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Messaggi del 20/02/2019
Post n°1954 pubblicato il 20 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli
Fonte: Supereva. Articolo PUBBLICATO IL 31 LUGLIO 2018 Dal Medioevo in poi, la Santa Inquisizione ha fatto strage di donne ritenute essere streghe. Eppure i poveri resti di queste sventurate raramente vengono riportati alla luce. Qualche giorno fa, è giunta la notizia del sensazionale ritrovamento del luogo di sepoltura di una ragazza probabilmente accusata di stregoneria e per questo forse giustiziata e inumata in maniera inconsueta. La tomba si trova in un villaggio dell'Ucraina centrale, Leghedzino, risale al III-IV secolo dopo Cristo e si è conservata molto bene: lo scheletro al suo interno è quello di una donna di circa 25 anni, sepolta a faccia in giù e con le mani legate dietro la schiena, senza nemmeno il conforto di un minimo corredo funebre. Questo tipo di inumazione così raro, fa propendere gli antropologi del locale Museo di Storia Naturale per l'ìpotesi che si tratti appunto dei resti di una strega: in Germania, vicino a Zeitz, era stata ritrovata una necropoli di 1500 anni fa, in cui era sepolta un'adolescente a faccia in giù, con le mani legate ed una pesante sbarra di ferro sulla schiena, come per impedirle perfino di "resuscitare". Anche a Fife, in Scozia, la presunta anziana fattucchiera del 1700 Lilias Adie, che confessò di essere stata circuita dal diavolo in persona, venne invece deposta nel fango, con sopra una pesantissima lastra di pietra, che non le avrebbe permesso di tornare tra i vivi. In provincia di Livorno, invece, è stata ritrovata una donna sepolta con sette chiodi in bocca e con segni sul corpo di una possibile crocifissione "nel terreno", probabile conseguenza di un violento esorcismo. Diversi altri pezzi di ferro appuntiti ne martoriavano il cadavere, affinché rimanesse inchiodata per l'eternità alla sua tomba nel Parco Archeologico di Baratti e Populonia. |
Post n°1953 pubblicato il 20 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli
Fonte: Internet Dall'altissima rocca a 1.460 metri s.l.m., in provincia dell'Aquila, si può ammirare una delle vedute più spettacolari dell'Appennino In Abruzzo c'è una rocca famosa per essere la più alta d'Italia. Si tratta diRocca Calascio e si trova nel territorio del comune di Calascio, in provincia dell'Aquila, all'interno del Parco Nazionale del Gran Sasso eMonti della Laga. La rocca sorge ad un'altitudine di 1.460 metri sul livello del mare e da lì si può ammirare una delle vedute più spettacolari dell'Appennino, con alle spalle la catena del Gran Sasso d'Italia e l'altopiano di Campo Imperatoree davanti la Maiella e la catena del Sirente-Velino, riuscendo a scorgere in lontananza anche la Conca Peligna.Rocca Calascio è tra i siti più elevati della rete di castelli, fortificazioni e torri che, durante il medioevo, garantivano la protezione del territorio e facilitavano le comunicazioni in tutto il Centro Italia. Il castello, che domina la Valle del Tirino e l'Altopiano di Navelli, e si trova a poca distanza dalla piana di Campo Imperatore, era utilizzato nell'antichità come punto d'osservazione militare, per la sua posizione molto elevata. La fondazione della rocca risalirebbe addirittura all'anno Mille, anche se il primo documento storico che ne attesta la presenza è datato 1380. Nel 1500, insieme al borgo di Santo Stefano di Sessanio, Rocca Calascio diventò possedimento della famiglia dei Medici, fino al terremoto del 1703. Fortunatamente, i restauri conservativi, eseguiti tra il 1986 ed il 1989, hanno consentito il recupero architettonico e funzionale della struttura, diventata una delle principali attrazioni turistiche in Italia.A partire dagli anni Ottanta, la rocca è stata scelta come ambientazione di film celebri, tra cui "Lady Hawke" e "Il nome della rosa", e di recente è stato il set per la serie della Rai "Padre Pio" e di alcune alcune scene del film "The American" con George Clooney. Oggi è possibile visitare il castello gratuitamente, passando per l'affascinante borgo medioevale sottostante, abbandonato nel corso del XX secolo. Rocca Calascio è una meta turistica molto frequentata, anche grazie al"Rifugio della Rocca", situato proprio sotto l'antica torre di guardia, che propone soggiorni in camere ed appartamenti dell'albergo diffuso, ricavati negli antichi ruderi del borgo.Poco distante dal castello, circondati da un paesaggio mozzafiato, si può ammirare la suggestiva Chiesa di S. Maria della Pietà, altra imperdibile attrazione della rocca più alta d'Italia. |
Post n°1952 pubblicato il 20 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli
