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Il nome della rosa di U.Eco.
Post n°3296 pubblicato il 02 Novembre 2020 da blogtecaolivelli
Il nome della rosa Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Il nome della rosa è un romanzo scritto da Umberto Eco ed edito per la prima volta da Già autore di numerosi saggi, il semiologo decise di scrivere il suo primo romanzo, cimentandosi nel genere del giallo storico e in particolare del Tuttavia, il libro può essere considerato un incrocio di generi, tra lostorico, il narrativo e il filosofico. L'opera, ambientata sul finire dell'anno 1327, si presenta con un classicoespediente letterario, quello del manoscritto ritrovato, opera, in questo caso, di un monaco di nome Adso da Melk, che, divenuto ormai anziano, decide di mettere su carta i fatti notevoli vissuti da novizio, molti decenni addietro, in compagnia del proprio maestro Guglielmo da Baskerville. La vicenda si svolge all'interno di un monastero benedettino di Santa Scolastica, ed è suddivisa in sette giornate, scandite dai ritmi della Il romanzo ha ottenuto un vasto successo di critica e di pubblico, venendo tradotto in oltre 40 lingue con oltre 50 milioni di copie vendute in trent'anni. Ha ricevuto diversi premi e riconoscimenti, tra cui il Premio Strega del 1981, ed è stato inserito nella lista de "I 100 libri del secolo di Le Monde". Dal romanzo sono state tratte diverse trasposizioni, tra cui se ne segnalano due: l'omonimo film del 1986, diretto da Jean-Jacques Annaud, con Sean Connery, Christian Slater e F. Murray Abraham; l'omonima miniserie del 2019, diretta da Giacomo Battiato, con John Turturro, Damian Hardung e Rupert Everett. Nel maggio del 2020, la casa editrice La Nave di Teseo, fondata dallo stesso Eco, pubblica una versione del romanzo arricchita coi disegni e gli appunti preparatori dell'autore. Trama
Nel prologo, l'autore racconta di aver letto durante un soggiorno all'estero il manoscritto di un monaco benedettino riguardante una misteriosa vicenda svoltasi in età medievale in un'abbazia sulle Alpi piemontesi. Rapito dalla lettura, egli inizia a quel punto a tradurlo su qualche quaderno di appunti prima di interrompere i rapporti con la persona che gli aveva messo il manoscritto tra le mani. Dopo aver ricostruito la ricerca bibliografica che lo portò a recuperare alcune conferme, oltre alle parti mancanti del testo, l'autore passa quindi a narrare la vicenda di Adso da Melk. Gli omicidi nell'abbazia È la fine di novembre del 1327. Guglielmo da Baskerville, un frate francescano inglese, e Adso da Melk, suo allievo, si recano in un monastero benedettino di regola cluniacense sperduto sui monti dell'Italia settentrionale. Questo monastero sarà sede di un delicato convegno che vedrà protagonisti i francescani - sostenitori delle tesi pauperistiche e alleati dell'imperatore Ludovico - e i delegati della curia papale di Papa Giovanni XXII, insediata a quei tempi ad Avignone. I due religiosi(Guglielmo è francescano e inquisitore "pentito", il suo discepolo Adso è un novizio benedettino) si stanno recando in questo luogo perché Guglielmo è stato incaricato dall'imperatore di partecipare al congresso quale sostenitore delle tesipauperistiche. Allo stesso tempo, l'abate, timoroso che l'arrivo della delegazione avignonese possa ridimensionare la propria giurisdizione sull'abbazia e preoccupato che l'inspiegabile morte del giovane confratello Adelmo durante una bufera di neve possa far saltare i lavori del convegno e far ricadere la colpa su di lui, decide di confidare nelle capacità inquisitorie di Guglielmo affinché faccia luce sul tragico omicidio, cui i monaci tra l'altro attribuiscono misteriose cause soprannaturali. Nel monastero circolano infatti numerose credenze circa la venuta dell'Anticristo. Nonostante la quasi totale libertà di movimento concessa all'ex inquisitore, un altro monaco viene ucciso: si tratta di Venanzio, giovane monaco traduttore dal greco e amico di Adelmo. Un personaggio su cui si vociferano malignità è l'aiuto bibliotecario Berengario, troppo succube del bibliotecario Malachia. Grasso e minato nella salute (soffre di convulsioni), pecca anche di sodomia concupendo i giovani monaci e scambiando favori sessuali con libri proibiti. Guglielmo ipotizzerà infatti che è proprio a causa di questo scambio che Adelmo si toglie la vita, non prima di aver rivelato a Venanzio del libro e come trovarlo. Guglielmo sospetta sin dall'inizio e man mano si convince sempre più che il segreto dietro tutte le morti sia da cercare nella lotta di potere all'interno dell'abbazia ed in un libro misterioso nascosto nella biblioteca, vanto del monastero (costruita come un intricato labirinto a cui hanno accesso solo il bibliotecario e il suo aiutante). Durante le indagini sulla morte di Adelmo e Venanzio, infatti, Guglielmo trova su un frammento di pergamena delle scritte fatte da due mani diverse, una in greco (che riconduce ad uno "strano" libro) ed una in latino (la chiave per entrare nel Finis Africae, settore della biblioteca in cui è custodito il libro, che riporta la frase: "Secretum finis Africae manus supra idolum age primum et septimum de quatuor"). Guglielmo conclude che Venanzio ricevette questo brandello di pergamena da Adelmo quando lo incontrò mentre vagava tra le tombe nel cimitero per andare incontro al suo destino. La notte dopo Venanzio si reca in biblioteca e riesce a recuperare il libro. Trovatolo morto nello scriptorium, un misterioso monaco (che si scoprirà poi essere Berengario) - per allontanare lo scandalo dalla biblioteca - si carica il cadavere in spalla e lo scarica nell'orcio pieno di sangue dei maiali.
