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Messaggi del 11/11/2018
Post n°1744 pubblicato il 11 Novembre 2018 da blogtecaolivelli
La rincorsa ai farmaci"impossibili": cosa sifa se la cura è lontana?AIDS, Alzheimer, malattie rare...Non per tutte le patologie c'èuna soluzione all'orizzonte, ma non per questo ci si arrende:alcune si possono tenere sottocontrollo a vita; di altre si alterail decorso, mentre si esplorano nuove strade di ricerca.
la ricerca farmaceutica.|SHUTTERSTOCK Si spera sempre di riuscire a trovare una cura per le malattie ancora senza soluzione, ma non sempre la guarigione è l'unico orizzonte possibile: alcune condizioni non ancora risolvibili, come l'AIDS, si possono tenere a bada per tutta la vita, come fossero malattie croniche; di altre siamo riusciti ad alterare il decorso naturale o la rapidità; per tutte, la via maestra da seguire è la ricerca, che in alcuni casi, dopo avere collezionato anni di insuccessi, deve saper rivoluzionare ipotesi e paradigmi. Di farmaci impossibili e medicina del futuro si è parlato a Focus Live, insieme a Silvio Garattini, farmacologo, fondatore e presidente dell'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano, Mario Clerici, Ordinario di immunologia e immunopatologia all'Università degli Studi di Milano e Rosetta Pedotti, neurologa di Biogen. SOTTO CONTROLLO, MA NON CURABILE. Un farmaco impossibile per eccellenza è quello per la cura dell'AIDS. «La ricerca su questa malattia è tra i più grandi successi delle scienze mediche degli ultimi tempi», spiega Clerici: «dopo aver capito che si tratta di un'infezione sessualmente trasmessa, in 10 anni abbiamo creato una batteria di farmaci, non una cura ma una terapia per tenere la malattia sotto controllo per tutta la vita. Tuttavia il numero di nuovi casi non è in calo, ma sale, proprio perché lo si considera un problema del passato: il numero di nuovi casi è oggi pari a quello degli anni '80, e ogni anno si registrano nel mondo 4,5 milioni di diagnosi. Il 50% della popolazione colpita non ha accesso alle terapie, e senza una somministrazione continua di queste si muore: è tutt'altro che un problema del passato.»
nel sangue Poco dopo l'identificazione del virus, 30 anni fa, si iniziò a parlare di un vaccino, «ma il virus sfugge agli anticorpi perché muta continuamente: non sappiamo come neutralizzarlo. La cura dell'HIV passerà attraverso la prevenzione, anche vaccinale, ma un vaccino non è nel futuro prossimo.» MUOVERSI IN ANTICIPO. La prevenzione, appunto, è fondamentale laddove ancora non esiste una cura, ma va detto che «la prevenzione è una Cenerentola nella mentalità comune, perché si pensa che i farmaci possano risolvere tutto», aggiunge Garattini: «il 50-60 per cento delle malattie è legata allo stile di vita. Avremmo 70 mila morti in meno se non fumassimo, 30 mila in meno se non si bevesse troppo. Mi piacerebbe se in futuro i medici di famiglia venissero valutati sul numero di pazienti che riescono a far smettere di fumare, o a dimagrire... Anche questo sarebbe un modo per evitare di sovraccaricare il sistema sanitario». «Il rapporto con la prevenzione è complesso», aggiunge Clerici: «per esempio, oggi si sa che l'assunzione di una cospicua dose di antiretrovirali - i PrEP, che sta per Pre-Exposure Prophylaxis - prima dei rapporti a rischio protegge dalla trasmissione del virus (nel 78% dei casi, ndr). Il risultato è un'esplosione dei casi di gonorrea, sifilide e altre malattie sessualmente trasmesse, perché si evita l'unico strumento in grado di proteggere da tutto, il condom.» UN FRENO ALLA PROGRESSIONE. Di altre malattie possiamo oggi solo sperare di alterare il decorso, e in qualche caso è già molto: «Fino a 20 anni fa per la sclerosi multipla non esisteva nessuna terapia se non il cortisone», afferma Pedotti, «mentre oggi il paziente può scegliere tra una gamma di farmaci che agiscono sul sistema immunitario, alterando la storia naturale della malattia».
(vedi) sembrerebbe innescare la reazione del sistema immunitario, che nella malattia si rivolta contro il sistema nervoso. Nell'illustrazione: l'assone delle cellule nervose (il prolungamento che conduce il segnale) rivestito da strati di mielina. | SHUTTERSTOCK
Su altre patologie, come l'Alzheimer, si ha l'impressione di trovarci a un punto morto della ricerca, ma tra gli addetti ai lavori qualcosa si muove: «Il paradigma sta cambiando - spiega Pedotti - oggi sappiamo che i sintomi compaiono 20 o anche 30 anni dopo l'accumulo di proteine neurotossiche, quando il danno è fatto. Ora si cerca di fare diagnosi precoci per vedere che cosa succede somministrando i farmaci prima, nel tempo». «Su queste malattie legate all'invecchiamento occorrerebbe concentrare le risorse», conclude Garattini: «l'Italia è tra i Paesi con maggiore durata della vita, ma rispetto ad altri Paesi europei siamo in deficit per durata di vita sana. Per 15 anni abbiamo seguito oltre 2.000 persone con più di 80 anni e abbiamo visto che le demenze si possono per lo meno posticipare con alcune buone pratiche di prevenzione: l'esercizio fisico, quello intellettuale, e il non isolarsi. In altre parole, coltivare relazioni positive.» |
Post n°1743 pubblicato il 11 Novembre 2018 da blogtecaolivelli
FONTE: FOCUS Il popolamento delle Americhe è stato molto più complesso di quanto ipotizzato, e in alcune regioni vi hanno contribuito gruppi ancestrali finora sconosciuti, come dimostra una "firma" genetica che li apparenta alle popolazioni australasiatiche, in particolare agli indigeni del Papua, dell'Australia e delle isole Andamane. A scoprirlo è stato un gruppo internazionale di ricercatori diretti da Eske Willerslev e J. Víctor Moreno-Mayar dell'Università di Copenaghen, in Danimarca, che firmano un articolo pubblicato su "Science". Molti studi si sono concentrati sulle prime migrazioni umane in Nord e Sud America, arrivando alla conclusione - basata prevalentemente sul confronto del genoma di persone viventi e un numero limitato di DNA antichi, provenienti per lo più dal Nord America - che le prime popolazioni americane avrebbero iniziato a differenziarsi dai loro antenati siberiani ed estremo-orientali poco meno di 25.000 anni fa; in seguito, circa 15.000 anni fa, queste prime popolazioni si sarebbero diversificate ulteriormente in nordamericane e sudamericane. Tuttavia ben poco si sapeva sulla dinamica dei successivi spostamenti di queste genti. Una nuove versione del popolamento delle Americhe. Una delle sepolture in cui sono stati rinvenuti i resti analizzati. Ora Moreno-Mayar e colleghi hanno sequenziato il genoma di 15 antichi americani, sei dei quali vissuti oltre 10.000 anni, provenienti da località di tutto il continente: dall'Alaska fino alla Patagonia. La scoperta più sorprendente è stata la presenza di un chiaro segnale genetico australasiatico in popolazioni del Sud America, del tutto assente in quelle del Nord America. "Il fatto che questo segnale non sia stato documentato in Nord America - osserva Moreno-Mayar - implica che un gruppo precedente [a quelli considerati i primi americani] che lo possedeva era già scomparso, oppure che un gruppo giunto più tardi ha attraversato il Nord America senza lasciare alcuna traccia genetica." Una nuove versione del popolamento delle Americhe.