Fonte: Internet Il sito archeologico di Baia era la Montecarlo dell'Impero RomanoAffacciata sul Golfo di Pozzuoli, i Romani venivano qui per godere della brezza marina e delle terapeutiche acque delle grotte termaliC'era un tempo in cui Baia era considerata la Montecarlo dell'Antica Roma. Una città ricca, un luogo di lusso e divertimento, dove i patrizi, stanchi dalle lunghe battaglie, venivano a riposarsi e a soggiornare. Affacciata sul Golfo di Pozzuoli, i Romani venivano qui per godere della brezza marina e delle terapeutiche acque delle grotte termali. Qui c'erano ville meravigliose, bagni terapeutici e tantissime costruzioni di cui restano preziose vestigia. Oggi il complesso archeologico di Baia è un'area situata nella frazione di Bacoli, nell'area dei Campi Flegrei. Dello splendore del luogo oggi rimane soltanto quella che, allora, era la zona collinare della città. Il resto è celato sotto il mare. Se la maggior parte dei turisti va in Campania per visitare Pompei, forse dovrebbe prendere in considerazione di andare a Baia: sicuramente troverà meno coda all'ingresso e lo stupore non sarà da meno.Dall'antica città restano alcuni edifici e cupole, come quella delTempio di Diana, del Tempio di Mercurio e di quello di Venere. Non si trattava di luoghi di culto, bensì di strutture ternali. Le cupole servivano proprio per raccogliere i vapori provenienti dal suolo caldo.Il Tempio di Mercurio fungeva da frigidarium, quindi per i bagni di acqua fredda. Doveva essere spettacolare, invece, il Tempio di Venere: da quel che è possibile scorgere tuttora, aveva una pianta ottagonale con ampie finestre e all'interno correva un unico ballatoio affacciato sulla grande piscina. Nelle antiche terme ci si può ancora immergere. Tra le più popolari ci sono le Stufe di Nerone, delle stufe naturali, vere e proprie saune all'interno di piccole grotte. L'ambiente, riscaldato dalle acque termali sottostanti e da emissioni di vapore prodotto dall'attività vulcanica, raggiunge una temperatura di circa 53°C. Fanno molto bene per la cura delle malattie delle vie respiratorie, per i reumatismi, l'artrosi e per chi ha problemi di pelle. Dirigendosi verso il mare, in una posiziona panoramica mozzafiato, s'incontra la Villa dell'ambulatio, con diverse terrazze collegate tra loro da un complesso di scale, l'ultima delle quali conduce al Settore di Mercurio. Delimitato da due scale parallele si trova il Tempio di Sosandra, che prende il nome da una statua di Afrodite Sosandra rinvenuta nel 1953 e che oggi è esposta nel Museo Nazionale di Napoli. invece, il ninfeo di Punta Epitaffio ovvero una sala per banchetti risalente all'epoca dell'Imperatore Claudio, le cui opere scultoree sono state trasferite nel Museo archeologico dei Campi Flegrei allestito nel Castello Aragonese. Nascosti sotto il mare ci sono anche i resti dei porti commerciali di Baia (Lacus Baianus) e il Portus Julius, mentre più a Nord aveva sede il porto di Capo Miseno, dove attraccava la flotta imperiale Romana al ritorno dalle imprese belliche. Qui sotto, a 5 metri dalla superficie del mare, si intravedono mosaici, affreschi, sculture, tracciati stradali e colonne, ormai inglobati in un habitat marino da anemoni, stelle marine e branchi di castagnole. La zona sommersa di Baia è un'area marina protetta e conserva parecchi reperti archeologici. |
Post n°1951 pubblicato il 20 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli
Fonte: Internet Da più di 500 anni a Cosenza cresce profumato e rigoglioso il limone Igp, orgoglio di Rocca Imperiale e protagonista delle ricette calabresi Giallo intenso, profumo avvolgente, gusto deciso. Il limone Igp coltivato aRocca Imperiale, nel cuore della Calabria, è uno degli agrumi più apprezzati del Sud Italia. Coltivato da secoli, fin dal Rinascimento è conosciuto come limone "Antico" o "Nostrano di Rocca Imperiale". Il nome "Limone di Rocca Imperiale" ha visto i natali nel 2001 quando i coltivatori di limoni del paesino calabrese si sono riuniti in un consorzioper tutelare il tesoro giallo. Un'unità decisamente fruttuosa che ha portato poi nel 2011, a dieci anni di distanza, al riconoscimento dell'IGP, l'indicazione geografica protetta che tutela e valorizza il luogo di origine dove crescono, rigogliosi, i frutti profumati dal colore dorato. Alberi di limone a perdita d'occhio conferiscono al paesaggio della zona calabrese un aspetto peculiare, qui il gradiente di giallo domina sulla veduta circostante. L'area dove si trova il Comune di Rocca Imperiale è particolarmente favorevole per la crescita dei limoni, le piogge adeguate, la buona qualità del terreno e l'ottima permeabilità del suolo, senza dimenticare la buona disponibilità delle falde