Lucieombre

...segretezza polare di un'anima al cospetto di se stessa...

 

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Post N° 37

Post n°37 pubblicato il 17 Novembre 2005 da solstiziod_inverno
Foto di solstiziod_inverno


Giuro che ho spazzolato i capelli.
Ho lisciato bene ogni ciocca da districare alla radice i pensieri.
Perciò, ditemelo che non è colpa mia, se loro s’ostinano a stare gli uni sugli altri, come un delirio.
La mia testa ronza come un nido di vespe.

E’ vero, ho dormito poco stanotte.
Ho sentito il soffitto franare.
La volta sui meandri della memoria ha iniziato a vorticare ossessiva.
Cedeva.
Saettava.
Si sgretolava in lunghe crepe, sottili e volubili.
Non so quanti vermi mi siano caduti addosso.
Quegli esseri smaniosi e striscianti.
Pensieri così tormentosi che hanno scavato buche profonde, senza ritorno.

La notte – diceva qualcuno – è il momento in cui le dormienti tornano sveglie.
Il momento in cui le paure e i sensi di colpa serpeggiano fuori, in silenzio abbandonano i loculi, le anguste tane.
Il momento in cui inconsciamente se ne stanno rinchiuse, e lì s’avvinghiano alle itteriche angosce, finché penetrano gli incubi aspettando il momento in cui si è più vulnerabili e fragili.
La loro è una morte apparente, perché è quando le ombre si allungano che si destano e rimangono vigili a perscrutare il mondo.
Il mio.
Inerme.
Finché dall’alto s’avventano, intorno vi girano, e gli saltano addosso.
Addosso.

– Oddio come strisciano. Non riesco a scacciarle, le larve infelici della viltà si muovono troppo veloci, le mie mani mulinano al vento, gli passo attraverso –.

L’alba stamani mi è parsa da subito, come il bagliore d’una lampada alogena spenta da poco.
Vacua e sfuggente.
Le ore del mattino tardavano, e tardavano, e il buio ha finito con me il suo risucchio.
Mi ha coperto con il velo stellato delle illusioni, e con esso ho iniziato a precipitare nel vuoto come una stella il 10 d’Agosto.
Più tardi, quando ormai si sarebbe detto che si fosse svegliato il giorno, l’alba non era ancora né calorosa né rossa.
Sembrava piuttosto l’espandersi lento d’un ematoma a contusione avvenuta.
Un’ecchimosi della speranza.
I lividi d’un temporale, dopo che il cielo ha pianto anche la sua ultima lacrima.

E’ che sto dimenticando il colore dei sogni.

C’è stato un tempo che cantavo agli azzurri mattini, spalancando la finestra e guardando il cielo cantavo l’amore vestito di bianco.
Seguivo come un girasole d’estate il nero profumo della cioccolata d’inverno.
Correvo sul verde infinito dei prati respirando il lillà d’una rosa rubata al giardino di mio nonno.
Sognavo.
E a quel tempo ancora disegnavo il rosso dei cuori scrivendo su una freccia: ti amo.
Rosea volevo la vita – credo – quando ancora distinguevo il colore dei sogni.

Rosea.

Adesso continuo a spazzolare ogni giorno i capelli.
Districo attenta tutti gli amplessi della mia anima informe.
Spazzolo addirittura due volte, riflessa davanti allo specchio, mentre intanto il grigio del tempo incalza ed incombe.
E non mi resta che fare una trama d’argento.
Una catena metallica e lunga da poterla scendere al pozzo.
Giù in fondo.
Dentro me stessa.

 
 
 

Post N° 36

Post n°36 pubblicato il 15 Novembre 2005 da solstiziod_inverno
Foto di solstiziod_inverno

C’è una strada imprevedibile dietro qualche angolo impreciso che porta all’oltre e segue svelta il buio.
Perché dove la luna è assente veste sempre il lutto.
Il lutto d’una notte interminabile senza la luce delle stelle.
Giacché è il momento definito in cui i sogni d’un bambino muoiono atterriti e mutano in illusioni dominanti.

Sconfina l’oscurità.
Nei giochi.
E penetra i balocchi come la polvere d’antrace fa con l’epidermide.
Finché il cuore e poi la mente iniziano a tremare.
Mentre frana l’innocenza.
Comincia a tramare il filo invisibile d’una tela resistente.
Al freddo dell’ignoto.
Che imbriglia la voce nel silenzio e preme.
Pungente.
Sulla pelle immacolata e imberbe.
Con raffiche feroci come un folle vento.

Inavvertibile il primo bivio sul cammino.
Nemmeno lo squittire impercettibile dei sensi fino allo svoltare dell’angolo.
Acuto ed iniziatico.
Figuriamoci poi se esiste la perfezione falsa e inesistente d’un qualche cerchio.
Sferzato al centro da una lunga striscia proibitiva, di divieto.
Lampeggiante in bella mostra per avvertimento.
Solo un crocicchio anonimo tra le tante vie del mondo.

