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Messaggi di Aprile 2019
Post n°2172 pubblicato il 29 Aprile 2019 da blogtecaolivelli
fonte: Le Scienze 12 marzo 2019 Nuove stime della mortalità mondiale parlano di 8,8 milioni di decessi in più all'anno dovuti all'inquinamento atmosferico. In Europa, la stima è di 790.000 morti all'anno, circa il doppio di quanto calcolato in precedenti studi. Ad aumentare è soprattutto il rischio di malattie cardiovascolari e polmonari, e il principale responsabile è il particolato fine epidemiologiaatmosferaambiente La salute umana è minacciata dall'aria che respiriamo molto più di quanto ritenuto finora. Secondo le stime di un nuovo studio pubblicato sulla rivista "European Heart Journal" da un gruppo internazionale di ricerca, infatti, l'inquinamento atmosferico è responsabile ogni anno di 120 decessi in più per 100.000 abitanti nel mondo, e di 133 e 129 decessi in più ogni 100.000 abitanti in Europa e nell'Unione Europea a 28 stati, rispettivamente. l'eccesso di inquinanti nell'aria ha causato 8,8 milioni di morti in più nel mondo, 790.000 in Europa, e 659.000 nell'Unione Europea. Per il nostro continente, questo significa il doppio delle morti rispetto alle valutazioni epidemiologiche precedenti. si pensa immediatamente ai danni ai polmoni, che in effetti risultano statisticamente aumentati. Ma al primo posto delle classifiche ci sono le patologie cardiovascolari, che rendono conto del 40-80 per cento delle morti in eccesso, cioè il doppio di quanto è attribuito alle patologie polmonari. Smog a Milano, gennaio 2019 (Marco Bonfanti/iStock) Se si considera in particolare l'Europa, lo studio ha calcolato che il triste primato della patologia più letale è la malattia ischemica (cioè sostanzial- mente l'infarto cardiaco, con 40 per cento dei decessi in più), seguita dall'ictus (8 per cento), dalla polmonite (7 per cento), dal tumore del polmone (7 per cento) dalla broncopneumopatia cronica ostruttiva (6 per cento). Guardando ai paesi paragonabili al nostro per popolazione e livello di sviluppo socio-economico, il primato negativo spetta alla Germania, con un tasso di mortalità in eccesso dovuto all'inquinamento atmosferico di 154 su 100.000, corrispondenti a una riduzione di 2,4 anni nell'aspettativa di vita. eccesso ogni 100.000 abitanti e una riduzione dell'aspettativa di vita di 1,9 anni e, un po' staccati, la Francia (105 morti in eccesso ogni 100.000 abitanti e riduzione dell'aspettativa di vita di 1,6 anni) e il Regno Unito (98 morti in eccesso ogni 100.00 0 abitanti e riduzione dell'aspettativa di vita di 1,5 anni). l'inquinamento atmosferico causa complessivamente la morte di circa 81.000 persone all'anno, 29.000 (36 per cento) per malattie cardiovascolari e 35.000 (43 per cento) per altre cause. alti nei paesi dell'Europa orientale, come Bulgaria, Croazia, Romania e Ucraina, con oltre 200 ogni anno per 100.000 abitanti. dall'inquinamento atmosferico in Europa è spiegato dalla combinazione di scarsa qualità dell'aria e dalla densità della popolazione, che porta a un'esposizione tra le più alte del mondo: anche se l'inquinamento atmosferico nell'Europa orientale non è molto più elevato di quello dell'Europa occidentale, il numero di morti in eccesso causato è più alto", ha spiegato Jos Lelieveld, del Max- Plank-Institut per la Chimica di Mainz, in Germania, e del Cyprus Institute di Nicosia, Cipro, coautore dell'articolo. "Bisogna poi tenere conto dell'assistenza sanitaria più avanzata nell'Europa occidentale, dove l'aspettativa di vita è generalmente più alta". gli autori mettono sotto accusa principalmente il particolato più fine PM2,5 (particelle di diametro inferiore a 2,5 micron). Attualmente, nell'Unione Europea il limite medio annuo per il PM2,5 è di 25 microgrammi per metro cubo, un valore già 2,5 vote superiore alla soglia raccomandata dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS). E molti paesi europei supernao regolarmente anche questa soglia più elevata. spronare i governi nazionali e le agenzie internazionali a intraprendere azioni urgenti per ridurre l'inquinamento atmosferico, compresa una nuova valutazione della legislazione sulla qualità dell'aria e un abbassamento degli attuali limiti dell'Unione Europea ai livelli medi annuali delle Linee guida dell'OMS.(red) |