acquifere del Pollino conferiscono il mosaico perfetto per la crescita di questi bellissimi frutti. Le Terre dei limoni di Rocca Imperiale sono protette dalle colline a ovest, a nord e a sud, mentre da sud est subiscono il positivo effetto dell'azione mitigatrice del mare. Una combinazione geografica che permette ai meravigliosi alberi di limoni di crescere sani e robusti e ricolmi di frutti. Pieno di succo, dalla forma allungata e il sapore molto gradevole, il limone calabrese è quasi completamente privo di semi, dall'aroma inimitabile e dal peso medio tra i 100 e i 200 grammi. Le prime attestazione storiche che parlano del limone disseminato in provincia di Cosenza risalgono al diciassettesimo secolo. Non ci sono molte informazioni antiche su questa piccolo tesoro giallo e ciò si spiega a causa del notevole isolamento in cui centri agricoli come quello di Rocca Imperiale erano immersi. Né venditori né acquirenti erano soliti conservare documentazioni sugli acquisti e sulle vendite, per poter ricordare e memorizzare la quantità di frutti comprati o venduti erano soliti fare un piccolo segno su un asse di legno ad ogni operazione di compravendita |
Post n°1950 pubblicato il 20 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli
Fonte: Internet PUBBLICATO IL 15 MAGGIO 2018 Il mistero dell'enorme palla ritrovata in Bosnia Nel marzo 2016, in Bosnia, è stata fatta una scoperta che ha dell'incredibile: è stata trovata, infatti, nel villaggio di Podubravlje, una sfera di pietra gigante.La sfera, scoperta per metà e per l'altra metà conficcata nella terra, ha un raggio che, a detta dei risultati preliminari degli studi fatti su di essa, è di circa 1,2 - 1,5 metri.I materiali di cui è fatta non sono ancora stati esaminati ma, considerata la sua colorazione rossastra e marrone, si pensa che abbia al suo interno un elevato contenuto di ferro.Ciò ha permesso di fare delle stime approssimative sulla sua massa, che dovrebbe aggirarsi attorno alle 30 tonnellate. Ciò che rende unica questa scoperta è il fatto che potrebbe testimoniare che il sud dell'Europa, i Balcani e la Bosnia in particolare, sono stati culla di civiltà avanzate di un passato lontano di cui non si hanno testimonianze scritte.La sfera, inoltre, testimonierebbe che questi popoli maneggiavano una tecnologia avanzata, in quanto quella sferica è una di quelle geometriche più difficili da realizzare, assieme a quella piramidale e a quella conica.Qualora fosse stata fatta a mano, inoltre, sarebbe la sfera più grande mai realizzata dall'uomo mai trovata.Un docente della University of Manchester School of Earth, Atmospheric and Environmental Sciences, però, ha un'altra interpretazione.Secondo lui, infatti, l a sfera è un esempio di concrezione, ossia la formazione di una massa compatta di roccia dovuta a fenomeni naturali.Quale sarà la verità? Solo il tempo potrà dircelo! |
Post n°1949 pubblicato il 20 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli
Fonte: VIRGILIO CURIOSITÀ PUBBLICATO IL 06 FEBBRAIO 2019 di sconcertanti strutture a forma di aquilone o ruota, sono circa 400, costruite in pietra, grosse come campi da calcio, situate in Arabia Saudita ad Harrat Khaybar, uno dei numerosi campi vulcanici sparsi nella penisola arabica. L'identificazione di queste cosiddette "strutture" è incerta, si ipotizza che alcune risalgano a 9.000 anni fa. Una prima prova registrata risale al 1927 quando il tenente della Royal Air Force Percy Maitland pubblicò un articolo riguardo a queste rovine sulla rivista Antiquity, riportando che le aveva sorvolate in un'area lavica e che, insieme ad altre strutture di pietra, erano chiamate dai beduini "opere degli uomini antichi". Oggi, visti dallo spazio, hanno un aspetto lunare o addirittura marziano: piccole colline vulcaniche, laghi di lava congelati e pozzi generati esplosivamente come crateri. Diversi studiosi le hanno paragonate a dei geroglifici come le Linee di Nazca. Il geroglifico è un segno molto ampio ricavato manualmente su una superficie, quindi, anche la funzione di queste misteriose strutture potrebbe essere simile a quella degli enigmatici disegni ritrovati nel deserto peruviano. Inoltre, se si considera che i cerchi di pietre erano un luogo sacro di preghiera per gli antichi, si può supporre avessero una funzione religiosa. Tesi avvalorata anche da Huw Groucutt, un borsista presso la Scuola di Archeologia dell'Università di Oxford, il quale non vede "alcun chiaro scopo funzionale" perciò ipotizza che siano siti dove si svolgevano attività rituali. La verità è che non se ne viene a capo: diverse ipotesi non collimano. E soprattutto c'è scarsa attenzione rispetto ad altri siti archeologici sparsi per il mondo.
