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Messaggi del 20/08/2019
Post n°2319 pubblicato il 20 Agosto 2019 da blogtecaolivelli
Fonte: Le Scienze Spettro ad altissima risoluzione registrato su un campione di molecole ultra-fredde grazie alle eccezionali proprietà di stabilità e coerenza del pettine di frequenze nell'infrarosso Ricercatori dell'Istituto nazionale di ottica (Cnr-Ino) hanno ottenuto una particolare emissione di radiazione, costituita da 'pettini' di luce infrarossa, dalle eccezionali proprietà di stabilità e coerenza, da sorgenti laser a cascata quantica miniaturizzate. Questo risultato rappresenta un importante traguardo nel controllo delle proprietà di emissione dei laser a semiconduttore e apre nuove prospettive nel campo della Fisica applicata e fondamentale. In particolare, l'utilizzo di radiazione da laser controllati con queste tecniche, assorbita da un campione di molecole ultra-fredde, ha consentito studi spettroscopici con livelli di precisione mai raggiunti prima. I risultati sono pubblicati su "Nature Photonics", "Nature Communications", e "Optica" Un team di ricercatori dell'Istituto nazionale di ottica del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ino), presso il Laboratorio europeo di spettroscopia nonlineare (Lens) di Firenze, sfruttando le caratteristiche peculiari dei laser a cascata quantica (Qcl) costruiti anche presso l'Istituto di nanoscienze del Cnr e Scuola Normale Superiore di Pisa nel gruppo di ricerca coordinato da Miriam Vitiello, ha dimostrato un nuovo metodo per controllare l'emissione di molte frequenze (pettine), da sorgenti laser miniaturizzate, con estrema precisione, come se si trattasse di una frequenza unica, anche in regioni spettrali di difficile accesso come il medio e il lontano infrarosso. (https://doi.org/10.1038/s41566-019-0451-1) e "Nature Communications" (https://doi.org/ 10.1038/s41467-019-10913-7), sono stati ottenuti in collaborazione con l'Agenzia spaziale italiana (Asi) di Matera e con prestigiosi partner europei, quali il Politecnico federale di Zurigo (Ch) e l'Università di Leeds (Uk). innanzitutto sulle metodologie uniche al mondo sviluppate negli anni dal nostro gruppo per il controllo dei laser a cascata quantica", spiega Paolo De Natale, autore delle ricerche e direttore del Cnr-Ino. "Queste sofisticate tecnologie sono il frutto di una forte sinergia con uno spin-off del Cnr, ppqSense Srl, che ha contribuito alla ricerca realizzando sistemi elettronici compatti con livelli estremamente bassi di rumore. Oltre alle ricadute dirette nel campo della metrologia di tempo e frequenza, lo studio promette di incidere profondamente su vari settori emergenti della Fisica moderna. Per esempio, la possibilità di controllare, con sistemi miniaturizzati, le emissioni di singole o molteplici frequenze nell'infrarosso potrà aprire questa ampia regione spettrale al settore strategico delle tecnologie quantistiche. Sarà possibile, inoltre, lo studio di molecole in condizioni estreme". dai ricercatori del Cnr-Ino di Napoli e pubblicato su Optica (https://doi.org/10.1364/OPTICA.6.000436). "Qui le proprietà di coerenza e stabilità dei pettini di frequenze sono state utilizzate per costruire uno spettrometro in grado di osservare l'assorbimento di luce da parte di molecole ultra-fredde (a temperature di pochi gradi Kelvin) con livelli di sensibilità e risoluzione mai raggiunti prima", spiega Pasquale Maddaloni del Cnr-Ino, coordinatore di questa ricerca. metodologie avanzate per il raffreddamento molecolare e per il controllo di sistemi laser miniaturizzati permetterà, come è già avvenuto per gli atomi, di effettuare nuovi test di Fisica fondamentale, anche oltre il modello standard (interazioni di quinta forza, variazione temporale delle costanti fondamentali). Al contempo, questo connubio aprirà la strada a tecnologie quantistiche di frontiera, basate su sistemi molecolari, fenomenologicamente molto più ricchi dei più semplici atomi fino ad oggi utilizzati. |
