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Messaggi del 11/11/2018

LOTTA CONTRO LE MALATTIE....

Post n°1744 pubblicato il 11 Novembre 2018 da blogtecaolivelli

 

La rincorsa ai farmaci"impossibili":

cosa sifa se la cura è lontana?AIDS,

Alzheimer, malattie rare...Non per tutte

le patologie c'èuna soluzione all'orizzonte,

ma non per questo ci si arrende:alcune si

possono tenere sottocontrollo a vita;

di altre si alterail decorso, mentre si esplorano

nuove strade di ricerca.

farmaciimpossibiliSono ancora molte le sfide aperte per

la ricerca farmaceutica.|SHUTTERSTOCK

Si spera sempre di riuscire a trovare una

cura per le malattie ancora senza soluzione,

ma non sempre la guarigione è l'unico orizzonte

possibile: alcune condizioni non ancora risolvibili,

come l'AIDS, si possono tenere a bada per tutta

la vita, come fossero malattie croniche; di altre

siamo riusciti ad alterare il decorso naturale o la

rapidità; per tutte, la via maestra da seguire è la

ricerca, che in alcuni casi, dopo avere collezionato

anni di insuccessi, deve saper rivoluzionare ipotesi

e paradigmi.

Di farmaci impossibili e medicina del futuro

 si è parlato a Focus Live, insieme a Silvio Garattini,

farmacologo, fondatore e presidente dell'Istituto di

ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano, Mario

Clerici, Ordinario di immunologia e immunopatologia

all'Università degli Studi di Milano e Rosetta Pedotti,

neurologa di Biogen.

SOTTO CONTROLLO, MA NON CURABILE.

 Un farmaco impossibile per eccellenza è

quello per la cura dell'AIDS. «La ricerca su

questa malattia è tra i più grandi successi

delle scienze mediche degli ultimi tempi»,

spiega Clerici: «dopo aver capito che si tratta

di un'infezione sessualmente trasmessa, in

10 anni abbiamo creato una batteria di farmaci,

non una cura ma una terapia per tenere la

malattia sotto controllo per tutta la vita.

Tuttavia il numero di nuovi casi non è in calo,

ma sale, proprio perché lo si considera un

problema del passato: il numero di nuovi

casi è oggi pari a quello degli anni '80, e

ogni anno si registrano nel mondo 4,5

milioni di diagnosi. Il 50% della popolazione

colpita non ha accesso alle terapie, e senza

una somministrazione continua di queste

si muore: è tutt'altro che un problema del

passato.»

 

Focus, Focus Live, Milano 8-11 novembre 2018, Museo della scienza e della tecnologiaRicostruzione digitale del virus dell'HIV

nel sangue

Poco dopo l'identificazione del virus,

30 anni fa, si iniziò a parlare di un vaccino,

«ma il virus sfugge agli anticorpi perché

muta continuamente: non sappiamo come

neutralizzarlo. La cura dell'HIV passerà

attraverso la prevenzione, anche vaccinale,

ma un vaccino non è nel futuro prossimo.»


MUOVERSI IN ANTICIPO. La prevenzione,

appunto, è fondamentale laddove ancora non

esiste una cura, ma va detto che «la prevenzione

è una Cenerentola nella mentalità comune,

perché si pensa che i farmaci possano risolvere tutto»,

aggiunge Garattini: «il 50-60 per cento delle

malattie è legata allo stile di vita. Avremmo 70

mila morti in meno se non fumassimo, 30 mila

in meno se non si bevesse troppo. Mi piacerebbe

se in futuro i medici di famiglia venissero valutati

sul numero di pazienti che riescono a far smettere

di fumare, o a dimagrire... Anche questo sarebbe

un modo per evitare di sovraccaricare il sistema

sanitario».

«Il rapporto con la prevenzione è complesso»,

aggiunge Clerici: «per esempio, oggi si sa che

l'assunzione di una cospicua dose di antiretrovirali

- i PrEP, che sta per Pre-Exposure Prophylaxis -

prima dei rapporti a rischio protegge dalla

trasmissione del virus (nel 78% dei casi, ndr).

Il risultato è un'esplosione dei casi di gonorrea,

sifilide e altre malattie sessualmente trasmesse,

perché si evita l'unico strumento in grado di

proteggere da tutto, il condom.»

UN FRENO ALLA PROGRESSIONE. Di altre

malattie possiamo oggi solo sperare di alterare

il decorso, e in qualche caso è già molto:

«Fino a 20 anni fa per la sclerosi multipla non

esisteva nessuna terapia se non il cortisone»,

afferma Pedotti, «mentre oggi il paziente

può scegliere tra una gamma di farmaci che

agiscono sul sistema immunitario, alterando

la storia naturale della malattia».

 

 

Focus, Focus Live, Milano 8-11 novembre 2018, Museo della scienza e della tecnologiaSclerosi multipla: un enzima che abbonda nel cervello

(vedi) sembrerebbe innescare la reazione del sistema

immunitario, che nella malattia si rivolta contro il

sistema nervoso. Nell'illustrazione: l'assone delle

cellule nervose (il prolungamento che conduce il

segnale) rivestito da strati di mielina. | SHUTTERSTOCK

 

Su altre patologie, come l'Alzheimer, si ha

l'impressione di trovarci a un punto morto

della ricerca, ma tra gli addetti ai lavori

qualcosa si muove: «Il paradigma sta

cambiando - spiega Pedotti - oggi sappiamo

che i sintomi compaiono 20 o anche 30 anni

dopo l'accumulo di proteine neurotossiche,

quando il danno è fatto. Ora si cerca di fare

diagnosi precoci per vedere che cosa succede

somministrando i farmaci prima, nel tempo».

«Su queste malattie legate all'invecchiamento

occorrerebbe concentrare le risorse», conclude

Garattini: «l'Italia è tra i Paesi con maggiore

durata della vita, ma rispetto ad altri Paesi

europei siamo in deficit per durata di vita sana.

Per 15 anni abbiamo seguito oltre 2.000 persone

con più di 80 anni e abbiamo visto che le demenze

si possono per lo meno posticipare con alcune

buone pratiche di prevenzione: l'esercizio fisico,

quello intellettuale, e il non isolarsi. In altre

parole, coltivare relazioni positive.»

 
 
 

DALL'AMERICA....

Post n°1743 pubblicato il 11 Novembre 2018 da blogtecaolivelli

FONTE: FOCUS

Il popolamento delle Americhe è stato

molto più complesso di quanto ipotizzato,

e in alcune regioni vi hanno contribuito

gruppi ancestrali finora sconosciuti, come

dimostra una "firma" genetica che li

apparenta alle popolazioni australasiatiche,

in particolare agli indigeni del Papua,

dell'Australia e delle isole Andamane.

A scoprirlo è stato un gruppo internazionale

di ricercatori diretti da Eske Willerslev e J.

Víctor Moreno-Mayar dell'Università

di Copenaghen, in Danimarca, che firmano

un articolo pubblicato su "Science".

Molti studi si sono concentrati sulle prime

migrazioni umane in Nord e Sud America,

arrivando alla conclusione - basata

prevalentemente sul confronto del genoma

di persone viventi e un numero limitato di

DNA antichi, provenienti per lo più dal Nord

America - che le prime popolazioni americane

avrebbero iniziato a differenziarsi dai loro

antenati siberiani ed estremo-orientali poco

meno di 25.000 anni fa; in seguito, circa

15.000 anni fa, queste prime popolazioni

si sarebbero diversificate ulteriormente

in nordamericane e sudamericane.

Tuttavia ben poco si sapeva sulla dinamica

dei successivi spostamenti di queste genti.

Una nuove versione del popolamento

delle Americhe.

Una delle sepolture in cui sono stati

rinvenuti i resti analizzati.

Ora Moreno-Mayar e colleghi hanno

sequenziato il genoma di 15 antichi

americani, sei dei quali vissuti oltre

10.000 anni, provenienti da località

di tutto il continente: dall'Alaska fino

alla Patagonia. La scoperta più

sorprendente è stata la presenza di un

chiaro segnale genetico australasiatico

in popolazioni del Sud America, del

tutto assente in quelle del Nord America.