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Post n°1948 pubblicato il 20 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli
Fonte: Internet Nella frazione di Borzone del piccolo comune di Borzonasca si trova un grande volto umano scolpito nella roccia. Tanti i misteri e le supposizioni che lo avvolgono Alto sette metri, semi nascosto dalla vegetazione e avvolto dal mistero: si tratta del volto megalitico di Borzone, frazione del piccolo comune di Borzonasca in provincia di Genova. Scolpito su una roccia è stato scoperto solamente nel 1965 e viene considerata la scultura rupestre più grande d'Italia e d'Europa. Leteorie e i misteri sulla sua realizzazione sono molti. Tra le tante ipotesi vi è quella che sostiene si tratti di una realizzazione risalente al Paleolitico Superiore, il paragone infatti è con i menhir con fattezze umane. Un'altra teoria lo colloca in un ambito ancora più particolare, secondo alcuni studi si potrebbe paragonare con il volto che si intravede sullaSindone di Torino. In questo caso gli autori sarebbero stati i monaci Benedettini che abitavano l'abbazia di Sant'Andrea di Borzone, che si trova nella vicinanze. Pare che fosse stato realizzato per convertire gli abitanti della valle del Penna e che i monaci vi si recassero una volta all'anno in preghiera. Ma le supposizioni non si fermano qui, recenti ricerche suggeriscono infatti nuove ipotesi. A scriverlo su Facebook è stato lo stesso comune di Borzonasca dove questo volto così ricco di mistero ha sede. L'ultima idea è che possa trattarsi di un'opera realizzata da un artista, a fornire la nuova chiave di lettura le ricerche dell'architetto parmense Andrea Pacciani. L'architetto ha supposto che l'opera possa essere stata realizzata dall'artista genovese Francesco Borzone che è vissuto nel corso del Seicento, oppure che lui avesse tratto ispirazione per le sue opere proprio dalla scultura rupestre. Ma perché tanta attenzione? Perché l'origine, l'epoca e la paternità di questo volto imponente sono ancora oggi incerte, anche se sono in molti a credere che si tratti del volto di Cristo. Tante ipotesi diverse che si susseguono e fanno osservare il volto megalitico di Borzone ogni volta con occhi diversi. A partire dal sesso: si tratta di un uomo o di una donna? È stato riprodotto il volto di Cristo dai monaci e i segni che si vedono sulla fronte sono un richiamo alla corona di spine? Oppure è l'opera di un'artista? Domande alle quali solo il tempo e ulteriori studi potranno dare una risposta. Forse. |
Post n°1947 pubblicato il 20 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli
Fonte: Internet La scultura più famosa al mondo alimenta da secoli leggende popolari sulla figura del committente, Raimondo di Sangro. Ma un documento svela l'arcano Fin dal Settecento, il Cristo Velato custodito nella Cappella Sansevero diNapoli attira estimatori e turisti da ogni parte del mondo, soprattutto per l'incredibile trasparenza del sudario che da secoli ha alimentato numerose leggende sul committente della scultura. Realizzata nel 1753, l'opera è considerata uno dei maggiori capolavori scultorei mondiali, tanto che Antonio Canova dichiarò che sarebbe stato disposto a dare persino dieci anni della propria vita pur di essere stato l'autore di una simile meraviglia. A rendere il Cristo Velato una scultura unica nel suo genere è soprattutto l'incredibile trasparenza del sudario. Nel corso dei secoli, la prodigiosa tessitura del velo marmoreo, che lascia stupiti osservatori e studiosi, è stata avvolta nel più fitto mistero. Stando ad una leggenda popolare, il committente dell'opera, Raimondo di Sangro, settimo principe di Sansevero, nonché famoso scienziato e alchimista, avrebbe insegnato allo scultore la calcificazione del tessuto in cristalli di marmo. Per oltre duecentocinquant'anni, si è erroneamente creduto che l'incredibile trasparenza del sudario fosse dunque il frutto di un processo alchemico di "marmorizzazione", effettuato dal principe che avrebbe adagiato sulla statua un vero e proprio velo che nel tempo si sarebbe marmorizzato attraverso un processo chimico, dando vita all'opera d'arte così come la conosciamo oggi. Studi scrupolosi, insieme ai vari documenti coevi alla realizzazione del Cristo Velato, hanno però svelato il mistero: Giuseppe Sanmartino avrebbe in realtà lavorato su un unico blocco di marmo. In un documento, datato 16 dicembre 1752 e conservato presso l'Archivio Storico del Banco di Napoli, è riportato un acconto di cinquanta ducati a favore dell'artista napoletano, firmato da Raimondo di Sangro (il costo complessivo della statua ammonterà a cinquecento ducati). Nel contratto, il principe scrive: "E per me gli suddetti ducati cinquanta gli pagarete al Magnifico Giuseppe Sanmartino in conto della statua di Nostro Signore morto coperta da un velo ancor di marmo". Inoltre, in alcune lettere spedite al fisico Jean-Antoine Nollet e all'accademico della Crusca Giovanni Giraldi, Raimondo di Sangro descrive il sudario trasparente come "realizzato dallo stesso blocco della statua", mentre più in là il biografo settecentesco del principe, Giangiuseppe Origlia, avrebbe specificato che il Cristo è "tutto ricoverto d'un lenzuolo di velo trasparente dello stesso marmo". La leggenda, però, è ancora dura a morire e tutt'oggi l'incredibile trasparenza del sudario non fa che alimentarla. |