scoperti resti umani risalenti a circa 9000 anni fa.
migratorie da nord a sud sono state molteplici, portando a popolazioni chiaramente diversificate, ma secondo un modello tutt'altro che lineare. Le popolazioni insediatesi per prime in America centrale, per esempio, sono risultate geneticamente più differenziate sia dalle popolazioni del nord sia da quelle del sud. A mostrare la complessità del quadro è stata anche la scoperta che il genoma estratto dai resti umani scoperti nella Spirit Cave, in Nevada, quindi Stati Uniti, è sorprendentemente simile a quello dei resti trovati a Lagoa Santa, nello Stato brasiliano del Minas Gerais, a testimonianza di un rapidissimo spostamento nel continente del loro gruppo di appartenenza. Singolarmente, inoltre, i genomi della Spirit Cave e di Lagoa Santa sono molto più vicini ai nativi americani contemporanei rispetto a qualsiasi altro gruppo antico o contemporaneo sequenziato fino a oggi nel continente. Una scoperta, questa, che ha anche permesso di porre fine a una ventennale contesa giuridica fra le autorità statunitensi e la nazione dei Paiute -scioscioni - la principale popolazione di nativi americani che vivono in Nevada - che dopo la scoperta dei resti ne aveva rivendicato la restituzione in base al Native American Graves Protection and Repatriation Act. Proprio grazie alle analisi effettuate da Eske Willerslev e colleghi, nel 2016 lo scheletro di Spirit Cave è stata restituito alla tribù e all'inizio di quest'anno si è svolta una cerimonia di sepoltura privata a cui ha partecipato anche Willeslev. Una nuove versione del popolamento delle Americhe in Brasile. (Cortesia Natural History Museum of Denmark) alla genetica delle popolazioni andine degli altopiani e al loro adattamento a quel difficile ambiente - effettuato da un gruppo internazionale di ricercatori diretto da John Lindo della Emory University di Atlanta e pubblicato su "Science Advances" - ha mostrato che i primi insediamenti stabili sull'altopiano risalgono a un periodo compreso fra i 9200 e gli 8200 anni fa. Le analisi effettuate su una serie di DNA antichi - di età compresa fra i 6800 e i 1400 anni fa - hanno rivelato che i primi adattamenti all'altitudine sono insorti piuttosto rapidamente; tuttavia - abbastanza sorprendentemente, come osservano i ricercatori - non hanno interessato geni legati all'adattamento all'ipossia (carenza di ossigeno). (Le popolazioni andine attuali sono geneticamente predisposte a una più elevata produzione di emoglobina nel sangue.) Le prime mutazioni hanno invece interessato il sistema cardiovascolare. Ma la modifica genetica più incisiva ha riguardato la capacità di digestione dell'amido. Verosimilmente è stata una risposta adattiva alla dipendenza da una diet a che per millenni ha visto la patata, ricca di amido, come fonte alimentare assolutamente primaria. |
Post n°1742 pubblicato il 11 Novembre 2018 da blogtecaolivelli
Diritto del lavoro Versione PDF del documento Licenziamento durante la malattia del lavoratore MOBBING: una serie di atti vessatori protratti nel tempo, posti in essere nei confronti di un lavoratore da parte dei componenti del gruppo di lavoro in cui è inserito o dal suo capo, caratterizzati da un intento di persecuzione e di emarginazione, finalizzato all'obiettivo primario di escludere la vittima dal gruppo. Si distinguono in dottrina e giurisprudenza due forme di mobbing: - verticale discendente o bossing, in cui la prevaricazione e la violenza vengono esercitate dal superiore gerarchico verso l'inferiore o più debole; ascendente quando esercitato in danno del superiore gerarchico; - orizzontale, applicato tra persone di pari grado. Per poter parlare di mobbing, devono esserci le caratteristiche di sistematicità e durata: deve essere giornaliero, con una durata di sei mesi almeno; espletato attraverso angherie, vessazioni, demansionamento lavorativo, emarginazione, insulti, maldicenze, aggressioni fisiche e verbali, ostracizzazione, privando la vittima della possibilità di esprimersi in azienda, isolandola e escludendola dalle informazioni aziendali; screditandola attraverso dicerie e pettegolezzi; assegnando mansioni inutili e insignificanti; esasperandola con forme di controllo ripetute e ingiustificate o attraverso molestie sessuali. [...] I singoli atteggiamenti molesti (o emulativi) possono anche non raggiungere necessariamente la soglia di reato né sono o possono essere di per sè illegittimi, ma nell'insieme sono suscettibili di produrre danni (essenzialmente a livello biologico ed esistenziale), con gravi conseguenze quindi sulla salute della vittima, sulla sua esistenza, e anche sul patrimonio, convincendola di cose non veritiere inerenti alla propria persona.[1]
Corte appello L'Aquila, sez. lav., 04/06/2015, n. 685
In termini di ripartizione dell'onere della prova in materia di mobbing, stante la natura contrattuale dell'illecito, grava sul lavoratore l'onere di provare tutta la serie di circostanze e accadimenti storici, poiché occorre che sia necessariamente che sia dimostrato l'intento persecutorio che avrebbe permeato le condotte datoriali. (Nella specie si è nel merito negato l'asserito demansionamento del lavoratore, in quanto le mansioni svolte dal dirigente medico - pur quantitativamente ridotte - non assumevano un contenuto professionale qualitativamente inferiore rispetto a quelle espletate in precedenza).