Quella stessa mattina, convinti di dar la caccia a un libro in greco, né Adso né Gugliemo prestano attenzione ad un libro scritto in arabo e su diversi tipi di pergamena che si trova sul tavolo di Venanzio. Quello stesso libro viene quindi recuperato di notte dall'aiuto bibliotecario Berengario, che sottrae anche le lenti da vista di Guglielmo. Guglielmo e Adso entrano nella biblioteca, ma non sapendo né come orientarsi né cosa cercare rischiano di perdersi nel labirinto, ma riescono fortuitamente ad uscirne. Il mattino successivo anche Berengario risulta sparito e si ritroverà solo a sera, morto, nei balnea. All'autopsia, anche Berengario ha la punta delle dita e della lingua nere. Nel monastero sono presenti anche due ex appartenenti alla setta dei dolciniani: il cellario Remigio da Varagine e il suo amico Salvatore, che parla una strana lingua fatta da un mix di latino, spagnolo, italiano, francese, inglese. Remigio intrattiene un commercio illecito con una povera fanciulla del luogo, che in cambio di favori sessuali riceve cibo dal cellario. Anche il giovane Adso, una notte, per una serie di circostanze, fa la conoscenza della ragazza nelle cucine dell'edificio. Adso scopre i piaceri dei sensi e nutre per la ragazza un misto di amore e preoccupazione. Confessata pudicamente a Guglielmo la sua avventura, questi gli dice che il fatto non dovrà più ripetersi ma che non si tratta di un peccato così grave se paragonato a quelli che stanno avvenendo nell'abbazia sotto i loro occhi. L'indagine di Guglielmo è interrotta dall'arrivo della delegazione papale. L'inquisitore Bernardo Gui trova la fanciulla insieme a Salvatore e prende spunto dalla presenza di un gallo nero, che la ragazza affamata avrebbe voluto mangiare, per accusare entrambi di essere cultori di riti satanici. Dopo esser riuscito a ottenere una confessione dal povero Salvatore, che ammette il suo passato di dolciniano, Bernardo Gui processa e condanna fra' Remigio, Salvatore e la fanciulla, dichiarandoli inoltre colpevoli delle morti avvenute nel monastero. All'elenco delle morti, infatti si sono aggiunti l'erborista Severino da Sant'Emmerano - che fino ad allora aveva aiutato Guglielmo con le sue conoscenze sulle erbe - e, il giorno seguente, il bibliotecario Malachia da Hildesheim che stramazza a terra morto nel mezzo dell'ufficio delle letture di Mattutino. Guglielmo ricostruisce l'accaduto: Berengario ha disob- bedito per la prima volta a Malachia ed invece di consegnargli il libro misterioso lo ha letto. Tormentato dal veleno, si è recato in erboristeria per cercare delle erbe lenitive per fare il bagno, ha nascosto il libro in erboristeria ed è poi morto nei balnea. Severino ha trovato il libro, cerca di avvertire Guglielmo impegnato nella disputa teologica sul tema della povertà dellaChiesa cattolica, ma viene intercettato da Malachia, che lo uccide. Ma nemmeno Malachia riconosce il libro, lo trova invece Bencio, che lo nasconde. Quando Malachia gli propone di diventare il nuovo aiuto bibliotecario, Bencio gli restituisce il libro. Anche Malachia legge il libro invece di rimetterlo al suo posto e per questo trova la morte. Morendo mormora "aveva il morso di mille scorpioni". Bencio è un ambizioso: ha desiderato il posto da bibliotecario e ha nascosto informazioni a Guglielmo, ma adesso è disperato e non sa cosa fare. Guglielmo lo rimprovera aspramente e gli consiglia di non fare niente se vuole aver salva la vita. |
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