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Post n°69 pubblicato il 29 Aprile 2010 da blu_dada

Ingranaggi

 Prima di tutto, sii fedele a te stesso...

(...) È universalmente risaputo che ci si può creare l’infelicità anche nel chiuso della propria mente, pur essendo assai difficile da attuare veramente. Si può rimproverare al proprio partner la mancanza di amore, accusare il superiore di malafede e rendere responsabile il tempo del nostro raffreddore, ma come si fa a diventare giorno dopo giorno avversari di noi stessi? Come tanti segnali indicatori, auree massime, ci indicano la strada per l’infelicità; esse sono fissate da sano buon senso, per non parlare della sana sensibilità popolare o addirittura dell’istinto per ciò che avviene nel profondo. Alla fine è del tutto marginale la scelta del nome per questa facoltà. Si tratta in fondo della convinzione secondo cui c’è un unico punto di vista: il proprio. Si pervenga a questa convinzione e ben presto  si dovrà concludere che il mondo sta andando in rovina. Ed è qui che si distinguono gli esperti dai dilettanti. Questi ultimi finiscono a volte, per alzare le spalle e arrangiarsi. Chi invece rimane fedele a se stesso e ai propri principi non è disposto a nessun facile compromesso; messo di fronte alla scelta fra l’essere e il dover essere, egli decide incondizionatamente per il mondo come deve essere e rifiuta il mondo quale esso è. Come un capitano egli guida con fermezza la nave della propria vita nella notte tempestosa, una nave che anche i topi hanno abbandonato. È proprio un peccato che dal suo repertorio sembri mancare un’aurea massima degli antichi romani: Ducunt fata volentem, nolentem trabunt --  il fato conduce dolcemente chi lo segue, trascina chi gli resiste. Egli resiste, infatti, e certamente in modo del tutto particolare. In lui, cioè, la riluttanza diventa fine a se stessa. Nella preoccupazione di essere fedele ai propri principi, finisce per rifiutare continuamente ogni cosa, perché non rifiutare significherebbe già tradire se stesso. Il semplice fatto che il prossimo gli consigli qualcosa è quindi un motivo di rifiutare, anche nel caso in cui seguire tale consiglio sarebbe oggettivamente nel suo interesse. ( Secondo il famoso aforisma, essere maturi significa fare ciò che è giusto anche se sono i  genitori ad averlo vivamente consigliato) Ma il vero genio naturale va ancora più in là e in atteggiamento di eroica coerenza rigetta anche ciò che a se stesso appare come la migliore raccomandazione fatta a se stesso. Il serpente cioè non solo morde la propria coda, ma divora se stesso, e così si determina una ulteriore e del tutto particolare stato di infelicità.

 Tratto da:
Istruzioni per essere infelici
di Paul Watzlawich

Sembrerebbe che siamo noi  i veri nemici di noi stessi. Non facciamo altro che complicarci la vita, perché è così che ci piace averla. Come un giudice che ha bisogno disperatamente del fuorilegge per  essere giudice, così noi cerchiamo i nostri guai per essere disperatamente infelici.  In altre parole, spesso, cerchiamo l’infelicità più che la felicità. Il problema sorge quando l' infelicità  di uno rende infelici anche gli altri.


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