Post n°2318 pubblicato il 20 Agosto 2019 da blogtecaolivelli
20 giugno 2019 Teletrasportare i qubit è possibile grazie all'intelligenza artificiale Fonte: Cnr-Ifn ©Science Photo Library Uno studio coordinato dall'Istituto di fotonica e nanotecnologie del Cnr dimostra come sia possibile trasferire un bit quantistico (qubit) tra due posizioni, facendo in modo che scompaia da quella di partenza e ricompaia in quella di arrivo senza passare nel mezzo. Il risultato reso possibile grazie all'intelligenza artificiale 'deep learning'. Lo studio pubblicato su "Nature Communications Physics" "Abbiamo deciso di mettere alla prova l'intel- ligenza artificiale di tipo 'deep learning', che ha già molto fatto parlare di sé per aver battuto il campione del mondo al gioco di Go e per applicazioni più serie come il riconoscimento del cancro al seno, applicandola al campo dei computer quantistici", racconta Enrico Prati dell'Istituto di fotonica e nano- tecnologie del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ifn) e coordinatore dello studio pubblicato su Nature Communications Physics. disposte in diversi strati, ciascuno dei quali calcola i valori per quello successivo affinché l'informazione venga elaborata in maniera sempre più completa. "Utilizzando questo metodo nella variante detta 'per rinforzo'", aggiunge Prati, "abbiamo assegnato all'intelligenza artificiale il compito di scoprire da sola come controllare l'unità fondamentale di informazione quantistica, conosciuta come bit quantistico o qubit, codificata mediante un singolo elettrone per trasferirlo tra due posizioni, facendo in modo che l'elettrone scompaia da quella di partenza e ricompaia in quella di arrivo senza passare nel mezzo". posizione di partenza e di arrivo sono la prima e l'ultima di una catena dispari di siti identici in cui l'elettrone può trovarsi. Questo è un processo prettamente quantistico e una soluzione per far avvenire il trasferimento grazie al controllo opportuno di potenziali elettrici era stata inventata da Nikolay Vitanov dell'Helsinki Institute of Physics nel 1999. Data la sua natura piuttosto distante dal ciò che il senso comune suggerirebbe, tale soluzione è chiamata appunto sequenza 'controintuitiva'. mo ancora potuto non conoscere quella soluzione. E in ogni caso fino a oggi non sapevamo come modificarla quando l'elettrone sta subendo disturbi durante il processo, facendo fallire il teletrasporto. Abbiamo lasciato che l'intelligenza artificiale trovasse una soluzione propria, senza fornirle preconcetti o esempi: l'ha trovata ed è più veloce di quella nota, ma soprattutto si adatta quando sono presenti disturbi. L'intelligenza artificiale ha capito il fenomeno e generalizzato il risultato meglio di quanto sappiamo fare noi. È come se l'intelligenza artificiale fosse in grado di scoprire da sola come teletrasportare i Qubit a prescindere dal disturbo in atto, anche nei casi in cui noi non possediamo già una soluzione", conclude Prati. "Con questo lavoro abbiamo dimostrato che la progettazione e il controllo dei computer quantistici possono trarre vantaggio dall'uso dell'intelligenza artificiale". giovane studente Riccardo Porotti e Dario Tamascelli dell'Università di Milano e con Marcello Restelli del Politecnico di Milano. |
Post n°2317 pubblicato il 20 Agosto 2019 da blogtecaolivelli
