Creato da blogtecaolivelli il 04/03/2012

blogtecaolivelli

blog informazione e cultura della biblioteca Olivelli

 

 

« I fatti dell'antichità...Grecia: scoperta una tom... »

Scoperto un pianeta immortale

Post n°2114 pubblicato il 16 Aprile 2019 da blogtecaolivelli

fonte: Le Scienze

 

Scoperto un pianeta immortale

Composto in gran parte di ferro e nichel,

orbita a distanza molto ravvicinata - più di

quanto si ritenesse possibile - attorno a

ciò che resta della stella originaria.

Si trova a 410 anni luce da noi, e alla sua

scoperta, descritta oggi su Science, hanno

preso parte anche due ricercatrici e un

ricercatore dell'Istituto Nazionale di Astrofisica

Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF)

astrofisica

È un frammento di pianeta sopravvissuto

alla morte della sua stella e contiene elevate

quantità di ferro e nichel. Lo ha scoperto -

in un disco di detriti formato dai pianeti distrutti

durante le ultime fasi di vita della loro stella -

un team internazionale di astronomi, guidato

dall'Università di Warwick (Regno Unito), del

quale fanno parte due ricercatrici e un ricercatore

dell'INAF di Napoli, Palermo e Torino.
 
Il planetesimo - così si chiamano questi corpi

rocciosi, in questo caso il residuo di un pianeta

più grande - è in parte sopravvissuto alla

catastrofe provocata dalla "morte" della sua

stella.

La stella in questione è oggi una nana bianca,

chiamata SDSS J122859.93 + 104032.9, a 410

anni luce da noi.

Stando agli indizi raccolti, il pianeta orbitava

in una regione esterna del suo sistema planetario.

È probabile che la distruzione del pianeta abbia

coinciso con le fasi iniziali del processo di

raffreddamento della nana bianca.

A rendere ancor più sorprendente la sua già

improbabile sopravvivenza è la sua orbita:

è più stretta di quanto si ritenesse possibile,

così vicina alla nana bianca da compiere una

rivoluzione ogni due ore. 

Gli astronomi calcolano che il diametro del

planetesimo debba essere di almeno un

chilometro, ma potrebbe anche raggiungere

alcune centinaia di chilometri, rendendolo

dunque paragonabile ai più grandi fra gli

asteroidi presenti nel nostro Sistema solare.
 
«Le nane bianche sono ciò che resta di stelle

come il nostro Sole una volta che hanno

esaurito tutto il loro combustibile e disperso

i loro strati esterni», spiega Melania Del Santo

dell'INAF IASF di Palermo. «Man mano che

invecchiano, le stelle di questo tipo diventano

giganti rosse, e crescendo spazzano via buona

parte del loro sistema planetario, lasciandosi 

ùalle spalle soltanto un nucleo denso: una nana

bianca, appunto.

Anche il Sole, in futuro, si espanderà fino

a raggiungere l'orbita della Terra, inglobando

Mercurio, Venere e probabilmente la stessa Terra.

Marte, invece, sopravvivrà, finendo però per

essere spostato verso l'esterno, insieme a

tutto ciò che gli sta oltre».
 
«In origine doveva trattarsi di una stella con

massa pari a circa due volte quella del nostro

Sole», aggiunge il primo autore dello studio,

Christopher Manser, dell'Università di Warwick,

«ma ora la massa della nana bianca si è ridotta

ad appena il 70 per cento di quella solare.

Al tempo stesso, è anche molto piccola -

grosso modo ha le dimensioni della Terra -

e questo la rende estremamente densa, come

del resto tutte le nane bianche.

La gravità di una nana bianca è così forte -

circa centomila volte quella della Terra -

che un normale asteroide, se dovesse passarle

troppo vicino, verrebbe squarciato dalle potenti

forze mareali».
 
«Il planetesimo che abbiamo scoperto orbita

nelle profondità della buca di potenziale

gravitazionale della nana bianca, vicinissimo

alla stella, molto al di là del limite oltre il quale

ci attendevamo che non ci fosse più alcunché.

L'unica spiegazione è che debba trattarsi di

un oggetto molto denso, oppure che ci sia una

forza interna che lo tiene insieme.

La nostra ipotesi è che sia composto in gran

parte di ferro e nichel», dice uno dei coautori

dello studio, Boris Gaensicke dell'Università

di Warwick.
 
Se fosse costituito soltanto da ferro il

planetesimo potrebbe sopravvivere dove si

trova ora, così come potrebbe riuscirci anche

se fosse solo molto ricco di ferro, purché una

forza interna contribuisca a tenerlo insieme -

una possibilità, questa, compatibile con

l'ipotesi che il planetesimo sia il frammento

piuttosto massiccio del nucleo di un pianeta

denudato di crosta e mantello per effetto

delle forze mareali esercitate dalla nana bianca.

«Se l'ipotesi è corretta», aggiunge Gaensicke,

«il pianeta originario dovrebbe avere un

diametro di almeno qualche centinaia di

chilometri e il pianeta originario essere molto

massiccio.

Infatti, solo questo tipo di pianeti si differenziano,

un po' come l'olio nell'acqua, con gli elementi più

pesanti che affondano fino a formare un nucleo

metallico.
 
