Il Grande GatsbyPost n°2098 pubblicato il 10 Aprile 2019 da blogtecaolivelli Risorse della biblioteca I personaggi I personaggi sono resi con realistica bravura attraverso i loro gesti, il loro aspetto e la conversazione. Nick, il narratore e in questo caso anche il testimone, che come Fitzgerald è coinvolto alla vicenda, serve a renderne più evidente lo stacco dimensionale. Presente nell'opera è il commosso sentimento elegiaco anche nelle scene più drammatiche. Lo stile Scritto utilizzando in modo magistrale la tecnica dello scorcio, Fitzgerald riesce ad intrecciare gli avvenimenti presenti con quelli passati in nove brevi capitoli. Le scene sono concatenate rapidamente con un distacco obiettivo e la prosa, scorrevole e modulata, indica un cambiamento nella narrativa dello scrittore che si avvicina alla forma di Henry James eJoseph Conrad. I temi Numerosi sono i temi dell'opera, tra i quali spiccano quelli della mancanza di affetti autentici, del crollo dei miti, delpeccato e dell'inferno. Ma il tema principale del romanzo è quello della solitudine, della incomunicabilità e dell'indifferenza. Nessuno comunica alle lussuose feste di Gatsby, che sono invece solo "entusiastici incontri tra gente che non si conosceva neanche di nome". Il più solo di tutti i personaggi è appunto Gatsby nella cui lussuosa villa si svolgono quelle feste favolose alle quali egli non partecipa. Tutto ciò che avviene nella sua casa avviene per il solo scopo di poter far venire da lui Daisy. Gatsby è il prototipo dell'uomo solo, da quando lo si vede per la prima volta nell'ora del crepuscolo fermo sul prato della sua lussuosa villa mentre guarda con gli occhi fissi la luce verde che si riflette sul pontile della casa di Daisy dall'altra parte della sponda, al momento del suo funerale. Mentre Gatsby è nella bara a Nick sembra di udire la sua voce che gli dice supplicando di fargli venire qualcuno perché così, da solo, non ce la fa più. Nick promette e dice: «Ti farò venire qualcuno, Gatsby. Non preoccuparti. Fidati di me e ti farò venire qualcuno» |
ma "non venne nessuno". E sono proprio queste tre parole a sottolineare l'estrema solitudine di Gatsby. Nessuna parola arriva da Daisy, non c'è un fiore. L'indifferenza, che aveva caratterizzato i personaggi di Daisy e Tom, «Erano gente indifferente, Tom e Daisy - sfracellavano cose e persone e poi si ritiravano nel loro denaro o nella loro ampia indifferenza o in ciò che comunque li teneva uniti, e lasciavano che altri mettessero a posto il pasticcio che avevano fatto» |
raggiunge l'apice nella scena del funerale dove la pioggia aumenta il senso di tristezza e di solitudine. Il senso di solitudine, l'indifferenza nei confronti degli altri, è dovuta al fatto, come sostiene Rollo May che "Quando si perde la capacità di vivere i propri miti, si perdono anche i propri dèi". Nel romanzo vi è un simbolo che Fitzgerald usa per dimostrare questa teoria. Si tratta degli occhi del dottor T. J. Eckleburg che si scorgono su un grande cartellone pubblicitario a metà strada tra New York e West Egg. George Wilson sconvolto dal dolore per la morte della moglie fissa quel cartellone e non riesce ad allontanare lo sguardo da quegli occhi "azzurri e giganteschi" e a Michaelis, suo vicino di casa che gli dice che dovrebbe avere una chiesa alla quale rivolgersi in momenti così tragici, egli, parlando tra di sé, mormora: «"Dio sa quello che hai fatto, tutto quello che hai fatto [...]. Ritto dietro di lui, Michaelis vide con un sussulto che stava guardando gli occhi del dottor T. J. Eckleburg che emergevano, sbiaditi e enormi, dal dissolversi della notte."» |
Non serve che l'amico gli dica che si tratta solamente di un cartellone pubblicitario, Wilson continua a fissarlo sconvolto. Il cartellone che Wilson rimane a fissare è solamente un ingrandimento fotografico simbolo di un mondo che confonde la fotografia con la realtà, dove il denaro ha usurpato il ruolo di Dio e la pubblicità e il commercio trionfano. Gatsby si può considerare come un "eroe romantico" nella sua accezione più lata e più profonda. Egli è infatti un personaggio destinato alla sconfitta, appare inadeguato al gretto mondo che lo circonda. È però proprio qui che risiede la sua grandezza: Gatsby infatti vive solo per un sogno ed è perfino disposto a morire per esso, un sogno chiamato Daisy. Un amore dal sapore universale ed esistenziale. La reggia, le macchine, il denaro, nulla ha importanza; paradossalmente la statura morale e spirituale del personaggio è immensa, e finisce così per nascondere il suo passato oscuro e criminoso. Gatsby incarna la più istintiva purezza della natura umana, è proprio il suo desiderio così genuino che non gli darà scampo portandolo a una sorta di autodistruzione. La fine di Gatsby è infatti emotivo- passionale, la morte fisica ne è solo un semplice corollario. La fortuna dell'operaIl romanzo venne tradotto per la prima volta in Italia nel 1936 da C. Giardini con il titolo Gatsby il magnifico e nel 1950da Fernanda Pivano con il titolo Il grande Gatsby. Il libro venne rappresentato sulle scene nel 1926 dal drammaturgo Owen Davis e in opera musicale nel 1999 da John Harbison. Da esso furono tratte anche quattro versioni cinematografiche: la versione muta del 1926, la versione del1949 del regista Elliott Nugent interpretato da Alan Ladd e quella del 1974 con la regia di Jack Clayton e la sceneggiatura di Francis Ford Coppola interpretato da Robert Redford e Mia Farrow; la quarta versione cinematografica è uscita nelle sale italiane il 16 maggio del 2013 a firma del regista Baz Luhrmann conLeonardo DiCaprio, Tobey Maguire e Carey Mulligan. Questa pellicola ha inaugurato il 66° Festival di Cannes. |