Fonte: Le Scienze di Cnr-Iom delle rinnovabili: dispositivi sempre più efficienti possono essere progettati con una nuova tecnica indagata da un gruppo di ricerca capitanato dall'Istituto officina dei materiali del Cnr. Il risultato pubblicato su "Comunications Physics" L'Istituto officina dei materiali del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Iom), con sede nell'Area Science Park di Trieste, ha dimostrato attraverso un nuovo set up sperimentale che è possibile usare la luce di sincrotrone per individuare i materiali più efficaci nella costruzione delle celle solari. La ricerca, pubblicata su "Communications Physics", viene da una collaborazione internazionale con le Università di Trieste, della Danimarca e di Bochum. mettere a punto un esperimento di tipo pump-probe, in cui cioè si applicano sullo stesso campione due tipi di stimolazione, con l'obiettivo di analizzare le dinamiche elettroniche del sistema. Con un primo impulso laser noi eccitiamo, cioè in qualche modo modifichiamo provvisoriamente il campione, e con il secondo lo misuriamo in un momento in cui il campione non è ancora tornato allo stato fondamentale. La novità dell'esperimento condotto sta nell'utilizzo, come secondo impulso, di raggi X di sincrotrone", spiega Martina Dell'Angela del Cnr-Iom. esperimenti consente di ottenere delle informazioni ulteriori rispetto a quelle fornite da un laser. "Le nostre misure, in particolare, servono a identificare quali materiali possano essere utili a costruire celle solari quanto più efficienti possibile. Misurando l'assorbimento dei raggi X dei diversi elementi che compongono i materiali presi in esame è possibile studiare più in dettaglio il trasporto di carica (ovvero gli spostamenti delle particelle elettricamente cariche sul substrato), proprietà fondamentale in tutti i dispositivi elettronici", spiega Roberto Costantini, del Cnr-Iom. "Cosa succede quando eccitiamo un materiale organico? Per ogni fotone assorbito si crea quello che viene chiamato 'eccitone', formato da una coppia interagente di elettrone e lacuna (quest'ultima può essere vista come una carica positiva dovuta all'assenza di un elettrone). Una volta creati, questi eccitoni inizieranno a muoversi nel materiale e, se vivono abbastanza a lungo, prima di decadere possono venire trasferiti alle interfacce con i materiali vicini. Quello che ci interessa è individuare le condi- zioni in cui il trasferimento di carica è massimo, poiché questo determinerà l'efficienza di un ipotetico dispositivo. In alcuni materiali per un fotone assorbito si possono creare ben due eccitoni, il che sostanzialmente raddoppia la quantità di carica utile per il funzionamento della cella solare". campione è molto semplice e già noto in letteratura: il pentacene, costituito da cinque anelli di benzene fusi. Ma lo stesso set up sperimentale può e potrà essere usato anche con campioni più complessi, combinando materiali meno conosciuti. Il progetto, iniziato con l'installazione del laser nel 2016, è stato finanziato dal progetto Sundyn (SIR2014 - Scientific Independence of young Researchers del Miur) e coofinanziato da Eurofel. |
Post n°2316 pubblicato il 20 Agosto 2019 da blogtecaolivelli
07 agosto 2019 Supergravità: un premio milionario per una teoria speculativa I tre milioni di dollari del Breakthrough Prize 2019 per la fisica fondamentale sono andati ai tre ideatori della teoria della supergravità: che tuttavia potrebbe non essere una descrizione valida della realtà. La teoria della supergravità - che tenta di unificare tutte le forze della natura - è una vera descrizione del mondo? La questione è ancora in sospeso a più di quarant'anni da quando è stata avanzata. Malgrado questo, ora ha portato ai suoi fondatori uno dei premi più redditizi della scienza: un premio speciale di 3 milioni di dollari per la fisica fondamentale. delle particelle Sergio Ferrara del CERN, il laboratorio europeo di fisica delle particelle vicino a Ginevra, Daniel Freedman, del Massachusetts Institute of Technology di Cambridge, e Peter van Nieuwenhuizen, della Stony Brook University di New York. Il comitato di selezione che ha assegnato il premio ha scelto di onorare la teoria, in parte, per il suo impatto sulla comprensione della gravità ordinaria. La supergravità è anche alla base di una delle "teorie del tutto" preferite dai fisici, la teoria delle stringhe, che