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IL VERO MALE INVISIBILE DELLA BIELORUSSIA NON SONO LE RADIAZIONI

Post n°273 pubblicato il 05 Maggio 2010 da fbellbra
 

Il male invisibile, trasparente come la vodka e le radiazioni si vince a colpi di valori. Anche ospitando un bimbo

di Francesca Bellemo
(tratto dal reportage "Nel paese dal male invisibile" pubblicato su Gente Veneta 4 novembre 2006)

 

Belarus, ex Urss: un disegno tracciato al confine dell’Europa in cui si finge benessere e libertà come se fosse possibile nascondere le scorie nucleari sotto il tappeto del salotto. Le radiazioni, impalpabili e impercettibili, vengono ignorate con la stessa incuria con cui si ignora l’assenza di libertà di stampa e di opinione. Dopo oltre 60 anni di regime sovietico, nessuno, tra i viventi, ha più in mente che sapore abbia la libertà.

La Bielorussia è una democrazia quanto Chernobyl una fabbrica di cioccolato. E non tanto per lo stile "politically scorrect" del suo presidente o per delle elezioni manipolate e rese valide grazie all’appoggio provvidenziale dell’amico e vicino Putin. C’è un male invisibile, impercettibile e trasparente come le radiazioni, un cancro peggiore di quello che colpisce a migliaia i bambini, che fa marcire dal di dentro il paese. E’ la rassegnazione della popolazione, l’assenza di criticità e di dissidenza. Il silenzio assordante che segue ad ogni domanda troppo "politica". Lo sconforto, la crisi di valori, la negazione di ogni speranza per il futuro, la difficoltà a trovare un motivo per cui valga la pena vivere. E’ un male invisibile, trasparente come la vodka che scende velocemente nella gola, cancellando, anche se solo per una notte, il pensiero di come arrivare alla fine del mese. E non c’è nessun Dio a cui chiedere aiuto se per decenni lo Stato ha impedito di incontrarlo e di conoscerlo, distruggendo le chiese e bandendo la religione.

E’ la passività dei cittadini uno dei peggiori nemici di ogni democrazia. E il successo di ogni regime è quando non c’è più bisogno di usare alcuna violenza in quanto la paura impedisce di parlare, e volontariamente si sceglie di tacere. In Bielorussia ora basta un’ apparenza di benessere, il cinema, le pizzerie italiane, i cellulari e i sorrisi di Lukashenko appesi alle pareti delle aule scolastiche, bastano i fiori piantati nelle aiuole e le strade pulite. Il male invisibile è ormai diffuso quanto l’ignoranza dei rischi delle radiazioni, nascosto come i risultati delle ricerche scientifiche, sepolte come i villaggi contaminati sotto la pece.

Ed è la stessa Bielorussia un paese invisibile ai suoi stessi occhi e agli occhi del mondo. C’è bisogno di una notizia di cronaca internazionale per far scoprire che esiste, un angolo di Europa in cui il mercato globale non ha alcun interesse a intervenire. Perché mai dovrebbero, dunque, le organizzazioni internazionali? Le grandi assenti. E’ solo grazie a piccole associazioni umanitarie e Ong (molte sono quelle italiane) che si riesce a penetrare fin dentro agli internat e alle baracche di legno per portare cibo, vestiti, medicine e qualche caramella. I bambini sorridono, ma così facendo non si fa altro che perpetuare un rapporto assistenzialista che nulla può incidere sulle dinamiche sociali più profonde.

Alla Bielorussia non poteva capitare una sfortuna più simbolica del disastro di Chernobyl.

<Oltre non si può andare>. E’ il grido delle associazioni e quello delle famiglie che ospitano i bambini bielorussi nelle loro case. Basta un solo gesto, come quello dei Giusto, sbagliato o disperato che sia, e il destino di migliaia di bambini ne viene irrimediabilmente compromesso. Chi conosce la Bielorussia sa che l’unico modo per intervenire è diventare altrettanto "invisibili e contaminanti" delle radiazioni. Insieme agli zaini di Barbie ricolmi di regali e ai borsoni con pasta e prosciutto e formaggio, lasciare il segno a colpi di valori, esperienze, speranze, come a una scuola di libertà. I bambini che escono dalla Bielorussia, smunti e intimoriti, per soggiornare in Italia (ma anche in altri paesi europei) tornano a casa profondamente cambiati, gli occhi vivaci e sorridenti dopo aver visto colori e vissuto calori a loro sconosciuti. Sono loro a rappresentare per il futuro della Bielorussia la chiave del cambiamento.

E’ il mutamento dal basso il processo lento ma necessario per far uscire il paese dal suo ruolo di stato illiberale e devastato, nell’ambiente quanto nella società, con cui è conosciuto al mondo. Solo una volta ricostruito un percorso di democratizzazione civile, basato sulla conoscenza e sulla libertà di informazione (strumento fondamentale a questo scopo può diventare un più diffuso accesso ad internet) si potrà parlare e ci si potrà occupare di radiazioni e di contaminazione della popolazione.

E se difficile sarà il decorso del regime e l’affermazione di un governo realmente democratico, ancora più lungo sarà il processo di ricostruzione dell’identità sociale e di valori come la famiglia o l’individuo, cancellati dall’ideologia comunista, per non parlare dell’appartenenza religiosa. Eterna, purtroppo, sarà comunque la lotta contro le conseguenze che il disastro di Chernobyl ha causato e causerà ancora per secoli in quella terra e non solo.

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Alcuni estratti dal mio primo reportage sulla Bielorussia realizzato per GV nel 2006

"NEL PAESE DAL MALE INVISIBILE"

http://digilander.libero.it/fbellbra/reportagebelrus2.html

 
 
 
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