"Il fatto che questo segnale non sia stato

documentato in Nord America - osserva

Moreno-Mayar - implica che un gruppo

precedente [a quelli considerati i primi

americani] che lo possedeva era già scomparso,

oppure che un gruppo giunto più tardi ha

attraversato il Nord America senza lasciare

alcuna traccia genetica."

Una nuove versione del popolamento delle

Americhe.


Il sito di Trail Creek, in Alaska, dove sono stati

scoperti resti umani risalenti a circa 9000 anni fa.


Inoltre, le analisi hanno mostrato che le ondate

migratorie da nord a sud sono state molteplici,

portando a popolazioni chiaramente diversificate,

ma secondo un modello tutt'altro che lineare.

Le popolazioni insediatesi per prime in America

centrale, per esempio, sono risultate geneticamente

più differenziate sia dalle popolazioni del

nord sia da quelle del sud. A mostrare la

complessità del quadro è stata anche la

scoperta che il genoma estratto dai resti umani

scoperti nella Spirit Cave, in Nevada, quindi

Stati Uniti, è sorprendentemente simile a

quello dei resti trovati a Lagoa Santa,

nello Stato brasiliano del Minas Gerais,

a testimonianza di un rapidissimo spostamento

nel continente del loro gruppo di appartenenza.

Singolarmente, inoltre, i genomi della Spirit

Cave e di Lagoa Santa sono molto più vicini

ai nativi americani contemporanei rispetto a

qualsiasi altro gruppo antico o contemporaneo

sequenziato fino a oggi nel continente.

Una scoperta, questa, che ha anche permesso

di porre fine a una ventennale contesa giuridica

fra le autorità statunitensi e la nazione dei Paiute

-scioscioni - la principale popolazione di nativi

americani che vivono in Nevada - che dopo la

scoperta dei resti ne aveva rivendicato la

restituzione in base al Native American Graves

Protection and Repatriation Act.

Proprio grazie alle analisi effettuate da Eske

Willerslev e colleghi, nel 2016 lo scheletro di

Spirit Cave è stata restituito alla tribù e all'inizio

di quest'anno si è svolta una cerimonia di

sepoltura privata a cui ha partecipato anche

Willeslev.

Una nuove versione del popolamento

delle Americhe
Resti umani rinvenuti a Lagoa Santa,

in Brasile. (Cortesia Natural History Museum

of Denmark)
Un altro studio specificamente dedicato

alla genetica delle popolazioni andine degli

altopiani e al loro adattamento a quel

difficile ambiente - effettuato da un gruppo

internazionale di ricercatori diretto da John

Lindo della Emory University di Atlanta e

pubblicato su "Science Advances" - ha mostrato

che i primi insediamenti stabili sull'altopiano

risalgono a un periodo compreso fra i 9200 e

gli 8200 anni fa.

Le analisi effettuate su una serie di DNA antichi -

di età compresa fra i 6800 e i 1400 anni fa -

hanno rivelato che i primi adattamenti all'altitudine

sono insorti piuttosto rapidamente; tuttavia -

abbastanza sorprendentemente, come osservano

i ricercatori - non hanno interessato geni legati

all'adattamento all'ipossia (carenza di ossigeno).

(Le popolazioni andine attuali sono geneticamente

predisposte a una più elevata produzione di

emoglobina nel sangue.) Le prime mutazioni

hanno invece interessato il sistema

cardiovascolare.

Ma la modifica genetica più incisiva ha

riguardato la capacità di digestione dell'amido.

Verosimilmente è stata una risposta

adattiva alla dipendenza da una diet

a che per millenni ha visto la patata,

ricca di amido, come fonte alimentare assolutamente primaria.

 
 
 

TUTTO SUL MOBBING.....

Post n°1742 pubblicato il 11 Novembre 2018 da blogtecaolivelli

Diritto del lavoro
Mobbing: elementi costitutivi e onere della prova
Manisi Antonella
23 agosto 2017

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Licenziamento durante la malattia del lavoratore

MOBBING: una serie di atti vessatori protratti

nel tempo, posti in essere nei confronti di un

lavoratore da parte dei componenti del gruppo

di lavoro in cui è inserito o dal suo capo, caratterizzati

da un intento di persecuzione e di emarginazione,

finalizzato all'obiettivo primario di escludere la

vittima dal gruppo.

Si distinguono in dottrina e giurisprudenza due

forme di mobbing:

- verticale discendente o bossing, in cui la

prevaricazione e la violenza vengono esercitate

dal superiore gerarchico verso l'inferiore o più

debole; ascendente quando esercitato in danno

del superiore gerarchico;

- orizzontale, applicato tra persone di pari grado.

Per poter parlare di mobbing, devono esserci le

caratteristiche di sistematicità e durata: deve

essere giornaliero, con una durata di sei mesi

almeno; espletato attraverso angherie, vessazioni,

demansionamento lavorativo, emarginazione,

insulti, maldicenze, aggressioni fisiche e verbali,

ostracizzazione, privando la vittima della possibilità

di esprimersi in azienda, isolandola e escludendola

dalle informazioni aziendali; screditandola attraverso

dicerie e pettegolezzi; assegnando mansioni inutili e

insignificanti; esasperandola con forme di controllo

ripetute e ingiustificate o attraverso molestie sessuali.

[...] I singoli atteggiamenti molesti (o emulativi)

possono anche non raggiungere necessariamente la

soglia di reato né sono o possono essere di per sè

illegittimi, ma nell'insieme sono suscettibili di produrre

danni (essenzialmente a livello biologico ed esistenziale),

con gravi conseguenze quindi sulla salute della vittima,

sulla sua esistenza, e anche sul patrimonio, convincendola

di cose non veritiere inerenti alla propria persona.[1]

 

Corte appello L'Aquila, sez. lav., 04/06/2015, n. 685


Fonti: Ilgiuslavorista.it 2015, 7 settembre

In termini di ripartizione dell'onere della prova in

materia di mobbing, stante la natura contrattuale

dell'illecito, grava sul lavoratore l'onere di provare

tutta la serie di circostanze e accadimenti storici,

poiché occorre che sia necessariamente che sia

dimostrato l'intento persecutorio che avrebbe

permeato le condotte datoriali. (Nella specie si

è nel merito negato l'asserito demansionamento

del lavoratore, in quanto le mansioni svolte dal

dirigente medico - pur quantitativamente ridotte

- non assumevano un contenuto professionale

qualitativamente inferiore rispetto a quelle

espletate in precedenza).

 

T.A.R. Roma, (Lazio), sez. II, 02/03/2015, n. 3421

Fonti: Foro Amministrativo (Il) 2015, 3, 902 (s.m)

La dequalificazione (o cd. demansionamento) si

distingue da fenomeni piuttosto similari ad essa e,

tra questi, spiccano principalmente le cd. vessazioni

sul lavoro e cioè il cd. "mobbing" e il cd. "bossing".

Infatti, mentre "mobbing" e "bossing" rappresentano

condotte datoriali illecitamente finalizzate a mortificare

il lavoratore al di là di qualunque ragionevole misura

con lo scopo, rispettivamente, di farlo sentire

colpevolmente o incolpevolmente amareggiato

("mobbing") e di allontanarlo dall'ambiente lavorativo

("bossing"), la dequalificazione professionale si

estrinseca fondamentalmente nel denegato

riconoscimento della qualifica impiegatizia acquisita

dal prestatore di lavoro, previo affidamento, allo

stesso, di incarichi che presentino un minor grado

di responsabilità e di rilevanza all'interno dell'ufficio,

incarichi che dovrebbero essere affidati al personale

collocato nelle qualifiche inferiori. Ed è proprio la

detta componente che vale a distinguere l'aspetto

dequalificatorio da qualsiasi altro atteggiamento

che non sia direttamente collegato alla qualifica

rivestita dal soggetto dequalificato o in via di

dequalificazione.

L'adibizione del dipendente a mansioni inferiori

comporta, di regola, la sua dequalificazione

professionale, ma se all'assegnazione si accompagna

una condotta datoriale lesiva e denigratoria, cioè se

l'attribuzione dei compiti di minore qualità si palesa

quale pretesto finalizzato a vessare il dipendente,

verrà a configurarsi un vero e proprio "mobbing".