T.A.R. Roma, (Lazio), sez. II, 02/03/2015, n. 3421 Fonti: Foro Amministrativo (Il) 2015, 3, 902 (s.m) La dequalificazione (o cd. demansionamento) si distingue da fenomeni piuttosto similari ad essa e, tra questi, spiccano principalmente le cd. vessazioni sul lavoro e cioè il cd. "mobbing" e il cd. "bossing". Infatti, mentre "mobbing" e "bossing" rappresentano condotte datoriali illecitamente finalizzate a mortificare il lavoratore al di là di qualunque ragionevole misura con lo scopo, rispettivamente, di farlo sentire colpevolmente o incolpevolmente amareggiato ("mobbing") e di allontanarlo dall'ambiente lavorativo ("bossing"), la dequalificazione professionale si estrinseca fondamentalmente nel denegato riconoscimento della qualifica impiegatizia acquisita dal prestatore di lavoro, previo affidamento, allo stesso, di incarichi che presentino un minor grado di responsabilità e di rilevanza all'interno dell'ufficio, incarichi che dovrebbero essere affidati al personale collocato nelle qualifiche inferiori. Ed è proprio la detta componente che vale a distinguere l'aspetto dequalificatorio da qualsiasi altro atteggiamento che non sia direttamente collegato alla qualifica rivestita dal soggetto dequalificato o in via di dequalificazione. L'adibizione del dipendente a mansioni inferiori comporta, di regola, la sua dequalificazione professionale, ma se all'assegnazione si accompagna una condotta datoriale lesiva e denigratoria, cioè se l'attribuzione dei compiti di minore qualità si palesa quale pretesto finalizzato a vessare il dipendente, verrà a configurarsi un vero e proprio "mobbing".
Corte appello Potenza, sez. lav., 08/07/2014, (ud. 12/06/2014, dep.08/07/2014), n. 454. In linea generale, va detto che la negazione o l'impedimento delle mansioni, al pari del demansionamento professionale, integrano una lesione del diritto fondamentale alla libera esplicazione della personalità del lavoratore anche nel luogo di lavoro, determinando un pregiudizio che incide sulla vita professionale e di relazione dell'interessato, con una indubbia dimensione sia patrimoniale sia, a prescindere dalla configurabilità di un reato, non patrimoniale, che rende il pregiudizio medesimo suscettibile di risarcimento (Cass. Sez.3 n. 7980/2004; n. 10/2002; n. 8828/2003; n. 8904/2003). Viene, in tal modo, recepita una definizione "dinamica" del concetto di professionalità del lavoratore, intesa come combinazione tra il bagaglio di conoscenze, acquisite dalla persona operando nel settore di inquadramento e progressivamente affinate in ragione del trascorrere del tempo e la professionalità potenziale, che corrisponde, invece, a quanto il prestatore di lavoro può apprendere in relazione al contesto, organizzativo e di lavoro, che quotidianamente lo circonda. Costituisce, quindi, demansionamento qualsiasi condotta datoriale che, per effetto del cattivo esercizio dello jus variandi, ossia in conseguenza dell'adibizione del lavoratore a mansioni qualitativamente inferiori a quelle contrattuali, rallenti o blocchi del tutto il processo evolutivo geneticamente impresso nel concetto di professionalità appena illustrato. La violazione del diritto del lavoratore all'esecuzione della propria prestazione lavorativa è fonte di responsabilità risarcitoria per il datore di lavoro; responsabilità che, peraltro, derivando dall'inadempimento di un'obbligazione, resta pienamente soggetta alle regole generali in materia di responsabilità contrattuale: sicchè, se essa prescinde da uno specifico intento di declassare o svilire il lavoratore a mezzo della privazione dei suoi compiti, la responsabilità stessa deve essere nondimeno esclusa- oltre che nei casi in cui possa ravvisarsi una causa giustificativa del comportamento del datore di lavoro connessa all'esercizio di poteri imprenditoriali, garantiti dall'art. 41 Cost. ovvero di poteri disciplinari, anche quando l'inadempimento della prestazione derivi comunque da causa non imputabile all'obbligato, fermo restando che, ai sensi dell'art. 1218 c.c. la prova della sussistenza delle ipotesi ora indicate grava sul datore di lavoro, in quanto avente, per questo verso, la veste di debitore (Cass. Sez.1 n. 17564/2006; n. 4766/2006; n. 13580/2001). Tale pronuncia richiama perfettamente la fattispecie de quo, caratterizzata anche dal mancato riconoscimento del titolo di studio e della conseguente qualifica impiegatizia cui avrebbe diritto il sig. ****, anche a seguito del mancato invito a ricoprire il ruolo da ultimo assegnato ad un soggetto esterno, senza che il sig. ***** fosse stato informato. Il risarcimento del danno da perdita di chance, presente nell'ordinamento francese da cui ha preso spunto l'esperienza italiana, è stato riconosciuto nel nostro Ordinamento da non molto tempo grazie all'opera interpretativa (decisiva) della Cassazione ed ha trovato applicazione in variegati settori, soprattutto quelli relativi alla responsabilità professionale sanitaria e dell'avvocato nonché, in ambito giuslavoristico, da cui, in verità, ha preso le mosse, quelli riguardanti molteplici fattispecie, come a titolo di esempio, il mancato avanzamento di carriera del dipendente nonostante i requisiti posseduti (cfr. Cass. 2013/8443), significandosi che "in tema è necessaria la allegazione e la prova di quegli elementi di fatto idonei a far ritenere che il regolare svolgimento della procedura selettiva avrebbe comportato una concreta, effettiva e non ipotetica probabilità di conseguire la promozione, in forza della quale probabilità si giustifica l'interesse stesso del lavoratore alla pronuncia di illegittimità della procedura selettiva, altrimenti insussistente (v. Cass S.U. 23/09/2013 n. 21678; Cass. 10/01/2014 n. 3771). Viene meno ogni aspetto di responsabilità qualora il datore di lavoro abbia correttamente ed esaustivamente adempiuto ai suoi obblighi, sicché non sia possibile ravvisare a carico dello stesso alcun margine od elemento di colpa, con rigoroso onere probatorio su di lui incombente, laddove, in ipotesi contraria, la prova del nesso eziologico tra l'evento dannoso ed il danno subito dal lavoratore dipendente viene a gravare, esclusivamente, su quest'ultimo. Siffatte osservazioni hanno, peraltro, trovato l'autorevole conforto della Corte Costituzionale, la quale, partendo dall'indefettibile presupposto che l'art. 2087 c.c. abbraccia ogni tipo di misura utile a garantire il diritto soggettivo del lavoratore ad operare in un ambiente esente da rischi, ha posto in rilievo come la salute sia un bene primario, che assurge a diritto fondamentale della persona ed impone piena ed esaustiva tutela, tale da operare sia in ambito pubblicistico che nei rapporti di diritto privato, evidenziando, tra l'altro, che, a norma dell'art. 2087 cit., l'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa tutte le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro (v. Corte Cost., sent. n. 399 del 1996). Quindi, in adempimento del principio della massima sicurezza "tecnologicamente possibile" vigente nel nostro ordinamento ai sensi del più volte richiamato art. 2087 (riaffermato anche dal D.Lgs. n. 626 del 1994) e non potendo le esigenze di sicurezza