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Ritrovamento di un trilobite preistorico.

Post n°3394 pubblicato il 28 Aprile 2021 da blogtecaolivelli

Fonte: le libere risorse dell'Internet
L'occhio moderno di un trilobite di 429 milioni di anni

Il trilobite Aulacopleura kionickii.

La lunghezza reale dell'esemplare è di

circa un centimetro (© Brigitte Schoenemann) 

L'analisi in microscopia digitale di un

antichissimo trilobite ha scoperto che la

struttura dell'occhio di questo animale

era del tutto simile a quella che caratteriz-

za gli occhi composti dei crostacei e degli

insetti di oggi.

La struttura dell'occhio dei crostacei moderni

e degli insetti è rimasta sostanzialmente

invariata dal tempo in cui, fra 542 a 251

milioni di anni fa, gli antichi trilobiti, artropodi

marini oggi estinti, dominavano gli ecosistemi

marini dell'era paleozoica.

La scoperta dimostra l'importanza delle

indicazioni che si possono ricavare anche

dalle più lontane testimonianze fossili per

la comprensione e la ricostruzione

dell'evoluzione dei principi funzionali dei

sistemi sensoriali negli animali odierni.

La scoperta - realizzata da Brigitte Schoenemann

dell'Università di Colonia, in Germania, e

da Euan N. K. Clarkson, dell'Università di

Edimburgo, e descritta in un articolo pubblicato

su "Scientific Reports" - ha permesso anche

di definire con maggior precisione il tipo di

ambiente in cui vivevano i trilobiti.

La definizione delle strutture sensoriali

degli antichi animali, come quelle degli occhi

composti, è un'impresa molto ardua, e si è

a lungo pensato che fosse molto improbabile

che i tessuti molli - e a maggior ragione le

singole cellule recettoriali - potessero

conservarsi nei reperti fossili.

Perché ciò accada sono necessarie condizioni

ambientali molto particolari: per esempio, la

carcassa dell'animale deve  restare sepolta in

condizioni anossiche (ossia in assenza di ossigeno)

e devono essere quasi assenti anche i batteri;

inoltre, per trovare traccia degli elementi cellulari,

le particelle dei sedimenti circostanti devono

essere di dimensioni inferiori a quelle delle

cellule stesse.

Il trilobite esaminato dai due ricercatori, risalente

a 429 milioni di anni fa, ha trovato proprio

queste condizioni in una formazione geologica

situata nei pressi della cittadina di Lodenice,

nella Repubblica Ceca.

L'esemplare studiato, appartente alla specie 

Aulacopleura koninckii, - un minuscolo trilobite

dello spessore non superiore ai due millimetri -

era in ottimo stato di conservazione, con

un'unica eccezione: uno dei due occhi era spezzato

a metà, una circostanza che ha permesso un

accurato esame del suo interno con sofisticate

tecniche di microscopia digitale, senza danneggiare

il reperto.

L'occhio sinistro, integro, di A. kionickii

 (© Brigitte Schoenemann)Gli autori hanno

osservato una serie di strutture interne simili

a quelle degli occhi composti di molti insetti

e crostacei moderni, tra cui le loro unità visive

note come ommatidi (che misurano 35

micrometri di diametro), che contengono cellule

fotosensibili raggruppate attorno a una

struttura tubolare trasparente, il rabdoma.

Ciascuna di queste unità visive è circondata

da un anello scuro, probabilmente composto

da cellule pigmentate, che le isola una dall'altra,

ed è sormontata da una sorta di lente a cono

che agiva da cristallino.

Questa struttura è di particolare interesse

perché in un esemplare di trilobite ancora

più antico (circa 500 milioni di anni fa) esaminato

nel 2017 dagli stessi ricercatori, non vi era traccia.

Le piccole dimensioni delle unità visive

di A. koninckii indicano che viveva in acque limpide

e poco profonde ed era probabilmente attivo

durante il giorno, poiché i cristallini di diametro

così piccolo sono efficienti solo in condizioni di

buona luminosità.

La presenza di barriere di cellule pigmentate

tra le unità visive suggerisce infine che il

trilobite avesse una visione a mosaico:

ciascuna unità visiva contribuiva a una piccola

porzione dell'immagine complessiva. (red)

 
 
 
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