Post n°2171 pubblicato il 29 Aprile 2019 da blogtecaolivelli
fonte: Le Scienze 09 marzo 2019 Le sorgenti calde sul fondo dell'oceano, ricche di vita animale, sono state scoperte per la prima volta 40 anni fa. Da allora, le conoscenze su come fa la vita a prosperare in condizioni così estreme - e quindi forse anche su altri pianeti - si sono moltiplicate, ma c'è ancora molto da scoprire. E all'orizzonte ci sono progetti di sfruttamento commerciale delle risorse di quegli ecosistemidi Cindy Lee Van Dove/Nature biologiaambienteSono passati quattro decenni da quando Corliss e colleghi descrissero su "Science" i fluttuanti ammassi di vermi tubo giganti, lunghi un metro, scoperti nei pressi delle sorgenti calde sul fondo dell'oceano. Fino a quel momento, il fondo oceanico era ritenuto più simile a un deserto che a un'oasi. sottomarine; in effetti, stavano cercando verificare l'ipotesi della loro esistenza. la strada a quella scoperta suggerendo che le catene di rilievi che cingono il globo sul fondo dell'oceano, definite come centri di espansione, fossero siti vulcanici ai margini delle placche tettoniche. era il flusso di calore conduttivo inaspettatamente basso nella crosta oceanica. Un flusso convettivo di calore attraverso le sorgenti calde poteva risolvere l'enigma di questo calore mancante. Le anomalie dell'acqua ad alta temperatura documentate sopra di un centro di espansione chiamato dorsale delle Galapagos guidarono Corliss e colleghi al sito in cui scoprirono le sorgenti termali sottomarine (dette anche camini, o fumarole, idrotermali). Mappa globale dei camini idrotermali oceanici (Savant-fou/NOAA/Wikimedia Commons)Trovare queste sorgenti termali fu già di per sé una scoperta incredibile. Ma ciò che veramente sconvolse la scienza del mare profondo furono le inaspettate oasi di vita bagnate da quelle acque tiepide. Durante l'immersione nel sommergibile Alvin che portò alla scoperta, il geologo Jack Corliss chiamò l'equipaggio della nave di appoggio a 2,5 chilometri più in sù e chiese: "L'oceano profondo non dovrebbe essere come un deserto?" "Sì", fu la risposta. "Beh, ci sono un sacco di animali quaggiù". più grande scoperta nell'oceanografia biologica fino a ora, e che fu fatta da un gruppo di geologi e geochimici. Nel loro articolo, gli autori sottolinearono profeticamente: "Queste fragili comunità offrono un'opportunità unica per una vasta gamma di studi zoologici, batteriologici, ecologici e biochimici". Che cosa è scaturito da quegli studi? si fossero adattati efficacemente al loro ambiente i vermi tubo giganti. In quella profonda oscurità, generare energia cellulare con la fotosintesi non è un'opzione valida. E poiché il materiale organico prodotto sulla superficie dell'oceano perde gran parte del suo valore nutrizionale quando raggiunge il fondo del mare profondo, non fornisce una fonte di energia adatta a sostenere dense popolazioni di grandi organismi. ad alta temperatura arricchita di solfuro di idrogeno e altri composti inorganici chimicamente ridotti (come il metano) beneficiano di batteri simbiotici o liberi che generano energia con la chemiosintesi, cioè l'ossidazione chimica di quei composti ridotti. sito oceanico fu scoperto un altro tipo di sorgente termale chiamato camino nero, che emette fluidi idrotermali ricchi di metalli. nei centri di espansione del fondale marino in tutto il mondo. Esistono circa mille o più oasi sottomarine, adagiate come