essere subordinate a criteri di fattibilità economica o produttiva, il datore di lavoro è tenuto a trovare le misure sufficienti a conseguire il fine della protezione della salute e dell'integrità fisica dei suoi dipendenti in modo conforme al principio direttivo costituzionale dell'art. 32. E appunto perché norma di chiusura, volta a ricomprendere ipotesi e situazioni non espressamente previste, la disposizione di cui all'art. 2087 c.c., come del resto tutte le clausole generali, ha una funzione di adeguamento permanente dell'ordinamento alla sottostante realtà socio-economica, che possiede una dinamicità ben più accentuata di quella dell'ordinamento giuridico, legato a procedimenti e schemi di produzione giuridica necessariamente complessi e lenti; principio atto a giustificare questa valenza è, nella specie, quello del diritto, di derivazione costituzionale, alla salute ed all'integrità fisica, ormai acquisito per via di interpretazione giurisprudenziale (da parte del giudice costituzionale, ordinario, amministrativo) in molteplici applicazioni. [...] Analogo discorso deve farsi anche con riferimento al lamentato danno da mobbing, nel senso del demansionamento come condotta strumentale alla realizzazione del mobbing, precisandosi che quest'ultimo si configura a fronte della reiterazione di comportamenti persecutori e vessatori, posti in essere dal datore di lavoro o dai colleghi e, quindi, si risolve in sistematici e reiterati comportamenti ostili che finiscono per assumere forme di prevaricazione o di persecuzione psicologica, da cui può conseguire la mortificazione morale e l'emarginazione del dipendente con effetto lesivo dell'equilibrio psicofisico e del complesso della sua personalità. Ai fini della configurabilità della condotta lesiva del datore di lavoro sono, pertanto, rilevanti: a) la molteplicità di comportamenti di carattere persecutorio, illeciti o anche leciti se considerati singolarmente, che siano stai posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio,
del dipendente; lavoro o superiore gerarchico e il pregiudizio all'integrità psico-fisica del lavoratore,
dell'intento persecutorio (Cass. Sez. lav. n. 3785/2009). SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONE LAVORO, Sentenza 5 ottobre 2009, n. 21223. Le Sezioni Unite di questa Corte con sentenza n. 6572/06, nel comporre il contrasto sorto in senso alla sezione lavoro della Cassazione, hanno sancito che "in tema di demansionamento e di dequalificazione, il riconoscimento del diritto del lavoratore al risarcimento del danno professionale, biologico o esistenziale, che asseritamente ne deriva - non ricorrendo automaticamente in tutti i casi di inadempimento datoriale - non può prescindere da una specifica allegazione, nel ricorso introduttivo del giudizio, sulla natura e sulle caratteristiche del pregiudizio medesimo; mentre il risarcimento del danno biologico è subordinato all'esistenza di una lesione dell'integrità psico-fisica medicalmente accertabile, il danno esistenziale - da intendere come ogni pregiudizio (di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile) provocato sul fare areddittuale del soggetto, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all'espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno - va dimostrato in giudizio con tutti i mezzi consentiti dall'ordinamento, assumendo peraltro precipuo rilievo la prova per presunzioni, per cui dalla complessiva valutazione di precisi elementi dedotti (caratteristiche, durata, gravità, conoscibilità all'interno ed all'esterno del luogo di lavoro dell'operata dequalificazione, frustrazione di precisate e ragionevoli aspettative di progressione professionale, eventuali reazioni poste in essere nei confronti del datore comprovanti l'avvenuta lesione dell'interesse relazionale, effetti negativi dispiegati nelle abitudini di vita del soggetto) - il cui artificioso isolamento si risolverebbe in una lacuna del procedimento logico - si possa, attraverso un prudente apprezzamento, coerentemente risalire al fatto ignoto, ossia all'esistenza del danno, facendo ricorso, ai sensi dell'art. 115 cod. proc. civ., a quelle nozioni generali derivanti dall'esperienza, delle quali ci si serve nel ragionamento presuntivo e nella valutazione delle prove".
Cass. civ. sez lav 23 maggio 2013, n. 12725 Ai fini della configurabilità del mobbing lavorativo devono quindi ricorrere molteplici elementi: a) una serie di comportamenti di carattere persecutorio - illeciti o anche leciti se considerati singolarmente - che, con intento vessatorio, siano stati posti in essere contro la vittima, in modo miratamente sistematico e prolungato nel tempo, direttamente da parte del datore di lavoro o di un suo preposto o anche da parte di altri dipendenti, sottoposti al potere direttivo dei primi; b) l'evento lesivo della salute, della personalità o della dignità del dipendente; c) il nesso eziologico tra le descritte condotte e il pregiudizio subito dalla vittima nella propria integrità psico-fisica e/o nella propria dignità; d) il suindicato elemento soggettivo, cioè l'intento persecutorio unificante di tutti i comportamenti lesivi.
QUANDO SI ESCLUDE IL MOBBING? Quando manca la sistematicità degli episodi, ovvero i presunti comportamenti lesivi siano riferibili alla normale condotta del datore di lavoro, funzionale all'assetto dell'apparato amministrativo o imprenditoriale, nel caso del lavoro privato; o, infine, vi sia una ragionevole ed alternativa spiegazione al comportamento datoriale (Cons. Stato, sez. VI, 6 maggio 2008, n. 2015); quando la valutazione complessiva delle circostanze addotte e accertate nella loro materialità, pur se idonea a palesare singulatim elementi ed episodi di conflitto sul luogo di lavoro, non consenta di individuare, secondo un giudizio di verosimiglianza, il carattere unitariamente persecutorio e discriminatorio nei confronti del singolo dal complesso delle condotte poste in essere sul luogo di lavoro (Cons. Stato, n. 4738/2008). LA RILEVANZA PENALE DEL MOBBING Non essendovi una fattispecie normativa ad hoc, il fenomeno può essere sussunto nell'alveo di diverse figure di reato, ove ne ricorrano i presupposti. In prticolare, Cass. pen. sez. Vi, 20 marzo 2014, n. 13088 ha precisato che il mobbing può integrare il delitto di maltrattamenti in famiglia qualora le pratiche persecutorie realizzate ai danni del lavoratore e finalizzate alla sua emarginazione (c.d. mobbing) si inquadrino in un rapporto tra il datore di lavoro e il dipendente capace di assumere una natura parafamiliare in quanto caratterizzato da relazioni intense ed abituali, da consuetudini di vita tra i soggetti, dalla soggezione di una parte nei confronti dell'altra, dalla fiducia riposta dal soggetto più debole del rapporto in quello che ricopre la posizione di supremazia (...). Con la conseguenza che non è configurabile (...) laddove non siano riconoscibili quelle particolari caratteristiche, ad esempio se la vicenda si è verificata nell'ambito di una realtà sufficientemente articolata e complessa, in cui non è ravvisabile "quella stretta ed intensa relazione diretta tra datore di lavoro e dipendente".