Post n°1946 pubblicato il 20 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli
Fonte: Internet Alla scoperta dei 7 segreti di NapoliIl sole, il mare, la pizza, sono solo una riduttiva lista delle bellezze di NapoliIl sole, il mare, la pizza, sono solo una riduttiva lista delle bellezze di Napoli. Non tutti sanno infatti, che la città partenopea è una ricchissima città d'arte, cultura e storia le cui radici risalgono all'VIII secolo a.c. Ancora oggi è possibile trovare traccia di ogni civiltà che è passata a Napoli: dai Greci ai Romani, dai Bizantini ai Normanni, dagli Svevi agli Angioini, dagli Aragonesi agli Spagnoli passando per i Francesi. Ma accanto ai monumenti più famosi come il Maschio Angioino, l'Albergo dei Poveri, la Galleria Umberto I, la Reggia di Capodimonte, il Real Teatro di San Carlo (solo per citarne qualcuno) esiste anche una Napoli ricca di segreti, poco conosciuti ma dal fascino irresistibile. Ne abbiamo scelti 7, che vi sveliamo di seguito... I tunnel sotterranei Nel cuore del centro storico, in Piazza San Gaetano, si trova l'ingresso alla Napoli sotterranea un vero e proprio dedalo di cuniculi che si snodano sotto la città. In una sorta di città sotto la città, è possibile ammirare i resti dell'antico acquedotto greco-romano, dei rifugi antiaerei della Seconda Guerra Mondiale, un antico Teatro greco-romano e tracce di manufatti risalenti all'era preistorica. Le "gradonate" e le "pedamentine"
oltre 200 scale che dal mare vi condurranno alla collina. Nell'antichità erano considerate un vero e proprio sistema viario in grado di collegare i vari punti della città. Cadute in disuso oggi sono state recuperate ed è possibile percorrerle in tutta la loro bellezza. Lo scalone monumentale di Montesanto, la Pedamentina di San Martino, il Petraio, le scale di Santa Maria Apparente sono solo alcune delle maestose scalinate di cui Napoli è ricca. La Cappella di San Severo e il Cristo Velato
cui interno si trova una dei più bei monumenti di Napoli, il Cristo velato realizzato dall'artista napoletano Giuseppe San Martino. Ma non è tutto. Nella stessa chiesa è possibile ammirare la statua del Disinganno, realizzata dallo scultore genovese Francesco Queirolo, rappresenta un uomo avvolto da una rete. A questa statua è legato il mistero del principe Raimondo di Sangro, secondo cui era in grado di tramutare la stoffa in marmo. La sedia di Santa Maria Francesca delle 5 piaghe
antichi palazzi si trova una piccola casa che una volta era l'abitazione di Santa Maria Francesca delle 5 piaghe, una suora napoletana, al cui interno vi è un piccolo Santuario a lei dedicato. Salendo delle ripide e piccole scale, si sale a quella che fu la sua dimora. In una stanza, si trova la famosa sedia di Santa Maria Francesca, detta anche sedia della fecondità, meta ogni anno di miglia di donne che rivolgono una preghiera alla Santa al fine di ottenere la sua intercessione per ottenere una gravidanza. Il Museo Anatomico
anatomico fondato verso la fine del '700 dall'anatomista Domenico Cotugno. Oggi al suo interno oggi è possibile ammirare strumenti chirurgici dell'epoca, rari testi di medicina oltre alle pietrificazioni di Efisio Marini. Cosa sono le pietrificazioni? Interi corpi umani conservati in perfetto stato. La Chiesa di S. Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco
Chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco risalente agli inizi del 1600. Nella zona inferiore della chiesa, sono custodite le ossa dei morti di peste e di indigenti bisognosi di sepoltura. Ancora oggi è possibile vedere dei corpi appesi alle pareti con dei ganci per favorire la perdita dei liquidi del corpo e favorire il processo di mummificazione. Ma la curiosità più grande è rappresentata dal miracoloso teschio di Lucia, una ragazza morta di tisi a soli 16 anni e che oggi è considerata la "protettrice" delle donne che non riescono a trovare marito o impossibilitate ad avere figli. Il Parco della tomba di Virgilio
Parco Vergiliano, è possibile visitare la tomba di Virgilio - il più grande poeta romano - dove è possibile leggere il seguente epitaffio: "Mantova mi generò, la Calabria mi rapì, e ora mi tiene Napoli"; oltre alla tomba di Giacomo Leopardi. A questo parco è legata una curiosa leggenda secondo cui Virgilio ritrovò una bottiglia nella quale erano imprigionati dodici diavoli che, in cambio della libertà, gli insegnarono tutti i segreti delle arti magiche. Infatti Virgilio, secondo la tradizione era considerato anche un mago. |
Post n°1945 pubblicato il 20 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli
Fonte: Internet Dal 2006 sono nella "tentative list" dei siti italiani candidati a diventare patrimonio Unesco, ma ora il sindaco accelera e il responso per i portici di Bologna dovrebbe arrivare nel 2021 Portici di Bologna patrimonio Unesco: continua il procedimento per la candidatura di queste opere architettoniche all'organizzazione delle Nazioni Unite. Anzi accelera, perché il sindaco Virginio Merola ha costituito il gruppo di lavoro tecnico che avrà il compito di scrivere il dossier. Questa documentazione in due anni dovrà portare, prima, alla candidatura e poi alla decisione finale del Consiglio Internazionale dei Monumenti e dei Siti di Parigi. Sono 42 i chilometri di portici cittadini che puntano a questo riconoscimento, mentre è dal 2006 che sono inseriti nella "tentative list" italiana con altri siti candidati a