A meno che per coincidenza, magari, una bolla di stupore lì vicino scoppi.
Come per miracolo.
Al momento giusto, e lo spostamento d’aria recuperi pensieri e passi.
Trattenendola per la curiosità morbosa in bilico allo spigolo e, invitandola al nuovo fatto, allontani dal passaggio ambiguo dentro il dubbio, dal lato oscuro della vita al suo sviluppo.
Allontani sì, ma fino a quando?

Quante altre brecce a strapiombo allargherà l’istinto?
Inspiegabilmente indirizzato dove la notte schiaccia il giorno.
Ed ogni luce muore sotto l’egida spietata del nero buio.
Sarà il richiamo del subconscio, che col tempo imparerà a squillare nitido e agghiacciante.
Risuonerà come un grido dentro il sonno.
Tuonerà anche in pieno sole equatoriale.
L’autocontrollo riuscirà al principio ad innalzare i pali convenzionali del rifiuto, ma poi vi danzerà festante intorno appendendo l’intero mondo al chiodo.
In origine costruirà fitte gabbie impenetrabili in cui rinchiudere se stesso.
Ma finirà per dilatare con orgoglio ogni spazio tra le sbarre all’infinito.
Sulle fondamenta d’un labirintico delirio crescerà lo spazio aperto dell’essere se stessi.
Finalmente liberi.
Vigile sarà il controllo.
Mai pigro.
Non lascerà che la fredda pioggia infuri alla finestra, con forza contro i vetri fragili dell’esistenza, finché non s’infrangano nel vuoto.
No!
Il dominio di sé sarà l’equilibrio cui sempre tenderà l’arco del tempo, e poggerà sulla consapevolezza - placida - dell’opposto degli impulsi.
Del crogiolarsi al centro del proprio crocevia.

L’angolo ha infine spalancato se stesso, ora spacca e tiene unito come un orizzonte.

Perché l’inverso di specchio è ombra immancabile alla punta dei piedi.

 
 
 

Post N° 35

Post n°35 pubblicato il 09 Novembre 2005 da solstiziod_inverno
Foto di solstiziod_inverno

Ci sono momenti in cui il mondo improvvisamente si zittisce.
L'aria smette di essere aria e diventa carta bianca.
Accenno un sorriso.
Il ridicolo si sta impossessando di me.
La pagina bianca ridiventa aria che in questo momento non ho voglia di respirare.
Ci sono attimi che non sono tali perchè durano un'eternità.
Ci sono eternità che esistono il tempo di un attimo.
L'aria diventa una pagina scritta in modo perfetto.
Ma ci sono pagine che, appena scritte, fanno talmente paura che decidiamo immediatamente di bruciarle.
Nella vita è tutta una questione di tempi precisi.
E' tutta una questione di respiri.

 
 
 

Post N° 34

Post n°34 pubblicato il 07 Novembre 2005 da solstiziod_inverno
Foto di solstiziod_inverno

