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"La Gerusalemme Liberata di T.Tasso

Post n°1863 pubblicato il 29 Gennaio 2019 da blogtecaolivelli

Personaggi principali

Goffredo di Buglione

Goffredo di Buglione è il protagonista maschile

in assoluto del poema di Tasso. Egli è il capitano

dell'armata cristiana della Prima crociata contro

l'esercito selgiuchide della Turchiache ha occupato

 Gerusalemme. Torquato Tasso si riferisce alla sua

figura già nel proemio, spiegando di narrare in

versi le gesta del capitano che liberò dalle mani

degli Infedeli il Santo Sepolcro di Gesù. All'inizio

del poema Goffredo, partito per la crociata già dal 

1096, non è ancora riuscito a conquistare Gerusalemme.

Giunge il 1099 e il cavaliere intrepido, avendo

conquistato già Costantinopoli, riceve la visita

dell'Arcangelo Gabriele che lo invita a tenere duro

contro i musulmani. Goffredo allora, riacquistando

il coraggio e infondendolo anche nei cuori dei

combattenti cristiani, manda una messaggio al reggente

di Gerusalemme, Aladino, per avvisarlo del tremendo

assalto che lo distruggerà. Arganteperò, combattente

straniero che poi si allea con Aladino, vorrebbe una

tregua e si presenta a Goffredo come ambasciatore,

proponendo un'alleanza con l'Egitto. Al rifiuto del

Capitano, riprende di nuovo la guerra e Argante

uccide il cristiano Dudone a cui Goffredo tributa i funerali.

Dopo che i demoni dell'Inferno scelgono di far

allontanare i cristiani dal loro obiettivo con stragi,

carestie e persecuzioni spirituali, Goffredo inizia a

perdere il ruolo di protagonista, venendo sostituito

da Tancredi e da Rinaldo. Ricompare protagonista

nella metà del poema, nel canto VIII, XI E XIV in cui

viene addirittura sospettato di tradimento dai suoi

commilitoni. Quando Rinaldo, posseduto da un

diavolo, uccide un compagno, fugge via dal campo

in preda alla vergogna, Goffredo raccoglie le sue

armi e l'armatura insanguinati. I soldati credono che

sia stato lui ad uccidere Rinaldo. Dopo l'ennesimo

assalto a Gerusalemme, Goffredo di Buglione viene

gravemente ferito, ma risanato subito per intervento

divino, affinché possa perseguire l'incarico affidatogli

da San Michele Arcangelo. Nel frattempo Rinaldo

viene sedotto dalla maga nemica Armida che lo attrae

nel suo giardino incantato per fare l'amore. Rinaldo

perde ogni attrazione e interesse per la guerra e rimane

per molto tempo prigioniero. L'intervento di Ubaldo e

Carlo, mandati da Goffredo che aveva ricevuto una

visione di Rinaldo prigioniero, liberano il paladino e

svergognano la maga. Dopo altre peripezie, Rinaldo

si ritira in meditazione per l'errore compiuto e Goffredo,

sconfitti i maggiori difensori di Gerusalemme, dichiara

liberata la Città Santa dalle mani degli Infedeli e

adora il Santo Sepolcro.

Il personaggio di Goffredo nel poema è soprattutto

ricordato per la sua perfezione assoluta nel fisico,

nella prestazione nelle battaglie e specialmente per

il carattere severo, inflessibile che non cede alle

tentazioni. Tasso per celebrare la religione cristiana,

essendo il periodo della Controriforma, volle scegliere

un condottiero perfetto che rappresentasse in tutto

e per tutto i degni successori di Gesù Cristo nella

crociata. L'esatto contrario di Goffredo è Tancredi

che, personaggio pieno di ambivalenze, è sempre

soggetto a dubbi, innamoramenti e turbe psichiche

per colpa dei demoni che infestano gli animi dei

cristiani. Infatti da ricordare sono il suo amore per 

Clorinda e l'infatuazione condannata della pastorella

Erminia che prova per il paladino.

