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Messaggi di Dicembre 2020

Dalla notte dei tempi.

Post n°3326 pubblicato il 11 Dicembre 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

Un "microscopio cosmico" svela l'origine dei

venti galattici prodotti dai buchi neri

supermassicci

Fonte: INAFIllustrazione artistica (non in scala) dell'ambiente che

circonda un buco nero supermassiccio al

centro di una galassia attiva (© ESA/NASA,

the AVO project/Paolo Padovani; annotazioni

a cura di INAF) Studiando un campione di

galassie lontane, la cui luce ci arriva da un'epoca

in cui l'Universo aveva soltanto 3 miliardi di

anni, un team di ricercatori guidato da Giustina

Vietri dell'Istituto Nazionale di Astrofisica ha

seguito i venti che imperversano nelle galassie

"attive" fino a pochi anni luce dai buchi neri

supermassicci che popolano i centri galattici.

Il nuovo studio dimostra come questi venti,

che viaggiano a velocità di milioni di chilometri

orari, possono influenzare il gas interstellare su

scale di decine di migliaia di anni luce.

La maggior parte dei buchi neri supermassicci

che si annidano nelle galassie, come quello che

si trova al centro della nostra Via Lattea, sono

completamente innocui e al massimo inghiottono

qualche stella o nube di gas che osi avvicinarsi

troppo.

Una piccola percentuale, però, è in gran fermento,

divorando la materia circostante a ritmi cospicui

attraverso un disco di accrescimento che si

riscalda e dà luogo a intense emissioni su tutto

lo spettro di frequenze.

Sono questi segnali che permettono di riconoscere,

nelle osservazioni del cielo, le galassie "attive",

ovvero quelle che ospitano buchi neri in fase di

subbuglio.

Ma neanche i buchi neri più "voraci" riescono a

fagocitare tutto il materiale che li circonda,

innescando giganteschi venti che buttano via parte

del materiale e che possono propagarsi su scale

galattiche.

Da anni, gli astrofisici dibattono circa l'importanza

di questi venti e dei loro possibili effetti sull'evoluzione

delle galassie ospiti tramite meccanismi di azione

-e-reazione (o feedback) che avrebbero la capacità

di regolare sia la crescita del buco nero centrale che

la formazione di nuove stelle.

"Si tratta di un argomento di notevole importanza

per la comprensione di come l'Universo si sia evoluto"

commenta Giustina Vietri dell'INAF di Milano, prima

autrice di un nuovo lavoro che analizza, per la

prima volta usando un campione rappresentativo

di galassie attive, l'effetto di questi venti su diverse

scale all'interno delle galassie.

"In questo studio abbiamo cercato di far luce su uno

dei problemi attualmente più discussi: il legame tra

buco nero centrale supermassiccio e galassia ospite".

I risultati dello studio, pubblicati sulla rivista

Astronomy & Astrophysics, fanno parte del progetto

SUPER (A SINFONI Survey for Unveiling the Physics

and Effect of Radiative feedback) che ha già prodotto

altre due pubblicazioni a firma dello stesso team di

ricerca.

Il progetto è nato con lo scopo di studiare la fuoriuscita

di gas dai centri galattici utilizzando lo strumento

SINFONI montato sul Very Large Telescope dell'ESO

in Cile.

"SINFONI è uno spettrografo a campo integrale che

opera nel vicino infrarosso e sfrutta l'ottica adattiva

per ottenere spettri ad alta risoluzione di sorgenti estese,"

afferma Vincenzo Mainieri dell'ESO, principal investigator

del progetto SUPER e co-autore del nuovo studio.

"Quindi, rispetto agli strumenti usati in precedenza per

fare survey spettroscopiche di galassie attive, SINFONI

permette di risolvere spazialmente il gas".

Grazie ai dati raccolti con SINFONI, il team ha esaminato

un campione rappresentativo di 21 galassie attive,

studiando il legame tra i buchi neri e le loro galassie

ospiti, per la prima volta, in maniera sistematica, ovvero

senza selezionare le galassie per le quali si hanno già

indicazioni della presenza di venti.

Le osservazioni hanno rivelato venti galattici in tutte le

sorgenti prese in esame, dimostrando che questi

fenomeni sono molto comuni nella fase della storia

cosmica a cui queste galassie appartengono, nella

quale l'universo - che oggi ha ben 13.8 miliardi di anni -

aveva un'età di soli 3 miliardi di anni.

"Questi venti, che viaggiano a velocità tra 3 e 7 milioni

di km/h, si estendono fino a ventimila anni luce dai

centri delle galassie ospiti", aggiunge Michele Perna

dell'INAF di Firenze e Centro de Astrobiología di Madrid,

co-autore dell'articolo.