Prima tutto era più chiaro, ora solo nebbia contorta e nubi incalzanti.
Ad un certo punto ho smesso di contare le volte che mi sono girata nel letto, quasi fino a disfarlo.
Il solito sguardo alla finestra.
Ieri volevo qualcosa da quel cielo, da quel cielo spietato e senza clemenza.
Occhi chiusi dentro e fuori di me.
Respiro corto, strozzato, rubato, nascosto.
Cerco invano di riportare la respirazione a un livello umano.
La mente vola.
Corre.
Scorre.
Immagini strane.
Cosa mai viste o solo immaginate.
Cose viste e che non vorrei rivedere o tutto il contrario di tutto.
Una sequenza infinita, distorta, e non riesco ad aprire gli occhi.
Non riesco a girarmi.
Non riesco.
E dentro sento qualcosa, qualcosa che opprime forte il petto.
Sudore freddo, una morsa mi attanaglia le viscere.
Forte, possente, potente.
Mi sembra di non farcela, la mia volontà vacilla, la sento informe sotto di me.
Improvvisa, come sempre.
Questa cappa di tristezza non imparerà mai ad annunciarsi per gradi.
Mi colpisce nel punto più debole, nel punto più fragile.
In quella cavità segreta e buia e nascosta e tumefatta e incolta e desolata e angusta.
Nessuna luce, solo tenebre e silenzio, e pensieri e cose da dire e da tacere e da non tentare.
Mi aggrappo a dagli scalini che non capisco se mi permettono di alzarmi o scendono prendendosi gioco di me.
Forse scivolano, sotto le mie unghie.
Olio e binari, dritti davanti a me.
Poi il nero.
Ed ecco una palla elettrica, di un azzuro luce intenso.
Tutto si avviluppa davanti a me.
Sferico.
Rotondo.
In quegli attimi eterni, dove il tempo si rovescia, dove perdo il conto di me stessa mi ritrovo a lanciare come pugnali preghiere rivolte a un Dio che non conosco ma che cerco.
Un Dio che non mi sente, che non mi vuole.
E mi nascondo da tutti, da questo mondo che sento lontano e distante.
Da questo mondo che sfugge per non farsi trovare.
Quando entrambi non abbiamo voglia dell'altro.
Sale piano, e poi divampa fragorosa, questa necessità di respirare e di gridare e di piangere lacrime che non ho.
Ho creduto di impazzire, ho creduto che mani ossute mi strappassero vitalità e ragione.
Contrastante con me stessa, con la mia volontà che voleva aprirsi per vedere, vedere fuori da quella finestra.
Che voleva girarsi e cambiare posizione.
Che voleva un cuscino dove posare i pensieri.
Ero stretta e schiacciata, incastonata come un fossile in un dolore non mio.
O forse era mio.
Non lo so.
C'è solo confusione, ora, oggi.
Una macchia nera, sudicia, meleodorante che mi spingeva a respirare altrove.
Una testa sempre da un'altra parte e mai con me, mai sopra di me, mai dentro di me.
Un margine di cose e pensieri incessanti che guardavo da una prospettiva contigua.
Un prolungamento di qualcosa.
Sonno, chiedevo disperatamente sonno.
Chiedevo di non stare così, occhi chiusi sul mondo, e se avessi dovuto incanalare qualcosa, lo volevo fare inconsciamente, senza saperlo, senza volerlo.
Non ho mai deciso io queste cose.
Mi si aggrappano addosso come carogne.
Quel Dio che disconosco mi ha ascoltata.
La mattina è stata nefasta.
Buia, grigia e quel sole mi faceva diventare ancora più irritabile.
Oggi il sole, stonava, mi sbatteva in faccia un fastidio insopportabile.
Proponeva i suoi raggi a chi, non sa che farsene.
Non guardo nessuno.
Non m'interessa di nessuno.
Non mi giro per nessuno.
E mi sento stanca, svuotata.
Inanimata.
Sopravvivere, perchè oggi non ho vissuto.
Sono stata comparsa nella mia vita.
Clandestina ai miei stessi occhi.

 
 
 

Post N° 32

Post n°32 pubblicato il 22 Ottobre 2005 da solstiziod_inverno
Foto di solstiziod_inverno

Venerdì  21/10/05   ore  16.25

Ho letto un post prima.
Ho letto anche altro.
Svuotamento.
Annientamento.
La solitudine.
La malattia della nuova era.
Che ironia.
Che brividi ogni volta che ci penso e che la pronuncio.
Nonostante sia una sensazione che mi accompagna sempre.
Non mi lascia mai.
Se potessi uccidermi ora lo farei.
Con quella risata del cazzo che ho addosso.
Quella risata che si fa qualche istante prima di scoppiare a piangere.
Poi però passa.
Non piango.
Non nel vale la pena.
Forse.
O forse si.
Non me ne frega un cazzo neppure di scoprire questo.
In questo momento sono più impermeabile di una tela cerata.
Sono pietra.
Mare.
Immensità.
Dolore.
Braccia chiuse.
Sguardo altrove.
Amare.
Cercare.
Dire.
Fare.
Baciare.
Lettera e testamento.
Ecco conglobato il tutto.
Un'inizio che non ha fine.
Una fine che non ha avuto inizio.
Che dire ancora?
Nulla credo.
Se non il fatto che ogni cazzo di giorno mi rimetto in discussione.
Sempre.
Come madre.
Come lavoratrice.
Come amica.
Come nemica.
Come donna.
Come bambina.
E non sempre riesco a trattenere il fastidio di rivedermi.
Ridicola in qualcosa.
In quel qualcosa fatto mentre ci credevo.
Mentre ci credo.
Anche ora credo in quello che dico e faccio.
Anche ora porca puttana.
E domani riderò.
Di me.
Di te.
Di loro
.
Di tutti.
Con quella morsa che stringe.
Che non mi lascia respirare.
Per poi trovarmi a piangere appoggiata al lavandino.
Pugni serrati.
Denti stretti.
Rabbia chiusa.
R
azionalità?.
Fottiti.
Fottiti.
Fottiti.
Irrazionalità?
Ora non ne ho.
Un minuscolo squarcio di luce appoggiato in fondo alla mia ragione.
Non rischiara.
Non rischiara.
Vaffanculo non rischiara un cazzo.
Qui è buio.
Buio.
Capisci?
Buio.
I
o da qui non vedo un cazzo.
E' inutile che mi sforzi di farlo.
E' inutile infossarsi nella speranza o nell'attesa di qualcosa.
Tutto è dolore.
Tutto.
Dalla prima cosa all'ultima.
E se anche ci fosse qualcosa di bello o di cui gioire, poi la paghi.
La paghi.
Con gli interessi.
La vita è uno strozzino senza pietà.
Non ti guarda in faccia.
Non ti chiede chi sei.
Non vuole sapere chi sei.
E mi sento affogare.
E mi sento morire.
Dentro.
In un colpo solo.
Qualche secondo e tutto cambia.
Tutto.
Le prospettive.
Le idee.
I pensieri.
Vorrei fare piazza pulita.
Passare rabbiosa il braccio intorno alla mia vita e buttare giù tutto.
E mentre scrivo mi scopro a pensarci.
A pensarci.
E' assurdo pensarci ora.
In questo momento.
Quella ragnatela invisibile chiamata speranza
.
C'è sempre.
C'è anche quando pensi che non ci sia più.
F
anculo a tutto e tutti.
Me ne vado a letto.
Devo riflettere.
Riflettere.