Riportata oggi su Science, la scoperta è avvenuta

grazie a una tecnica di analisi spettroscopica: gli

scienziati hanno identificato la scia di gas lasciata

dal pianeta osservando lievi variazioni presenti

nella luce emessa dal sistema.

Mai prima d'ora un corpo solido in orbita attorno

a una nana bianca era stato scoperto in questo

modo.

Scoperto un pianeta immortale

Usando il Gran Telescopio Canarias di La Palma,

alle Canarie, gli scienziati stavano osservando il

disco di detriti in orbita attorno alla nana bianca,

prodotto dalla frantumazione di corpi rocciosi

composti da elementi come il ferro, il magnesio,

il silicio e l'ossigeno: i quattro "mattoncini" fondamentali

della Terra e della maggior parte dei corpi rocciosi.

Ma all'interno del disco hanno notato la presenza

di un anello di gas che fluiva da un corpo solido,

come la coda di una cometa.

Un gas che potrebbe essere generato dal corpo

stesso, o da polvere che evapora, man mano che

si scontra con detriti di piccole dimensioni presenti

nel disco.

 
«La tecnica utilizzata è innovativa e si basa sullo

studio delle variazioni di alcune righe di emissione

del calcio ionizzato nella regione rossa dello spettro»,

spiega Domitilla de Martino dell'INAF - Osservatorio

Astronomico di Capodimonte.

«È necessaria alta risoluzione spettrale e

temporale per questo scopo.

Infatti le variazioni osservate in intensità e in

velocità dei profili mostravano una periodicità di

appena 123 minuti, indice di un'orbita molto stretta.

Questa nuova tecnica è quindi molto promettente

per aumentare in modo significativo il numero di

sistemi di nane bianche con planetesimi.

Le conseguenze di questa scoperta possono

essere estremamente importanti per conoscere

le fasi finali dell'evoluzione dei sistemi planetari».
 
«Tempo 5 o 6 miliardi di anni e il Sistema solare

avrà una nana bianca al posto del Sole, e in

orbita attorno a essa ci saranno Marte, Giove,

Saturno, i pianeti più esterni, asteroidi e comete.

Simili sistemi planetari sono soggetti a forti

squilibri dinamici in cui le interazioni gravitazionali,

con i pianeti più grandi possono spingere i corpi

più piccoli su un'orbita che li avvicina alla nana

bianca, dove finiscono per venire distrutti dalla

sua enorme gravità», aggiunge Manser.
 
«Quello che abbiamo scoperto è il secondo

planetesimo solido mai trovato in orbita stretta

attorno a una nana bianca», conclude Roberto

Silvotti dell'INAF - Osservatorio Astrofisico di Torino.

«Quello precedente era stato individuato dal

telescopio spaziale Kepler (nella seconda parte

della sua missione, nota come K2) con il "metodo

dei transiti", un metodo ampiamente usato per

scoprire pianeti attorno a stelle simili al Sole.

Per vedere i transiti, però, occorre una configurazione

geometrica ben precisa: un allineamento perfetto

fra stella, oggetto in transito e noi osservatori.

E in effetti, in quel caso, i detriti che bloccavano

parte della luce stellare passavano proprio fra

noi osservatori e la stella.

La tecnica spettroscopica utilizzata nella nostra

ricerca è invece in grado di rilevare planetesimi i

n orbita stretta senza la necessità di un

allineamento specifico. Già conosciamo molti altri

sistemi con dischi di detriti assai simili a SDSS J122859.93

+ 104032.9. Studiandoli con la stessa tecnica,

sicuramente scopriremo altri planetesimi in orbita

attorno a nane bianche, che ci permetteranno di

conoscere sempre meglio le loro proprietà.

Conoscere le masse degli asteroidi o dei frammenti

planetari che si avvicinano a una nana bianca ci offre

indizi anche sui pianeti che orbitano più lontano ma che,

al momento, non abbiamo modo di rilevare».

 
 
 
Vai alla Home Page del blog

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Ottobre 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
  1 2 3 4 5 6
7 8 9 10 11 12 13
14 15 16 17 18 19 20
21 22 23 24 25 26 27
28 29 30 31      
 
 

AREA PERSONALE

 

FACEBOOK

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 1
 

ULTIME VISITE AL BLOG

prefazione09cassetta2vurlam12ps12vittorio.59dony686miriade159tirchio2000blogtecaolivelliellistar2012Draiostre.sa47bibanna545annamatrigiano
 

CHI PUŅ SCRIVERE SUL BLOG

Solo l'autore puņ pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
I messaggi e i commenti sono moderati dall'autore del blog, verranno verificati e pubblicati a sua discrezione.
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Ottobre 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
  1 2 3 4 5 6
7 8 9 10 11 12 13
14 15 16 17 18 19 20
21 22 23 24 25 26 27
28 29 30 31      
 
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
Citazioni nei Blog Amici: 1
 

TAG CLOUD

 
Citazioni nei Blog Amici: 1
 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Ottobre 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
  1 2 3 4 5 6
7 8 9 10 11 12 13
14 15 16 17 18 19 20
21 22 23 24 25 26 27
28 29 30 31      
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963