Usando un "microscopio" astronomico, ovvero

analizzando gli spettri ottici di queste galassie disponibili

negli archivi astronomici, le ricercatrici e i ricercator

i hanno poi seguito i venti fino alla sorgente, in

prossimità dei mastodontici buchi neri.

"Le righe emesse da atomi di carbonio ionizzato, visibili

negli spettri della Sloan Digital Sky Survey, sono

generate a pochi anni luce dal buco nero, e rivelano

come i venti di materiale ionizzato scoperti con SINFONI

siano presenti anche su queste scale relativamente

piccole, nel cuore delle galassie", spiega Vietri.

"Così abbiamo potuto collegare, per la prima volta, la

presenza dei venti galattici dalle scale più piccole a

quelle più grandi."

I risultati mostrano che i venti osservati a piccole

distanze dipendono fortemente dalle proprietà del

buco nero centrale - quali il tasso di accrescimento

oppure la luminosità del nucleo galattico, prodotta

dall'attività del buco nero.

Questi venti inoltre avrebbero la capacità di influenzare

il gas fino ai confini delle rispettive galassie.

In futuro, i ricercatori e le ricercatrici cercheranno di

tracciare i venti su scale ancora più grandi, per

continuare a studiare l'influenza che i buchi neri

supermassicci possono, in questo modo, esercitare

sull'evoluzione delle galassie.

Lo studio è stato pubblicato online sulla rivista

Astronomy & Astrophysics nell'articolo di G. Vietri,

V. Mainieri, D. Kakkad, H. Netzer, M. Perna,

C. Circosta, C. M. Harrison, L. Zappacosta,

B. Husemann, P. Padovani, M. Bischetti, A. Bongiorno,

M. Brusa, S. Carniani, C. Cicone, A. Comastri, G. Cresci,

C. Feruglio, F. Fiore, G. Lanzuisi, F. Mannucci, A. Marconi,

E. Piconcelli, A. Puglisi, M. Salvato, M. Schramm,

A. Schulze, J. Scholtz, C. Vignali, G. Zamorani.

 
 
 

Arecibo nin ci sarà più

Post n°3325 pubblicato il 11 Dicembre 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

Arecibo verrà smantellato

19 Novembre 2020 

Corrado Mascia

 Notizie Flash

 Il radiotelescopio di Arecibo, icona dell'astronomia,

sarà smantellato.

Danneggiato in modo irreparabile, uno dei radiotele-

scopi più famosi del mondo ha i giorni contati

Una triste notizia. 

La National Science Foundation (NSF) disattiverà

l' enorme antenna radio dell'Osservatorio di Arecibo

 dopo che i danni hanno reso la struttura troppo

pericolosa per la riparazione.

C'è stato infatti un consulto tra gli ordini preposti

e dopo aver condotto una valutazione della

sicurezza dell'osservatorio di Porto Rico danneggiato,

la NSF ha stabilito che non sarebbe stata in grado

di riparare in sicurezza la parabola.

Davvero sfortunato questo gioiello che  per 57 anni

ha servito come una risorsa di livello mondiale per

la radioastronomia, la ricerca planetaria, del sistema

solare e geospaziale. 

Per la seconda volta quest'anno, un cavo strutturale 

nel radiotelescopio più grande del mondo ha ceduto ,

danneggiando la parabola riflettente e mettendo la

struttura sull'orlo del collasso. 

Il secondo cavo si è spezzato il 6 novembre, appena

tre mesi dopo il guasto di un cavo ausiliario nella

stessa struttura.

Durante la conferenza stampa, i funzionari hanno

sottolineato che la decisione era basata sulla priorità

della sicurezza, non un riflesso del lavoro scientifico 

che Arecibo ha svolto negli ultimi decenni o potrebbe

continuare a fare in futuro.

"Questa decisione non ha nulla a che fare con i meriti

scientifici dell'Osservatorio di Arecibo", ha detto

Gaume. "Non è una considerazione.

Si tratta solo di sicurezza".

 
 
 

Notizie dallo spazio

Post n°3324 pubblicato il 05 Dicembre 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

Spazio: razzo degli anni '60

lanciato sulla Luna sta

'tornando' verso la Terra

ASTRONOMIA Angelo Petrone 19:59 14 Novembre 2020

Il piccolo oggetto è stato scoperto a settembre dagli

astronomi della NASA.

Un razzo booster lanciato sulla Luna più di mezzo secolo fa

è stato catturato dalla gravità terrestre e orbiterà intorno al nostro

pianeta "per alcune settimane".

Ad annunciarlo è il Jet Propulsion Laboratory (JPL) della NASA.

Era il 1966 quando l'agenzia spaziale statunitense lanciò la sonda

Surveyor 2 sul satellite del nostro pianeta, ma un problema a

metà volo spinse il veicolo spaziale in un'orbita "fuori controllo"

con la perdita del contatto.