afferma che le particelle elementari sono fatte di minuscoli fili di energia, ma non è ancora stata dimostrata. importante nello sviluppo della fisica negli ultimi quarant'anni e nella nostra esplorazione di ciò che potrebbe trovarsi al di là di quello che sappiamo della natura", dice il teorico delle stringhe, Andrew Strominger della Harvard University, che ha fatto parte del comitato di selezione del premio. i Breakthrough Prizes nel 2012, e tra i finanziatori oggi ci sono il cofondatore di Google Sergey Brin e Mark Zuckerberg di Facebook. I premi vengono assegnati verso la fine di ogni anno, in diversi campi della scienza e della matematica. Ma il comitato di selezione - scelto nel pool dei precedenti vincitori di premi Breakthrough - può assegnare premi speciali per riconoscere i lavori eccezionali. Nel 2013, per esempio, Stephen Hawking ha vinto per la sua teoria, ancora non testata sperimentalmente, che i buchi neri emettono radiazioni. All'inizio degli anni settanta, i fisici avevano costruito il modello standard della fisica delle particelle, in cui tre delle quattro forze fonda mentali della natura sono associate alla propria particella: la forza elettromagnetica è mediata dalla particella di luce, il fotone; la forza forte che lega i nuclei atomici è mediata dal gluone; e la forza debole che governa il decadimento radioattivo è associata alle particelle W e Z: tutte queste particelle sono state osservate sperimentalmente. Ma la quarta forza fondamentale, la gravità, ha resistito agli sforzi per includerla nel modello. La supergravità è stata un primo tentativo di farlo, combinando la fisica delle particelle con la teoria della gravità di Einstein, la relatività generale. ispirarono alla supersimmetria, un'estensione del modello standard proposta per la prima volta nel 1973. La supersimmetria afferma che ogni particella conosciuta ha un gemello più pesante e ancora da scoprire. I modelli che cercano di portare nella combina- zione la forza fondamentale finale, la gravità, le assegnano un'ipotetica particella, il "gravitone". gravitone, chiamato gravitino. Van Nieuwenhuizen ricorda la notte in cui guardò il loro software che macinava i calcoli della supergravità, timoroso che si fermasse troppo presto, indicando che la teoria era sbagliata. "Stavo lì seduto con la tensione che cresceva", racconta. Ma quando il programma si concluse con successo, fu convinto che la supergravità fosse reale. Quarant'anni dopo, van Nieuwenhuizen è rimasto senza parole alla notizia del premio. "È stata una sorpresa totale", dice. "Avevo rinunciato alla speranza che sarebbe accaduto". di Cambridge, nel Regno Unito, dice che l'innovazione concettuale dietro la supergravità era "stupefacente", dato che all'epoca i fisici delle particelle e quelli che studiavano la gravità interagivano di rado. "Il team applicava tecniche di fisica delle particelle alla gravità e poi le testava a livello di calcolo, in un periodo in cui nessuno usava i computer per fare questo genere di cose", aggiunge. della teoria delle stringhe, che è una candidata popolare per la descrizione definitiva della realtà. Ma per decenni, gli acceleratori di particelle, compreso il Large Hadron Collider (LHC) del CERN, non sono riusciti a individuare alcun segno di particelle supersimmetriche né del gravitino, o alcuna prova della teoria delle stringhe, anche se questo non la esclude del tutto. "Queste idee potrebbero non essere verificabili nella nostra vita", dice Tong. sminuire i risultati della supergravità, sostiene Strominger, perché la teoria è già stata usata per risolvere i misteri della gravità. Per esempio, la relatività generale apparentemente permette alle particelle, in teoria, di avere masse ed energie negative "Se fosse vero, alcune cose non finirebbero sulla Terra quando cadono, ma cadrebbero nello spazio", dice Strominger. Questo non succede, ma nessuno ha potuto spiegare