minuscole perle lungo i centri di espansione. Per quanto numerosi, sono un habitat raro, se si calcola l'area totale che occupano: tutti insieme, potrebbero stare nell'isola di Manhattan, e rimarrebbe ancora dello spazio libero. forse secoli, a seconda delle condizioni geologiche. Questo solleva la questione di come si mantengono le popolazioni di invertebrati e di quale sia la natura delle barriere biogeografiche tra popolazioni nelle sorgenti termali. I cicli vitali di quasi tutti gli invertebrati che vivono nelle sorgenti termali sottomarine comprendono uno stadio larvale diffuso nella colonna d'acqua. L'ecologia larvale, la connettività di popolazione, nonché le barriere oceanografiche e le rotte di trasporto sono temi chiave della ricerca attuale. tipi differenti di specie. E alcuni centri di espansione nell'emisfero australe e nell'Artide sono ancora da esplorare, aumentando la possibilità che vi si trovino tipi di rapporti e di adattamenti tra batteri e invertebrati prima sconosciuti. Riftia pachyptila, conosciuto anche come verme tubo gigante (Credit: NOAA Okeanos Explorer Program, Galapagos Rift Expedition 2011)Specie sorprendenti e strabilianti adattamenti biologici continuano a venire alla luce. I vermi di Pompei (Alvinella pompejana) vivono a temperature fino a 42 °C. Queste sono tra le temperature più estremesopportate da qualsiasi animale multicellulare sulla Terra. I vermi ci sfidano a capire in che modo le proteine nell'organismo degli animali siano protette dalla fusione. I microrganismi chiamati Archaea possono vivere a 121 °C: sono le condizioni di vita più calde conosciute sulla Terra. I gamberetti "ciechi" (Rimicaris exoculata) mostrano "occhi" altamente modificati che si ritiene possano rilevare variazioni di luce fioca emessa dai fluidi a 350 °C dei camini neri, aiutandoli a evitare di essere "cotti" dal calore. I granchi Yeti (Kiwa tyleri) hanno artigli e zampe pelosi che consentono loro di "allevare" i batteri di cui si nutrono. Le lumache della specie Chrysomallon squamiferum strisciano su "piedi" protetti da scaglie metalliche di un tipo che non si trova in altri molluschi viventi o fossili e offrono ispirazione per la progettazione di materiali per le armature. sorgenti termali ci spinge anche a ripensare le nostre idee sulle condizioni estreme a cui può adattarsi la vita, sul'origine della vita su questo pianeta e anche sul potenziale della vita altrove nell'universo. alla ricerca di prove della presenza di vita basata sull'energia della luce solare; ora le missioni planetarie prendono in considerazione anche la possibilità di una vita alimentata dall'energia chimica. Gli astrobiologi studiano le sorgenti calde sottomarine per gettare uno sguardo a condizioni che potrebbero essere simili a quelle della Terra primordiale e considerano le sorgenti calde oceaniche dei possibili analoghi di ambienti sottomarini alieni su mondi oceanici al di là del nostro pianeta. vanno di pari passo con gli incentivi ingegneristici a progettare e costruire veicoli sempre più capaci di raggiungere il fondo marino in modo preciso e affidabile. Prima sono arrivati i veicoli comandati a distanza, e seguiti ben presto da veicoli subacquei autonomi, preprogrammati per scivolare sul fondo del mare come droni, con un carico di strumenti che mappano il fondale marino e rilevano le proprietà dell'acqua. Lo sviluppo di cavi che trasmettono dati video consente di trasmettere queste immagini in tempo reale in tutto il mondo su siti Web accessibili gratuitamente (comeNautilusLive e Camini idrotermali sul fondo oceanico nella zona delle Isole Marianne, nell'Oceano Pacifico (Credit: NOAA Expedition & Research)L'ultima generazione di veicoli per le profondità marine in fase di sviluppo sta sta trasformando l'uso per la scoperta e la ricerca scientifica in un ruolo commerciale. Sono stati progettati, costruiti