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Cervello offresi

diario di un creativo napoletano

 

 

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Il ritorno del signor Smith

Post n°51 pubblicato il 14 Marzo 2016 da illustrator

Quando Smith entrò al Ritz Hotel di Place Vandôme la vide seduta
con lo sguardo perso nel vuoto. Aveva il suo caffè ma era lì nella tazza
aspettando le sue labbra.

Lei aspettava. Da troppo tempo.

Era stata a fasi alterne triste, arrabbiata, furiosa, preoccupata.
E ora era lì, aspettava. Pensava. Non beveva il caffè.

Quando la vide gli tremarono le gambe. Aveva letto il suo messaggio
in codice (un tappeto volante su Parigi). Era un messaggio triste e
dolce, decise di correre il rischio e andare da lei. Spiegarle quello che
era accaduto.

Smith le si sedette davanti, all'improvviso. Lei pensava fosse uno
scocciatore. Alzò svogliatamente lo sguardo pronta a dire: «sparisci
verme». Ma la frase le morì in gola.

Troppe volte aveva immaginato quel momento ed ogni volta aveva
una reazione diversa. Ora era realtà. Lui era davanti ai suoi occhi.

Il suo braccio destro partì per sferrare uno schiaffo potente (energia
accumulata in mesi di logorante attesa). Ma lui lo fermò bloccandole
il polso e posandole la mano sul tavolino del Ritz. Aveva un sorriso
che la mandò in bestia e immediatamente partì il braccio sinistro.
Ma Smith riuscì a fermare anche quello.

La lingua era libera e la usò: «Brutto figlio di puttana, dove,
dove cazzo sei stato tutto questo tempo? Nemmeno una parola,
un cenno per farmi sapere se eri vivo, morto, su una qualche
cimiciosa spiaggia a passeggiare come un brutto figlio di
puttana senza cuore… Ti odio Smith, ti odio profondamente».

«Quei maledetti russi – accennò lui – erano sulle mie tracce,
la mia copertura era bruciata, e potevano facilmente arrivare a te,
non volevo rischiare, mettere in pericolo anche te, non me lo
sarei mai perdonato».

Lei si calmò ma era pronta ad aggredirlo ancora, se avesse
continuato a fare quel sorrisetto da… da… sì, da figlio di puttana. 

«Ora che si fa? – disse lei – I russi sono sempre sulle tue tracce?».
«Sì – rispose lui – ma non avere paura, nessuno mi ha seguito».
«Non ho paura, idiota, è solo per sapere cosa hai pensato di fare!».

La fissò negli occhi senza sorridere. «Ti ho pensata molto, ma non
potevo rischiare che ti scoprissero. È stata dura ma credo di
esserci riuscito a non portarli diritti a te quei russi maledetti.
Saperti al sicuro mi rende felice.».

«Sei uno stupido figlio di puttana, e ora pensi di cavartela così?
Con quattro parole senza senso? E io, tutto il mio tempo
sprecato? Le mie ansie? Le mie preoccupazioni? Sei un fottutissimo
idiota!».

Dio, quel delizioso accento francese… quanto gli mancava, lo sapeva
ma ora ne aveva la certezza: quel delizioso accento francese
lo aiutava a respirare.

«C'è un volo fra due giorni, e uno il giorno dopo. Caracas e poi via
a Nassau. Parto prima io e poi tu, se vuoi. Ti aspetterò per tre
giorni e poi andrò alle Bahamas e ogni giorno farò una passeggiata
sulla spiaggia sperando di sentire il profumo di cannella».

Le strinse le mani e si alzò per andare… ma ebbe un tentennamento
si abbassò verso di lei come per dirle un'ultima cosa all'orecchio.
Un bacio leggero e delicato all'angolo della bocca. «Spero di passeggiare
con te sulla spiaggia di Grace Bay». Andò via.

Lo guardò confondersi tra la folla, come fumo nella nebbia.

Lei sorrise, si alzò, mise gli occhiali da sole, uscì sapendo che non
sarebbe più tornata al Ritz.

Respirò l'aria fredda di una Parigi piena di sole. Sarebbe partita?
Non lo sapeva ancora, ma ora non voleva pensarci, voleva solo godersi
una inaspettata giornata di sole. 

 
 
 
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