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Messaggi di Giugno 2020
Post n°3137 pubblicato il 29 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Il Polesine come la Provenza: i bellissimi campi di lavanda in fiore Come accade in Provenza, anche a Porto Tolle, nel Veneto, all'inizio dell'estate fiorisce la lavanda 12 Giugno 2020 Condividi su Facebook+ "PROVENZA? NO, POLESINE! Tra antichi casolari, in Veneto abbiamo un paesaggio che può fare la gioia di artisti e fotografi. Sono i campi di lavandadi Porto Tolle (RO), che non hanno nulla da invidiare a quelli del sud della Francia, anzi". Così twittava Luca Zaia, presidente della Regione Veneto facendo così scoprire agli italiani (e al mondo) una rara bellezza della sua terra che solitamente si va a cercare all'estero. Siamo nel rodigino, nella zona di Porto Tolle, un angolo poco conosciuto e poco turistico del nostro Paese che, per tanti motivi, vale la pena visitare. A fine primavera inizio estate, come accade anche in Provenza, la lavanda inizia a fiorire e qui di campi di lavanda ce ne sono tantissimi. Il paesaggio si colora tutto di lilla. Con gli "antichi casolari" che sono i corrispettivi dei "mas procençal", le case di pietra dei contadini. I campi si trovano in particolare nell'entroterra della Sacca di Scardovari, vicino all'Oasi naturalistica di Ca' Mello. Foto di: Gigi Florida Maestro, Dario Ramazzina, Stefania Guglielmo @Veneto Segreto Intorno ai campi di lavanda c'è il Delta del Po. La Sacca degli Scardovari, infatti, è un ampio specchio d'acqua compreso tra le foci del Po di Gnocca e il Po delle Tolle. È l'ambiente ideale per la coltivazione di cozze, vongole e ostriche, che qui trovano uno dei luoghi di più intenso allevamento. La sacca, separata dal mare da lidi sabbiosi, sorge in uno degli scenari paesaggistici più affascinanti del Delta. in fiore - Foto di: Dario Ramazzina @Veneto Segreto L'ambiente lagunare è una zona di passaggio tra l'acqua dolce e quella del mare dell'Adriatico che qui si incontrano continuamente. Di tanto in tanto dall'acqua spunta una cavàna dei pescatori, una casa costruita e sospesa sull'acqua per mezzo di pali come una palafitta. L'Oasi di Ca' Mello, situata nell'Isola della Donzella, nella parte meridionale del Parco del Delta del Po, è il meraviglioso risultato di un progetto di riqualifica- zione iniziato negli Anni '90 ed è attraversato da affascinanti itinerari da percorrere a piedi, in bicicletta (si possono noleggiare sul posto) o in barca che si snodano tra canneti e piante acquatiche, dove la fauna tipica delle zone palustri trova l'habitat ideale per riprodursi. Rappresenta un luogo storico della nostra Italia ed è la testimonianza di un Delta d'altri tempi, quando i l vecchio e scomparso Po di Camello scorreva sull'isola della Donzella e andava a sfociare in laguna. Il Centro Visite, che merita una sosta, ha sede in una delle tradizionali abitazioni dove un tempo vivevano i contadini del basso Polesine. La fioritura della lavanda dura pochi giorni, purtroppo, quindi per ammirarla bisogna fare in fretta. Poi viene raccolta e trasformata in oli essenziali e in altri prodotti. Tuttavia il Polesine e il Parco del Delta del Po offrono sempre e comunque paesaggi meravigliosi, che ricordano un'altra zona del Sud della Francia, la Camargue. |
Post n°3136 pubblicato il 29 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet ARCHEOLOGIA http://www.meteoweb.eu ECCEZIONALE RITROVAMENTO IN UN TUNNEL SEGRETO IN MESSICO
Ossa, conchiglie, scheletri, piccole statue precolombiane: sono alcuni degli oggetti ritrovati in tre camere scavate nella roccia di un tunnel sotterraneo lungo 103 metri nel Tempio del serpente piumato, a Teotihuacan, il piu' grande sito precolombiano del Centro e Nord America. A essere riportati alla luce sono stati circa 50 mila reperti. Il ritrovamento e' avvenuto ad una profondita' di 18 metri, grazie "al lavoro dei nostri esperti", ma anche alla tecnologia impiegata, e cioe' "a due robot, diversi scanner laser di alta precisione e georadar", precisano le autorita' messicane. La scoperta e' stata fatta sulla scia dei lavori avviati ormai piu' di dieci anni fa dopo il ritrovamento del tunnel, subito considerato come un luogo chiave per poter risolvere alcuni enigmi che ancora avvolgono le antiche civilta' in quest'area archeologica del Messico. Tra gli oggetti venuti alla luce, e rimasti nascosti per 1800 anni, quattro sculture in pietra (tre di donne, una