diventare patrimonio mondiale Unesco. Ora si può arrivare alla fase finale di valutazione e per farlo il Comune diBologna ha richiesto la consulenza alla Links Foundation, ovvero una realtà no profit che è specializzata (tra le tante altre cose) anche nella redazione di questa tipologia di documenti. Una versione preliminare del dossier verrà consegnata al Consiglio di Parigi a settembre 2019, mentre quella definitiva sarà datata febbraio 2020. Il responso dovrebbe arrivare a febbraio dell'anno successivo, il 2021. È importante sapere che l'Italia, essendo il Paese al mondo con il maggior numero di siti Unesco (54 tra più famosi e meno conosciuti), non può presentare più di una candidatura all'anno. Dei dieci criteri che vengono valutati per l'inclusione, sono in particolare due su cui sta lavorando il Comune, come riporta il sito cittadino. Uno è quello secondo il quale si deve mostrare il ruolo di interscambio di valori umani, in un arco temporale lungo o dentro un'area culturale, sugli sviluppi di architettura, tecnologia, arti monumentali, pianificazione urbana e disegno del paesaggio. L'altro vuole che costituiscano un esempio straordinario di una tipologia edilizia, insieme architettonico o tecnologico, oppure di un paesaggio, che illustri fasi della storia umana. Inoltre il Comune è al lavoro anche per la definizione di "Eccezionale Valore Universale". Il sindaco nella sua newsletter settimanale ha posto l'accento proprio sull'obiettivo Unesco: "È ormai pienamente avviata la macchina della candidatura - ha scritto -. Non molliamo la presa, forti anche del lavoro fatto nel precedente mandato. Ho costituito un gruppo di lavoro tecnico. Per il 2021 contiamo di sapere se uno dei simboli di Bologna, 42 di chilometri di portici di diverse epoche storiche, avrà questo prestigioso riconoscimento". |
Post n°1944 pubblicato il 20 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli
Bologna è la città dei portici per antonomasia. Nel capoluogo felsineo, i porticati misurano complessivamente più di 38 chilometri, contando solo quelli nel centro storico, che arrivano a 53 km se si aggiungono quelli fuori porta. Bologna. Per la loro importanza artistico-culturale, i portici bolognesi sono stati inseriti nel 2006 nella "Tentative List" italiana dei siti candidati a diventare Patrimonio dell'Umanità UNESCO. Qui troviamo portici da record, a partire da quello di San Luca, che con i suoi 3.796 metri di lunghezza e le sue splendidi 666 arcate è il più lungo del mondo. Ma come sono nati i portici che hanno reso il capoluogo felsineo famoso in tutto il mondo? La prima testimonianza di questo straordinario patrimonio architettonico risale all'anno 1041. L'Università di Bologna attirava in città moltissimi studenti e accademici, ma il forte incremento della popolazione era dovuto anche all'immigrazione dalle campagne vicine. Ben presto, si dovette far fronte ad una vera e propria emergenza abitativa, e si sentì l'esigenza di inventarsi un nuovo spazio urbano. Così, i cittadini decisero di aumentare la cubatura delle proprie case, ampliando i piani superiori con la creazione di sporti in legno sorretti dal prolungamento delle travi portanti del solaio e, in caso di forte sporgenza, da mensole dette"beccadelli". Con il passare del tempo, gli sporti aumentarono in grandezza, per cui fu necessario costruire colonne di sostegno dal basso, che ne impedissero il crollo. Fu così che nacquero i portici. Da subito i bolognesi compresero la grande utilità di queste opere architettoniche, che offrivano riparo dal sole e dalle intemperie, permettendo a cittadini e turisti di attraversare la città con qualsiasi condizione atmosferica. I portici favorirono anche l'espansione di attività commerciali e artigiane, oltre a rendere più abitabili i pianterreni, isolandoli dalla sporcizia delle strade. Nel 1288, il Comune di Bologna stabilì che tutte le case nuove dovessero essere costruite con il portico in muratura, mentre quelle già esistenti che ne fossero state prive erano tenute ad aggiungerlo. Tuttavia, nella città felsinea sopravvivono oggi ben otto portici in legno. Di questi, un celebre esempio è Casa Isolani, in strada Maggiore, risalente al XIII secolo, insieme all'elegante Casa Grassi in via Marsala e a Casa Rampionesi, in via del Carro. Risalgono invece al Trecento Casa Azzoguidi-Rubini, in via S.Niccolò, Casa Seracchioli al principio di via S.Stefano, fino all'ex orfanotrofio di via Begatto, mentre il più giovane portico ligneo è quello di via Gombruti 17, realizzato nel XV secolo. |
Post n°1943 pubblicato il 20 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli
