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...tentando di rincollarmi

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« TREFlorentia »

“L’unico pericolo che sento veramente è quello di non riuscire più a sentire niente”

Post n°380 pubblicato il 04 Settembre 2012 da cassonetto99

Ma che il Cielo mi scampi da una cosa del genere.

Devo sempre un po’ lottare con me stessa per tenermi a freno.

Nonostante gli imminenti “anta” ancora non ho imparato a stare zitta, troppe volte. Non so essere finta e se per caso soffoco la mia natura, non tarda ad uscire prima o dopo.

A volte sono inopportuna, a volte avventata.

Con tutto ciò talvolta mi capita anche di usare la materia grigia che mi è stata donata, anche se molto più sovente esce sto cuore cornuto.

Dal momento che adottare un bambino per me era principalmente una questione di cuore, poi, ovviamente, anche di testa, dopo la prima domanda depositata e poi ritirata perché “sostanzialmente cerchiamo due persone adulte” ci disse piccata l’assistente sociale (e che è? noi siamo venuti a giocare?) ho deciso che la natura balenga di cui sono composta andava accantonata e ho cominciato la commedia: ho detto sì a tutto quello che desideravano le due operatrici sociali, ho tentato di capire dove volevano andare a parare e di dare le risposte “giuste”, ho nascosto le espressioni basite che mi si dipingono in viso dopo certi ragionamenti (giustissimi, presumo), ho cacciato i vaffanculo che volevano uscire, ho sorriso, scherzato, fatto la seria quando mi sembrava fosse richiesto.

Ho resistito agli attacchi e ho trattenuto le parole non belle che avrei voluto dire dopo la lettura della relazione della neuropsichiatra.

Sono andata a testa alta dal giudice e sono uscita sollevata (vedi post del 22.03.12: “abbiamo trovato un giudice onorario garbato, attento, scrupoloso e allegro. Uno psicologo, tra l’altro. Che ha scritto quello che effettivamente siamo, finalmente, per il giudizio finale”)

Poi ho aspettato, da brava, cinque mesi e dieci giorni.

Ho aspettato di leggere che non sono idonea a diventare madre di un bambino adottato.

 

Son tornati i passerotti, c’è voluta una settimana al lavoro, ad aspettare ogni mattina che venissero a “domandare” posati sul lillà. Chissà dove andavano a sfamarsi mentre ero in ferie.

Ma oggi son tornati.

La pazienza è la virtù dei forti?

 
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