di un uomo), abbellite con gioielli preispanici in giada e pietre verdi. A impressionare gli archeologi sono state poi decine di grosse conchiglie provenienti dal Golfo del Messico e dai Caraibi, ossa di grandi felini, coltelli in ossidiana, scheletri di scarafaggi, centinaia di recipienti in ceramica, una scatola in legno con decine di conchiglie intagliate con disegni geometrici e personaggi di Teotihuacan. E ancora: resti di animali, soprattutto uccelli, piu' di 15mila semi di 'tuna' (frutto dolce di cactus), ambra, pomodori, mais e resti di fiori di zucca, specchi fatti in pirite, oltre a circa 4 mila oggetti in legno ben conservati. Sulla base degli studi fatti con il carbonio 14, gli esperti messicani hanno inoltre accertato che il tunnel veniva utilizzato sia per depositare doni sia quale "metafora dell'inframondo", tesi quest'ultima basata sul disegno e sull'orientamento del tunnel. Teotihuacan (la 'terra degli Dei') fu appunto costruita nell'intento di riprodurre le dinamiche alla base del cosmo e dell'universo e in questa dinamica il tunnel va interpretato come una rappresentazione del 'mondo di sotto'. Sulla base della mitologia preispanica, l'ingresso all'inframondo avviene infatti da ovest a est. E secondo la cosmovisione di Teotihuacan, ricordano gli esperti messicani, il sole sorge ad est, fa il percorso fino allo zenit, poi inizia a calare per entrare nell'inframondo, rappresentato appunto come tunnel. Per spuntare, infine, al vertice del Tempio del Serpente Piumato. |
Post n°3135 pubblicato il 27 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet 23 GIUGNO 2019 PALEONTOLOGIA AnsaDna antichissimo nel cuore oscuro dei cromosomi Nel cuore più oscuro e misterioso dei cromosomi sono state trovate le tracce di Dna antichissimo, incluse sequenze risalenti agli uomini di Neanderthal. Decifrarlo potrebbe rivelare nuovi aspetti del comportamento dei cromosomi nel corso dell'evoluzione. Il risultato pubblicato sulla rivista eLife, si deve al gruppo dell'università della California a Davis coordinato da Charles Langley. I ricercatori si sono concentrati sulla parte centrale dei cromosomi, che contiene molte sequenze ripetitive di Dna, difficili da analizzare ma che i ricercatori hanno voluto esplorare convinti di trovarvi gruppi di geni che risalgono all'alba dell'evoluzione umana. Questo perché i geni della parte centrale dei cromosomi non si mescolano agli altri di generazione in generazione. I ricercatori hanno così esaminato le sequenze della regione centrale dei cromosomi analizzando il Dna umano contenuto nella banca dati pubblica del progetto internazionale 1000 Genomi. L'analisi ha mostrato che nel cromosoma 11 ci sono geni dei Neanderthal, vissuti tra 200.000 e 40.000 anni fa in quella che oggi è l'Europa. La funzione di questi geni va ancora esplorata, ma secondo i ricercatori alcuni di essi potrebbero influenzare il nostro senso dell'olfatto. Nella parte centrale dei cromosomi, infatti, si trovano 34 dei circa 400 geni collegati all'olfatto. Nel cromosoma X, invece, sono state trovate tracce di Dna risalente a mezzo milione di anni fa, prima che i Sapiens emigrassero dall'Africa in Europa, mentre nel 12 sono state individuate sequenze genetiche 'africane' ancora più arcaiche che sembrano derivare da un antenato sconosciuto. |
Post n°3134 pubblicato il 27 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet 2 NOVEMBRE 2014 ARCHEOLOGIAilfattostorico.com CIMITERO DI ANFORE IN DUE NAVI ROMANE NELLE EOLIE Verrebbe quasi da definirlo un "cimitero subacqueo delle anfore", ad evocare l'imponenza di due relitti romani affondati oltre duemila anni fa. È la sorpresa che, a oltre 120 metri di profondità, nelle acque delle isole Eolie, tra Lipari e Panarea, gli archeologi subacquei si sono trovati di fronte. Nel mese di settembre l'équipe di tecnici della Soprintendenza del Mare, capitana da Sebastiano Tusa e Roberto La Rocca con l'ausilio di Salvo Emma, ha effettuato una serie sistematica di immersioni nei siti subacquei di Capistello, per indagare i relitti Panarea II e Panarea III già individuati negli ultimi quattro anni. Ma stavolta è stata la collaborazione con la Global Underwater Explorers (GUE) nell'ambito del progetto "Project Baseline", a dare una svolta alle ricerche, grazie a due sommergibili "Triton submersibles" biposto dotati di braccio meccanico e attrezzature di documentazione videofotografiche. L'area dei relitti, a 120 metri di profondità, è stata