Fonte: Internet A Sant'Agata Feltria, in provincia di Rimini, c'è la Rocca delle Fiabe, il castello che ospita il museo dedicato ai personaggi fiabeschi In provincia di Rimini c'è un castello fatato dove le fiabe sono di casa, letteralmente. Sant'Agata Feltria, appartenente alla comunità montana Alta Valmerecchia, è diventata a tutti gli effetti la capitale italiana delle fiabe. Presso il castello di Rocca Fregoso è stato allestito un museo interattivo dove le più belle storie frutto del patrimonio favolistico italiano prendono vita. Ideata dal professor Antonio Faeti, professore di storia della letteratura per l'infanzia presso il dipartimento di scienze dell'educazione dell'Università di Bologna, la Rocca delle Fiabe si propone come una roccaforte che si prefigge l'obiettivo di salvaguardare dall'oblio le fiabe che hanno intrattenuto nei secoli intere generazioni di fanciulli e che le moderne tecnologie e la massiccia pervasività dei mass-media rischiano di far dimenticare. Una capitale del fiabesco di cui si sentiva fortemente la mancanza che si sviluppa attraverso quattro temi principali ospitate in altrettante stanze ricolme di libri, video, illustrazioni e scritti tutti finalizzati a sorprendere e rapire l'animo dei bambini e dei fanciullini adulti amanti delle fiabe. Navi corsare, galeoni che solcano oceani, mongolfiere, locomotive a vapore sono i mezzi che sviluppano il tema del viaggiatore incantato con protagonisti d'eccezione come il Piccolo Principe e Corto Maltese.Scarpe, scarpine, scarpette, al secondo piano, approfondisce il tema dellefanciulle perseguitate nella storia delle fiabe, come Cenerentola o la Bella Addormentata nel bosco. In una stanza si ricordano tutte le angherie subite da Cenerentola, vessata dalla matrigna e dalle sorelle cattive per poi ottenere il proprio riscatto nella sala successiva, una bellissima sala da ballo, ricolma di luci e profumi inebrianti, dove la protagonista di una delle fiabe più appezzate di tutti i tempi balla con il suo principe a poca distanza da una teca che custodisce la scarpetta di cristallo, della collezione Ferragamo, che ricorda il celebre momento del riconoscimento del principe della sua amata. Il solitario castellano, altra area tematica tratta il tema del re che si rinchiude, protetto dalla propria smania ed individualismo, tra le mura del proprio castello. Un'ultima stanza, ancora in fase di allestimento, avrà come tema i "fanciulli nella foresta" dedicata ai piccoli protagonisti delle fiabe, come Mowgli e Peter Pan. Castello ricco di fascino e magia, tra le stanze della Rocca Fregoso aleggiano più di mille anni di storia. Alla fine del XV secolo il primo nucleo costituito appena da una torre di avvistamento ampliata poi nel corso de decenni, venne restaurata dietro commissione di Federico di Montefeltroper mano di Francesco di Giorgio Martini che fornì l'aspetto attuale. Dal 1974 il castello è diventato un museo permanente e oggi ospita la rocca delle fiabe, un baluardo della fantasia unico nel suo genere in Italia. |
Post n°1942 pubblicato il 20 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli
Fonte: Le Scienze 01 febbraio 2019 I segreti dei getti di materia e antimateria dei buchi neri Le prime simulazioni di particelle di materia e antimateria in rotazione attorno a un buco nero suggeriscono l'origine degli enigmatici getti con velocità vicine a quella della luce nel vuoto. Ulteriori dettagli potrebbero essere forniti dai dati registrati dall'Event Horizon Telescope che sta studiando il buco nero al centro della Via Lattea e quello al centro di Messier 87di Davide Castelvecchi / Natur Per la prima volta un gruppo di astrofisici ha calcolato come singole particelle di materia e antimateria girano vorticosamente attorno a un buco nero in rotazione. informazioni cruciali su come i buchi neri proiettano getti di materia a una velocità che è quasi quella della luce, e i risultati del gruppo supportano due meccanismi di alimentazione proposti in precedenza sul modo in cui vengono alimentati i misteriosi flussi di particelle. aiutare gli astrofisici a interpretare i dati di una schiera globale di radiotelescopi che stanno osservando il buco nero supermassiccio al centro della Via Lattea. sono una "pietra miliare" nello studio dei buchi neri, dice Serguei Komissarov, astrofisico all'Università di Leeds, in Regno Unito. (NASA/ESA/Scisti)I getti di materia ad alta energia sono comuni in tutto il cosmo e sembrano provenire da una varietà di fonti, anche se non ci sono ancora prove dirette su come si formano. Nella nostra galassia, molte stelle di neutroni producono questi getti, così come alcuni buchi neri relativamente piccoli - quelli non molto più massicci del Sole - nel processo di assorbimento della materia. Gli astrofisici pensano che alcuni buchi neri supermassicci al centro di altre galassie al centro di altre galassie siano dietro spettacolari getti che si estendono per migliaia di anni luce, come quelli visti intorno alla galassia Messier 87. sembrano contenere una sottile nebbia di elettroni e delle loro controparti di antimateria, i positroni, che fuoriescono come plasma ad alta velocità. indicano che le coppie particella-antiparticella sono prodotte all'interno di intensi campi magnetici ed elettrici che vorticano vicino all'orizzonte degli eventi di un buco nero, la superficie sferica da cui nulla può fuggire una volta che la si attraversa. La maggior parte di queste particelle cadono nel buco nero. buco nero, dove trecce caotiche di campi magnetici intrecciati emergono nello spazio interstellare. Questi campi, secondo la spiegazione prevalente degli astrofisici, porterebbero via parte dell'energia e del momento di rotazione del buco nero, oltre a creare più elettroni e positroni. buco nero hanno modellato il plasma di elettroni e positroni come un continuum. Ma in questo studio, Parfrey e colleghi hanno incluso nelle simulazioni le singole particelle e hanno osservato come i loro movimenti si sono intrecciati con i campi magnetici ed elettrici, contribuendo ad alimentarli. positroni ed elettroni che si muovono in direzioni opposte, mentre entrambe roteano