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Messaggi del 26/01/2019

Oumuamua...

Post n°1859 pubblicato il 26 Gennaio 2019 da blogtecaolivelli

Fonte: Le Scienze

01 ottobre 2018

Come cercare civiltà morte nel cosmo

Come cercare civiltà morte nel cosmo

Antiche civiltà ormai estinte potrebbero essere

state comuni nella nostra galassia, e le loro

reliquie tecnologiche potrebbero trovarsi ovunque.

I primi sospetti riguardano 'Oumuamua,

il misterioso (e discusso) asteroide interstellare

scoperto nel sistema solare l'anno scorsoAbraham

Loeb/Scientific American

Il tasso di crescita delle nuove tecnologie è spesso

proporzionale alle conoscenze passate, il che porta

a un avanzamento esponenziale nel tempo.

Questo processo esplosivo implica che, dopo aver

raggiunto la maturità tecnologica, una civiltà svilupperà

molto presto i mezzi per la propria distruzione per

effetto del cambiamento climatico, per esempio, o

armi nucleari, biologiche o chimiche.

Sviluppi di questo tipo, avvenuti in centinaia di anni,

apparirebbero come improvvisi nella prospettiva

cosmica di miliardi di anni. Se questa autodistruzione

fosse un fenomeno comune, potrebbe spiegare

il paradosso di Fermi (che chiede "dove sono tutti?")

e implicare che nello spazio i resti di civiltà sepolte

abbondano.

Esplorando mondi abitabili attorno ad altre stelle,

potremmo quindi trovare pianeti con superfici riarse,

megastrutture abbandonate o atmosfere ricche di

gas velenosi e nessun segno di vita. Ancora più

intrigante è la possibilità di trovare nel nostro sistema

solare relitti tecnologici che fluttuano senza un

funzionamento rilevabile, per esempio pezzi di

equipaggiamenti che hanno perso energia in

milioni di anni di viaggio e si sono trasformati

in spazzatura spaziale.

Come cercare civiltà morte nel cosmo

Science Photo Library RF / AGF

 La quantità di detriti nello spazio interstellare

dipenderebbe dall'abbondanza di civiltà

tecnologiche e dalla portata delle loro ambizioni

di esplorazione spaziale.

Grazie ai dati del satellite Kepler, sappiamo che

circa un quarto di tutte le stelle ospita un pianeta

abitabile di dimensioni terrestri. Anche se una

piccola parte di tutte le "Terre" abitabili portasse

a civiltà tecnologiche come la nostra durante la

vita delle loro stelle, nella Via Lattea potrebbe

esserci abbondanza di reperti da esplorare.

Questa opportunità offre una potenziale base

per una nuova frontiera dell'archeologia spaziale,

e cioè lo studio nello spazio delle reliquie di civiltà

passate. Invece di usare le pale per scavare nel

terreno, questa nuova frontiera sarà esplorata

usando telescopi per monitorare il cielo e "scavare"

nello spazio.

Ingenuamente, si potrebbe considerare questo

orizzonte di ricerca completamente futuristico.

Ma il dato interessante è che la prima reliquia

artificiale potrebbe essere statas

coperta l'anno scorso, quando la survey Pan STARRSsky

ha identificato il primo oggetto interstellare nel

sistema solare, 'Oumuamua. Circa un decennio

fa, l'abbondanza di asteroidi interstellari con lunghezza

dell'ordine dei chilometri come 'Oumuamua è stata

stimata estremamente piccola, rendendo questa

scoperta una sorpresa completa.

Come cercare civiltà morte nel cosmo

Illustrazione di 'Oumuamua

Inoltre, 'Oumuamua è più allungato di qualsiasi

asteroide conosciuto nel sistema solare. Ma la

cosa più intrigante è che devia dall'orbita che

ci si sarebbe aspettati basandosi sul campo

gravitazionale del Sole.

Anche se queste deviazioni possono essere

spiegate con l'effetto razzo associato al degassamento

dovuto al riscaldamento di acqua ghiacciata da

parte del Sole, dietro 'Oumuamua non c'era traccia

di una coda cometaria, e i calcoli implicano,

contrariamente alle osservazioni, che il suo periodo

di rotazione su se stesso dovrebbe essere cambiato

significativamente se fosse presente un qualsiasi

momento torcente cometario. 'Oumuamua potrebbe

avere un motore artificiale? Anche se sembra un

pezzo di roccia naturale, come indica la mancanza

di trasmissioni radio, questo oggetto è molto insolito

da molti punti di vista.