 
 
 

Post N° 31

Post n°31 pubblicato il 18 Ottobre 2005 da solstiziod_inverno
Foto di solstiziod_inverno

E mi sento piccola.
Infinitamente piccola.
Questa sensazione d'inadeguatezza che mi prende e mi stropiccia dentro.
Fuori.
In ogni parte.
E mi vorrei lasciar correre.
Attraversare.
Incidere.
Fortificare.
Ammansire.
Addomesticare.
Vorrei quell'odore perenne di caffè.
Quel caldo tepore che mi abbraccia.
Quella sensazione di risveglio.
Seduta per terra.
Ad aspettare.
A contare le ore.
A guardare il soffitto pensando che se mi cadesse non sarebbe così grave.
Non più grave di quest'assenza che sento nelle vene.
Il freddo.
Pareti gelate.
La mia schiena contro.
Di te.
Al mondo.
Tutti.
Una via, decisa e che percorro.
Una via che mi tranquillizza e che m'inquieta.
A tratti dissonante.
A tratti coinvolgente.
Io che non so camminare.
Io che ho paura di cadere.
Di inciampare.
Di farmi male.
Dovrei avvolgermi nell'ambiguità, ma finirei per cambiare e non essere più io.
Cadere nell'interpretazione più avvalorante di me.
Non ti piacerei.
Non piaccio neanche a me sotto quelle squallide e putride vesti.
Io non lo so come si chiama questa cosa.
Però mi piace.
So solo questo.
Unica certezza in un mare di infiniti dubbi.
Domani, vieni?
Vieni?
Si dai.
Vieni.

 
 
 

Post N° 30

Post n°30 pubblicato il 12 Ottobre 2005 da solstiziod_inverno
Foto di solstiziod_inverno

E mi chiedi davvero, davvero come è successo?
Come il tempo m’abbia ridotta qui davanti allo specchio a consumare matite, a guardarmi con gli occhi di chi ancora non conosco.
Da sola e in attesa, con i sogni di bambina, che se non fosse per l’età, sarebbe giusto coltivare.
Davvero mi chiedi chi sono?
Chi sono quando la tinta si sfuma d’oro e d’argento lungo l’arcata degli occhi e sbriciola il tempo nella notte che cala.
Mi trucco e mi ritrucco e seguo i bordi e calco ed affondo i contorni e mi concio come una bambola gonfiabile.
Come un’amante che ha perso il senno e si ritrova attenta a non ridere, perché questa maledetta ruga che scompone il viso lascia un solco indelebile e s’allarga come labbra di sesso avanti negli anni.
 
E mi sciolgo i capelli tra le smorfie allo specchio e mi tiro la pelle per dimostrare qualche giorno di meno.
E nascondo questo seno che tracima lungo i ricordi che m’hanno visto ostentarlo, ed offrirlo per poco di un niente, per amori svaniti nel nulla.
Ma sarò ancora bella tanto, quando qualcuno mi guarderà, sarò bella tanto, quando fuori da questo sogno qualcuno s’accorgerà di quanto candida e pura l’aspetto da anni.

Davvero mi chiedi perché?
Quale sogno di uomo m’abbia ridotta a tirar mattina davanti allo specchio mentre inghiotto la voce annodata alla gola e trattengo il respiro per sentirmi più viva.
Fottuta è l’attesa che mi colora le unghie e  allunga le righe di rimmel passate di moda, fottuto il mio sogno che negli anni, passati a renderlo vero, è diventato ancora più sogno senza nessuna speranza.
 