Clorinda 

inda è la figlia di Sanapo, re d'Etiopia di religione

cristiana. Folle di gelosia nei confronti della moglie,

il re la rinchiude in una torre alla quale hanno accesso

solo le sue ancelle e l'eunuco Arsete.

La regina è sottomessa alla volontà del marito e

spesso si rifugia nella preghiera presso l'immagine di 

san Giorgio che adorna le pareti della sua stanza.

Rimasta incinta partorisce una figlia bianca.

L'evento trova spiegazione nel fatto che, avendo ella

giaciuto con il marito di fronte alla raffigurazione del

santo che libera la principessa dal drago, l'impressione

data dall'immagine della principessa bianca dipinta,

abbia influenzato l'aspetto della futura figlia.

Terrorizzata dalla gelosia del marito che nonostante

la sua innocenza non avrebbe creduto a nessuna

spiegazione affida la bambina al suo servo, Arsete,

facendogli promettere di crescerla secondo la fede

cristiana, e prega san Giorgio di proteggerla.

Arsete parte in segreto con la bambina verso l'Egitto,

sua terra natale; durante il viaggio si imbatte in

una tigre, terrorizzato, si arrampica su un albero

lasciando la bambina a terra; la tigre si avvicina e

offre per allattarla le mammelle, così che la piccola

Clorinda può nutrirsi.

Arsete rimane attonito di fronte a quello che gli

sembra un incredibile prodigio; allontanatasi la

tigre, riprende la piccola e prosegue il suo cammino.

Viene però inseguito dai briganti e, scappando,

si ritrova davanti ad un fiume, si tuffa sorreggendo

Clorinda ma la corrente è troppo forte; la bambina

gli sfugge dalle mani, ma le onde la trasportano illesa

a riva.

Durante la notte appare in sogno ad Arsete san Giorgio

(alla cui protezione si devono, infatti, l'allattamento

della tigre e il miracoloso salvataggio dal fiume);

egli intima ad Arsete di far battezzare Clorinda, ma il

vecchio non gli dà ascolto. Giunto in Egitto, fa svezzare l

a bimba in un villaggio; appena giunta alla fanciullezza

Clorinda inizia ad autoeducarsi alla caccia e allaguerra 

(Gerusalemme Liberata, II, 39-40) rifiutando tutti gli

ornamenti e le occupazioni femminili, addestrandosi

nel combattimento fino ad essere in grado di seguire

gli eserciti nelle campagne militare e conquistare fama

e terre.

Quando Goffredo di Buglione si prepara ad attaccare 

Gerusalemme e la città si prepara all'assedio dei Crociati,

il re Aladino sfoga la sua rabbia sui cristiani che vivono

nella città e condanna a morte Sofronia, una giovane

cristiana che si autoaccusa del furto di un'immagine

della Vergine, per salvare il resto del popolo dalla

strage promessa dal re per il crimine in realtà

architettato dal mago e suo consigliere Ismeno

per eliminare i cristiani.

Olindo, innamorato segretamente di lei, si accusa per

salvarla ma entrambi vengono condannati; stanno per

essere giustiziati quando Clorinda ferma i carnefici.

Si presenta al re che la conosce per fama e chiede la

vita dei due giovani offrendo in cambio i suoi servigi

nella battaglia che si sta preparando.

Aladino accetta a patto che i cristiani prendano la via

dell'esilio (G.L. II, 1-38). Un giorno, durante un

combattimento, la guerriera si ferma presso un fiume

e si toglie l'elmo per bere: è allora che il principe 

Tancredi d'Altavilla, il più valoroso dei Crociati insieme

a Rinaldo, la vede e si innamora di lei (G.L. I, 46-49).

