Creato da LudotecaMan il 20/03/2010 |
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Post n°13 pubblicato il 10 Aprile 2010 da LudotecaMan
C’era silenzio tra di noi. Assorti nel nostro microcosmo non sentivamo neppure il vociare intorno. Ci sedemmo a un tavolo vicino alla riva del laghetto, lei con lo sguardo rivolto allo specchio d’acqua ed io alla sua sinistra. Mettermi di fronte avrebbe potuto crearle imbarazzo e renderle ancora più difficile la spiegazione. Ordinammo un aperitivo a un cameriere che solertemente ce lo porto subito. Un breve sorso, mentre il silenzio aleggiava su di noi. Con lo sguardo rivolto lontano iniziò a parlare. “Quel giorno, quando mi trovasti appoggiata alla tua macchina sotto la pioggia battente, avevo appena ricevuto una notizia al telefono: mio fratello era morto in un incidente con la moto.” Un profondo respiro e una lacrima scese a solcarle la guancia. Allungai il braccio verso di lei e presi la sua mano stringendola con forza. Riprese a parlare. “Era più grande di me di due anni, eravamo molto legati. Amici in comune, uscivamo sempre insieme. Gli volevo un bene dell’anima”. In quel momento le lacrime, così volutamente trattenute, iniziarono a sgorgare copiose dai suoi occhi. Un pianto disperato prese il sopravvento. Mi rivolsi al cameriere con un cenno e, pagato il conto, ci allontanammo in direzione della mia macchina. Volevo che quel suo momento di disperazione potesse essere sfogato con tranquillità, senza lo sguardo incuriosito degli altri astanti. Accomodati sui sedili poggiò, come la prima volta, il suo viso sul mio petto, ed io l’abbracciai...
Pianse a lungo, ininterrottamente, come se quel dolore non conoscesse fine. Volevo fermarla, faceva male anche a me tutta quella sofferenza. Sapevo però che ogni parola sarebbe stata vana, bisogna arrivarci fino in fondo al dolore, solo così si ha la speranza di riemergere. Anche la mia mente iniziò a ripercorrere i dolori della vita, e tutti quei momenti di sofferenza in cui avrei voluto piangere anch’io così violentemente. Le lacrime non erano mai riuscite a uscire, erano sempre rimaste lì, attaccate agli occhi, come se un’invisibile collante impedisse loro di sgorgare. Ormai era buio. Il suo pianto ormai era sommesso. Tra di noi neppure una parola. Scendemmo dalla macchina. Lei era ancora troppo provata per il lungo pianto, tanto da essere malferma sulle gambe. Le cinsi la vita e l’accompagnai all’entrata. Il silenzio sembrava essersi impadronito di noi. Le preparai il letto e poggiata una coperta all’altezza dei piedi, nel caso avesse avuto freddo, presi un cuscino per me. La baciai sulla fronte e mi diressi verso il divano del salone. Sarebbe stata una lunga notte di pensieri…. |
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