Ma i ricordi non m’aiutano a capire, a dare quel senso che il desiderio domanda e aggroviglia questo ventre inesplorato.
E come un flusso che macchia lenzuola, mi sorprendo a chiedermi come il tempo sia passato così in fretta, più in fretta dei miei dubbi e del destino che mi obbliga ancora a ripassarmi di creme fino a farmi così bella davanti allo specchio.
E ossessiva mi guardo e mi riguardo mille volte, tra i vetri incastonati per magia, ammiro il mio di dietro e il mio davanti, ancora vergini ed illibati al susseguirsi di maschi che hanno affollato le mie notti ed i miei letti di lino poco convincenti.
E pettino il mio tesoro che pirati avrebbero volentieri trafugato, dove uccelli rapaci si sarebbero davvero riposati lungo la traversata dei mari di piacere.
E fiera me la tengo stretta tra le mani, e come figlia, creduta persa, vorrei baciarla ma non posso.
Quanti uomini l’hanno tentata, bagnandola di carezze e fantasie, quanti sessi dritti sono stati sul punto di affondare immergendosi nel mistero per il desiderio irrefrenabile di esserne avvolti.
E tu mi chiedi davvero, ma davvero chi sono?
Davvero come è potuto accadere?
Quale istinto di donna represso davanti palle gonfie di uomo possa negarsi per tutta una vita e sperare che stasera, ieri o domani, sia la prima volta.
E la notte è lì fuori che  m’aspetta, basterebbe quel poco per farmi diventare terrestre, stasera m’inviteranno come tante volte hanno fatto, come tanti uomini nel tempo sono diventati più vecchi.
E mi tremano le gambe a pensarci, come per tante volte sono stata sul punto di cadere, quando m’invitavano a ballare, quando mi sfioravano i vestiti ed i battiti del sangue.
E le mani scendevano, scendevano scandendo secondi di ansia e centimetri di stoffa fino al limite dove oltre non è consentito, fino a dove il sentire comune non dà benestare.
E rimanevano lì, attaccati alla loro conquista, leggeri e pesanti in attesa di  una mia reazione.
C’era musica e c’era silenzio in quegli attimi di decisione, ma non decidevo e li lasciavo fare, in preda agli eventi ed ai loro respiri più grossi che mi solleticavano il collo ed il raso dei fianchi.
E duri di sesso premevano sulla mia timida voglia che flebile e lontana avvertivo come se fosse non mia, come se fosse della signora di fianco.
Che ballava e come ballava, come se avesse scambiato musica e  sesso di maschio, come se quel corpo sinuoso non avrebbe mai potuto sentire di meglio.
E poi ad un tratto la musica s’arrestava ed io avvertivo la stretta sul cuore, confuso nel vortice di darsi e non darsi, di battere a vuoto per una nuova promessa che nessun antidoto avrebbe potuto arrestare.
Ma li lasciavo fare, in macchina o dentro una casa, quando li sentivo allargare l’orlo delle mie mutande e quando la mano, troppo timida per essere vera, accarezzava il pube e non andava oltre.
Rimanevano in attesa e stupiti che l’alone di fascino non m’avvolgeva per nulla, che la voce, le mani, la loro essenza di maschio non m’avesse smosso che un leggero imbarazzo.
Ma la luna non era persuasiva e rimanevo vigile ad aspettare la prossima mossa che chiedeva permesso lungo la lampo dei miei non posso o lungo le pieghe della carne che si stringevano a morsa.
E tentavano ancora, magari parlando di sé stessi e ricominciando il percorso dal punto di partenza.
Dal ginocchio frusciavano leggeri lungo la fibra della calza risalendo come salmoni la corrente a fatica, per poi tornare a sfiorare i miei slip ripieni solo di dubbi e dinieghi.
E mi guardavano negli occhi più umidi del sesso cercando le risposte ai loro sessi eretti che per quanto mi riguardava potevano rimanere in quello stato, se ancora decisi e insistenti nel trovare piacere dove piacere gli era negato.
Qualcuno si spazientiva, altri s’accontentavano a seguirmi in superficie dove l’amore non è amore, ma un surrogato che ammansisce la voglia e rimanda l’attesa.
Avvinghiata alla gamba dell’uomo ignaro, m’aggrappavo a fantasie che solo il mio corpo poteva sentire, penetrata senza cortesie dall’uomo che nel sogno conoscevo davvero.
E mi  concedevo sul tavolo di marmo in cucina, come addosso alla ringhiera quando mi prendeva da dietro contando i suoi respiri come i tanti giorni che non mi ero lasciata andare.
E affondava come martello pneumatico, come asfaltatrice sulle mie resistenze che cadevano come stelle in mare nella notte di San Lorenzo.
Ed era bello sentirselo dentro, sentirlo pulsare di sangue e piacere, sentirti appellare con parole che solo in quel momento avevano un senso, che solo dentro il sogno non m’avrebbero offesa.
E proprio lì ho avuto tanti uomini che ora  li giro come anelli tra le dita, qualcuno per errore, perché anche nel sogno si può sbagliare, tanti per scommessa, ma nessuno per  amore, quell’amore che rischiara notti insonni e che domani sembra ieri od oggi un altro giorno.
E proprio lì avvinghiata alla gamba dell’anonimo  ho avuto tanti amanti come i lividi che porto, ed entravano senza chiedere, e mi consumavano le  labbra, oscene e generose, strizzandomi il cuore come straccio da per terra.
E mi chiamavano, perché puttana perché porca, perché succhiavo rabbia e sesso di rivincite notturne, perché cogliona alimentavo le speranze di saliva, perché, solo in sogno, era semplice truffarmi.
E le mani sulla testa mi scarnivano i pensieri, concentrata sul piacere in attesa dello sputo, come il dai e dai di meretrici, tumefatte d’abitudine attutivo i loro colpi ammollandogli il percorso.
E mi davo come nuova, oltre i denti del giudizio, oltre il lecito consenso del mio cuore malandato, fino a farmi vomitare corrodendomi la gola con acido infecondo che ristagna di sapore fino al prossimo sogno inconfessato.
 
