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Le ultime di Stonehenge.

Post n°3460 pubblicato il 15 Ottobre 2021 da blogtecaolivelli

 

 

Gli scienziati stanno finalmente studiando la pietra di StonehengeFonte foto: 123RFSCIENZA

Finalmente analizzata la pietra di Stonehenge: è indistruttibile

Un campione proveniente da un restauro del 1958 apre le

porte a nuove scoperte su Stonehenge: datazione, composizione

e provenienza delle rocce.

12 Settembre 202161 

Il sito di Stonehenge è da sempre avvolto da una patina di

fascino e mistero, che certo non può lasciare indifferente la

comunità scientifica, che da anni si chiede come mai le rocce

di Stonehenge siano così refrattarie ad usura e cambiamenti

fisici.

Il cromlech più famoso ed imponente del mondo si trova nei

pressi di Amesbury, a pochi chilometri dalla cittadina Salisbury

nello Wiltshire, e si crede che sia rimasto praticamente immutato

sin dai tempi della sua installazione, risalente al Neolitico.

Il campione "Phillips", direttamente dal 1958

Un nuovo studio pubblicato sulla rivista Plos One rivela la

composizione delle rocce di Stonehenge.

Come dichiara David Nash dell'Università di Brighton,

co-autore della ricerca, "ora abbiamo finalmente un'idea del

perché quella roba sia ancora lì".

Sembrerebbe infatti che la composizione della roccia che

compone il "cerchio di pietra" più imponente del mondo sia

particolarmente resistente all'erosione ed agli effetti del tempo.

Ma come hanno potuto i ricercatori mettere le mani sulla

pietra di Stonehenge, considerando che non ne esistono

frammenti e che è ovviamente vietato estrarne di nuovi?

La risposta arriva da un lavoro di riparazione e restauro

avvenuto nel lontano 1958, ad opera di Robert Phillips,

intagliatore di diamanti che fu allora chiamato a riparare

uno dei triliti del sito neolitico.

Autorizzato a carotare la roccia 58, e a tenere per sé il campione

di roccia come souvenir, il da poco scomparso Phillips riconsegnò

il tesoro dopo quasi sessant'anni, aprendo le porte ad importantis-

sime scoperte inedite su Stonehenge.

Per esempio, è stato proprio grazie alla a spettrofotometria XRF 

eseguita nel 2020 sul campione donato da Phillips che è stato

possibile finalmente fornire una datazione per le rocce di

Stonehenge, che risalirebbero al 2500 a.C..

Il "Phillip's Core", così viene chiamato il campione della roccia 58,

viene definito dagli scienziati "una sorta di Sacro Graal": come

afferma il Professor Nash, "è estremamente raro per uno scienziato

avere la possibilità di lavorare su campioni di tale importanza".

La roccia di Stonehenge

Il campione di Phillips è stato esaminato in lungo e in largo, ed è

stato anche possibile distruggerne una buona metà per fini scientifici.

Coinvolti sia il Museo di Storia Naturale di Londra, sia istituzioni

come l'English Heritage.

Quel che è emerso dalle indagini sulla composizione della roccia 58,

è che ci si trovi di fronte ad una composizione particolarmente forte

di quarzi, disposti in una matrice di cristalli ad incastro che rende la

pietra praticamente indistruttibile.

Come rivelato da Nash a Science Alert, ci sarebbe da chiedersi

"se i costruttori di Stonehenge conoscessero le proprietà delle rocce,

piuttosto di aver scelto le più grandi e le più vicine al sito".

A livello geochimico, la composizione del campione della roccia 58

corrisponde con 50 delle 52 altre rocce che costituiscono

il cromlech, quindi è lecito credere che le rocce di Stonehenge siano

dello stesso tipo.

Tecnicamente si tratta di silcrete, un crostone di suolo che si cementa

con la silice: le rocce di Stonehenge sono largamente composte di

sedimenti erosi che risalgono addirittura al Paleogene, agli albori del

Cenozoico, cioè a oltre 25 milioni di anni fa.

L'analisi del campione di Phillips ha permesso anche di scoprire

l'origine delle pietre di Stonehenge, che parrebbero provenire dalle foreste

 West Woods, tra le colline di Marlborough Downs.

 
 
 
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