RIMEDI ESPERIBILE DAL LAVORATORE VITTIMA DI MOBBING. RISARCIMENTO DEL DANNO PATRIMONIALE E NON PATRIMONIALE; ai sensi dell'art. 1460 c.c. (eccezione di inadempimento); la rimozione degli atti persecutori (anche in via cautelare ai sensi dell'art. 700 c.p.c.). Per completezza, si ricorda che in seguito alle recenti riforme introdotte con il "Jobs Act", a partire dal 12 marzo 2016 le dimissioni volontarie e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro dovranno essere effettuate in modalità esclusivamente telematiche. Il lavoratore potrà scegliere tra due opzioni: ■ inviare il nuovo modulo autonomamente tramite il sito del Ministero del Lavoro. In questo caso è necessario munirsi del Pin INPS Dispositivo, accedendo al portale dell'Istituto o recandosi in una delle sue sedi. Si potrà così accedere al form online che permetterà di recuperare le informazioni relative al rapporto di lavoro da cui si intende recedere dal sistema delle Comunicazioni Obbligatorie. Per i rapporti instaurati precedentemente al 2008, invece, il lavoratore dovrà indicare la data di inizio del rapporto di lavoro, la tipologia contrattuale e i dati del datore, in particolare l'indirizzo email o PEC. Nell'ultima fase dovranno essere inseriti i dati relativi alle dimissioni o alla risoluzione consensuale o alla loro revoca. ■ rivolgersi ad un soggetto abilitato (patronato, organizzazione sindacale, ente bilaterale, commissioni di certificazione, consulenti del lavoro, sedi territoriali dell'Ispettorato nazionale del lavoro) che avrà il compito di compilare i dati e inviarli al Ministero del Lavoro. Ogni modulo salvato, dai soggetti abilitati o dai lavoratori, sarà caratterizzato da due informazioni identificative: la data di trasmissione (Marca temporale) e un codice identificativo coerente con la data. Il lavoratore ha sempre la possibilità di revocare le dimissioni o la risoluzione consensuale entro 7 giorni successivi alla comunicazione.
IMPUGNAZIONE DEL LICENZIAMENTO: a pena di decadenza, entro 60 giorni da l licenziamento, inoltrare al datore di lavoro una comunicazione in qualsiasi atto scritto, anche stragiudiziale, nel quale si manifesta la volontà di impugnare il licenziamento; a pena di inefficacia, nei successivi 180 giorni, promuovere ricorso giurisdizionale o procedere al tentativo di conciliazione. Se la conciliazione o l'arbitrato vengono rifiutati, o se non si raggiunge l'accordo, il ricorso deve essere proposto entro 60 giorni dal rifiuto o mancato accordo.
INTIMAZIONE DEL LICENZIAMENTO. - obbligo di forma scritta - motivazione contestuale; requisiti a pena di inefficacia del licenziamento. Se manca la giusta causa (condizione imputabile al lavoratore che renda improseguibile il rapporto[2]) o giustificato motivo (inerente l'organizzazione dell'attività), non essendo applicabile la tutela ex art. 18 St. Lav. (L. 300/1970) trattandosi di "azienda" con meno di 15 dipendenti, né la cd tutela crescente introdotta dal jobs act perché il contratto è stato stipulato antecedentemente, rimane l'area di tutela disposta dall'art. 8 L. 604/1966: "Quando risulti accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, il datore di lavoro e' tenuto a riassumere il prestatore di lavoro entro il termine di tre giorni o, in mancanza, a risarcire il danno versandogli un'indennità di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo al numero dei dipendenti occupati, alle dimensioni dell'impresa, all'anzianità di servizio del prestatore di lavoro, al comportamento e alle condizioni delle parti. La misura massima della predetta indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai dieci anni e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa più di quindici prestatori di lavoro". Qualora venisse intimato il licenziamento, senza giustificato motivo o in assenza di giusta causa, si avrebbe pertanto diritto, alternativamente a: - ricostituzione ex novo del rapporto di lavoro; - risarcimento del danno, attraverso un'indennità compresa tra 2,5 e 6 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, fino a 10 mensilità per chi abbia un'anzianità di servizio superiore a 10 anni.
RAPPORTI TRA LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA/COMMISSARIAMENTO DA PARTE DELLA BANCA D'ITALIA E DIMISSIONI VOLONTARIE Da un punto di vista normativo, non esiste una specifica norma di legge che regoli le conseguenze della dichiarazione di fallimento sul rapporto di lavoro subordinato. La norma che più si avvicina ad una regolamentazione diretta è l'art. 2119 II comma c.c.: non costituisce giusta causa di risoluzione del contratto il fallimento dell'imprenditore o la liquidazione coatta amministrativa dell'azienda. La cessazione del rapporto di lavoro, dunque, nel segno della spersonalizzazione dell'azienda (come si esprime efficacemente Cass. n. 8617/2001) non deriva automaticamente dal fallimento dell'imprenditore o dalla liquidazione coatta dell'azienda, ma può aversi solo a seguito del licenziamento intimato dal curatore o, naturalmente, in caso di dissoluzione della realtà aziendale. Questo principio è perfettamente applicabile all'ipotesi della liquidazione coatta amministrativa della *** o eventuali procedure interdittive/sanzionatorie che potrebbe disporre la Banca d'Italia in seguito ad ispezioni che accertino irregolarità o sofferenze dell'istituto. Non sarebbero, pertanto, circostanze valevoli come "giusta causa" delle dimissioni che il lavoratore volesse rassegnare.
[1] Fornari, Trattato di psichiatria forense, IV ed., Torino, 2010, cit. in TOPPETTI, Il danno psichico e la prova nel processo, 2016, Maggioli editore, p. 218. [2] La Corte Suprema con sentenza n. 24260 del 29 novembre 2016: alla stregua del principio secondo cui, l'esercizio del diritto di critica da parte del lavoratore, che non si contenga entro i limiti del rispetto della verità oggettiva e si traduca in una condotta lesiva del decoro dell'impresa, costituisce violazione del dovere di fedeltà ex art. 2105 c.c. ed è comportamento idoneo a ledere definitivamente la fiducia che sta alla base del rapporto di lavoro, tale da integrare una giusta causa di recesso datoriale.