e testati mole, frese e campionatori di dimensioni gigantesche per l'estrazione di depositi di solfuro sul fondo marino prodotti dall'attività idrotermale. Una società canadese si è assicurata le concessioni per effettuare estrazioni di di rame, oro e argento nelle sorgenti calde del Mare di Bismarck, anche se finora non ci sono attività di estrazione commerciale di giacimenti di solfuro dai depositi marini. sorgenti calde nei loro territori, ma il destino degli ecosistemi che si trovano in aree al di fuori dei confini nazionali è nelle mani dell'International Seabed Authority, che attualmente sta rivedendo il proprio codice minerario. L'attenzione potrebbe spostarsi dall'estrazione presso le sorgenti termali attive, che rischia di distruggere le specie associate, allo sfruttamento dei solfuri in luoghi senza segni visibili di flusso di fluido idrotermale o organismi dipendenti dai camini, ma questa conclusione non è ancora garantita. Le azioni che saranno intraprese nel prossimo futuro determineranno se la frontiera della scoperta a sorgenti termali aperta da Corliss e colleghi 40 anni fa passerà dall'esplorazione allo sfruttamento. il 4 marzo 2019. Traduzione ed editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati) |
Post n°2170 pubblicato il 29 Aprile 2019 da blogtecaolivelli
fonte: Le Scienze Afferrare un oggetto per passarlo a un'altra persona è un gesto semplice per gli esseri umani ma non per i robot, che hanno parecchi problemi a eseguirlo. Un nuovo studio, effettuato alla Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa in collaborazione con ricercatori australiani, ha ora definito i principi che guidano la presa giusta per compiere il gesto, aprendo la strada a una collaborazione migliore tra uomo e macchina (red)
fonte: Le Scienze I principi guida che regolano il modo in cui si afferra un oggetto per passarlo a un altro sono stati definiti da ricercatori dell'Istituto di biorobotica della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa, con la collaborazione del centro per la visione robotica del Politecnico del Queensland a Brisbane, che li illustrano in un articolo su "Science Robotics". Il risultato permetterà di ottenere una migliore cooperazione tra gli esseri umani e i robot, sempre più presenti nella nostra vita quotidiana © Scuola Superiore Sant'AnnaUno dei punti più delicati dell'interazione fra robot è il passaggio di oggetti. Lungi dall'essere un compito semplice, l'atto coinvolge pesantemente e in contemporanea sia i sistemi di controllo sensoriale che quelli motori, ed è influenzato da molti fattori relativi all'oggetto (forma, dimensione e funzione), al compito (entità dello spostamento), ai vincoli della presa (dimensioni della mano umana o della pinza, forza della presa) e a vincoli casuali (la posizione iniziale dell'oggetto). a qualcuno che lo deve usare - spiega Francesca Cini, prima firmataria dell'articolo - lasciamo libero il manico per facilitare la presa e l'uso dell'oggetto. Lo scopo della nostra ricerca è trasferire tutti questi principi guida a un sistema robotico." e attuata la presa, i ricercatori hanno chiesto ad alcune coppie di persone di afferrare e passarsi una serie di oggetti - per esempio una penna chiusa e una aperta, una chiave, un cacciavite, un bicchiere pieno e uno vuoto, un oggetto leggero come un foglio e uno pesante - che hanno ripreso con delle telecamere per poi analizzare fotogramma per fotogramma i movimenti e la direzione degli sguardi. una serie di parametri, per esempio le condizioni che inducono a preferire una presa di precisione o una di potenza (caratterizzate da differenti posizioni delle falangi), e di notare che nel passaggio dell'oggetto da una persona all'altra era sistematicamente preferita la presa di precisione, che lascia al ricevente abbastanza spazio per afferrare comodamente l'oggetto. di robot progettati per interagire con gli esseri umani in modo naturale", ha concluso Marco Controzzi, coautore dello studio. "Questi risultati ci permetteranno di istruire il robot a manipolare gli oggetti attraverso l'introduzione di semplici regole." |