La scoperta di 'Oumumua dovrebbe spingerci a

continuare a cercare detriti interstellari nel sistema

solare. Gli oggetti interstellari potrebbero anche non

essere visitatori occasionali: una piccola parte

potrebbe essere stata intrappolata dalla "rete"

gravitazionale gettata dal Sole e da Giove.

Gli oggetti che passano abbastanza vicino a Giove

potrebbero perdere energia orbitale per effetto

della loro interazione gravitazionale e rimanere legati

al sistema solare. In effetti, un asteroide che occupa

un'orbita indicativa di questa origine, BZ509, 

è stato recentemente identificato in un'orbita

retrograda attorno a Giove.

Usare i razzi a propulsione chimica di oggi esistenti

per inseguire 'Oumumua è impossibile a causa della

sua alta velocità, ma si possono ipotizzare missioni

per atterrare su oggetti interstellari legati al sistema

solare. Sebbene siano una piccola minoranza di tutti

gli asteroidi o comete del sistema solare, la loro

origine interstellare può essere identificata in base

alle loro orbite insolite attorno a Giove o, nel caso

delle comete, attraverso la loro caratteristica (extrasolare)

abbondanza isotopica dell'ossigeno, rilevabile dalle

osservazioni spettroscopiche della coda.

Trovare prove per la spazzatura spaziale di origine

artificiale fornirebbe una risposta affermativa alla

vecchia domanda "Siamo soli?" Questo avrebbe un

impatto notevole sulla nostra cultura e aprirebbe una

nuova prospettiva cosmica al significato dell'attività

umana. Speriamo che trovando una civiltà sepolta a

causa di guerre o cambiamenti climatici ci convinceremo

a collaborare per evitare un destino simile. Ma sarebbe

ancora più significativo se le immagini radar o le fotografie

ravvicinate di una reliquia interstellare all'interno del

sistema solare mostrassero segni di una tecnologia

avanzata che la nostra civiltà non ha ancora raggiunto.

Non c'è lezione migliore da imparare di quella delle

civiltà che hanno sviluppato tecnologie avanzate

fino all'autodistruzione.

(L'originale di questo articolo è stato pubblicato su

"Scientific American" il 27 settembre 2018. Traduzione

ed editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata,

tutti i diritti riservati.)

 
 
 

Le grandi migrazioni dall'Africa

Post n°1858 pubblicato il 26 Gennaio 2019 da blogtecaolivelli

 

Fonte: le Scienze

Tremila anni fa una grande

migrazione di eurasiatici in

Africa

Tremila anni fa una grande migrazione di eurasiatici in Africa

Il 25 per cento del genoma degli abitanti dell'Africa orientale

risale ad antenati euroasiatici immigrati nel Corno d'Africa

3000 anni fa. La scoperta, realizzata grazie al sequenziamento

del genoma di un antico etiope vissuto 4500 anni fa, dimostra

che quel successivo flusso migratorio fu molto più imponente

di quanto finora supposto(red)

Fu decisamente più imponente di quanto si pensava il flusso

immigratorio di popolazioni euroasiatiche che circa 3000 anni

fa si riversò nel Corno d'Africa, e del quale finora c'erano solo

alcune testimonianze archeologiche. Quel flusso fu così significativo

che oggi il 25 per cento delle popolazioni dell'Africa orientale ha

antenati eurasiatici. A stabilirlo è uno studio realizzato da un gruppo

internazionale di ricercatori che firmano un articolo pubblicato su "Science".


Tremila anni fa una grande migrazione di eurasiatici in Africa

Qui e nell'immagine di apertura due scorci della grotta in cui sono stati

trovati i resti di "Mota". (Cortesia Kathryn and John Arthur)La portata

di quel lontano evento migratorio è stata compresa grazie al ritrovamento

in una grotta dell'altopiano etiopico meridionale, la Mota Cave, dei resti

fossili di un maschio adulto (soprannominato Mota) vissuto circa 4500

anni fa. I resti erano conservati abbastanza bene da poterne estrarre e

sequenziare completamente il DNA, un evento eccezionale perché, a

causa del clima, in genere i resti fossili degli antichi abitanti dell'Africa

sono troppo degradati per eseguire analisi così complete.

I ricercatori hanno scoperto che nel DNA di Mota non vi era alcuna

traccia dei marcatori genetici tipici delle popolazioni eurasiatiche.

Questo ha permesso di definire com'era l'originario patrimonio genetico

delle popolazioni dell'Africa orientale, prima che, circa 3000 anni fa,

nel Corno d'Africa immigrassero alcune popolazioni euroasiatiche.