NB. E' una forma di mobbing, molto grave, il fare i conti in tasca alla gente ed impicciarsi della vita privata dei co-workers. E' buona norma ribellarsi, querelare queste persone, farsi pagare i danni fisici, economici e biologici e con somme non salate ma salatissime, giusto per insegnare a questa gente i fonndamenti e le regole del vivere civile. |
Post n°1741 pubblicato il 11 Novembre 2018 da blogtecaolivelli
FONTE: BLOGTECAOLIVELLI Questo è un appello rivolto alle organizzazioni internazionali, alla Croce Rossa Internazionale, a Medici senza Frontiere, all'Unione Europea, alle organizzazioni scolastiche ad affrontare un'emergenza sociale gravissima che si sta preparando, prossima ventura, grazie alle misure del Ministro dell'interno Salvini che nega ai migranti le cose base insostituibili per l'inserimento nella società Italiana. Per cui, l'unica cosa per contrastare gli effetti nefasti della cosa è che tutte le suddette Organizzazioni come l' Unione Europea offra la sua protezione internazionale a tutti i richiedenti, che la CR internazionale e Medici senza Frontiere, tramite le persone loro associate, offrano assistenza sanitaria a tutti i richiedenti, che le comunità di connazionali e di fede religiosa si tassino per sostenere i loro fratelli bisognosi in arrivo, come di esempio la comunità musulmana in Italia e che gli insegnanti volontari offrano il loro apporto per l'alfabetizzazione dei migranti di domenica, nei locali messi gentilmente a disposizione dai DS, posto che gli stessi insegnanti (volontari della domenica) siano responsabili dell'apertura e della chiusura dei locali scolastici messi a disposizione. E'chiaro che l'alfabetizzazione potrà essere effettuata da chiunque abbia una laurea in Lettere e Filosofia, anche un non insegnante. |
Post n°1740 pubblicato il 11 Novembre 2018 da blogtecaolivelli
FONTE:ANSA
Ogni anno, migliaia di famiglie vengono separate a causa di conflitti, disastri o migrazioni. Queste famiglie soffrono terribilmente quando perdono i contatti con i propri cari, non sapendo né dove si trovano né se siano al sicuro. altre Società Nazionali di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa lavorano insieme in tutto il mondo per trovare queste persone e metterle in contatto con i propri familiari. Questo lavoro include la ricerca dei membri di una stessa famiglia, il ristabilimento dei contatti, la riunificazione delle famiglie ed il tentativo di chiarire le sorti dei dispersi. Le nostre attivitàI beneficiari del Servizio di Restoring Family Links sono principalmente le famiglie colpite da conflitti, catastrofi naturali o coinvolte in emergenze umanitarie. Rossa Italiana opera principalmente nei seguenti modi:
Oltre alle attività sopra riportate, il Servizio di Restoring Family Links di Croce Rossa italiana:
Se il richiedente si trova in Italia, può contattarci scrivendo all'indirizzo tracing@cri.it. al Servizio RFL nel proprio paese. Gli indirizzi e i dettagli di contatto si trovano sul sito http://familylinks.icrc.org Procedure specifiche per le richieste di ricercaAffinché il Movimento della Croce Rossa aiuti nelle ricerche di una persona scomparsa, la richiesta deve necessariamente essere presentata da un familiare. Si specifica che solamente una richiesta per persona scomparsa verrà accettata e processata. Presentare più richieste da parte di più persone purtroppo non aumenta le probabilità di ritrovare il proprio caro, ma rende il nostro lavoro ancora più complesso. si trova il richiedente (non la persona scomparsa!):
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Post n°1739 pubblicato il 11 Novembre 2018 da blogtecaolivelli
FONTE: ANSA (ANSA) - ROMA, 10 NOV - E' in sala dal 9 novembre, con Eagle Pictures, Hunter Killer, il film di Donovan Marsh interpretato dall'attore scozzese Gerard Butler: racconta la storia di una squadra di US Navy Seals che salva un presidente russo preso in ostaggio dal suo falso ministero della difesa, evitando così una guerra globale. Questa la trama: il sommergibile nucleare americano 'Arkansas' di ultimissima enerazione, appartenente alla categoria di cacciatori detta in gergo "hunter killer", si trova nelle vicinanze di una base navale russa al Circolo polare artico, proprio mentre il ministro della Difesa e ammiraglio Durov sequestra il presidente russo Zakarin in visita ufficiale. Una scelta, quella dell'ammiraglio, motivata dal fatto che è un presidente troppo debole nei confronti degli States. Non solo, allo stesso tempo un sottomarino statunitense viene affondato dallo stesso Durov con la chiara volontà di scatenare una guerra nucleare, un modo per chiudere i conti, una volta per tutte, con Washington.
duro e allo stesso tempo umano capitano Joe Glass (Butler), pensa bene di salvare il presidente russo contro la volontà del pluridecorato e guerrafondaio ammiraglio Donnegan (Gary Oldman).
Navy Seals e soprattutto con l'aiuto del collega russo Sergi Andropoyov (Michael Nyqvist) che imbarca, dopo un naufragio, sul suo sommergibile. Costruito con caratteri mille volte visti negli action movie, e con qualche originalità nella sceneggiatura (la presidente degli Stati Uniti è una donna) neppure troppo sottolineata, il film è liberamente ispirato a un romanzo, Firing Point di George Wallace, che nella vita è stato un vero comandante di un sommergibile nucleare. 'Hunter Killer. Caccia negli abissi' (questo il titolo per esteso) è dedicato a Michael Nyqvist, il giornalista di "Uomini che odiano le donne" che veste i panni del capitano russo Sergi Andropoyov. L'attore è morto poco dopo la fine delle riprese. (ANSA). |
Post n°1738 pubblicato il 11 Novembre 2018 da blogtecaolivelli
FONTE:
Vivere sul Vesuvio, il racconto di un'archeologa Maria Pace Ottieri racconta e indaga tra storia e attualità
Di Paolo PetroniROMA05 ottobre 201811:2 9NEWEinaudi (ANSA) - ROMA, 5 OTT - MARIA PACE OTTIERI, ''IL VESUVIO UNIVERSALE'' (EINAUDI, pp. 280 - 19,50 euro) - Il Vesuvio è considerato dagli esperti il vulcano più pericoloso d'Europa, non perché non ve ne siano tanti altri attivi e che ogni tanto esplodono, come quelli islandesi, che nel 2010 oscurarono i cieli del nord Europa fermando la circola= zione aerea del continente, ma perché è oggetto di una ininterrotta ''conurbazione'', come la definiscono gli urbanisti. Non si tratta infatti di città, e non è periferia, ma un territorio di decine di paesi con una delle più alte densità abitative del mondo. Appare allora un fatto chiaramente apotropaico , o più semplicemente scaramantico, che su quelle pendici ci siano decine di fabbriche di quei fuochi artificiali non a caso tanto amati dai napoletani, che, oltre al Vesuvio a est, hanno a ovest altri due vulcani attivi, la caldera dei Campi Flegrei e Ischia. Nonostante la storia ci ricordi varie e devastanti eruzioni, da quella del 79 d.C. che seppellì Pompei e Ercolano all'ultima del 1944, l'abitare e lavorare in un luogo che potrebbe esplodere da un momento all'altro non ha mai spaventato la gente di quei luoghi che vi è tornata dopo ogni colata lavica e