Da quel momento il principe perde di vista i suoi

doveri di cristiano e di cavaliere schiavo della sua

passione amorosa, tanto che durante uno scontro

attaccato da lei non attacca ma anzi la chiama in

disparte e le dichiara il suo amore. Di fronte alla

sua dichiarazione la donna non reagisce essendo

totalmente estranea al sentimento amoroso

(G.L. III, 23-31).


Durante l'assedio di Gerusalemme, Clorinda si

distingue come arciera dall'alto della torre e ferisce

lo stesso Goffredo (G.L. XI, 27-54), ma desiderosa

di misurarsi col nemico e distinguersi con un'impresa

eroica decide di introdursi nottetempo nel campo

cristiano per incendiare la torre con cui i Crociati 

vogliono assaltare le mura (G.L. XII). Il guerriero

Argante si offre di accompagnarla; il vecchio Arsete,

che l'ha accompagnata fino a quel momento,

cerca di distoglierla dal folle progetto narrandole

per la prima volta la storia delle sue origini e di un

nuovo sogno premonitore. Anche la guerriera ha

fatto un sogno simile ma tace e rifiuta di lasciare

il suo progetto e i valori per i quali ha sempre

combattuto.

Tancredi e Clorinda

L'impresa viene portata a compimento ma al

momento del rientro tra le mura di Gerusalemme,

Clorinda rimane chiusa fuori per errore. Allora

Tancredi si accorge di lei e, non riconoscendola

per l'armatura non sua, vede in lei solo l'incendiario

della torre e rincorrendola la sfida a singolar tenzone.

Il duello è all'ultimo sangue; alla fine il principe ne

esce vincitore, infliggendo alla donna una ferita

mortale al petto.

Ormai in fin di vita Clorinda riconosce al nemico

la vittoria e gli chiede il Battesimo. Sono le prime

luci dell'alba, Tancredi prende dell'acqua ad un

vicino ruscello e le toglie l'elmo per battezzarla.

Solo allora si rende conto di aver ferito a morte

la donna che ama, ma reprime la sua angoscia

per esaudire il suo ultimo desiderio, e la battezza.

Clorinda gli dà il segno della pace, sorride e muore

serenamente in grazia di Dio.

Tancredi si dispera e gravemente ferito perde

i sensi. Ritrovato dai compagni viene portato al

campo dove appena rinvenuto dà a Clorinda

degna sepoltura. Non sa però rassegnarsi al suo

crudele destino ed è preda della disperazione e

dei vaneggiamenti.

Trova pace solo dopo che l'amata gli appare

in sogno dal Paradiso dove si trova grazie a lui;

la donna infatti era destinata fin dalla nascita

alla conversione e alla salvezza e con la sua

morte libera anche Tancredi dalla follia d'amore,

facendolo tornare ai suoi doveri di combattente

diCristo. Subito dopo la morte di Clorinda la situazione

della guerra si sblocca e il Santo Sepolcro viene

riconquistato dai cristiani.

Clorinda è sicuramente una delle figure in cui il Tasso

ha chiuso una delle sue trame più difficili, sembra

quasi si tratti di un rimando alla virgiliana vergine

Camilla o all'antico mito greco delle Amazzoni,

le donne guerriere, che secondo la leggenda

sacrificarono tutta la loro femminilità per la guerra.

A queste caratteristiche "maschili" il Tasso affianca

un'aura di dolce femminilità, rivelata solo in pochi

versi e drammaticamente esaltata quando, ormai

morente, ella chiede il battesimo. Si tratta quasi

di un personaggio che per alcuni attimi fuggenti

sembra uscire dalle sue vesti di metallo come una

farfalla dalla sua crisalide o, come dice Fredi Chiappelli i

n "Studi sul linguaggio del Tasso epico", «Vissuta

a lungo in una larva militare, Clorinda fiorisce in

tutta la sua dolcezza femminile d'improvviso e

per un istante, l'istante della sua morte».