attorno a un disco intorno all'equatore del buco nero. Queste correnti fanno sì che l'energia emerga dalle regioni polari. non è il plasma, ma la tanta energia che esce dal campo elettromagnetico", dice il coautore Kyle Parfrey, astrofisico al Goddard Space Flight Center della NASA a Greenbelt, nel Maryland. "È quello che vediamo accadere." dagli astrofisici Roger Blandford e Roman Znayek, che hanno proposto un meccanismo per spiegare come i getti potrebbero trarre energia dallo spin di un buco nero, e come ciò contribuirebbe a rallentarne la rotazione. (La teoria di Einstein equipara l'energia alla massa; quando lo spin di un buco nero rallenta, diventa più leggero). meccanismo, che spiega come l'energia è estratta da un buco nero rotante, un meccanismo proposto per la prima volta dal fisico-matematico britannico Roger Penrose negli anni sessanta. Secondo il modello di Penrose, alcune particelle create vicino all'equatore del buco nero hanno energia negativa, così, quando cadono nel buco nero, ne rallentano la rotazione. Questo ipotetico fenomeno ricorda la "radiazione di Hawking" proposta in seguito da Stephen Hawking, in cui le particelle di energia negativa contribuiscono a ridurre la massa di un buco nero. dice Parfrey. In particolare, non includono la fisica dettagliata della creazione delle particelle e delle antiparticelle, o del disco di accrescimento - il flusso di materiale intorno al buco nero - che si pensa alimenti i campi elettromagnetici. Un buco nero che rimanesse isolato dalla materia dissiperebbe rapidamente questi campi, finendo in uno stato di quiete e buio, senza emissione di getti di plasma. Alpes, in Francia, afferma che l'Event Horizon Telescope, una rete di antenne radio sparse per il globo che dovrebbe produrre i primi risultati quest'anno, potrebbe offrire alcuni interessanti dettagli su come il plasma si muove intorno al buco nero supermassiccio al centro della Via Lattea, e a quello al centro di Messier 87. "La mia speranza - dice Cerutti - è che ponga più vincoli osservativi". " il 30 gennaio 2019. Traduzione ed editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.) |
Post n°1941 pubblicato il 20 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli
Fonte: Le Scienze 06 febbraio 2019 La nostra è una galassia contorta (Cortesia Chen Xiaodian) La Via Lattea non ha una struttura piatta. Nelle regioni più esterne della nostra galassia, il disco stellare e quello gassoso sono curvati e contorti in una forma a spirale, come ha dimostrato una mappa tridimensionale di una particolare classe di stelle variabili, la cui distanza dalla Terra può essere determinata con buona approssimazione. astronomiaSiamo abituati a scorgerla come una striscia luminosa nel cielo durante le notti più limpide. Ma la sua forma, che potremmo vedere se potessimo raggiungere un punto di vista esterno e lontano, non è quella di un disco piatto, come finora immaginato. gli estremi della Via Lattea sono sempre più curvati e contorti: il suo profilo è più simile a quello di una "S" che a quello di una "I" sdraiate. Lo rivela una nuova mappa tridimensionale pubblicata su "Nature Astronomy" da una collaborazione tra Macquarie University di Sydney, in Australia, e Accademia delle scienze cinese. tridimensionale della nostra galassia basandosi su un recente catalogo di una classe particolare di stelle, le cosiddette Cefeidi classiche, una vera miniera di informazioni sul cosmo. Illustrazione del modello tridimensionale della Via Lattea ottenuta dagli autori, con il disco deformato e contorto. (Cortesia Chen Xiaodian) Queste stelle sono giovani e hanno una massa variabile da 4 a 20 volte la massa del Sole, e sono fino a 100.000 volte più brillanti. Con masse così elevate, il combustibile della fusione nucleare che le tiene accese brucia rapidamente, condannandole a una vita relativamente breve: pochi milioni di anni. luminosità, che cambia ciclicamente con un periodo che può andare da alcuni giorni ad alcuni mesi. La misura del periodo di pulsazione, combinata con quella della luminosità apparente, permette agli astronomi di ottenere stime affidabili delle loro distanze dalla Terra, con un'accuratezza variabile tra il 3 e il 5 per cento. E proprio dalle posizioni delle stelle Cefeidi, gli autori australiani e cinesi hanno ottenuto la prima mappa 3D affidabile delle zone più periferiche della Via Lattea. si è visto che esso riproduce la distribuzione dell'idrogeno molecolare allo stato gassoso che permea la galassia e che non è confinato in un piano sottile. tridimensionale di 1339 Cefeidi e il disco di gas della Via Lattea si seguono l'uno con l'altro da vicino, il che fornisce nuove informazioni su com'è fatta la nostra galassia", ha spiegato Richard de Grijs della Macquarie University, autore senior dello studio. "Forse ancora più importante è il fatto che nelle regioni più esterne della galassia, il disco delle stelle è curvato e progressivamente contorto in una forma a spirale". una forma del genere: ci sono altre decine di galassie con forme analoghe. E le misurazioni hanno portato anche a definire le cause fisiche di questa deformazione. abbiamo concluso che questo schema è causato molto probabilmente da coppie di forze gravitazionali prodotte dal disco di stelle più centrale", ha concluso Liu Chao, altro autore senior dello studio. |
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