà la fede

pagana. Armida si rasserena e accetta, si dichiara

ancella sua e disposta a condividere la sua fede

e il suo destino (XX, 134-136).

Rinaldo

Anche Rinaldo, oltre a Tancredi, è una figura piena

di difetti e ambivalenze nel poema. Combattendo

per Goffredo, egli uccide incoscientemente il compagno

Gernando. Fatto ciò egli fugge dall'accampamento in

preda allo sconforto. La magaArmida, nemica dei

cattolici, lo attrae a sé con la seduzione e il piacere.

Rinaldo viene catturato e costretto ad amare Armida

nella sua casa incantata. Goffredo, non vedendo più

Rinaldo, viene accusato dai suoi commilitoni di averlo

ucciso e quindi, fattasi la situazione insostenibile,

spedisce i soldati Carlo e Ubaldo in casa di Armida

perché liberino Rinaldo. Infatti Goffredo di Buglione

aveva scoperto la prigione del paladino grazie

ad un intervento divino, dato che egli fu il prescelto

dall'Arcangelo Gabriele per conquistare Gerusalemme.

Ubaldo e Carlo dapprima si trovano a combattere

contro i sortilegi della maga, addirittura uccidendo

un drago sputafuoco, Rinaldo vedendo la sua

immagine riflessa nello scudo del suo compagno

vede la parte deformata ed oscura di sé (tema del

doppio). Tornato tra i suoi soldati, Rinaldo ottiene

il perdono da Goffredo e si ritira in meditazione

sul Monte Oliveto. Verso la fine del poema egli,

che è l'unico ad aver superato la propria paura,

taglia la legna della foresta incantata di saron e

porta la cristianità alla vittoria.

 
 
 
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