Ora Atlas-Centaur, il razzo ripetitore di secondo stadio che ha

lanciato nello spazio la sfortunata navicella spaziale, è tornato

nell'orbita del nostro pianeta a causa delle forze gravitazionali. 

Per gli esperti l'oggetto si trasformerà in un "satellite temporaneo"

per le prossime settimane o mesi, fino a quando sfuggirà

all'attrazione gravitazionale terrestre e tornerà su un'orbita solare.

Il lander lunare Surveyor 2 fu lanciato verso la Luna il 20 settembre

1966 su un razzo Atlas-Centaur.

La missione è stata progettata per la ricognizione della superficie

lunare prima delle missioni Apollo. Poco dopo il decollo, 

Surveyor 2 si è separato dal suo propulsore, come previsto.

Ma il controllo della navicella è andato perso il giorno successivo,

quando uno dei suoi propulsori non si è acceso, facendolo roteare.

La navicella si schiantò sulla Luna, appena a sud-est del 

Cratere Copernico, il 23 settembre 1966 e nel frattempo,

il razzo Atlas-Centaur ha superato la Luna ed è scomparso in

un'orbita sconosciuta attorno al Sole.

Il piccolo oggetto è stato riscoperto a settembre dagli astronomi

del telescopio di ispezione Pan-STARRS1 della NASA.

Allora gli esperti si resero subito conto che stava seguendo

un percorso verso il nostro pianeta.


Spazio: razzo degli anni '60 lanciato sulla Luna sta tornando verso la Terra 
A view of an Atlas-Centaur missile before launch.

Battezzato con il nome 2020 SO, l'oggetto era stato designato

inizialmente come un asteroide, tuttavia, gli scienziati del Center

for Near Earth Object Studies (CNEOS) del JPL hanno analizzato

l'orbita comprendendo la natura artificiale dell'oggetto.

Solo a quel punto il direttore del CNEOS Paul Chodas ha scoperto

come il razzo si fosse avvicinato altre volte alla Terra nei decenni

scorsi. "È stato come una scoperta emozionante quando, grazie

ad una rapida revisione delle date di lancio della missione lunare,

abbiamo scoperto la corrispondenza con la missione Surveyor 2″,

ha dichiarato Chodas.

 
 
 

Notizie dalla preistoria planetaria.

Post n°3323 pubblicato il 05 Dicembre 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

Un antico 'frammento' del

fondale del Pacifico scoperto

nelle profondità della Cina

AMBIENTE Angelo Petrone 

17 Novembre 2020

Un gruppo di scienziati ha identificato un antico

frammento di fondale dell'Oceano Pacifico nelle

profondità della Cina, trascinato verso il basso nella

zona di transizione del mantello terrestre.

La colossale lastra rocciosa chefiancheggiava il fondo

del Pacifico, è una reliquia della litosfera oceanica, lo

strato più esterno della superficie terrestre, composto

dalla crosta e dalle parti solide più esterne del mantello

superiore.

Lo strato superficiale superiore è composto da diverse

placche tettoniche frammentate, che si muovono

lentamente e si spostano in superficie, incontrandosi

occasionalmente l'una nell'altra.

Durante queste collisioni, può verificarsi un processo

geologico chiamatosubduzione, nel quale una placca si

inabissa sotto l'altra in determinate aree e finisce per essere

spinta sempre più in profondità nel pianeta.

In un nuovo un team di scienziati di Cina e Stati Uniti hanno

ora assistito a questo fenomeno epico che si svolge a

 profondità maggiori di quanto non fosse mai stato

osservato prima.

Prima di questa scoperta, gli scienziati avevano registrato

lastre di subduzione che si inabissavano ad una profondità

di circa 200 chilometri.

Ora, grazie alla gigantesca rete di oltre 300 stazioni sismiche 

sparse nella Cina nord-orientale, i ricercatori sono stati in grado

di osservare l'evento in un punto molto più basso.

La scoperta della lastra è avvenuta attraverso due discontinuità

registrate nelle onde sismiche.

Mentre la subduzione della placca è ancora in corso nelle

profondità della Cina, la zona di subduzione è stata individuata

più ad est, al di sotto del Giappone.

Grazie a questa scoperta gli studiosi della Rice University

sono riusciti ad ottenere un'idea migliore di ciò che accade a

una lastra subdotta quando raggiunge la zona di transizione.

Durante questo processo la placca si deforma e, alle alte

temperature del mantello, e si immerge nel mantello dove si

"scioglie" ad altissima temperatura.

 
 
 

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Post n°3322 pubblicato il 02 Dicembre 2020 da blogtecaolivelli

Num. 75334

 
 
 

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