Sono interi mondi cristallizzati in pochi attimi e

subito interrotti dalla foga della battaglia o dalla

prematura morte della donna. Sembra quasi che

si tratti di momenti eterni, fluttuanti nel tessuto

temporale del racconto, fermi, statici, immobili,

contemplativi.

«Bianche via più che neve in giogo alpino
avea la sopravveste, e la visiera
alta tenea dal volto; e sovra un'erta,
tutta, quanto ella è grande, era scoperta.»

«Ferirsi alle visiere; e i tronchi in alto
volaro e parte nuda ella ne resta;
chè, rotti i lacci e l'elmo suo, d'un salto
(mirabil colpo!) ei le balzò di testa;
e, le chiome dorate al vento sparse,
giovane donna in mezzo 'l campo apparse.»

A queste sensualissime descrizioni fisiche si

affiancarono i precetti morali, che portano il Tasso

a decretare a queste storie una fine d'ineluttabile

dolore. L'amore, infatti, per il poeta, non può che

portare ad un indebolimento degli animi e ad uno

sviamento dal campo di battaglia e dalla missione

sacra. Morente, Clorinda chiede il battesimo e muore

da cristiana, suscitando quasi la commozione

dell'autore stesso in una scena che è espressione

delle migliori doti liriche possedute dallo scrittore.

Tancredi

Tancredi d'Altavilla è un noto paladino fedele al

Capitano Goffredo di Buglione, generale della 

Prima crociata contro i turchi di Gerusalemme.

Egli è l'esatto contrario del suo comandante, severo e

fedele a Dio, ed ha un ruolo chiave nel poema perché

rappresenta il dubbio, l'animo fragile umano e colui

che cede spesso e volentieri alle tentazioni.

Il suo amore per la nemica musulmana Clorinda

è un chiaro esempio della sua debolezza di carattere,

tanto più quando egli, senza riconoscerla, la uccide

in combattimento. Infatti pochi giorni prima del grande

assalto cristiano a Gerusalemme, i turchi selgiuchidi

avevano sfoderato un'offensiva all'esercito cristiano,

distruggendo il simbolo di ciò che faceva resistere

ancora Goffredo e i suoi paladini alle terribili sofferenze

inflitte dai diavoli e dalle carestie. Clorinda, non

riconoscendo Tancredi e viceversa per il paladino

d'Altavilla, lo attacca in duello però ne rimane ferita

gravemente. Questa, in punto di morte, chiede a

Tancredi di battezzarla. Tempo prima di ciò una

pastorella, sempre "infedele" di nome Erminia si

era innamorata di Tancredi, ma sapendo

dell'impossibilità del loro rapporto, si rifugia sui monti,

cercando di dimenticare le sue passioni. Infatti aveva

già cercato la fanciulla di intrufolarsi nel campo cristiano

sotto mentite spoglie, ma poi era fuggita atterrita da

uno scontro. Verso la fine del poema Erminia, vedendo

Tancredi ferito gravemente dal duello con il saraceno

Argante, lo cura sempre però travestendosi.

Erminia

Figlia del re Cassano di Antiochia, perde padre e

patria quando la sua città viene conquistata dai Crociati.

Preda, tra molte altre, del vincitore di suo padre,

il principe Tancredi, che tuttavia la onora e la protegge,

Erminia finisce per innamorarsi del cortese conquistatore,

tanto che la prigionia le è ben più diletta della libertà

che alla fine le viene donata (VI, 56-57).

La principessa è così obbligata, non senza molto ben

celato dolore, a lasciare il campo cristiano e a cercare

rifugio insieme all'anziana madre, a Gerusalemme,

città alleata (VI, 59).

