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Quello che nessuno dice del Messiah Game...

Post n°53 pubblicato il 02 Luglio 2007 da fbellbra

Scrivo a proposito del Messiah Game perchè credo che la gente debba sapere la verità.
Scrivo qui perché è l’unico posto in cui posso dirlo.
Scrivo ancora, perché continuano a girare mail da inquisizione e perché sono stufa di leggere cose scritte da gente che parla senza alcuna cognizione di causa e soprattutto senza aver visto, senza sapere…

La scena più imbarazzante della serata del Messiah Game per me, che (sottolineo!) sono una ballerina e una cristiana, oltre che una giornalista, è stata quella in cui aspettavo in fila di entrare a vedere lo spettacolo e lì di fianco a me quella decina di persone continuavano a recitare il rosario e a pregare sotto un grande striscione che diceva “Perdona loro perché non sanno quello che fanno”. In quelle preghiere che spesso recito anch’io quella sera invece mi sentivo giudicata (si parlava di scomunica per gli spettatori!!!) solo perché amo la danza e volevo assistere, come ho fatto a numerosi altri spettacoli della Biennale Danza degli ultimi anni, a quel balletto, convinta di disporre di sufficiente intelligenza e capacità critica per discernere una cosa blasfema da una non blasfema.

Scrivo ancora, per l’ultima volta, del Messiah Game, a distanza di una settimana, perché, tra i tanti commenti che ci sono stati di esperti di danza o di giornalisti cattolici in tanti giornali,  ancora non ho sentito il parere di un esperto di danza che però avesse visto lo spettacolo con occhi da cristiano. Io l’ho fatto, ed ero pronta a indignarmi se avessi visto qualcosa di blasfemo o offensivo per il mio credo.

Mi sarebbe piaciuto dirlo su Gv, ma capisco che sarebbe un po’ complicato. Apprezzo la scelta del silenzio, che mi sembra già eloquente e che evidenzia una grande intelligenza anche a monte, da parte del Patriarca stesso, nel rendersi conto che tutto sommato è stato fatta molto più confusione di quello che era necessario.
Era solo un balletto, tutta l’attenzione era concentrata sui movimenti. E chi conosce quest’arte dovrebbe sapere quanto la danza contemporanea sia capace di liberarsi dalla necessità di raccontare per forza di cose una storia, di lanciare a tutti i costi un messaggio. L’arte contemporanea è emozione, è ricerca, sperimentazione, e anche provocazione. E’ l’andare oltre (non contro!) quelle regole codificate per secoli e cercare nuove forme, nuove vie. A volte si imbocca un vicolo cieco. Altre volte si scoprono scenari impensabili e bellissimi. Ciò che conta è l’emozione e, secondo me, il Messiah Game è stato un balletto meraviglioso proprio per l’emozione intensa e profondamente spirituale che mi ha lasciato.

Mi è dispiaciuto notare che ci sono sempre delle fazioni politiche (sempre le stesse…)pronte a usare strumentalmente ogni spunto possibile per trasformare gli avvenimenti in polemiche politiche sterili e ipocrite, mi è dispiaciuto che di tutta la programmazione della Biennale Danza si sia focalizzata l’attenzione da parte dei giornali solo su questo balletto, quando invece c’erano molti altri lavori di grande qualità che meritavano essere messi in evidenza. Invece che gettare discredito a priori sul lavoro di tanti artisti, nonché del direttore artistico, sarebbe stato meglio semplicemente lasciare la parola agli esperti, perché giudicassero dopo aver visto lo spettacolo, la qualità ed eventualmente l’inopportunità della messa in scena.
Mi è dispiaciuto soprattutto che persino il Patriarca, che ho sempre ritenuto una persona estremamente acuta, si sia lasciato coinvolgere da certe logiche estremiste e che devono avere altri intenti di fondo, schierandosi contro un qualcosa che invece avrebbe potuto alla fine anche apprezzare e finendo con il dare un’immagine (non rappresentativa) di una Chiesa integralista, che censura a priori, che non è disponibile all’ascolto, che a tutti i costi cerca il male anche lì dove non ce n’è.
Devono averlo consigliato male, peccato.
Invece avrebbe potuto essere un’occasione preziosa per presentarsi agli occhi dell’opinione pubblica come una Chiesa che sa ascoltare e che anzi, è capace di rileggere anche le provocazioni, come messaggi positivi e strumentali al proprio messaggio.