perché. supergravità alla relatività generale, però, ha permesso ai fisici di dimostrare che le particelle non possono avere masse ed energie negative. "Questi risultati rimarranno validi a prescindere dal fatto che la supergravità esista effettiva- mente in natura", dice Strominger. dell'Istituto di studi avanzati di Francoforte, avverte che il fallimento del LHC nel trovare particelle supersimmetriche infligge un colpo quasi fatale alle possibilità che la supergravità sia vera. Dice che i vincitori hanno "fatto un grande lavoro matematico che merita di essere riconosciuto", e aggiunge: "Ma forse il premio dovrebbe essere per la matematica pura, perché questa non è fisica". su www.nature.com il 6 agosto 2019. Traduzione ed editing a cura di Le Scienze, riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati) |
Post n°2315 pubblicato il 20 Agosto 2019 da blogtecaolivelli
Fonte: Le Scienze Il fossile che ci spiega il comportamento dei pesci
Esattamente come in una fotografia, in una lastra calcarea custodita presso ilMuseo di Katsuyama in Giappone è immortalato un momento di vita di alcuni piccoli pesci (Erismatopterus levatus) che ha dato nuova linfa allo studio del comportamento collettivo degli animali del passato. La roccia mostra 257 piccoli pesci che apparentemente nuotano tutti nella stessa direzione: non è chiaro cosa abbia ucciso il gruppetto di animali, probabilmente un evento improvviso come una corrente di torbida, tuttavia gli studiosi escludono che l'orientamento del gruppo sia post-deposizionale, ovvero che i pesciolini si siano orientati dopo essersi depositati nel sedimento privi di vita. Un meccanismo di difesa dai predatori A riprova di ciò, i risultati del lavoro presentato dai ricercatori su Proceedings of the Royal Society dimostrerebbero come nel gruppo siano riconoscibili gli schemi di almeno due regole basilari di interazione sociale, simili poi a quelle dei pesci esistenti: la repulsione tra individui vicini, che si allontanano per evitare collisioni, e l'attrazione tra individui distanti, che si rincorrono per non perdere il gruppo. Proprio questo comportamento potrebbe essere alla base di un meccanismo di difesa da predatori esterni, il gruppo infatti si fa compatto per evitare la possibilità che singoli individui ai margini del banco possano essere catturati. In quest'ottica i ricercatori pensano che E. levatus potrebbe avere sperimentato un'elevata pressione predatoria nel suo habitat, e ciò avrebbe spinto gli esemplari a muoversi insieme; a tal proposito, diverse specie predatrici sono state rinvenute nelle rocce da cui proviene il campione. La forma del banco, poi, così oblata e fortemente , esclude come già detto l'influenza di un evento esterno, avvenuto dopo la morte dei pesciolini, ma anzi dimostra ancora una volta una struttura organizzata che è stata poi ben riprodotta dalle simulazioni numeriche. Capire il comportamento collettivo animale Poco sappiamo ancora sulla nascita del comportamento collettivo nel mondo animale, certamente il fossile testimonia l'esistenza di questo tipo di schemi di interazione già circa 50 milioni di anni fa, ovvero nell'Eocene, periodo a cui risale la roccia che fa parte della Formazione del Green River: depositi sedimentari di un gruppo di laghi intermontani dell'America del Nord che affiorano lungo l'omonimo fiume traColorado, Wyoming e Utah. L'importanza di questo studio infine risiede nella dimostrazione di come sia possibile studiare la comunicazione sociale degli animali estinti, fattore che non sembrava aver lasciato traccia nel record geologico del nostro Pianeta, fino ad oggi. |
Post n°2314 pubblicato il 20 Agosto 2019 da blogtecaolivelli
Fonte: Le Scienze STORIE DI GRANDI SCIENZIATIRobert Hooke: la nascita della cellula e il genio che contrastò Newton
