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Il gigantesco ologramma dell'universo

Post n°2250 pubblicato il 22 Giugno 2019 da blogtecaolivelli

Fonte: Le Scienze

Fisica dell'incredibile

Secondo una teoria che prende il nome di principio

olografico, l'universo sarebbe simile ad un gigantesco

ologramma

Tre ricercatori bolognesi, Giulio Pozzi,

Gian Franco Missiroli e Pier Giorgio Merli,

utilizzarono un dispositivo (intensificatore

di immagine) così sensibile da poter

 visualizzare la traccia di un singolo

elettrone alla volta.

L'esperimento, pubblicato nel 1976, riuscì a

mettere in evidenza, nello stesso tempo, le

tracce dei singoli elettroni e la formazione,

su uno schermo posto dietro le fenditure, di

frange di interferenza a partire dall'accumulo

di queste tracce, un risultato previsto dalla

meccanica quantistica, ma mai sperimentato

prima a questo livello di precisione, peraltro

ritenuto dai più irraggiungibile (v. Fig.3). 

Qualora una delle due fenditure venisse chiusa,

si passa da una figura di interferenza ad una di

diffrazione, che, seppur strutturalmente diversa,

conferma anche in questo caso un

comportamento ondulatorio della materia (v. Figg. 4 e 5)

Una versione moderna (2008) di tale esperimento

è stata realizzata da Giulio Pozzi, e Stefano

Frabboni e Gian Carlo Gazzadi (Università di

Modena), con fenditure della dimensione di

alcune decine di nanometri (miliardesimi di metro),

risultato che sarebbe stato totalmente fuori dalla

portata delle tecnologie degli anni '70/'80.

In questo lavoro mi sono posto il problema di

calcolare la variazione di entropia nel passaggio

dalla configurazione della Fig.4 (interferenza) a

quella della Fig.5 (diffrazione).

In particolare si può dimostrare che l'entropia è

aumentata a causa di un maggiore grado di

imprevedibilità e di disordine del sistema.

Il disordine ha molte più configurazioni dei

pochi stati che chiamiamo "ordinati", e pertanto

risulta più imprevedibile.

La figura di interferenza (Fig.4c) mostra una maggiore

strutturazione a fronte della figura di diffrazione

(Fig.5c) più omogenea e quindi più imprevedibile

circa il punto di arrivo delle particelle sullo schermo.

Un risultato significativo che è emerso dai miei

calcoli è legato al fatto che tale variazione di

entropia dipende dalla superficie totale delle

due fenditure, inizialmente entrambe aperte.

Il sistema di fatto "ricorda" lo stato iniziale e ci

permette di verificare che, anche se l'impostazione

dell'esperimento è cambiata, l'informazione iniziale

si è conservata.

Ancora una volta emerge un risultato relativo

all'entropia la quale dipende da una superficie

bidimensionale che, in qualche modo, nasconde

un volume: nella fattispecie lo spazio tridimensionale

che si trova tra le fenditure e lo schermo.

In sostanza si ripresenta un principio olografico in

ambito quantistico.

La tridimensionalità non è l'unica caratteristica

 interessante degli ologrammi: se l'ologramma di

una mela viene tagliato a metà e poi illuminato da

un laser, si scopre che ciascuna metà contiene

ancora l'intera immagine della mela.

Anche continuando a dividere le due metà, vedremo

che ogni minuscolo frammento di pellicola conterrà

in sé (-gramma) sempre una versione più piccola,

ma intatta, di tutte le informazioni dell'intera (olo-)

immagine. Si riscontra pertanto una proprietà di

 self - similarità della figura ottenuta.

E' interessante notare che tale proprietà è tipica

dei frattali.

In una mia altra pubblicazione, sempre su questa

rivista, dimostrai che, partendo dalle immagini

bidimensionali delle mappe dell'universo neonato

inviate dal satellite Planck, le micro perturbazioni

termiche presenti ad un'epoca di circa 380000 anni

dopo il big bang, mostravano la stessa dimensione

frattale delle strutture cosmiche che si sarebbero

poi andate a formare nello spazio tridimensionale.

Spingendoci oltre, possiamo notare come queste

stesse strutture formate da ammassi e superammassi

di galassie mostrino un'impressionante somiglianza

con la conformazione delle cellule cerebrali di un

uomo (Fig.6), al punto da apparire quasi indistinguibili. 

Il cervello umano contiene oltre 10^11 neuroni,

stesso ordine di grandezza del numero di galassie

stimato nell'universo osservabile.

Molti di tali neuroni hanno migliaia di connessioni

con altri neuroni esattamente come avviene per le

galassie a livello cosmologico con una serie di filamenti 

di collegamento, tenendo comunque presente che un

ammasso galattico è circa 10^28volte più grande del 

soma (parte centrale) di un neurone.

Una sorta di principio olistico in cui sembra che, sia

a livello microscopico che a livello macroscopico,

ogni frammento dell'universo abbia in sé l'immagine

del "tutto", in buona sostanza come se tutto facesse

parte di un unico grande ologramma in cui tutto

compenetra tutto.

Sebbene la natura umana cerchi di categorizzare,

classificare e suddividere i vari fenomeni, ogni

suddivisione risulterebbe necessariamente artificiale e

tutta la natura non sarebbe altro che una immensa rete

ininterrotta di informazioni.

 
 
 
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