pioggia di ceneri, a cominciare dagli stessi antichi romani, che vi costruirono ville e vi ripresero coltivazioni. E' questa situazione e forse ancor più il fascino di questo monte, con la sua insopprimibile vitalità della gente e quello delle catastrofi che ha provocato nei secoli, ad aver spinto la giornalista e antropologa Maria Pace Ottieri a confrontarsI e indagare quella storia e quella realtà tanto sconcertanti. Ricostruendo situazioni e eruzioni, interrogando scienziati e e comuni abitanti, ma anche facendo scoperte curiose, come il fatto che dal paese montano di Somma Vesuviana, non da oggi, ma da inizio Novecento, transita e viene lavorato dai baccajuoli locali l'80% delle diecimila tonnellate di baccalà e stoccafisso che arrivano in Italia ogni anno dai paesi scandinavi, creando un ponte economico e culturale tra Somma e le isole Faroer e Loften. Un libro sorprendente quindi per alcuni versi e coinvolgente per esempio per le ricostruzioni accurate e ben descritte delle principali eruzioni, costruito girando sue giù attorno al Vesuvio, facendo avanti e indietro da Napoli, incontrando persone d'ogni genere, riferendo di attività diverse che vanno dal celebre mercato delle pezze di Resina a Ercolano, meta costante per la ricchezza e varietà dei suoi abiti usati di costumisti, registi e attori del teatro e del cinema, sino alle ricche e eleganti ville settecentesche su quello che veniva chiamato per la bellezza il miglio d'oro, oggi confuse nel marasma di costruzioni abusive e rovinate dal tempo come dalle eruzioni. Col vulcano si convive insomma, anche quando si fa sentire (c'è un filmato dell'eruzione del 1944 in cui si vede la lingua di lava che scende in cima al corso di San Sebastiano, mentre più avanti la gente spala la cenere, carica la roba sui carretti e la statua del santo patrono viene fatta girare per le strade), praticamente dimentichi della sua esistenza o almeno della sua pericolosità. "Il vulcano allena i suoi abitanti a vivere in una vacillante realtà sempre sull'orlo della dissolvenza, della metamorfosi, a riempire il vuoto al centro, il cratere della vita di ognuno, con l'immaginazione, trovando nell'invisibile il senso più vero dell'essere al mondo". Il problema è che da ormai decenni si discute di come aprire strade di fuga e organizzare evacuazioni, ma senza mai arrivare a vere soluzioni concrete, così che centinaia di migliaia di persone resterebbero imbottigliate tra stradine contorte, vecchi ponti stretti e il mare. E dove di questo si parla, si ricorda quel che è stato progettato e mai realizzato, il bel libro della Ottieri si fa più pressante e inquietante e diventa denuncia. RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA |
Post n°1737 pubblicato il 11 Novembre 2018 da blogtecaolivelli
FONTE: ARTICOLO ANSA Pollock, la rivoluzione dell'action painting A Roma il suo capolavoroe i grandi della scuola diNew York
Whitney Museum New York © ANSA+CLICCA PER INGRANDIRELuciano FioramontiROMA10 ottobre 201814:53NEWS (ANSA) - ROMA, 9 OTT - La grandezza di Jackson Pollock come cerniera tra il prima e il dopo e la vivacità di New York che negli anni Cinquanta del secolo scorso diventò la capitale del contemporaneo. Sono i due filoni che si intrecciano nella mostra "Pollock e la scuola di New York", da domani al 24 febbraio al Complesso del Vittoriano, a Roma. Un appuntamento di grande appeal in particolare per il capolavoro del grande artista, l' opera Number 27 prestata dal Whitney Museum ed esposta per la prima volta nella Capitale. La grande tela - olio, smalto e vernice in alluminio - lunga oltre tre metri, occupa uno spazio privilegiato accanto agli altri big della pittura di quegli anni, Mark Rothko, Willem de Kooning, Franz Kline, Robert Motherwell. Una cinquantina di tele preziose, una carrellata di colori, forme e linee per raccontare gli anni dell' espressionismo astratto. "Dopo Pollock probabilmente la pittura non sarà più la stessa cosa - spiega Luca Beatrice, che con David Breslin e Carrie Springer, del Whitney Museum, ha curato la rassegna italiana -. Sarà spazio, tempo, energia, movimento, quasi ad anticipare la body art. Pollock fu il primo artista americano a conquistare la celebrità non soltanto tra gli addetti ai lavori". La scuola di New York, che intese la pittura come "palestra di sperimentazione", ebbe il suo punto di svolta dopo l' esclusione degli esponenti dell' action painting, nel maggio 1950, dalla mostra di arte contemporanea del Metropolitan Museum. Gli "irascibili", così li definì lo Herald Tribune, reagirono segnando quel periodo con le loro produzioni anticonformiste e rivoluzionarie. Beatrice, anche nel suo testo in catalogo, offre lo spunto a considerare proprio il 1956 l' anno di inizio dell' arte contemporanea: l' 11 agosto Pollock, "gran bevitore che viveva di eccessi", morì a 44 in un incidente stradale schiantandosi con la sua auto, come era avvenuto pochi mesi per James Dean. In quello stesso anno a Londra, e non in America, il critico d' arte Lawrence Alloway coniò il termine "Pop". Erano anni di grande fermento culturale dove New York era diventata quello che Parigi era stata per il mondo dell' arte all' inizio del '900. Nel 1951 fu pubblicato Il Giovane Holden di Salinger, del 1956 è Howl di Allen Ginsberg, l' anno dop o uscì Sulla strada di Keruac, mentre nella musica a dare la linea è Miles David con Kind of Blue, del 1959. Con la tecnica del dripping, far colare il colore sulla tela, e soprattutto lavorando sul quadro steso sul pavimento, Pollock aprì una pagina nuova. L'artista gira accanto al quadro, danza, dipinge senza usare il pennello, riversa così la sua energia creativa. Number 27, del 1950, è uno dei quadri più significativi per modalità esecutiva. "Posso camminarci intorno lavorare sui quattro lati, essere letteralmente nel quadro. Preferisco la stecca, la spatola il coltello", disse Pollock, di cui è riportata una frase illuminante: "Quando sono dentro il mio quadro non so cosa sto facendo". Nel 1950 Pollock è la superstar della pittura americana ma non è solo - fa notare Luca Beatrice -. Da quasi dieci anni si parla di scuola di New York "per definire non un movimento coeso ma una sensibilità di natura astratto informale, progressivamente scevro dal realismo". "Pollock ha toccato il livello più alto nell' informale - ha detto Vittorio Sgarbi che ha accompagnato il ministro dell' Istruzione Marco Bussetti in una breve visita della mostra -. Questo tipo di pittura non si può datare agli anni Cinquanta, potrebbe essere di oggi. Gli informali attuali, quindi, che cosa possono fare di più? Bene o male lo citano o lo scimmiottano senza avere la sua energia e la sua tensione potentissima". Alla potenza nervosa del maestro dell' action painting fa da contraltare Mark Rothko con i suoi grandi rettangoli di colore, utilizzato secondo "un approccio lirico e mistico". "Se Pollock rappresenta la forza - osserva Beatrice - in Rothko si evince il pensiero, la lentezza, la meditazione, termini ancora pregni di debordante modernità". L' artista di origini lettoni, solitario e afflitto dalla depressione, il 25 febbraio 1970, convinto di avere una malattia incurabile, si uccise nel suo studio di New York." |