così indagata in modo più approfondito con importanti risultati. Del relitto Panarea II è stata scoperta una parte inedita del carico, scivolato più in profondità e quindi rimasto nascosto. Inoltre sono riemersi numerosi ceppi d'ancora in piombo (alcuni con le contromarre presenti). "La presenza di un numero consistente di ancore conferma la caratteristica del sito come luogo di sosta ed ancoraggio lungo le rotte antiche che interessavano l'arcipelago eoliano", racconta Sebastiano Tusa. Non solo, ma del relitto si è potuto constatare che conserva una porzione lignea della chiglia. Del relitto Panarea III si è esplorato l'intero carico per la prima volta. La maggior parte delle anfore sono del tipo greco-italico, comprese anfore puniche. Sono riemersi anche una macina (catillo), alcuni vasi cilindrici del tipo sombrero de copa (alcuni impilati uno dentro l'altro), alcuni piatti cosiddetti da pesce, altri piccoli piattelli e ciotole e un "thymiaterion" intero rotto in due parti con la base modanata recante un'iscrizione in greco costituita da tre lettere (ETH). "La giacitura del carico - riflette Tusa - ci porta ad ipotizzare una dinamica di affondamento che portò la nave a coricarsi sul suo lato sinistro. Ciò è desumibile dalla posizione delle anfore e dalla presenza degli oggetti di bordo (piatti, macina, thymiaterion), che dovevano trovarsi in stiva e sulla prua, ribaltati e quasi scaraventati fuori dall'areale di dispersione del carico". A Pantelleria, poi, sono state effettuate ricognizioni subacquee sui fondali di Cala Levante, Cala Tramontana e Cala Gadir fino a profondità di oltre 100 metri individuando vari areali con presenza di anfore di varia tipologia (principalmente greco-italiche e puniche). "Essere riuscito a raggiungere un relitto di una nave naufragata 2000 anni fa che si trova nel buio e nel silenzio di 130 metri di profondità mi dato un'emozione indescrivibile che non avevo mai provato - dice Tusa - Avere la possibilità, grazie al batiscafo messo a disposizione dalla GUE, di adagiarmi dolcemente sulla distesa di anfore ed osservarle una ad una per oltre tre ore, di "toccarle" con il braccio antropomorfo facile da usare come un gioco elettronico da Luna Park, è stata una delle esperienze più interessanti della mia vita che mi ha fatto toccare con mano quanto la tecnologia possa ormai aiutare la scienza". "Il risultato più eclatante è stata la scoperta di un reperto eccezionale - sottolinea Tusa - un altare in terracotta su colonnina con decorazione in rilievo ad onde marine. Avevo letto sia su saggi scientifici che sulle fonti storiche che a bordo si sacrificava agli dei dopo aver superato un passaggio difficile, prima di salpare o prima di arrivare al fine di trovare genti non ostili e ristoro alla navigazione. Mai avevo, però, scoperto un vero e proprio altare intuendone la diversità in mezzo a centinaia di anfore rotolate dal carico dopo il ribaltamento della sfortunata nave". |
Post n°3133 pubblicato il 27 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet 30 NOVEMBRE 2014 ARCHEOLOGIA ilfattostorico.com UNO SCAVO ILLEGALE SCOPRE UN TEMPIO DI THUTMOSE III Sette uomini sono stati arrestati in Egitto dopo essere stati trovati a scavare un antico tempio sotto una casa a Giza, in Egitto. Lo scavo illegale ha rivelato i resti di un tempio del Nuovo Regno, probabilmente opera del faraone Thutmose III. Lo scavo ha portato alla luce dei grandi blocchi di pietra calcarea coperti da geroglifici: appartengono a un grande tempio, ha spiegato il ministro per le antichità Mamdouh El-Damaty. Sono state anche scavate due basi di colonne di granito, sette stele e una statua colossale in granito rosso, raffigurante una persona seduta, le cui braccia sono però rotte. I manufatti scoperti sono stati portati al vicino sito archeologico di Saqqara per il restauro e ulteriori studi. Il maggior generale Momtaz Fathi, direttore della Polizia turistica egiziana, ha detto che il ritrovamento risale a metà ottobre. Gli arresti sono stati compiuti grazie a delle soffiate. Al suo intervento, la polizia ha rinvenuto anche mute, maschere e bombole subacquee. L'area dello scavo, chiamata Hod Zeleikha, è stata dichiarata sito archeologico. El-Damaty ha riferito che verranno effettuati ulteriori scavi oltre al tempio. Thutmose III, noto come "il Napoleone dell'Antico Egitto" per via dei suoi successi militari, regnò dal 1479 al 1425 a.C |
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