E poi tutto finiva, tutto tornava come fuori dal sogno. E l’uomo incredulo mi guardava, domandandosi come avessi potuto godere in quel modo senza essere penetrata, senza che un uccello, il suo, fosse arrivato a sfiorarmi là dove non ci sono più richieste, là dove non c’è più spazio per chiederne ancora.
E tutto tornava come prima, come prima del ballo, prima di sapere dove sarei finita quella sera, prima di quando davanti allo specchio allacciavo stringhe e tentazioni, prima di convincermi ancora una volta che non era quello il momento, non era quello l’uomo che m’avrebbe presa fuori dal sogno e sgonfiato per sempre l’attesa. 
 

 
 
 

Post N° 29

Post n°29 pubblicato il 09 Ottobre 2005 da solstiziod_inverno
Foto di solstiziod_inverno

Mi piace la penombra.
Il riverbero sul tuo viso della tv.
Quel gioco di lucieombre.
E restavo lì, ad ascoltarti.
A parlarti.
Mi piace anche questo.
Anche questo.
Si.
Anche questo.
Non mi piace chiedere.
Pretendere.
Esigere.
E' una forma di accattonaggio.
Un modo per chiedere conferme che potrebbero non essere mantenute.
Rigidità per alcune affermazioni.
Colpi che mi hanno semplicemente attraversata senza lasciare segni.
Segni, non pensieri.
Dare sotto esplicita richiesta.
Non dare quando non è chiesto.
Trovare nell'alibi la propria via d'uscita.
Certe cose si meritano?
Ho il dubbio.
Non lo so.
Forse non lo merito, anche se la parola mi infastidisce al solo pensiero di pronunciarla con la voce.
Do in base a quello che ricevo.
Altro dubbio.
A volte non so bene cosa ricevo.
A volte quello che ricevo non è chiaro.
A volte l'ambiguità prevale.
A volte penso di credere qualcosa che non c'è.
A volte credo che quel qualcosa ci sia.
A volte non vedo quello che c'è.
A volte lo vedo troppo tardi.
A volte confondo semplicemente le cose.
A volte l'intuizione mi fotte.
A volte la presunzione dorme.
A volte si sveglia di colpo e si appropria di qualcosa che non le appartiene.
Paura.
Sempre questa malata sensazione che aggroviglia i fili sottili che legano.
Paura di rompere.
paura di strappare.
Paura di sentirmi legata.
Paura di scoprirmi slegata.
Caos.
Ci penso.
Anche se non lo dico.
Anche se non lo faccio trasparire.
Anche se dico di no.
Anche se probabilmente lo dici anche tu.
A volte le sensazioni ti salgono sulla pelle come piccole scariche per perdersi nei meandri più isolati.
Dimenticati.
Cos'è stato?
Non lo ricordo.
Qualcosa che mi passavo addosso.
Qualcosa che mi passava addosso.
Qualcosa che mi passavi addosso.
E ora?
E ora basta.
E' già passato.
La prossima volta fermo tutto.
Premo il tasto STOP.
Ognuno è quello che è sempre stato.
Ognuno da quello che può.
Ognuno da quello che vuole.
Ognuno da quello che crede di avere.
Ognuno decide per sè.
Ognuno cerca di materializzare tutto quello che di impalpabile esiste.
Ognuno ha i propri sogni e le proprie teorie.
Ognuno ha le proprie scelte.
Indiscutibili.
Ognuno decide di precludere cose a discapito di altre.
Ognuno si dona come può.
L'esclusività.
Pronunciata è una parola come un'altra.
Con il suo bel significato a farla apparire bella e imprigionata.
Si decide.
Non si chiede.
Io ho deciso.
Non mi è stato chiesto.