 

Corte appello Potenza, sez. lav., 08/07/2014,

(ud. 12/06/2014, dep.08/07/2014), n. 454.

In linea generale, va detto che la negazione

o l'impedimento delle mansioni, al pari del

demansionamento professionale, integrano

una lesione del diritto fondamentale alla libera

esplicazione della personalità del lavoratore anche

nel luogo di lavoro, determinando un pregiudizio

che incide sulla vita professionale e di relazione

dell'interessato, con una indubbia dimensione

sia patrimoniale sia, a prescindere dalla configurabilità

di un reato, non patrimoniale, che rende il

pregiudizio medesimo suscettibile di risarcimento

(Cass. Sez.3 n. 7980/2004; n. 10/2002; n.

8828/2003; n. 8904/2003).

Viene, in tal modo, recepita una definizione

"dinamica" del concetto di professionalità del

lavoratore, intesa come combinazione tra il

bagaglio di conoscenze, acquisite dalla persona

operando nel settore di inquadramento e

progressivamente affinate in ragione del

trascorrere del tempo e la professionalità

potenziale, che corrisponde, invece, a quanto

il prestatore di lavoro può apprendere in

relazione al contesto, organizzativo e di lavoro,

che quotidianamente lo circonda.

Costituisce, quindi, demansionamento qualsiasi

condotta datoriale che, per effetto del cattivo

esercizio dello jus variandi, ossia in conseguenza

dell'adibizione del lavoratore a mansioni

qualitativamente inferiori a quelle contrattuali,

rallenti o blocchi del tutto il processo evolutivo

geneticamente impresso nel concetto di

professionalità appena illustrato.

La violazione del diritto del lavoratore all'esecuzione

della propria prestazione lavorativa è fonte di

responsabilità risarcitoria per il datore di lavoro;

responsabilità che, peraltro, derivando dall'inadempimento

di un'obbligazione, resta pienamente soggetta alle

regole generali in materia di responsabilità contrattuale:

sicchè, se essa prescinde da uno specifico intento di

declassare o svilire il lavoratore a mezzo della

privazione dei suoi compiti, la responsabilità stessa

deve essere nondimeno esclusa- oltre che nei casi

in cui possa ravvisarsi una causa giustificativa del

comportamento del datore di lavoro connessa

all'esercizio di poteri imprenditoriali, garantiti

dall'art. 41 Cost. ovvero di poteri disciplinari, anche

quando l'inadempimento della prestazione derivi

comunque da causa non imputabile all'obbligato,

fermo restando che, ai sensi dell'art. 1218 c.c. la

prova della sussistenza delle ipotesi ora indicate

grava sul datore di lavoro, in quanto avente, per

questo verso, la veste di debitore (Cass. Sez.1 n.

17564/2006; n. 4766/2006; n. 13580/2001).

Tale pronuncia richiama perfettamente la fattispecie

de quo, caratterizzata anche dal mancato

riconoscimento del titolo di studio e della conseguente

qualifica impiegatizia cui avrebbe diritto il sig. ****,

anche a seguito del mancato invito a ricoprire il ruolo

da ultimo assegnato ad un soggetto esterno, senza

che il sig. ***** fosse stato informato.

Il risarcimento del danno da perdita di chance, presente

nell'ordinamento francese da cui ha preso spunto

l'esperienza italiana, è stato riconosciuto nel nostro

Ordinamento da non molto tempo grazie all'opera

interpretativa (decisiva) della Cassazione ed ha trovato

applicazione in variegati settori, soprattutto quelli

relativi alla responsabilità professionale sanitaria e

dell'avvocato nonché, in ambito giuslavoristico, da cui,

in verità, ha preso le mosse, quelli riguardanti

molteplici fattispecie, come a titolo di esempio,

il mancato avanzamento di carriera del dipendente

nonostante i requisiti posseduti (cfr. Cass. 2013/8443),

significandosi che "in tema è necessaria la allegazione

e la prova di quegli elementi di fatto idonei a far

ritenere che il regolare svolgimento della procedura

selettiva avrebbe comportato una concreta, effettiva

e non ipotetica probabilità di conseguire la promozione,

in forza della quale probabilità si giustifica l'interesse

stesso del lavoratore alla pronuncia di illegittimità della

procedura selettiva, altrimenti insussistente (v. Cass S.U.

23/09/2013 n. 21678; Cass. 10/01/2014 n. 3771).

Viene meno ogni aspetto di responsabilità qualora il

datore di lavoro abbia correttamente ed esaustivamente

adempiuto ai suoi obblighi, sicché non sia possibile

ravvisare a carico dello stesso alcun margine od elemento

di colpa, con rigoroso onere probatorio su di lui incombente,

laddove, in ipotesi contraria, la prova del nesso eziologico

tra l'evento dannoso ed il danno subito dal lavoratore

dipendente viene a gravare, esclusivamente, su quest'ultimo.

Siffatte osservazioni hanno, peraltro, trovato l'autorevole

conforto della Corte Costituzionale, la quale, partendo

dall'indefettibile presupposto che l'art. 2087 c.c. abbraccia

ogni tipo di misura utile a garantire il diritto soggettivo

del lavoratore ad operare in un ambiente esente da rischi,

ha posto in rilievo come la salute sia un bene primario,

che assurge a diritto fondamentale della persona ed

impone piena ed esaustiva tutela, tale da operare sia

in ambito pubblicistico che nei rapporti di diritto privato,

evidenziando, tra l'altro, che, a norma dell'art. 2087 cit.,

l'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio

dell'impresa tutte le misure che, secondo la particolarità

del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a

tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei

prestatori di lavoro (v. Corte Cost., sent. n. 399 del 1996).

Quindi, in adempimento del principio della massima

sicurezza "tecnologicamente possibile" vigente nel nostro

ordinamento ai sensi del più volte richiamato art. 2087

(riaffermato anche dal D.Lgs. n. 626 del 1994) e non

potendo le esigenze di sicurezza essere subordinate a

criteri di fattibilità economica o produttiva, il datore di

lavoro è tenuto a trovare le misure sufficienti a conseguire

il fine della protezione della salute e dell'integrità fisica dei

suoi dipendenti in modo conforme al principio direttivo

costituzionale dell'art. 32.

E appunto perché norma di chiusura, volta a

ricomprendere ipotesi e situazioni non espressamente

previste, la disposizione di cui all'art. 2087 c.c., come

del resto tutte le clausole generali, ha una funzione

di adeguamento permanente dell'ordinamento alla

sottostante realtà socio-economica, che possiede

una dinamicità ben più accentuata di quella

dell'ordinamento giuridico, legato a procedimenti

e schemi di produzione giuridica necessariamente

complessi e lenti; principio atto a giustificare

questa valenza è, nella specie, quello del diritto,

di derivazione costituzionale, alla salute ed

all'integrità fisica, ormai acquisito per

via di interpretazione giurisprudenziale (da

parte del giudice costituzionale, ordinario,

amministrativo) in molteplici applicazioni.

[...] Analogo discorso deve farsi anche con

riferimento al lamentato danno da mobbing,

nel senso del demansionamento come condotta

strumentale alla realizzazione del mobbing,

precisandosi che quest'ultimo si configura a

fronte della reiterazione di comportamenti

persecutori e vessatori, posti in essere dal

datore di lavoro o dai colleghi e, quindi, si

risolve in sistematici e reiterati comportamenti

ostili che finiscono per assumere forme di

prevaricazione o di persecuzione psicologica,

da cui può conseguire la mortificazione morale

e l'emarginazione del dipendente con effetto

lesivo dell'equilibrio psicofisico e del complesso

della sua personalità.

Ai fini della configurabilità della condotta lesiva del datore

di lavoro sono, pertanto, rilevanti:

a) la molteplicità di comportamenti di carattere

persecutorio, illeciti o anche leciti se considerati

singolarmente, che siano stai posti in essere in

modo miratamente sistematico e prolungato

contro il dipendente con intento vessatorio,


b) l'evento lesivo della salute o della personalità

del dipendente;
c) il nesso eziologico tra condotta del datore di

lavoro o superiore gerarchico e il pregiudizio

all'integrità psico-fisica del lavoratore,


d) la prova dell'elemento soggettivo, cioè

dell'intento persecutorio (Cass. Sez. lav. n. 3785/2009).