Tra le mura della città, patita dopo poco anche

la perdita della madre, Erminia si strugge per amore

di Tancredi, continua a vagheggiare la sua dolce prigionia,

a maledire l'amara libertà e a sognare il ritorno dell'amato,

finché un giorno, i cristiani giungono alle porte della città,

destando i timori della popolazione e risvegliando la sua

tacita speranza. Alla vigilia dell'attacco mentre fremono

i preparativi per la difesa, il re Aladino, la vuole accanto

a sé sulle mura, perché lo aiuti a riconoscere i vari eroi

cristiani a lei bene noti a causa della sua prigionia

(III, 12, 17). Non senza molti sospiri e mal celate

lacrime Erminia nomina e descrive i principali eroi

cristiani, tra cui naturalmente Tancredi, celando

sotto il manto de l'odio altro desio (III 19-20;

37-40; 58-63).

Ogni volta che si trova sola, Erminia si rifugia

sulla torre e qui piange e sospira; da qui osserva

anche il combattimento tra Argante e Tancredi

tormentandosi per la sorte dell'amato (VI, 62-63).

Nelle notti successive l'immagine del principe

lacero e ferito la tormenta nei suoi incubi (VI, 65)

e il desiderio di curare le sue ferite con le arti

mediche apprese dalla madre, non la abbandona

mai di giorno (VI, 67-68); così come l'amara

consapevolezza che, rimanendo in città, sarà i

nvece obbligata a prestare il suo aiuto ad Argante,

mettendo in ulteriore pericolo il suo amato che

angue ferito nel campo cristiano.
L'animo della fanciulla è lacerato dal dubbio; la

disperazione le fa pensare di somministrare erbe

velenose ad Argante, ma la sua coscienza la porta

a rifiutare tale proposito (VI, 68); il desiderio di

raggiungere l'amato le fa meditare la fuga ma il

dovere di salvaguardare l'onore regale la trattiene

(VI, 69).

Una vera e propria battaglia tra Onore e Amore

si scatena dentro di lei; da una lato non avrebbe

timore di avventurarsi fuori dal palazzo, avendo

già visto guerre e stragi, l'Amore poi le fornisce

tutta la forza necessaria all'impresa, dall'altra però

il dovere di conservare la sua virtù, preservata

perfino durante la prigionia e il pericolo della fama

di impudica le impediscono di realizzare i suoi propositi.

Ma la speranza nell'amore di Tancredi quale ricompensa

delle sue cure, il vagheggiamento della realizzazione

dei suoi sogni, la spingono infine prevalgono

(VI, 69-78).

Indossate le armi di Clorinda, sottratte dalla sua

stanza mentre la guerriera si trova in concilio di

guerra, con uno scudiero ed un'ancella si reca al

campo cristiano (VI, 86-92).

Appena giunta però, uno dei guerrieri, Poliferno,

credendola la vera Clorinda, la attacca per

vendicare la morte del padre ucciso dalla guerriera

(VI, 108) facendola fuggire in preda al terrore

(VI, 101).

Frattanto Tancredi al quale era stato annunciato

l'arrivo della donna che lui ama, insegue la non

vera Clorinda, cadendo poi prigioniero nel castello di

Armida.

Dopo una notte e un intero giorno di fuga, Erminia

giunge sulle rive del Giordano (VII 1-5) si rifugia poi

tra i pastori (VII, 14-22) presso i quali resta per

qualche tempo, per poi essere rapita da un gruppo

di soldati egiziani (XIX, 99) che la portano al campo

dell'esercito musulmano.

Qui, la tante volte liberata e serva, alla vigilia della

battaglia decisiva tra esercito Crociato e Musulmano,

incontra Valfrino, inviato come spia da Goffredo, e,

dopo avergli narrato la sua storia, lo prega di riportarla

al campo crociato da Tancredi (XIX, 80).

Lungo la strada però, i due incontrano lo stesso

Tancredi in fin di vita dopo lo scontro decisivo con

Argante; Erminia lo cura strappandolo alla morte

(XIX 103-114), lui la riconosce e la ringrazia, ma in

seguito al rientro del principe tra i suoi, di lei e del

suo destino non si hanno più notizie.

 
 
 
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