Proprio dal punto di vista spirituale. Quando sono uscita dal teatro la mia sensazione non era quella di aver subito una violenza, come invece alcuni (che non hanno visto lo spettacolo!!!) dicono, né mi sono sentita offesa, né ho avuto la sensazione di aver visto qualcosa di irrispettoso o di chissà quale blasfemia. Anzi, mi sono sentita profondamente toccata dall’interpretazione dei ballerini, soprattutto in quella scena così intensa e densa di significato, della flagellazione. Questo è quello che mi è rimasto di più, il momento clou, quella che a mio avviso era la scena a cui ogni singolo gesto dello spettacolo voleva arrivare, la scena per cui ogni cosa che c’era stata su quel palco fino a quel momento era strumentale a evidenziare: la Passione. Ecco l’amore più grande. Ecco la massima espressione dell’eros nella danza (il tema della Biennale Danza di quest’anno). L’amore sacrificale di Gesù, in danza. Una sorta di venerdi santo che non vivevo da tempo con così tanta partecipazione e coinvolgimento emotivo.

Il vero peccato è che nessuno l’abbia detto. E che nessuno lo possa dire.

Io lo dico qui e poi non voglio parlarne più. Tutti possono sbagliare, soprattutto quando parlano di qualcosa che non conoscono. Spero solo che poi si sappia anche imparare dagli errori, per non ripeterli.

 
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Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 04/07/07 alle 14:33 via WEB
Ancora sul Corriere della sera di oggi a pag. 37: lettera di Uto Ughi. Ci stiamo sbagliando in tanti... troppi! Lo spettacolo “Messiah Game†Si consenta anche a me, artista e cittadino di Venezia, di dire due parole sul discusso spettacolo «Messiah Game» in cartellone alla Biennale e che viene presentato come la versione sado-maso della Vicenda di Cristo, opera di artista «sovversivo ed eccitante» e «irritante e offensivo». Trovo inaccettabile la reazione del direttore della Biennale, alla legittima e saggia richiesta del Patriarca di annullare lo spettacolo (come già fatto dal civilissimo Comune di Strasburgo) per rispettare pubblicamente la sensibilità non solo dei credenti ma di ogni persona che conosca il valore della cultura. Il direttore afferma che la decisione di sospendere lo spettacolo «minerebbe alle radici il principio di autonomia e di libertà d'espressione» e che (ed è sempre soluzione comoda) «ogni giudizio di tipo etico, morale o religioso è lasciato alla coscienza del pubblico». Altrettanto sconcertante, poi, è la dichiarazione, letta sul Corriere Veneto, del sindaco di Venezia, Massimo Cacciari, che pur ho sempre ritenuto essere persona intelligente e sensibile. Egli sostiene la non censurabilità dello spettacolo in rispetto dell'ospitalità di Venezia. Rimango allibito. Perché trattare da ospiti solo i ballerini, e non gli altri ospiti di Venezia, cristiani o laici, che chiedono non venga oltraggiata la decenza? E che dire del rispetto della memoria dei cristiani uccisi per difendere il diritto di amare quel Gesù che in questo spettacolo si riduce alle più basse pulsioni umane? Nel deserto turco, all'inizio del Novecento, milioni di armeni sono stati sterminati, e la comunità armena, ben presente all'isola di San Lazzaro, non meriterebbe di vedere rispettata la figura di Gesù, cui è da sempre votato il suo popolo, in ottemperanza all'ospitalità veneziana? Come artista, come cristiano e come veneziano d'acquisto, mi confesso sinceramente e profondamente amareggiato. Si sbandiera con troppa facilità il valore della laicità, ma quanto lontani si è dalla sensibilità del laicissimo Voltaire, che mai si sarebbe permesso di fare qualcosa che offendesse così profondamente il diritto al pudore, sul quale spesso si fondano l'arte e l'amore. Uto Ughi
 
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