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONE

LAVORO, Sentenza 5 ottobre 2009, n. 21223.

Le Sezioni Unite di questa Corte con sentenza

n. 6572/06, nel comporre il contrasto sorto in

senso alla sezione lavoro della Cassazione,

hanno sancito che "in tema di demansionamento

e di dequalificazione, il riconoscimento del diritto

del lavoratore al risarcimento del danno professionale,

biologico o esistenziale, che asseritamente ne deriva

- non ricorrendo automaticamente in tutti i casi di

inadempimento datoriale - non può prescindere da

una specifica allegazione, nel ricorso introduttivo

del giudizio, sulla natura e sulle caratteristiche

del pregiudizio medesimo; mentre il risarcimento

del danno biologico è subordinato all'esistenza di

una lesione dell'integrità psico-fisica medicalmente

accertabile, il danno esistenziale - da intendere come

ogni pregiudizio (di natura non meramente emotiva

ed interiore, ma oggettivamente accertabile) provocato

sul fare areddittuale del soggetto, che alteri le sue

abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo

a scelte di vita diverse quanto all'espressione e

realizzazione della sua personalità nel mondo esterno

- va dimostrato in giudizio con tutti i mezzi consentiti

dall'ordinamento, assumendo peraltro precipuo rilievo

la prova per presunzioni, per cui dalla complessiva

valutazione di precisi elementi dedotti (caratteristiche,

durata, gravità, conoscibilità all'interno ed all'esterno

del luogo di lavoro dell'operata dequalificazione,

frustrazione di precisate e ragionevoli aspettative

di progressione professionale, eventuali reazioni poste

in essere nei confronti del datore comprovanti

l'avvenuta lesione dell'interesse relazionale, effetti

negativi dispiegati nelle abitudini di vita del soggetto) -

il cui artificioso isolamento si risolverebbe in una lacuna

del procedimento logico - si possa, attraverso un

prudente apprezzamento, coerentemente risalire al

fatto ignoto, ossia all'esistenza del danno, facendo

ricorso, ai sensi dell'art. 115 cod. proc. civ., a quelle

nozioni generali derivanti dall'esperienza, delle quali

ci si serve nel ragionamento presuntivo e nella

valutazione delle prove".

 

Cass. civ. sez lav 23 maggio 2013, n. 12725

Ai fini della configurabilità del mobbing lavorativo

devono quindi ricorrere molteplici elementi: a) una

serie di comportamenti di carattere persecutorio -

illeciti o anche leciti se considerati singolarmente -

che, con intento vessatorio, siano stati posti in

essere contro la vittima, in modo miratamente

sistematico e prolungato nel tempo, direttamente

da parte del datore di lavoro o di un suo preposto

o anche da parte di altri dipendenti, sottoposti

al potere direttivo dei primi; b) l'evento lesivo

della salute, della personalità o della dignità del

dipendente; c) il nesso eziologico tra le descritte

condotte e il pregiudizio subito dalla vittima

nella propria integrità psico-fisica e/o nella

propria dignità; d) il suindicato elemento soggettivo,

cioè l'intento persecutorio unificante di tutti i

comportamenti lesivi.

 

QUANDO SI ESCLUDE IL MOBBING?

Quando manca la sistematicità degli episodi,

ovvero i presunti comportamenti lesivi siano

riferibili alla normale condotta del datore di lavoro,

funzionale all'assetto dell'apparato amministrativo

o imprenditoriale, nel caso del lavoro privato; o,

infine, vi sia una ragionevole ed alternativa

spiegazione al comportamento datoriale

(Cons. Stato, sez. VI, 6 maggio 2008, n. 2015);

quando la valutazione complessiva delle

circostanze addotte e accertate nella loro

materialità, pur se idonea a palesare

singulatim elementi ed episodi di conflitto

sul luogo di lavoro, non consenta di individuare,

secondo un giudizio di verosimiglianza,

il carattere unitariamente persecutorio e

discriminatorio nei confronti del singolo dal

complesso delle condotte poste in essere

sul luogo di lavoro (Cons. Stato, n. 4738/2008).

LA RILEVANZA PENALE DEL MOBBING

Non essendovi una fattispecie normativa ad hoc,

il fenomeno può essere sussunto nell'alveo

di diverse figure di reato, ove ne ricorrano i

presupposti. In prticolare, Cass. pen. sez. Vi,

20 marzo 2014, n. 13088 ha precisato che il

mobbing può integrare il delitto di maltrattamenti

in famiglia qualora le pratiche persecutorie

realizzate ai danni del lavoratore e finalizzate

alla sua emarginazione (c.d. mobbing)

si inquadrino in un rapporto tra il datore di lavoro

e il dipendente capace di assumere una natura

parafamiliare in quanto caratterizzato da relazioni

intense ed abituali, da consuetudini di vita tra i

soggetti, dalla soggezione di una parte nei

confronti dell'altra, dalla fiducia riposta dal

soggetto più debole del rapporto in quello

che ricopre la posizione di supremazia (...).

Con la conseguenza che non è configurabile

(...) laddove non siano riconoscibili quelle

particolari caratteristiche, ad esempio se

la vicenda si è verificata nell'ambito di una

realtà sufficientemente articolata e complessa,

in cui non è ravvisabile "quella stretta ed

intensa relazione diretta tra datore di lavoro e dipendente".

 

RIMEDI ESPERIBILE DAL LAVORATORE

VITTIMA DI MOBBING.

RISARCIMENTO DEL DANNO PATRIMONIALE

E NON PATRIMONIALE;
DIMISSIONI PER GIUSTA CAUSA;
RIFIUTO DI ADEMPIERE la prestazione

ai sensi dell'art. 1460 c.c. (eccezione di

inadempimento);
AZIONE DI ADEMPIMENTO al fine di ottenere

la rimozione degli atti persecutori (anche in

via cautelare ai sensi dell'art. 700 c.p.c.).

Per completezza, si ricorda che in seguito

alle recenti riforme introdotte con il "Jobs Act",

a partire dal 12 marzo 2016 le dimissioni

volontarie e la risoluzione consensuale

del rapporto di lavoro dovranno essere

effettuate in modalità esclusivamente telematiche.

Il lavoratore potrà scegliere tra due opzioni:

■ inviare il nuovo modulo autonomamente

tramite il sito del Ministero del Lavoro.

In questo caso è necessario munirsi del

Pin INPS Dispositivo, accedendo al portale

dell'Istituto o recandosi in una delle sue sedi.

Si potrà così accedere al form online che

permetterà di recuperare le informazioni

relative al rapporto di lavoro da cui si intende

recedere dal sistema delle Comunicazioni

Obbligatorie. Per i rapporti instaurati

precedentemente al 2008, invece, il lavoratore

dovrà indicare la data di inizio del rapporto di

lavoro, la tipologia contrattuale e i dati del

datore, in particolare l'indirizzo email o PEC.

Nell'ultima fase dovranno essere inseriti i dati

relativi alle dimissioni o alla risoluzione consensuale

o alla loro revoca.

■ rivolgersi ad un soggetto abilitato (patronato,

organizzazione sindacale, ente bilaterale,

commissioni di certificazione, consulenti

del lavoro, sedi territoriali dell'Ispettorato

nazionale del lavoro) che avrà il compito

di compilare i dati e inviarli al Ministero del

Lavoro. Ogni modulo salvato, dai soggetti

abilitati o dai lavoratori, sarà caratterizzato

da due informazioni identificative: la data

di trasmissione (Marca temporale) e un

codice identificativo coerente con la data.

Il lavoratore ha sempre la possibilità di

revocare le dimissioni o la risoluzione

consensuale entro 7 giorni successivi alla comunicazione.

 

IMPUGNAZIONE DEL LICENZIAMENTO:

a pena di decadenza, entro 60 giorni da

l licenziamento, inoltrare al datore di lavoro

una comunicazione in qualsiasi atto scritto,

anche stragiudiziale, nel quale si manifesta

la volontà di impugnare il licenziamento;

a pena di inefficacia, nei successivi 180

giorni, promuovere ricorso giurisdizionale

o procedere al tentativo di conciliazione.