Post n°2169 pubblicato il 29 Aprile 2019 da blogtecaolivelli
Fonte: Le Scienze 24 gennaio 2019 Nasce il primo viticcio artificiale in grado di arrampicarsi Comunicato stampa - E' un robot soffice ispirato alle piante rampicanti, realizzato dal gruppo di ricerca coordinato da Barbara Mazzolai. Il lavoro pubblicato su Nature CommunicationsIIT-Istituto Italiano di Tecnologia: 24 gennaio 2019, Pontedera (Pisa) - Ottenuto in Italia il primo robot che imita il comportamento dei viticci, arrotolandosi a spirale intorno a un supporto: è un robot soffice che si muove sfruttando lo stesso principio fisico che fa muovere l'acqua nei tessuti delle piante rampicanti ed è stato realizzato dai ricercatori del Centro di Micro-BioRobotica dell'IIT-Istituto Italiano di Tecnologia a Pontedera (Pisa), guidati da Barbara Mazzolai. Il lavoro è stato descritto nella rivista Nature Communications, e in futuro potrebbe essere d'ispirazione per lo sviluppo di dispositivi indossabili, come tutori, in grado di cambiare forma. i ricercatori Edoardo Sinibaldi e Indrek Must, tutti con una formazione e competenze complementari: Must è un tecnologo dei materiali con un dottorato in ingegneria e tecnologia, Sinibaldi un ingegnere aerospaziale con un dottorato in matematica applicata, Mazzolai una biologa con un dottorato in ingegneria dei microsistemi. Mazzolai è stata tra le 25 donne geniali della robotica nel 2015 secondo RoboHub, ed è autrice del primo robot pianta al mondo, il Plantoide. mento delle piante, le quali non sono affatto esseri immobili. Per esempio, le radici crescono bilanciando la ricerca di nutrienti con la necessità di evitare ostacoli e sostanze dannose. Inoltre, non potendo scappare - diversamente dagli animali, le piante quando si muovono, in realtà "crescono", si allungano, adattando continua- mente la loro morfologia all'ambiente esterno. Tale "crescita" è quello che accade nei viticci delle piante rampicanti, che sono in grado di arrotolarsi e srotolarsi attorno a supporti esterni per favorire il benessere della pianta stessa. meccanismi naturali grazieai quali le piante sfruttano il trasporto dell'acqua al loro interno per muoversi e li hanno replicati in un robot soffice. Il principio idraulico in questione si chiama "osmosi" e si basa sulla presenza di piccole particelle presenti nel liquido (citosol) contenuto all'interno delle cellule della pianta. L'osmosi determina il movimento dei viticci. modello matematico, che ha determinato le dimensioni del robot affinché i movimenti guidati dall'osmosi non fossero troppo lenti. Il robot ha quindi acquisito la forma di un piccolo viticcio, in grado di compiere movimenti reversibili - arrotolamento e srolotamento - come fanno anche le piante. con un tubo flessibile di PET (un comune polimero spesso usato anche per contenere alimenti), all'interno del quale è presente un liquido con ioni. Sfruttando una batteria da 1.3 Volt, gli ioni vengono attirati e immobilizzati sulla superficie di elettrodi flessibili alla base del viticcio, dando vita a un processo osmotico e causando, così, il movimento del liquido stesso, da cui lo srotolamento del viticcio artificiale. L'arrotolamento si ottiene rimuovendo l'effetto della batteria, sfruttando il circuito elettrico in cui essa è inserita. sfruttare l'osmosi per azionare movimenti reversibili. Il fatto di esserci riusciti usando una comune batteria e dei tessuti flessibili suggerisce la possibilità di creare robot soffici facilmente adattabili all'ambiente circostante, senza creare danni a oggetti o esseri viventi. Le possibili applicazioni potranno spaziare dalle tecnologie indossabili allo sviluppo di braccia robotiche flessibili per esplorazione. La sfida nell'imitare le capacità delle piante di muoversi in ambienti mutevoli e non strutturati è appena iniziata. sono coinvolti in nuovo progetto, il progetto GrowBot, finanziato dalla Commissione Europea nell'ambito del programma FET Proactive che prevede lo sviluppo di un robot che, non solo sia in grado di riconoscere le superfici a cui attaccarsi o i supporti a cui ancorarsi, ma riesca a farlo mentre cresce e si adatta all'ambiente circostante. Proprio come fanno in natura le vere piante rampicanti. |
