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Post n°148 pubblicato il 25 Giugno 2009 da camilloiuy

PRIMA PARTE

Decise di trascorrere la notte in quel luogo. Fece entrare tutte le pecore dalla porta in rovina e poi dispose alcune tavole di legno perché non potessero fuggire durante la notte. Non c'erano lupi in quella zona, ma una volta un animale era scappato e c'era voluta un'intera giornata perché lo ritrovasse.
Mise per terra la giacca e si sdraiò, usando come guanciale il libro che aveva appena finito di leggere. Prima di addormentarsi, pensò che doveva cominciare a leggere libri un po' più voluminosi: ci sarebbe voluto più tempo a finirli ed erano guanciali più comodi per la notte.
Era ancora buio quando si svegliò. Guardò in alto e, attraverso il soffitto semidistrutto, intravide le stelle che brillavano.
Vorrei dormire ancora un po', pensò. Aveva fatto lo stesso sogno della settimana precedente e, dinuovo, si era svegliato prima della sua conclusione.
Si alzò e bevve un sorso di vino. Poi afferrò il bastone e cominciò a svegliare le pecore che ancora dormivano. Aveva notato che, appena si destava lui, anche la maggior parte delle bestie cominciava a svegliarsi. Come se vi fosse una misteriosa energia che univa la sua vita a quella delle pecore che da due anni percorrevano insieme con lui la regione, in cerca di cibo e di acqua. Ormai si sono tanto
abituate a me che conoscono i miei orari, mormorò sottovoce. Poi, riflettendo, pensò che potevaessere anche il contrario: forse era lui che si era abituato all'orario delle pecore.
Ce n'erano alcune, però, che impiegavano un po' più di tempo a muoversi. Il ragazzo le risvegliò a una a una con il suo bastone, chiamandole per nome. Era convinto che le pecore fossero in grado dicapire ciò che lui diceva: perciò ogni tanto usava leggere loro i brani di quei libri che lo avevano colpito, o parlar loro della solitudine e della gioia di un pastore in mezzo alla campagna, oppure commentare le ultime novità che osservava nelle città per cui soleva passare.
Negli ultimi giorni, tuttavia, il suo argomento era stato praticamente uno solo: la giovinetta, figlia del commerciante, che viveva nella città dove sarebbe giunto di lì a quattro giorni. C'era già stato solo una volta, l'anno precedente. Il commerciante, che possedeva una bottega di tessuti, gradiva sempre che le pecore fossero tosate davanti ai suoi occhi, per evitare imbrogli. Un amico gli aveva indicato quella bottega, e il pastore vi aveva portato le sue pecore.
Ho bisogno di vendere un po' di lana, aveva detto al commerciante.
Il negozio era pieno e l'uomo gli aveva chiesto di aspettare fino all'imbrunire. Lui, allora, si era seduto lì davanti sul marciapiede e aveva tirato fuori dalla bisaccia un libro.
Non pensavo che i pastori sapessero leggere, aveva detto allora una voce femminile accanto a lui.
Era una ragazza tipica della regione andalusa, con i lunghi capelli neri e gli occhi che ricordavano vagamente gli antichi conquistatori mori.
Perché le pecore insegnano più dei libri, aveva risposto il ragazzo. Si erano trattenuti a parlare per più di due ore. Lei gli aveva detto di essere la figlia del commerciante, parlandogli poi della vita nel paese, dove ogni giorno era uguale all'altro. Il pastore le aveva raccontato delle campagne dell'Andalusia, delle ultime novità che aveva notato nelle città dove era passato. Era contento perché, per una volta, poteva parlare con qualcuno, a parte le pecore.
Come tutti gli altri, aveva risposto lui. A scuola.
E allora, se sai leggere, perché sei soltanto un pastore?
Il ragazzo aveva accennato una scusa qualunque per non rispondere a quella domanda: lei, certo, non avrebbe potuto capirlo. Aveva continuato a raccontare le sue storie di viaggi, mentre quegli occhietti mori si aprivano e si chiudevano per la meraviglia e la sorpresa. Via via che il tempo passava, il ragazzo aveva cominciato a desiderare che quel giorno non avesse mai fine, che il padre di lei fosse occupato ancora per lungo tempo e lo facesse attendere tre giorni. Si era reso conto che
stava provando qualcosa che non aveva mai sentito prima di allora: il desiderio di fermarsi per sempre in una città. Con quella giovinetta dai capelli neri, i giorni non sarebbero stati mai uguali.
Ma infine il commerciante era arrivato e gli aveva detto di tosare quattro pecore. Poi gli avevapagato il dovuto e chiesto di tornare l'anno dopo.
Ora mancavano solo quattro giorni perché facesse ritorno a quel villaggio. Era eccitato e, al tempo stesso, insicuro: forse la giovinetta lo aveva dimenticato. Da quelle parti passavano tanti pastori avendere la lana.
Non ha importanza, disse il ragazzo alle pecore. Anch'io conosco altre giovani in altre città.
Ma, in fondo al cuore, sentiva invece che quello era importante. Perché anche i pastori, come i marinai o come i commessi viaggiatori, sanno che c'è sempre una città dove esiste qualcuno capace di far loro dimenticare la gioia di vagare liberamente per il mondo.
Il giorno cominciò a rischiararsi e il pastore guidò le pecore in direzione del sole. Loro non hanno mai bisogno di prendere alcuna decisione, pensò. Ecco perché, forse, rimangono sempre con me.
L'unica necessità che le pecore sentivano era di un po' d'acqua e di un po' di cibo. Fino a quando ilragazzo avesse conosciuto i pascoli migliori dell'Andalusia, le pecore gli sarebbero state sempreamiche. Anche se i giorni erano tutti uguali, fatti di lunghe ore che si trascinavano fra il sorgere e il
tramontare del sole. E tutto ciò anche se non avevano mai letto un solo libro nelle loro brevi vite, e non conoscevano la lingua degli uomini che portava le novità nei paesi. Si accontentavano di acquae cibo, e ciò bastava. In cambio, offrivano generosamente la loro lana, la loro compagnia e, di tanto in tanto, la loro carne.
Se oggi diventassi un mostro e decidessi di ammazzarle una dopo l'altra, lo capirebbero soltanto dopo che fosse stato sterminato quasi tutto il gregge, pensò il ragazzo. Perché si fidano di me, mentre non si fidano più del loro istinto. Solo perché io le conduco al nutrimento e all'acqua.

 
 
 
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