Se la conciliazione o l'arbitrato vengono

rifiutati, o se non si raggiunge l'accordo, il

ricorso deve essere proposto entro 60 giorni

dal rifiuto o mancato accordo.

 

INTIMAZIONE DEL LICENZIAMENTO.

- obbligo di forma scritta - motivazione

contestuale; requisiti a pena di inefficacia

del licenziamento. Se manca la giusta causa

(condizione imputabile al lavoratore che renda

improseguibile il rapporto[2]) o giustificato

motivo (inerente l'organizzazione dell'attività),

non essendo applicabile la tutela ex art. 18

St. Lav. (L. 300/1970) trattandosi di "azienda"

con meno di 15 dipendenti, né la cd tutela

crescente introdotta dal jobs act perché il

contratto è stato stipulato antecedentemente,

rimane l'area di tutela disposta dall'art. 8 L. 604/1966:

"Quando risulti accertato che non ricorrono

gli estremi del licenziamento per giusta causa

o giustificato motivo, il datore di lavoro e'

tenuto a riassumere il prestatore di lavoro

entro il termine di tre giorni o, in mancanza,

a risarcire il danno versandogli un'indennità

di importo compreso tra un minimo di 2,5

ed un massimo di 6 mensilità dell'ultima

retribuzione globale di fatto, avuto

riguardo al numero dei dipendenti

occupati, alle dimensioni dell'impresa,

all'anzianità di servizio del prestatore

di lavoro, al comportamento e alle

condizioni delle parti. La misura massima

della predetta indennità può essere

maggiorata fino a 10 mensilità per il

prestatore di lavoro con anzianità superiore

ai dieci anni e fino a 14 mensilità per il

prestatore di lavoro con anzianità superiore

ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro

che occupa più di quindici prestatori di lavoro".

Qualora venisse intimato il licenziamento,

senza giustificato motivo o in assenza di

giusta causa, si avrebbe pertanto diritto,

alternativamente a:

- ricostituzione ex novo del rapporto di lavoro;

- risarcimento del danno, attraverso

un'indennità compresa tra 2,5 e 6 mensilità

dell'ultima retribuzione globale di fatto, fino

a 10 mensilità per chi abbia un'anzianità di

servizio superiore a 10 anni.

 

RAPPORTI TRA LIQUIDAZIONE COATTA

AMMINISTRATIVA/COMMISSARIAMENTO

DA PARTE DELLA BANCA D'ITALIA E

DIMISSIONI VOLONTARIE

Da un punto di vista normativo, non

esiste una specifica norma di legge che

regoli le conseguenze della dichiarazione

di fallimento sul rapporto di lavoro subordinato.

La norma che più si avvicina ad una

regolamentazione diretta è l'art. 2119 II

comma c.c.: non costituisce giusta causa

di risoluzione del contratto il fallimento

dell'imprenditore o la liquidazione coatta

amministrativa dell'azienda. La cessazione

del rapporto di lavoro, dunque, nel segno

della spersonalizzazione dell'azienda

(come si esprime efficacemente Cass. n. 8617/2001)

non deriva automaticamente dal fallimento

dell'imprenditore o dalla liquidazione coatta

dell'azienda, ma può aversi solo a seguito

del licenziamento intimato dal curatore o,

naturalmente, in caso di dissoluzione

della realtà aziendale.

Questo principio è perfettamente

applicabile all'ipotesi della liquidazione

coatta amministrativa della *** o eventuali

procedure interdittive/sanzionatorie che

potrebbe disporre la Banca d'Italia in

seguito ad ispezioni che accertino irregolarità

o sofferenze dell'istituto. Non sarebbero,

pertanto, circostanze valevoli come "giusta

causa" delle dimissioni che il lavoratore volesse

rassegnare.

 

 

[1] Fornari, Trattato di psichiatria

forense, IV ed., Torino, 2010, cit. in

TOPPETTI, Il danno psichico e la prova

nel processo, 2016, Maggioli editore, p. 218.

[2] La Corte Suprema con sentenza n.

24260 del 29 novembre 2016: alla stregua

del principio secondo cui, l'esercizio del

diritto di critica da parte del lavoratore,

che non si contenga entro i limiti del rispetto

della verità oggettiva e si traduca in una

condotta lesiva del decoro dell'impresa,

costituisce violazione del dovere di fedeltà

ex art. 2105 c.c. ed è comportamento idoneo

a ledere definitivamente la fiducia che sta alla

base del rapporto di lavoro, tale da integrare

una giusta causa di recesso datoriale.

 

NB. E' una forma di mobbing, molto grave, il fare 

i conti in tasca alla gente ed impicciarsi della vita privata

dei co-workers.

E' buona norma ribellarsi, querelare queste persone, farsi 

pagare i danni fisici, economici e biologici e con somme non

salate ma salatissime, giusto per insegnare a questa gente

i fonndamenti e le regole del vivere civile.

 
 
 

APPELLO ALL'UNIONE EUROPEA, ALLA CR.INTERNZIONALE, A MEDICI SENZA FRONTIERE....

Post n°1741 pubblicato il 11 Novembre 2018 da blogtecaolivelli

 

FONTE: BLOGTECAOLIVELLI

Questo è un appello rivolto alle organizzazioni

internazionali, alla Croce Rossa

Internazionale, a Medici senza Frontiere,

all'Unione Europea, alle organizzazioni scolastiche 

ad affrontare un'emergenza sociale gravissima

che si sta preparando, prossima ventura,

grazie alle misure del Ministro dell'interno Salvini

che nega ai migranti le cose base

insostituibili per l'inserimento nella società Italiana.

Per cui, l'unica cosa per contrastare gli effetti

nefasti della cosa è che tutte le suddette 

Organizzazioni come l' Unione Europea offra

la sua protezione internazionale a tutti i

richiedenti, che la  CR internazionale e Medici

senza Frontiere, tramite le persone loro

associate, offrano assistenza sanitaria a tutti

i richiedenti, che le comunità di connazionali

e di fede religiosa si tassino per sostenere i

loro fratelli bisognosi in arrivo, come di

esempio la comunità musulmana in Italia e

che gli insegnanti volontari offrano il loro

apporto per l'alfabetizzazione dei migranti di

domenica, nei locali messi gentilmente a

disposizione dai DS, posto che gli stessi

insegnanti (volontari della domenica) siano

responsabili dell'apertura e della chiusura

dei locali scolastici messi a disposizione.

E'chiaro che l'alfabetizzazione potrà essere effettuata 

da chiunque abbia una laurea in Lettere e Filosofia, anche

un non insegnante.

 
 
 

APPELLO ALLA CR INTERNAZIONALE.....

Post n°1740 pubblicato il 11 Novembre 2018 da blogtecaolivelli

FONTE:ANSA
Servizio Ricerche, Restoring Family Links e Protezione

  Croce Rossa con il Servizio Restoring Family Links è impegnata nella ricerca di migranti dispersi e riunificazione di famiglie separate da conflitti, disastri, migrazioni

  

Ogni anno, migliaia di famiglie vengono separate a

causa di conflitti, disastri o migrazioni. Queste famiglie

soffrono terribilmente quando perdono i contatti con i

propri cari, non sapendo né dove si trovano né se siano al sicuro.
 
La Croce Rossa Italiana, il Comitato internazionale e le

altre Società Nazionali di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa

lavorano insieme in tutto il mondo per trovare queste persone

e metterle in contatto con i propri familiari. Questo lavoro

include la ricerca dei membri di una stessa famiglia, il

ristabilimento dei contatti, la riunificazione delle famiglie

ed il tentativo di chiarire le sorti dei dispersi.

Le nostre attività

I beneficiari del Servizio di Restoring Family Links sono

principalmente le famiglie colpite da conflitti, catastrofi

naturali o coinvolte in emergenze umanitarie. 

