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Neuroni artificiali più veloci del cervello umano

Post n°2204 pubblicato il 23 Maggio 2019 da blogtecaolivelli

31 gennaio 2018

La recente realizzazione di microprocessori

simili ai neuroni che elaborano le informazioni

in modo molto più rapido ed efficiente del

nostro cervello segna un importante passo

avanti nello sviluppo di hardware "neuromorfico"

per fornire la necessaria potenza di calcolo ai

sistemi di intelligenza artificiale che si ispirano

al cervello umanodi Sara Reardon/Nature

computer scienceneuroscienze

Microchip di calcolo a superconduttori realizzati

imitando i neuroni sono in grado di elaborare le

informazioni in modo più rapido ed efficiente del

cervello umano.

Il risultato, descritto sul numero del 26 gennaio

di "Science Advances", è una pietra miliare nello

sviluppo di dispositivi informatici avanzati progettati

per imitare i sistemi biologici.

E potrebbe aprire la strada a un software di

apprendimento automatico più naturale, anche se

rimangono molti ostacoli prima che possa essere

usato commercialmente.

Il software di intelligenza artificiale imita sempre

più spesso il cervello.

Algoritmi come quelli realizzati da Google per i

programmi automatici di classificazione delle immagini

e di apprendimento delle lingue utilizzano reti di

neuroni artificiali per svolgere compiti complessi.

Ma poiché l'hardware dei computer convenzionali

non era progettato per eseguire algoritmi simili a

quelli del cervello, questi compiti di apprendimento

automatico richiedono una potenza di calcolo di alcuni

ordini di grandezza superiore a quella del cervello

umano.

"Ci deve essere un modo migliore per farlo,

perché la natura l'ha trovato", dice Michael

Schneider, fisico del National Institute of Standards

and Technology (NIST) degli Stati Uniti a Boulder,

Colorado, coautore dello studio.

ALFRED PASIEKA/SPL/AGFIl NIST è uno dei pochi

gruppi che cercano di sviluppare l'hardware "neuromorfico"

che imita il cervello umano, nella speranza che esegua

il software simile a quello del cervello in modo più efficiente.

Nei sistemi elettronici convenzionali, i transistor

elaborano le informazioni a intervalli regolari e in

quantità precise: bit che assumono i valori 1 o 0.

Ma i dispositivi neuromorfici possono accumulare

piccole quantità di informazioni da più fonti,

alterarle per produrre un diverso tipo di segnale

e far partire una scarica elettrica solo quando

necessario, proprio come i neuroni biologici.

Di conseguenza, i dispositivi neuromorfici richiedono

meno energia per funzionare.

Gestire le sinapsi
Eppure questi dispositivi sono ancora inefficienti,

specialmente quando trasmettono informazioni

attraverso lo spazio, o sinapsi, tra i transistor.

Così il gruppo di Schneider ha creato elettrodi

simili a neuroni con superconduttori a niobio, che

conducono elettricità senza resistenza, riempiendo

gli spazi tra i superconduttori con migliaia di

nanocluster di manganese magnetico.

Variando la quantità di campo magnetico nella

sinapsi, i nanocluster possono essere allineati per

puntare in diverse direzioni.

Ciò consente al sistema di codificare le informazioni

sia nel livello di elettricità sia nella direzione del

magnetismo, garantendo una potenza di calcolo

molto maggiore rispetto ad altri sistemi neuromorfici,

senza occupare spazio fisico aggiuntivo.

Le sinapsi possono trasmettere impulsi fino a

un miliardo di volte al secondo - vari ordini di

grandezza più velocemente dei neuroni umani -

e usare un decimillesimo della quantità di energia

usata da una sinapsi biologica.

Micrografia di una delle sinapsi artificiali realizzate

al NIST (Cortesia NIST)Nelle simulazioni al computer,

i neuroni sintetici potevano raccogliere l'input da

un massimo di nove fonti prima di trasmetterlo

all'elettrodo successivo.

Ma sarebbero necessarie milioni di sinapsi prima

che un sistema basato su questa tecnologia possa

essere utilizzato per il calcolo complesso, afferma

Schneider, e resta da vedere se sarà possibile

riprodurlo a quella scala.

Un altro problema è che le sinapsi possono

funzionare solo a temperature prossime allo

zero assoluto e devono essere raffreddate con

elio liquido.

Steven Furber, ingegnere informatico dell'Università

di Manchester, nel Regno Unito, che studia il calcolo

neuromorfico, afferma che questo potrebbe rendere

i chip poco pratici per l'uso in piccoli dispositivi, anche

se un grande centro dati potrebbe riuscire a gestirli.

Ma Schneider afferma che il raffreddamento dei

dispositivi richiede molta meno energia rispetto

al funzionamento di un sistema elettronico

convenzionale con una quantità equivalente di

potenza di calcolo.

Un approccio alternativo
Carver Mead, ingegnere elettronico del California

Institute of Technology di Pasadena, elogia la ricerca,

definendola un nuovo approccio al calcolo neuromorfico.

"Il campo è pieno di esagerazioni propagandistiche,

ed è bello vedere un lavoro di qualità presentato in

modo obiettivo", afferma.

Ma aggiunge che ci vorrà molto tempo prima che i chip

possano essere utilizzati per il vero calcolo, e sottolinea

che si trovano ad affrontare una forte concorrenza da

parte di molti altri dispositivi di calcolo neuromorfici in

fase di sviluppo.

Anche Furber sottolinea che le applicazioni pratiche

sono di là da venire.

"Le tecnologie dei dispositivi sono potenzialmente

molto interessanti, ma non sappiamo ancora abbastanza

sulle proprietà cruciali delle sinapsi biologiche per

capire come usarle efficacemente", dice.

Per esempio, ci sono interrogativi aperti su come le

sinapsi si rimodellano in modo autonomo quando si

codifica un ricordo, rendendo difficile ricreare il

processo in un chip di memoria.

Tuttavia, poiché ci vogliono 10 anni o più perché

i nuovi dispositivi di calcolo raggiungano il mercato,

afferma Furber, vale la pena di sviluppare il maggior

numero di approcci tecnologici possibili, anche se

i neuroscienziati lottano ancora per comprendere

il cervello umano.

(L'originale di questo articolo è stato pubblicato su

Nature il 26 gennaio 2018. Traduzione ed editing a

cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i

diritti riservati.)

 
 
 
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