Post n°1736 pubblicato il 11 Novembre 2018 da blogtecaolivelli
FONTE: ARTICOLO ANSA La scienza come diritto umano, l'Unesco celebra la ricerca Nella Giornata mondiale della Scienza per la pace e lo sviluppo Redazione ANSA 09 novembre 201818:32e +
(fonte: NASA/equipaggio dell'Apollo 17; Harrison Schmitt, Ron Evans) © ANSA/Ansa+CLICCA PER INGRANDIRE La "Scienza, un diritto umano" è il tema scelto dall'Unesco per l'edizione 2018 della Giornata mondiale della scienza al servizio della pace e dello sviluppo, che si celebra il 10 novembre. Assicurare l'uso sostenibile degli oceani, proteggere la biodiversità, affrontare i cambiamenti climatici e le catastrofi naturali, sono alcuni dei temi su cui sensibilizzare cittadini e istituzioni in questa giornata, nel 70/o anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani, firmata a Parigi il 10 dicembre 1948. Indetta dall'Unesco nel 2001, la giornata nasce "per promuovere l'utilizzo responsabile della scienza e per sottolineare il suo contributo fondamentale alla società" Per la Direttrice generale dell'Unesco, Audrey Azoulay, "la scienza rappresenta una forza di trasformazione positiva e un moltiplicatore di sviluppo. Questa giornata 2018 - ha osservato - invita ciascuno di noi a esercitare il proprio diritto umano a partecipare e beneficiare della scienza". La giornata è stata istituita per informare l'opinione pubblica sui progressi raggiunti in ambito scientifico, per imparare a conoscere meglio il nostro pianeta e per rendere le società più sostenibili. Portando ad esempio l'energia solare nelle aree rurali dell'Africa, uno dei progetti promossi dall'Onu. "La diplomazia scientifica è uno strumento efficace come base di una cultura della cooperazione", ha aggiunto Azoulay. Per raggiungerlo, ha concluso, "occorre però investire nell'educazione scientifica, garantendo uguale accesso alle scienze per tutti, a partire dalla giovane età e con particolare attenzione alle donne". |
Post n°1735 pubblicato il 11 Novembre 2018 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo ANSA, sezione scientifica. Resti di continenti perduti sotto i ghiacci dell'Antartide Scoperti tre frammenti, i più antichi hanno un miliardo di anni Monica Nardone 09 novembre 201809:39
ricostruita sulla base dei dati del satellite Goce (fonte: Kiel University/BAS) © ANSA/Ansa+CLICCA PER INGRANDIRE Sotto i ghiacci dell'Antartide si nascondono i resti di antichi continenti perduti. Li ha visti il satellite europeo Goce, che dal 2009 al 2013 ha studiato la gravità terrestre. Sono almeno tre frammenti, un tempo uniti ad Africa, Australia e India, i più antichi dei quali potrebbero avere un'età compresa tra 1 miliardo e 550 milioni di anni. Pubblicata sulla rivista Scientific Reports, la scoperta si deve all'università tedesca di Kiel e al British Antarctic Survey (Bas) e parla anche italiano con Fausto Ferraccioli, responsabile della ricerca geologica e geofisica del Bas. I ricercatori hanno analizzato i dati della missione dell'Agenzia Spaziale Europea (Esa), che ha misurato le sottili differenze di gravità da un punto all'altro della Terra con una risoluzione di 80 chilometri, e li hanno confrontati con l'andamento delle onde sismiche, che permette di radiografare l'interno del pianeta: in questo modo hanno ottenuto una mappa 3D delle placche continentali che ha aperto una finestra sulle profondità della Terra e in particolare dell'Antartide. "Queste immagini della gravità "stanno rivoluzionando la nostra capacità di studiare il continente meno conosciuto, l'Antartide", rileva Ferraccioli. Sotto l'Antartide orientale, aggiunge, "vediamo un emozionante mosaico" di frammenti di continenti perduti, chiamati 'cratoni', "che rivelano somiglianze e differenze tra la crosta sotto l'Antartide e gli altri continenti", cui i frammenti erano uniti "fino a 160 milioni di anni fa". Si è scoperto inoltre che l'Antartide occidentale ha una crosta più sottile, dello spessore compreso fra 20 e 35 chilometri, rispetto a quella dell'Antartide orientale, costituita da relitti di antichi continenti dello spessore compreso fra 40 e 60 chilometri, separati da strutture più giovani. I relitti sono almeno tre e i più antichi sono il frammento che è collegato al cosiddetto Cratone Mawson, che in passato comprendeva parti dell'Australia meridionale, e il relitto nascosto sotto La Terra della Regina Maud. I due frammenti sono separati dalla catena dei Monti Gamburtsev, sepolta sotto i ghiacci. Non è chiara, invece, l'origine del terzo frammento, posto tra il Mare di Weddell e il Polo Sud. I tre frammenti emergono solo dai dati di Goce e non dall'analisi delle onde sismiche e, scrivono i ricercatori, "rappresentano un nuovo elemento importante per studiare l'Antartide". Il risultato, rilevano gli esperti dell'Esa, potrebbe fornire indizi su come la struttura continentale dell'Antartide stia influenzando il comportamento dei ghiacciai e come il continente bianco risponderà al loro scioglimento." |
Post n°1734 pubblicato il 11 Novembre 2018 da blogtecaolivelli
FONTE: ARTICOLO ANSA Nel cuore della Terra la fabbrica degli oceaniRiserve d'acqua dall'idrogeno catturato con la nascita del Sistema Solare Redazione ANSA 10 novembre 201816:49
© ANSA/Ansa+CLICCA PER INGRANDIRE Nella Terra le riserve d'acqua potrebbero essere più abbondanti del previsto, pari a due o tre oceani. La chiave è nell'idrogeno immagazzinato nelle rocce delle viscere del pianeta. È quanto emerge dallo studio pubblicato sulla rivista Journal of Geophysical Research - Planets, condotto dal gruppo dell'Università dell'Arizona coordinato da Jun Wu. A caccia della possibile origine dell'acqua che ricopre gran parte del nostro pianeta, i ricercatori hanno studiato come si è accumulato l'idrogeno nel cuore della Terra attraverso modelli al computer e il confronto con alcune rare rocce del mantello. Secondo Wu "la maggior parte dell'idrogeno terrestre deriva dalla nube di gas e polveri da cui si è formato il Sistema Solare". Qui, per lo studioso, "si sarebbe combinato con il materiale roccioso della Terra in formazione, accumulandosi nel mantello del pianeta". L'idrogeno è, infatti, l'elemento più abbondante dell'universo. "La Terra nasconde nel suo mantello sotto forma di idrogeno l'equivalente di 2 o 3 oceani", ha spiegato all'ANSA Enrico Bonatti, geologo della Columbia University di New York. "Questo idrogeno in superficie e a bassa pressione può trasformarsi in acqua liquida o vapore acqueo. Ne sono un esempio le sorgenti idrotermali sul fondo degli oceani. Lo studio - ha aggiunto - è importante perché ci fa capire che il nostro pianeta è in equilibrio con la nebulosa cosmica da cui si è originato. L'acqua che sulla Terra è così essenziale per la vita - ha concluso Bonatti - ha un'origine primordiale e potrebbe formarsi anche in altri sistemi planetari". |
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