Nel rispetto del suo Mandato, il Servizio RFL della Croce

Rossa Italiana opera principalmente nei seguenti modi:

  • Per ristabilire i legami familiari conduce attività di 
  • ricerca avvalendosi della rete RFL nazionale ed 
  • internazionale e dello strumento di ricerca 
  • Trace the Face
  • Per mantenere i legami familiari offre ai richiedenti
  •  la possibilità di inviare messaggi scritti o verbali 
  • (Messaggi di Croce Rossa e Safe&Well) tramite la
  •  rete RFL nazionale ed internazionale. In situazioni
  •  di emergenza, offre la possibilità di fare telefonate 
  • ai propri familiari e di ricaricare i telefoni cellulari.
  • Per preservare i legami familiari conduce attività di
  •  informazione e prevenzione dalla separazione nelle 
  • situazioni e nei luoghi più a rischio, quali gli sbarchi
  •  o i luoghi di transito.
  • Per chiarire le sorti delle persone scomparse che sono
  •  vittime di naufragi nel Mediterraneo facilita le 
  • procedure di identificazione delle salme, in 
  • collaborazione con le Autorità. 

Oltre alle attività sopra riportate, il Servizio di Restoring

Family Links di Croce Rossa italiana:

  • Offre supporto per i ricongiungimenti familiari;
  • Si occupa della trasmissione di documentazione 
  • (certificati di nascita, certificati di morte, etc.); 
  • Facilita l'ottenimento da parte di prigionieri di 
  • guerra o prigionieri politici di attestati di prigionia
  •  del CICR;
  • Può richiedere documenti di viaggio al CICR;
  • Si occupa di richieste riguardanti la ricerca di 
  • familiari di cui si sono perse le tracce nel contesto 
  • delle Guerre Mondiali 
Procedure e contatti

Se il richiedente si trova in Italia, può contattarci

scrivendo all'indirizzo tracing@cri.it.
I richiedenti che si trovano all'estero dovranno rivolgersi

al Servizio RFL nel proprio paese. Gli indirizzi e i

dettagli di contatto si trovano sul sito http://familylinks.icrc.org

Procedure specifiche per le richieste di ricerca

Affinché il Movimento della Croce Rossa aiuti nelle ricerche

di una persona scomparsa, la richiesta deve necessariamente

essere presentata da un familiare. Si specifica che solamente

una richiesta per persona scomparsa verrà accettata e processata.

Presentare più richieste da parte di più persone purtroppo non

aumenta le probabilità di ritrovare il proprio caro, ma rende il

nostro lavoro ancora più complesso.

Gli indirizzi da contattare sono differenti in base al luogo dove

si trova il richiedente (non la persona scomparsa!):

  • Se il richiedente vive in Italia, lo invitiamo a contattarci
  •  via mail all'indirizzo tracing@cri.it spiegando
  •  brevemente
  •  le circostanze della perdita di contatto ed indicando
  •  il suo nome, cognome, numero di telefono ed indirizzo
  •  per poter organizzare un incontro.
  • Se il richiedente NON vive in Italia, deve contattare il 
  • Servizio Restoring Family Links (RFL) nel paese nel 
  • quale si trova. Gli indirizzi e i dettagli di contatto si
  •  trovano qui: http://familylinks.icrc.org/. I nostri colleghi
  •  chiederanno tutte le informazioni necessarie e
  •  trasmetteranno la richiesta a noi, nel caso in cui la 
  • persona scomparsa si trovi presumibilmente in Italia.

 
 
 

UN FILM AL GIORNO TOGLIE IL MEDICO DI TORNO....

Post n°1739 pubblicato il 11 Novembre 2018 da blogtecaolivelli

FONTE: ANSA

(ANSA) - ROMA, 10 NOV - E' in sala dal 9

novembre, con Eagle Pictures, Hunter Killer,

il film di Donovan Marsh interpretato

dall'attore scozzese Gerard Butler: racconta

la storia di una squadra di US Navy Seals

che salva un presidente russo preso in

ostaggio dal suo falso ministero della

difesa, evitando così una guerra globale.

Questa la trama: il sommergibile

nucleare americano 'Arkansas' di ultimissima

enerazione, appartenente alla categoria

di cacciatori detta in gergo "hunter killer",

si trova nelle vicinanze di una base navale

russa al Circolo polare artico, proprio mentre

il ministro della Difesa e ammiraglio Durov

sequestra il presidente russo Zakarin in

visita ufficiale.

Una scelta, quella dell'ammiraglio, motivata

dal fatto che è un presidente troppo debole

nei confronti degli States. Non solo, allo

stesso tempo un sottomarino statunitense

viene affondato dallo stesso Durov con la

chiara volontà di scatenare una guerra

nucleare, un modo per chiudere i conti,

una volta per tutte, con Washington.


Il mondo è in pericolo e così l'inossidabile,

duro e allo stesso tempo umano capitano

Joe Glass (Butler), pensa bene di salvare

il presidente russo contro la volontà del

pluridecorato e guerrafondaio ammiraglio

Donnegan (Gary Oldman).


    E lo fa grazie a un piccolo manipolo di

Navy Seals e soprattutto con l'aiuto del collega

russo Sergi Andropoyov (Michael Nyqvist) che

imbarca, dopo un naufragio, sul suo sommergibile.

Costruito con caratteri mille volte visti negli

action movie, e con qualche originalità nella

sceneggiatura (la presidente degli Stati Uniti

è una donna) neppure troppo sottolineata, il

film è liberamente ispirato a un romanzo,

Firing Point di George Wallace, che nella

vita è stato un vero comandante di un

sommergibile nucleare.

 'Hunter Killer. Caccia negli abissi'

(questo il titolo per esteso) è dedicato

a Michael Nyqvist, il giornalista di "Uomini

che odiano le donne" che veste i panni del

capitano russo Sergi Andropoyov. L'attore

è morto poco dopo la fine delle riprese.

(ANSA).

 
 
 

UN LIBRO AL GIORNO TOGLIE IL MEDICO DI TORNO!!!

Post n°1738 pubblicato il 11 Novembre 2018 da blogtecaolivelli

FONTE:

Vivere sul Vesuvio, il racconto di un'archeologa

Maria Pace Ottieri racconta e indaga tra storia e attualità

 © ANSA© ANSA+CLICCA PER INGRANDIRE

Di Paolo PetroniROMA05 ottobre 201811:2

9NEWEinaudi

(ANSA) - ROMA, 5 OTT - MARIA PACE OTTIERI,

''IL VESUVIO UNIVERSALE'' (EINAUDI, pp. 280 -

19,50 euro) - Il Vesuvio è considerato dagli esperti il vulcano

più pericoloso d'Europa, non perché non ve ne siano tanti altri

attivi e che ogni tanto esplodono, come quelli islandesi, che

nel 2010 oscurarono i cieli del nord Europa fermando la circola=

zione aerea del continente, ma perché è oggetto di una

ininterrotta ''conurbazione'', come la definiscono gli urbanisti.

Non si tratta infatti di città, e non è periferia, ma un territorio

di decine di paesi con una delle più alte densità abitative

del mondo. Appare allora un fatto chiaramente apotropaico

, o più semplicemente scaramantico, che su quelle pendici

ci siano decine di fabbriche di quei fuochi artificiali non a

caso tanto amati dai napoletani, che, oltre al Vesuvio a est,

hanno a ovest altri due vulcani attivi, la caldera dei Campi

Flegrei e Ischia.

    Nonostante la storia ci ricordi varie e devastanti eruzioni,

da quella del 79 d.C. che seppellì Pompei e Ercolano all'ultima

del 1944, l'abitare e lavorare in un luogo che potrebbe esplodere

da un momento all'altro non ha mai spaventato la gente di quei

luoghi che vi è tornata dopo ogni colata lavica e pioggia di ceneri,

a cominciare dagli stessi antichi romani, che vi costruirono ville

e vi ripresero coltivazioni.

    E' questa situazione e forse ancor più il fascino di questo monte,

con la sua insopprimibile vitalità della gente e quello delle

catastrofi che ha provocato nei secoli, ad aver spinto la

giornalista e antropologa Maria Pace Ottieri a confrontarsI

e indagare quella storia e quella realtà tanto sconcertanti.