Post n°2168 pubblicato il 29 Aprile 2019 da blogtecaolivelli
Fonte: Le Scienze 30 luglio 2018 (Cortesia: Unige) L'itterbio, un elemento delle cosiddette terre rare, è l'ideale per realizzare memorie quantistiche in grado di intrappolare e sincronizzare ad alta frequenza i fotoni che garantiscono una crittografia delle comunicazioni digitali(red) Una rete di computer che basano il loro funzionamento sulla meccanica quantistica, con una capacità di calcolo inarrivabile per le macchine attuali basate sull'elettronica. E anche impossibili da violare senza distruggere l'informazione stessa. da oggi sembra più vicino, grazie al risultato descritto su "Nature Materials" da ricercatori dell'Università di Ginevra in collaborazione con il CNRS francese. Cuore del risultato è una memoria quantistica a base dell'elemento chimico itterbio, che soddisfa importanti richieste tecniche che erano fuori portata. lunghe centinaia di chilometri, protette da un elevato grado di sicurezza. Chi volesse infatti copiare o intercettare l'informa- zione che trasmettono determinerebbe la scomparsa dell'informazione stessa. La volatilità dell'informazione veicolata da questi sistemi rende tuttavia anche impossibile amplificare il segnale e propagarlo su distanze ancora più lunghe. Particolare del dispositivo che ha testato la nuova memoria a base di itterbio. (Cortesia: Unige) Per aggirare il problema, i ricercatori stanno lavorando su memorie quantistiche in grado di catturare i fotoni che viaggiano attraverso le fibre ottiche e di sincronizzarli in modo da poterli diffondere su distanze sempre più grandi. Ma finora è mancato un materiale giusto per questo scopo. di isolare dai disturbi ambientali l'informazione quantistica veicolata dai fotoni, in modo da tenerli fermi per un secondo circa e poterli sincronizzare", ha commentato Mikael Afzelius, coautore dello studio. "Inoltre, bisogna considerare che i fotoni viaggiano a quasi 300.000 chilometri al secondo". assai ben isolato dal contesto e in grado di immagazzinare ripetutamente fotoni con un'altissima frequenza. E queste due richieste sono in contrasto tra loro. campo d'indagine è usare qualche membro delle cosiddette terre rare, un gruppo di 17 elementi. Alcuni test effettuati in passato con elementi come europio e praseodimio però avevano dato risultati negativi. aveva ricevuto scarsa attenzione: l'itterbio, che ha numero atomico 70", ha spiegato Nicolas Gisin. Collocando l'itterbio in un campo magnetico con caratteristiche opportune gli autori hanno osservato che l'atomo di questo elemento diventa insensibile ai disturbi ambientali. Ciò lo rende la soluzione ideale per intrappolare i fotoni e sincronizzarli. magico' variando l'ampiezza e la direzione del campo magnetico: in corrispondenza di questo punto, il tempo di coerenza dell'itterbio, cioè il tempo medio dopo il quale l'atomo viene disturbato dall'ambiente circostante, aumenta di oltre 1000 volte, pur lavorando ad alte frequenze. realizzare memorie e reti quantistiche a base d'itterbio. di ottenere un network quantistico globale: è da sottolineare quanto sia importante in questo tipo di studi portare avanti la ricerca fondamentale parallelamente a quella applicativa", hanno concluso i ricercatori. |
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