 
 
 

Post N° 28

Post n°28 pubblicato il 04 Ottobre 2005 da solstiziod_inverno
Foto di solstiziod_inverno

Occhei.
Occhei.
Ho letto.
Ho letto.
Come avrei potuto non farlo?
Resto in silenzio per un paio di minuti.
E' tutto molto soggettivo.
Anche il contenuto che ti vanti di avere.
Sai, le prospettive sono sempre differenti.
Bisogna vedere da che punto ci si lascia squagliare per godercene pienamente.
Romperò ancora un pò i coglioni.
Perchè io sono fatta così.
Ma ci arrivo prima o poi.
Prima o poi, quando ormai non ci spero più, non mi ricorderò neppure il tuo nome.
I luoghi incantati sono bei posti dove perdersi.
Danno un delizioso senso di sicurezza.
Apparire sterile ed inutile.
Diversa.
Mi sento ignota.
Rifuggo il gioco e lo bramo.
Perchè non ti scrivo?
Perchè non mi scrivi?
Il motivo sarà uguale?
Tu così austero e distaccato.
Con il tuo coriaceo alter-ego.
Mi costringi a guardare un fiume in piena con l'acqua fino al collo.
Potrei anche dirti che ti detesto.
Che sei urticante.
Senza nessuno sforzo.
Un pezzetto di carta che ho perduto.
Brusio incessante.
Me ne farò una ragione.
Messaggio recepito.
Passo e chiudo.

 
 
 

Post N° 27

Post n°27 pubblicato il 04 Ottobre 2005 da solstiziod_inverno
Foto di solstiziod_inverno

Summer for thee, grant I may be
When Summer days are flown!
Thy music still, when Whippoorwill
And Oriole - are done!

For thee to bloom, I'll skip the tomb
And sow my blossoms o'er!
Pray gather me -
Anemone -
Thy flower - forevermore!

Fai ch'io per te sia l'estate
Quando saran fuggiti i giorni estivi!
La tua musica quando il fanello
Tacerà e il pettirosso!

A fiorire per te saprò sfuggire alla tomba
Riseminando il mio splendore!
E tu coglimi,
Anomone
Tuo fiore per l'eterno!


 
 
 

Post N° 26

Post n°26 pubblicato il 03 Ottobre 2005 da solstiziod_inverno
Foto di solstiziod_inverno

Ci ho pensato sai?
Io penso sempre.
Anche quando non voglio.
Anche quando non dovrei.
Anche quando non mi conviene.
Forse in quest'ultima ci vedo sempre l'apologia di tutto.
Incasinarmi la mente nelle cose.
Qualcuno le chiama seghe mentali.
Io le chiamo riflessioni.
Polverosi pensieri da rendere guardabili se non comprensibili.
Boh.
Tutto questo ha dell'inverosimile.
Chissà se lo pensi anche tu.
Chissà a cosa pensi.
Chissà se pensi.
Non so più nulla di te.
Nulla.
Forse non ho mai saputo veramente nulla.
Non mi consola per un cazzo questa alternativa.
Anzi, mi irrita la gola.
Giusto per restare in tema.
Perchè io, oltre che a pensare, leggo.
Tanto.
Tutto.
Anche quello che non dovrei.
Mi serve.
Mi aiuta.
Mi serve.
Mi aiuta.
Mi serve.
Mi aiuta.
Me lo ripeto per convincermene.
Nel dubbio divento, tentennante.
Instabile.
Dunque.
Dicevo.
Leggo.
E' più forte di me.
Che ci posso fare.
I peccati e gli sbagli me li ritaglio a mio piacimento.
Come una forma di masochismo.
Ma non ti devo certo spiegare certe cose.
Però.
Vorrei spiegarti io una cosa.
Quei commenti.
Fuori luogo.
Lo ammetto.
Quando sanguino.
Quando mi aggiro dentro la mia gabbia invisibile.
Quando ringhio.
Quando dondolo.
Quando...
Divento stronza.
Quasi bastarda.
Credo.
Poi non lo so.
Troppo complicato per me capire il silenzio altrui.
Resto qui.
A togliere la polvere da parole incise nella pietra.
Quelle che un tempo furono.

 
 
 

Post N° 25

Post n°25 pubblicato il 25 Settembre 2005 da solstiziod_inverno
Foto di solstiziod_inverno