Ricostruendo situazioni e eruzioni, interrogando scienziati

e e comuni abitanti, ma anche facendo scoperte curiose,

come il fatto che dal paese montano di Somma Vesuviana,

non da oggi, ma da inizio Novecento, transita e viene

lavorato dai baccajuoli locali l'80% delle diecimila tonnellate

di baccalà e stoccafisso che arrivano in Italia ogni anno dai

paesi scandinavi, creando un ponte economico e culturale

tra Somma e le isole Faroer e Loften.

    Un libro sorprendente quindi per alcuni versi e coinvolgente

per esempio per le ricostruzioni accurate e ben descritte delle

principali eruzioni, costruito girando sue giù attorno al Vesuvio,

facendo avanti e indietro da Napoli, incontrando persone d'ogni

genere, riferendo di attività diverse che vanno dal celebre mercato

delle pezze di Resina a Ercolano, meta costante per la ricchezza

e varietà dei suoi abiti usati di costumisti, registi e attori del teatro

e del cinema, sino alle ricche e eleganti ville settecentesche su

quello che veniva chiamato per la bellezza il miglio d'oro, oggi

confuse nel marasma di costruzioni abusive e rovinate dal tempo

come dalle eruzioni.

Col vulcano si convive insomma, anche quando si fa sentire

(c'è un filmato dell'eruzione del 1944 in cui si vede la lingua

di lava che scende in cima al corso di San Sebastiano, mentre

più avanti la gente spala la cenere, carica la roba sui carretti e

la statua del santo patrono viene fatta girare per le strade),

praticamente dimentichi della sua esistenza o almeno della

sua pericolosità.

"Il vulcano allena i suoi abitanti a vivere in una vacillante

realtà sempre sull'orlo della dissolvenza, della metamorfosi,

a riempire il vuoto al centro, il cratere della vita di ognuno,

con l'immaginazione, trovando nell'invisibile il senso più

vero dell'essere al mondo". Il problema è che da ormai

decenni si discute di come aprire strade di fuga e organizzare

evacuazioni, ma senza mai arrivare a vere soluzioni concrete,

così che centinaia di migliaia di persone resterebbero

imbottigliate tra stradine contorte, vecchi ponti stretti e il mare.

E dove di questo si parla, si ricorda quel che è stato progettato

e mai realizzato, il bel libro della Ottieri si fa più pressante

e inquietante e diventa denuncia.

RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA

 
 
 

GRANDE MOSTRA A NEW YORK....

Post n°1737 pubblicato il 11 Novembre 2018 da blogtecaolivelli

FONTE: ARTICOLO ANSA

Pollock, la rivoluzione

dell'action painting

A Roma il suo capolavoroe i grandi della scuola diNew York

Jackson Pollock ,  la celeberrima tela  FOTOJackson Pollock , la celeberrima tela "Number 27" (1950).

Whitney Museum New York © ANSA+CLICCA

PER INGRANDIRELuciano FioramontiROMA10

ottobre 201814:53NEWS

    (ANSA) - ROMA, 9 OTT - La grandezza di

    Jackson Pollock come cerniera tra il

    prima e il dopo e la vivacità di New York

    che negli anni Cinquanta del secolo scorso

    diventò la capitale del contemporaneo.

     Sono i due filoni che si intrecciano nella mostra

    "Pollock e la scuola di New York", da domani

    al 24 febbraio al Complesso del Vittoriano,

    a Roma. Un appuntamento di grande appeal in

    particolare per il capolavoro del grande artista,

    l' opera Number 27 prestata dal Whitney

    Museum ed esposta per la prima volta nella

    Capitale.

    La grande tela - olio, smalto e vernice

    in alluminio - lunga oltre tre metri, occupa

    uno spazio privilegiato accanto agli altri

    big della pittura di quegli anni, Mark Rothko,

    Willem de Kooning, Franz Kline, Robert

    Motherwell.

     Una cinquantina di tele preziose, una carrellata

    di colori, forme e linee per raccontare gli anni

    dell' espressionismo astratto. "Dopo Pollock

    probabilmente la pittura non sarà più la stessa

    cosa - spiega Luca Beatrice, che con David

    Breslin e Carrie Springer, del Whitney Museum,

    ha curato la rassegna italiana -. Sarà spazio,

    tempo, energia, movimento, quasi ad anticipare

    la body art. Pollock fu il primo artista americano

    a conquistare la celebrità non soltanto tra gli

    addetti ai lavori".

    La scuola di New York, che intese la

    pittura come "palestra di sperimentazione",

    ebbe il suo punto di svolta dopo l' esclusione

    degli esponenti dell' action painting, nel maggio

    1950, dalla mostra di arte contemporanea

    del Metropolitan Museum. Gli "irascibili",

    così li definì lo Herald Tribune, reagirono segnando

    quel periodo con le loro produzioni anticonformiste

    e rivoluzionarie. Beatrice, anche nel suo testo in

    catalogo, offre lo spunto a considerare proprio il

    1956 l' anno di inizio dell' arte contemporanea:

    l' 11 agosto Pollock, "gran bevitore che viveva di

    eccessi", morì a 44 in un incidente stradale

    schiantandosi con la sua auto, come era avvenuto

    pochi mesi per James Dean. In quello stesso anno

    a Londra, e non in America, il critico d' arte

    Lawrence Alloway coniò il termine "Pop". Erano

    anni di grande fermento culturale dove New York

    era diventata quello che Parigi era stata per il

    mondo dell' arte all' inizio del '900. Nel 1951 fu

    pubblicato Il Giovane Holden di Salinger, del

    1956 è Howl di Allen Ginsberg, l' anno dop

    o uscì Sulla strada di Keruac, mentre nella

    musica a dare la linea è Miles David con

    Kind of Blue, del 1959.

    Con la tecnica del dripping, far colare il

    colore sulla tela, e soprattutto lavorando

    sul quadro steso sul pavimento, Pollock

    aprì una pagina nuova. L'artista gira accanto

    al quadro, danza, dipinge senza usare il pennello,

    riversa così la sua energia creativa. Number 27,

    del 1950, è uno dei quadri più significativi per

    modalità esecutiva. "Posso camminarci intorno

    lavorare sui quattro lati, essere letteralmente

    nel quadro. Preferisco la stecca, la spatola il

    coltello", disse Pollock, di cui è riportata una

    frase illuminante: "Quando sono dentro il mio

    quadro non so cosa sto facendo".

    Nel 1950 Pollock è la superstar della

    pittura americana ma non è solo -

    fa notare Luca Beatrice -. Da quasi dieci

    anni si parla di scuola di New York "per

    definire non un movimento coeso ma

    una sensibilità di natura astratto informale,

    progressivamente scevro dal realismo".

     "Pollock ha toccato il livello più alto nell' informale -

    ha detto Vittorio Sgarbi che ha accompagnato

    il ministro dell' Istruzione Marco Bussetti in una

    breve visita della mostra -. Questo tipo di pittura

    non si può datare agli anni Cinquanta, potrebbe

    essere di oggi. Gli informali attuali, quindi, che

    cosa possono fare di più? Bene o male lo citano

    o lo scimmiottano senza avere la sua energia

    e la sua tensione potentissima". Alla potenza

    nervosa del maestro dell' action painting fa da

    contraltare Mark Rothko con i suoi grandi

    rettangoli di colore, utilizzato secondo "un approccio

    lirico e mistico". "Se Pollock rappresenta la forza -

    osserva Beatrice - in Rothko si evince il pensiero,

    la lentezza, la meditazione, termini ancora pregni

    di debordante modernità". L' artista di origini lettoni,

    solitario e afflitto dalla depressione, il 25 febbraio

    1970, convinto di avere una malattia incurabile,

    si uccise nel suo studio di New York."

     
     
     

    LA SCIENZA E' UN DIRITTO UMANO..

    Post n°1736 pubblicato il 11 Novembre 2018 da blogtecaolivelli

    FONTE: ARTICOLO ANSA

    La scienza come diritto umano, l'Unesco celebra la ricerca

    Nella Giornata mondiale della Scienza per la pace e lo sviluppo

    Redazione ANSA  09 novembre 201818:32e +

    La Terra vista dallo spazio, simbolo di scienza e pace (fonte: NASA/equipaggio dell'Apollo 17;  Harrison Schmitt, Ron Evans) © AnsaLa Terra vista dallo spazio, simbolo di scienza e pace

    (fonte: NASA/equipaggio dell'Apollo 17; Harrison Schmitt,

    Ron Evans) © ANSA/Ansa+CLICCA PER INGRANDIRE

    La "Scienza, un diritto umano" è il tema scelto dall'Unesco

    per l'edizione 2018 della Giornata mondiale della scienza al

    servizio della pace e dello sviluppo, che si celebra il 10 novembre.