Queste popolazioni eurasiatiche erano dello stesso ceppo di quelle che,

4000 anni prima, avevano alimentato l'espansione neolitica dal Vicino

Oriente verso l'Europa, dove avevano presumibilmente portato l'agricoltura. 

Confrontando l'antico genoma di Mota con quello degli africani moderni,

i ricercatori hanno stabilito che le migrazioni di 3000 anni fa furono molto

più imponenti di quanto si pensava, tanto che le odierne popolazioni

dell'Africa orientale hanno fino al 25 per cento di antenati eurasiatici.

Ma non solo: il flusso genico raggiunse tutti gli angoli del continente,

e si può stimare che in tutte le popolazioni africane odierne almeno il

5 per cento del genoma sia riconducibile a quella migrazione eurasiatica.

La causa di questa immigrazione di tribù eurasiatiche in Africa è ancora

ignota, ma i ricercatori ipotizzano che sia stata legata a fattori climatici.

Dati archeologici la collegano inoltre con l'arrivo in Africa orientale di

colture già affermate nel Vicino Oriente come grano e orzo, suggerendo

che i migranti abbiano contribuito a sviluppare nuove forme di agricoltura

nella regione.

I ricercatori hanno poi cercato di individuare le popolazioni odierne

più imparentate con quegli antichi migranti euroasiatici, scoprendo che,

mentre il patrimonio genetico degli abitanti del Vicino Oriente ha subito

drastici cambiamenti nel corso degli ultimi mille anni, in Europa una

popolazione è rimasta abbastanza isolata da avere un genoma ancora molto

simile a quello di quei migranti di 3000 anni fa.

Potrà sorprendere, ma quella popolazione si trova in Italia: sono i sardi.

In effetti, spiega Eppie R. Jones, che ha partecipato alla ricerca, per gli

antichi migranti giunti in Sardegna, l'isolamento dell'isola ha funzionato

un po' come una capsula del tempo.

 
 
 

Ascesa e declino di Qatna...

Post n°1857 pubblicato il 26 Gennaio 2019 da blogtecaolivelli

Fonte: Le Scienze

Ascesa e declino di Qatna

Un'icona vecchia di 4000 anni permette di

retrodatare di un millennio l'origine dei culti

religiosi in America

Un team di archeologi ha scoperto in Perù

un frammento di zucca vecchio di 4000 anni

che riporta un'immagine arcaica del Dio del

Bastone, che fu per millenni la principale

divinità del continente sudamericano. "Come

la croce cristiana, - spiega Jonathan Haas,

antropologo del Field Museum di Chicago -

il Dio del Bastone è un'icona religiosa ben 

riconoscibile. Questa sembrerebbe essere

l'immagine religiosa più antica mai identificata

nelle Americhe. Essa indica che la religione

organizzata esisteva nelle Ande più di 1000

anni prima di quanto si ritenesse in precedenza".

Il frammento è stato rinvenuto da membri del

Proyecto Arqueológico Norte Chico lungo le

coste del Perù, nella valle del fiume Patavilca,

circa 200 chilometri a nord di Lima, mentre erano

impegnati a raccogliere artefatti in superficie

presso un cimitero saccheggiato. Il frammento,

che una volta faceva parte di un vaso di zucca,

è stato datato con il radiocarbonio e risale al

2250 avanti Cristo. Sul numero di maggio-giugno

della rivista "Archaelogy" sarà pubblicata una

descrizione dell'immagine scoperta. Secondo

l'archeologo Alvaro Ruiz, "il Dio, noto anche

come Dios de los Baculos, è un motivo iconico

con una lunga e vasta storia che attraversa

molte culture andine. La figura è di solito

raffigurata vista di fronte, con una bocca fornita

di zanne e piedi aperti. Sulla testa o sui vestiti

sono spesso presenti serpenti. Inoltre, la divinità

tiene un bastone con una o con entrambe le mani,

da cui il suo nome". L'immagine sul frammento

trovato, incisa e dipinta, è di stile semplice e arcaico

ma presenta tutte queste caratteristiche.

La figura ha le zanne, il suo braccio sinistro sembra

terminare in una testa di serpente, e quello destro

 regge un bastone. Un'immagine simile, dipinta

su un secondo frammento di zucca proveniente

da un cimitero vicino, rappresenta la stessa figura

o una molto simile. La regione di Norte Chico era

densamente popolata fra il 2600 e il 2000 avanti

Cristo, e sembra essere stata la dimora ancestrale

della civiltà andina culminata 3500 anni dopo con

gli Inca.

 
 
 

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