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Arte...e dintorni

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L'occhio

Post n°434 pubblicato il 23 Giugno 2008 da calipso81

Dei 5 sensi è forse quello più affascinante. Ci consente di avere esperienze sensoriali uniche, di percepire colori e meraviglie della natura. Sotto un certo aspetto permette l’appagamento interiore dinnanzi a soggetti e oggetti splendidi, che siano prodotti umani o la natura più selvaggia.

L’occhio consente una comunicazione fondamentale, fatta di sguardi. Un’intesa antichissima che svela, in tutti i sensi, le persone. Il volto si sa, non tradisce mai.

L’occhio ci fa osservare, guardare distrattamente, consente al nostro cervello di ubriacarsi di colori, volti, sorrisi, luce.

 

Alcuni luoghi aiutano, soprattutto se cari al cuore. In quel caso si è più sollecitati. Cose non necessariamente uniche, particolari o riconosciute come tali, ci fanno emozionare. Ci fanno tornare indietro nel tempo, nei ricordi.

Questo è per me Firenze. Un’ubriacatura colossale. Un salto indietro nel tempo. Un ricordo continuo. Un luogo da guardare, osservare e riguardare. Senza mai stancarsi.

Alcuni hanno da ridire: ma questa cosa già s’è vista, non ti stanchi di rivederla?

Per me c’è sempre qualcosa di nuovo, l’occhio che mi fa indugiare su nuovi particolari, ricordi che affiorano.

E così percorrere nuovamente le strade del centro, le stesse che ho “consumato” per molto tempo. Cercare luoghi non bazzicati dai turisti e in cui ero stata. Scoprire con sorpresa che il negozietto dove ho comprato un braccialetto non c’è più. Tutto cambia. Tutto passa.

Ritornare agli Uffizi e alla Galleria dell’Accademia.

Per delle mostre, avevo detto: mi ero detta. Però si è lì e allora…altro giro nelle collezioni permanenti.

E i miei stessi occhi si soffermano su cose nuove, o meglio vecchie come il cucco: file, lines come le chiamano gli americane. Sterminate. Impietose. Allucinante sin dal primo mattino.

E per cosa? Per vedere i musei certo. Ma non per goderseli.

Occhi distratti, stavolta. Sono una gran voglia di consumare tutto. Presto.

Scatti veloci. Zaini da riporre. Bottiglie d’acqua da buttare.

Agli Uffizi pare d’essere in pellegrinaggio. Ti manca l’aria nelle sale. Non hai spazio per vedere nulla. Molte opere in giro per mostre. Tante sale chiuse.

L’accademia poi è una corsa al David. Foto di rito e via. Le sale al primo piano erano vuote, la mostra di Giovanni da Milano era tutta per me, una vigilante e altre 3 persone.

Ancora occhi stanchi, sciocchi. Bisogna dire d’esserci stati. E così si passa inosservati davanti a dei dipinti strepitosi di Allori o davanti a Giotto agli Uffizi.

In effetti il turista non abituato ad una simil ricchezza è come violentato visivamente. Ed ecco che l’occhio si protegge: si posa leggero e scivola via sulle opere. E’ distratto, non vuol guardare. Si vedono persone che si trascinano per i corridoi, per le sale. E mi domando che senso abbia.

E poi il dramma nel dramma di questi musei: le gite scolastiche! Mi sono sempre chiesta come si può solo pensare di portare i ragazzini delle superiori a vedere pinacoteche, con l’audioguida o con docenti pallosissimi.

 

Ho rivisto una bella signora fiorentina con gli occhi che brillano e ho ammirato la sua deliziosa mostra sui disegni. Perle preziose che entusiasmano perché aiutano a comprendere l’idea degli artisti e che poteva essere curata solo da chi nutre grande passione per l’arte tutta. Senza orticelli personali da curare e tenere ben segreti agli sguardi curiosi.

 

Si sa poi che nel mondo dell’arte, l’occhio è fondamentale. Occhio che non so ancora usare bene. E’ difficile che io dica quello che mi viene in mente di primo acchitto davanti ad un manufatto. Troppa paura di dire castronerie, incredulità che si tratti del grande artista. Si pensa che l’immagine proposta è quella dell’allievo del grande maestro, ma non LUI. Magari è insicurezza, magari è ignoranza.

Spesso metto alla prova il mio occhio: senza guide, senza leggere il nome sulle targhette, provo a riconoscere gli artisti. A volte ci becco, altre no, altre mi avvicino. Insomma ho ancora tanto da imparare. Guai a non averne più.

 

Non considero nemmeno un periodo migliore di un altro. Per me tutto ha un suo perché, un suo fascino. Mi occuperei di cose medioevali come di contemporaneo con la stessa curiosità. Il che fa storcere il naso a tanti professoroni universitari (o che si credono tali), che non capiscono come si possa leggere libri di arte medioevale e su Furini allo stesso tempo.

Bisogna specializzarsi. E addirittura arrivare a dire che chi si occupa di 600 non può occuparsi di 500.

Dinnanzi a persone che si credono eccezionali, bravissime e con i fiocchi, pronte a dirigere tutto, io sono vista come un’ameba. O meglio quella che accetterebbe di fare tutto, passando da un secolo all’altro. Ma non è così. Voglio solo imparare, capire le dinamiche, non fossilizzarmi sempre sulla stessa cosa, avere un quadro (mai espressione più adatta) più ampia possibile.

Magari farò l’insegnante (si spera nelle supplenze almeno) a vita, però voglio che il mio occhio resti vivo. Non voglio che diventi distratto, che scivoli sulle cose, che si senta “imparato”.

 

PS. Più che gli occhi ultimamente mi hanno abbandonato i piedi…Cammino come un personaggino di Bosch.

 
 
 
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