Se mettete una sottile sezione di midollo di sambuco o di sughero su un vetrino e la osservate al microscopio, vedrete una successione di strutture cave che si sus- seguono per tutta l'estensione del tessuto vegetale. Sono cellule morte, delle quali l'unica parte rimasta è la parete: ciò rende ben visibile la divisione in singole unità. Il primo a compiere questa osservazione fu Robert Hooke, uno dei più importanti e influenti scienziati della sua epoca. Pensando alle unità abitative dei monasteri dell'epoca, Hooke definì questi singoli elementi "cellule" nel 1665, e il termine rimase da allora in uso. Soltanto un secolo e mezzo più tardi, però, si iniziò ad ipotizzare che queste fossero l'unità di base degli organismi viventi. Robert Hooke non era arrivato a questa scoperta per caso: aveva apportato perfeziona- menti al microscopio, inventato da pochi decenni. Il suo genio creativo lo portò a realizzare altre invenzioni fondamentali per la ricerca scientifica, come il telescopio a riflessione (più o meno in contemporanea con Newton), il dinamometro, l'igrometro, l'anemometro e il barometro a ruota; apportò inoltre notevoli miglioramenti all'orologio. Fu un grande fisico: la legge sulla forza elastica porta il suo nome e fu tra i primi a sostenere la teoria ondulatoria della luce, in aperto contrasto con Newton; studiò le leggi sul moto dei pianeti e, anche in questo caso, ebbe una forte polemica col padre della gravitazione universale. Fu anche un brillante paleontologo, chimico e anatomista. Hooke si dimostrò persino un valido architetto: dopo l'incendio di Londra del 1666 partecipò attivamente alla ricostruzione di importanti edifici, tra cui la cupola della Cattedrale di St. Paul. Pur essendo uno dei più influenti scienziati della sua generazione, la lunga rivalità con Newton portò Hooke all'oblio, dato l'enorme potere giunto negli anni nelle mani del suo rivale. Gran parte dei suoi successi così vennero occultati o attribuiti ad altri, e persino il suo ritratto fu rimosso dalla Royal Society, di cui Newton era diventato presidente. Anche per questo motivo oggi non conosciamo con certezza quali fossero i reali lineamenti di Robert Hooke. |
Post n°2313 pubblicato il 20 Agosto 2019 da blogtecaolivelli
Fonte: Le Scienze Il coraggio della scienziata che pose le basi per la nascita dell'ambientalismo
Ben difficilmente la giovane Rachel Carson, biologa marina nata in Pennsylvania nel 1907, avrebbe potuto immaginare di diventare un'icona e un punto di riferimento nella cultura popolare del Novecento. Eppure, nonostante le umili origini, le difficoltà economiche che le impedirono di portare avanti gli studi fino al dottorato e la malattia negli ultimi anni di vita, il suo libro "Primavera silenziosa" del 1962 è diventato un punto di svolta nella storia dell'ambientalismo. Il coraggio di questa autrice si era già rivelato nella sua determinazione di fronte a grandi difficoltà: era stata la seconda donna in assoluto ad essere assunta al Dipartimento per la Pesca degli Stati Uniti, dove riuscì a fare carriera come biologa marina e scrittrice scientifica; si era presa cura prima della madre anziana, poi dei figli della sorella morta prematuramente, e infine di una pronipote rimasta orfana a soli 5 anni. Dopo essersi trasferita nella campagna del Maryland per prendersi cura dei suoi cari e dedicarsi alla scrittura, cominciò a interessarsi ai problemi causati dall'utilizzo del DDT e di altri pesticidi: nati per combattere la malaria e altre malattie trasmesse dagli insetti, l'accumulo di queste sostanze poteva però portare all'intossicazione nell'uomo e alla morte di molti altri animali (ad esempio, i gusci delle uova degli uccelli diventavano talmente sottili da rompersi prematuramente). Lo scopo di "Primavera silenziosa" era soltanto quello di suggerire un utilizzo consapevole di questi prodotti, ma una massiccia campagna denigratoria fu comunque portata avanti da alcune industrie chimiche e supportata dal Dipartimento dell'Agricoltura americano. Nonostante le opposizioni e la tentata censura, il libro uscì nel 1962 e divenne subito un bestseller, spingendo l'opinione pubblica a ricredersi sull'uso sconsiderato di alcuni pesticidi: il DDT che venne messo al bando in USA e in buona parte del mondo occidentale negli anni '70. E Rachel Carson, che morì solo due anni dopo a causa di un tumore, divenne la bandiera del neonato movimento ambientalista mondiale. © RIPRODUZIONE RISERVATA CITAZIONE FONTE:RIVISTANATURA.COM |