    Assicurare l'uso sostenibile degli oceani, proteggere la biodiversità,

    affrontare i cambiamenti climatici e le catastrofi naturali, sono

    alcuni dei temi su cui sensibilizzare cittadini e istituzioni in

    questa giornata, nel 70/o anniversario della Dichiarazione

    universale dei diritti umani, firmata a Parigi il 10 dicembre 1948.

    Indetta dall'Unesco nel 2001, la giornata nasce "per promuovere

    l'utilizzo responsabile della scienza e per sottolineare il suo contributo

    fondamentale alla società" Per la Direttrice generale dell'Unesco,

    Audrey Azoulay, "la scienza rappresenta una forza di trasformazione

    positiva e un moltiplicatore di sviluppo. Questa giornata 2018 -

    ha osservato - invita ciascuno di noi a esercitare il proprio diritto

    umano a partecipare e beneficiare della scienza".

    La giornata è stata istituita per informare l'opinione pubblica sui

    progressi raggiunti in ambito scientifico, per imparare a conoscere

    meglio il nostro pianeta e per rendere le società più sostenibili.

    Portando ad esempio l'energia solare nelle aree rurali dell'Africa,

    uno dei progetti promossi dall'Onu. "La diplomazia scientifica

    è uno strumento efficace come base di una cultura della cooperazione",

    ha aggiunto Azoulay. Per raggiungerlo, ha concluso, "occorre però

    investire nell'educazione scientifica, garantendo uguale accesso alle

    scienze per tutti, a partire dalla giovane età e con particolare

    attenzione alle donne".

     
     
     

    GLI ANTICHI CONTINENTI......

    Post n°1735 pubblicato il 11 Novembre 2018 da blogtecaolivelli

    Fonte: articolo ANSA, sezione scientifica.

    Resti di continenti perduti sotto i ghiacci dell'Antartide

    Scoperti tre frammenti, i più antichi hanno un miliardo di anni

    Monica Nardone  09 novembre 201809:39

    La mappa della crosta terrestre sotto l'Antartide, ricostruita sulla base dei dati del satellite Goce (fonte: Kiel University/BAS) © AnsaFOTOLa mappa della crosta terrestre sotto l'Antartide,

    ricostruita sulla base dei dati del satellite Goce (fonte: Kiel University/BAS)

    © ANSA/Ansa+CLICCA PER INGRANDIRE

    Sotto i ghiacci dell'Antartide si nascondono i resti di

    antichi continenti perduti. Li ha visti il satellite europeo

    Goce, che dal 2009 al 2013 ha studiato la gravità terrestre.

    Sono almeno tre frammenti, un tempo uniti ad Africa,

    Australia e India, i più antichi dei quali potrebbero avere

    un'età compresa tra 1 miliardo e 550 milioni di anni.

    Pubblicata sulla rivista Scientific Reports, la scoperta si

    deve all'università tedesca di Kiel e al British Antarctic

    Survey (Bas) e parla anche italiano con Fausto Ferraccioli,

    responsabile della ricerca geologica e geofisica del Bas.

    I ricercatori hanno analizzato i dati della missione dell'Agenzia

    Spaziale Europea (Esa), che ha misurato le sottili differenze

    di gravità da un punto all'altro della Terra con una

    risoluzione di 80 chilometri, e li hanno confrontati con l'andamento

    delle onde sismiche, che permette di radiografare l'interno del

    pianeta: in questo modo hanno ottenuto una mappa 3D delle

    placche continentali che ha aperto una finestra sulle profondità

    della Terra e in particolare dell'Antartide.

    "Queste immagini della gravità "stanno rivoluzionando la nostra

    capacità di studiare il continente meno conosciuto, l'Antartide",

    rileva Ferraccioli. Sotto l'Antartide orientale, aggiunge, "vediamo

    un emozionante mosaico" di frammenti di continenti perduti,

    chiamati 'cratoni', "che rivelano somiglianze e differenze tra la

    crosta sotto l'Antartide e gli altri continenti", cui i frammenti

    erano uniti "fino a 160 milioni di anni fa". Si è scoperto inoltre

    che l'Antartide occidentale ha una crosta più sottile, dello spessore

    compreso fra 20 e 35 chilometri, rispetto a quella dell'Antartide

    orientale, costituita da relitti di antichi continenti dello spessore

    compreso fra 40 e 60 chilometri, separati da strutture più giovani.

    I relitti sono almeno tre e i più antichi sono il frammento che è

    collegato al cosiddetto Cratone Mawson, che in passato comprendeva

    parti dell'Australia meridionale, e il relitto nascosto sotto La Terra

    della Regina Maud. I due frammenti sono separati dalla catena dei

    Monti Gamburtsev, sepolta sotto i ghiacci. Non è chiara, invece,

    l'origine del terzo frammento, posto tra il Mare di Weddell e

    il Polo Sud. I tre frammenti emergono solo dai dati di Goce e

    non dall'analisi delle onde sismiche e, scrivono i ricercatori,

    "rappresentano un nuovo elemento importante per studiare

    l'Antartide". Il risultato, rilevano gli esperti dell'Esa, potrebbe

    fornire indizi su come la struttura continentale dell'Antartide

    stia influenzando il comportamento dei ghiacciai e come il

    continente bianco risponderà al loro scioglimento."

     
     
     

    LE NOVITA' SCIENTIFICHE......

    Post n°1734 pubblicato il 11 Novembre 2018 da blogtecaolivelli

    FONTE: ARTICOLO ANSA

    Nel cuore della Terra la fabbrica degli oceaniRiserve d'acqua dall'idrogeno

    catturato con la nascita del Sistema Solare

    Redazione ANSA  10 novembre 201816:49

    Gli oceani visti dalla Stazione Spaziale Internazionale (fonte: NASA) © AnsaGli oceani visti dalla Stazione Spaziale Internazionale (fonte: NASA

    © ANSA/Ansa+CLICCA PER INGRANDIRE

    Nella Terra le riserve d'acqua potrebbero essere più abbondanti

    del previsto, pari a due o tre oceani. La chiave è nell'idrogeno

    immagazzinato nelle rocce delle viscere del pianeta. È quanto

    emerge dallo studio pubblicato sulla rivista Journal of Geophysical

    Research - Planets, condotto dal gruppo dell'Università

    dell'Arizona coordinato da Jun Wu.

    A caccia della possibile origine dell'acqua che ricopre gran parte del

    nostro pianeta, i ricercatori hanno studiato come si è accumulato

    l'idrogeno nel cuore della Terra attraverso  modelli al computer e il

    confronto con alcune rare rocce del mantello. Secondo Wu "la maggior

    parte dell'idrogeno terrestre deriva dalla nube di gas e polveri da cui si

    è formato il Sistema Solare". Qui, per lo studioso, "si sarebbe combinato

    con il materiale roccioso della Terra in formazione, accumulandosi nel

    mantello del pianeta".

    L'idrogeno è, infatti, l'elemento più abbondante dell'universo. "La Terra

    nasconde nel suo mantello sotto forma di idrogeno l'equivalente di 2 o 3

    oceani", ha spiegato all'ANSA Enrico Bonatti, geologo della Columbia

    University di New York. "Questo idrogeno in superficie e a bassa pressione

    può trasformarsi in acqua liquida o vapore acqueo. Ne sono un esempio le

    sorgenti idrotermali sul fondo degli oceani. Lo studio - ha aggiunto -

    è importante perché ci fa capire che il nostro pianeta è in equilibrio con la

    nebulosa cosmica da cui si è originato. L'acqua che sulla Terra è così

    essenziale per la vita - ha concluso Bonatti - ha un'origine primordiale e

    potrebbe formarsi anche in altri sistemi planetari".

     
     
     

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