Post n°2312 pubblicato il 20 Agosto 2019 da blogtecaolivelli
19 agosto 2019 Fonte : Le Scienze Prelievo di campioni di neve fresca nell'Artico (Mine Tekman, Alfred-Wegener-Institut) La neve che cade sull'Artico deposita fino a 14.000 frammenti per litro di microplastiche trasportate dal vento. La situazione nell'Europa continentale è però ancora peggiore: si arriva a 154.000 frammenti Le microplastiche sono ovunque, e hanno raggiunto perfino l'Artico, ricoprendolo quasi a tappeto, anche se a prima vista sono difficili da individuare. Per microplastiche si intendono infatti i frammenti di plastica e le fibre polimeriche che non eccedono i cinque millimetri di lunghezza, ma gran parte di esse ha dimensioni molto più piccole, anche di poche decine di micron. E nella neve e nei ghiacci artici si possono depositare fino a 14.000 frammenti per litro, anche se la media fra tutti i campioni testati è di "appena" 1800. emergono da uno studio condotto da ricercatori dell'Alfred Wegener Institut per la ricerca polare e marina di Bremerhaven, in Germania, e del WSL Institute for Snow and Avalanche Research di Davos, in Svizzera, che firmano un articolo su "Science Advances". è molto preoccupante, ma c'è di peggio. Nel corso della ricerca, Melanie Bergmann e colleghi hanno infatti raccolto campioni di neve non solo nella regione artica - precisamente nello stretto di Fram, che separa le Svalbard dalla Groenlandia - ma anche nelle Svalbard, nell'arcipelago tedesco di Helgoland, sulle Alpi svizzere, in alcune località bavaresi e a Brema. Nella neve che cade sull'Europa continentale, la media di frammenti contenuti arriva a ben 24.600, con un picco "stratosferico" di 154.000 in una località della Baviera. Dei 21 punti i cui sono stati prelevati i campioni solo due sono apparsi poco contaminati: uno nell'Artico, l'unico completamente privo di microplastiche, e un nevaio nel cantone sviz- zero dei Grigioni (con 191 frammenti per litro). varia e ha una distribuzione non uniforme: se i livelli di polietilene, etilene vinil acetato, gomme, e vernici e altre sostanze erano decisamente superiori sul continente, polistirolo, PVC, policarbonati e altro sono stati rinvenuti solamente nell'Artico. queste sostanze alle estreme latitudini settentrionali sia una conseguenza dell'inquinamento dei mari, ma non è così: i campioni esaminati erano di neve caduta da poco e non di acqua marina ghiacciata. Ciò indica che quelle microplastiche e fibre sono state portate dal vento e poi dilavate dall'atmosfera durante le nevicate. E' d'altra parte ben noto che i pollini (che hanno dimensioni paragonabili) e anche la sabbia possono essere trasportati dai Il lungo viaggio aereo delle microplastiche
indicano la necessità di studi più estesi e approfonditi, dato che nelle concentrazioni di queste sostanze sono state osservate variazioni molto significative fra località anche poco distanti, ma sottolineano le due principali preoccupazioni sollevate dai risultati. facilità con cui le particelle più piccole possono penetrare nell'organismo attraverso la catena alimentare, con conseguenze ancora ignote. L'altra concerne gli ecosistemi marini: la superficie delle microplastiche che finiscono in acqua è facilmente colonizzata da microrganismi che alla fine si depositano sui fondali, dove potrebbero ulteriormente comprometterne gli equilibri ecologici. (red) |
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