Non sono mai preparata all'inevitabile.
Per quanto mi sforzi, ci arrivo sempre con lo sguardo vacuo.
E in quei momenti, mi sento in bilico.
Sospesa.
Arranco senza fiato.
Annego in quel pugno che è.
In quello schiaffo all'improvviso.
In quel secchio di acqua gelata che mi ha bagnata.
Forse è terrore.
Terrore di non essere in grado.
All'altezza.
Capace.
Perchècos'ècomedovequandoeoracosafacciocosadico.
Cosapensoecomelopenso.
Cazzoeora?
Perchè di teoria ne ho tanta, tutta quella che potevo immaginare di possedere.
Di pratica non lo so.
Credo sempre di fare il meglio.
Credo sempre che potrei fare di più.
Credo sempre che è tutto sbagliato.
Troppi equilibri precari che mettono in gioco un passato.
Un presente contro un futuro.
Fare la cosa giusta per la ragione sbagliata.
Fare la cosa sbagliata per la ragione giusta.
E in quel momento mi sento avvolta da qualcosa che mi stringe alla gola.
Alle mani.
Alle gambe.
Non ci sono regole a insegnare.
Non ci sono regole a spiegare.
E' un istinto.
Forse sbagliato.
Forse giusto.
Rammanico per non saper gestire ciò che non conosco.
Io che pecco sempre di presunzione (con gli altri) di essere sempre all'altezza.
Nervi saldi.
Accaio.
Non sono così.
Non lo sono mai stata e mai lo sarò.
Tra le tante paure, quella di non sapere come si cristallizzerà una reazione.
A volte il tempo lavora senza che io lo senta.
E intanto, si calcifica qualcosa.
Intanto io potrei trovarmi calcificata in qualcuno.
Un fossile millenario.
Incastonata in una forma d'ambra.
E' una battaglia giornaliera.
Una disfatta comune.
E io mi ritrovo già stanca.
Infinitamente stanca.
Anche ora.
Mi guardo riflessa nei miei occhi.
Quasi a cercare una terra perduta.
Pronta per altri combattimenti.
Perchè le ferite degli eroi guariscono in fretta.
Con il balsamo della comunicazione.

 
 
 

Post N° 24

Post n°24 pubblicato il 24 Settembre 2005 da solstiziod_inverno
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A volte odio parlare di me.
Non ho mai ambito a essere personaggio.
Cerco solo questo posto quando ho bisogno di sentirmi al sicuro.
Spesso mi capita di pensare a questi luoghi.
Fatti di tutto e di niente.
Il posto prediletto da coloro che sono stati fottuti.
Quelli che vengono sconfitti senza che nessuno gli abbia chiesto se volevano perdere.
Quelli che danno il meglio si se stessi senza aspettarsi ricompense o riconoscimenti.
Pochi sanno guardare in faccia la propria e l'altrui storia tormentata.
Le idee cedono il passo all'unica transizione possibile.
Soffocare le emozioni e imporre la ragione.
Mi fa male arrivare a questa conclusione popolare e mi conferma che...coloro che non conoscono la propria storia cadono facilmente in mano a imbroglioni e falsi profeti.
Tornare a commettere gli stessi errori.
Inesorabilmente.
Ininterrottamente.
Con consapevolezza.
E in mano ciò che resta di un utopia.

 
 
 

Post N° 23

Post n°23 pubblicato il 19 Settembre 2005 da solstiziod_inverno
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Notte.
Notte orgogliosa.
"A tutto c'è rimedio fuorchè alla morte."
Recito il codice etico scritto dentro di me e io, coerente con tale massima, giro per le strade di questa vita cercando di riparare e di sistemare rapporti gocciolanti che sono stati la causa di notti insonni.
Saldo le crepe del mio cuore con la fiamma ossidrica del perdono e dell'accondiscendenza.
Non mi sento necessaria.
Tutto si baratta.
Tutto si compra.
Io tento di prolungare il mio senso per gli altri.
Ho bisogno di riuscirci.
Sfoglio e leggo le persone con passione.
Mi emoziono fino alle lacrime.
Lacrime immuni dalla muffa e dalla ruggine.
Lacrime pure e libere, senza scorie.
Grandi come le verità della gente qualunque.

 
 
 

Post N° 22

Post n°22 pubblicato il 15 Settembre 2005 da solstiziod_inverno
Foto di solstiziod_inverno

Non sono brava con le parole.
Hai ragione.
La scrittura è arte, le parole astratte.
Ho bisogno di tempo e anche se non ne avessi bisogno, scrivere solletica i miei punti interiori.
Scrivere mi salva da me stessa e dalle cose che vorrei dire.
Dalle cose che penso.
Dalle cose che voglio.
Mi ascolto e mi sento stonata.
Acuta.
Silenziosa.
Sgrammaticata.
Sento sempre questa sottile ombra che divide.
Nettamente i miei pensieri smettono di collimare tra di loro.
E io perdo il senso dei valori.
Perdo il senso delle miei pensieri che fatico a trasformare in parole.
In logicità.
Vorrei bastasse posare la mano sulla mia testa per capire il centro di tutto.
Turbamenti.
Illogicità.
Disfatte e presunte vittorie.
Orgogliosa.
E' vero lo sono, non con tutti.
E' una forma di protezione che sento necessaria alla mia sopravvivenza.
Come gli animali traccio il confine del mio territorio oltre il quale non è dato a nessuno di entrare.
Paletti.
Filo spinato.
Riesco a capire.
Riesco a giustificare.
Riesco a comprendere e dinoccolare le reazioni altrui.
Riesco a far parlare le persone.
Impresa ardua far parlare me.
Di me stessa.
Lo posso fare frammentariamente.
Divagando in inutili contorni e arrampicandomi come meglio posso, cercando di abbracciare l'interno di me stessa.
Di più non riesco a fare.
Eppure sogno.
Si, sogno.
Sogno di poter parlare a ruota libera, immersa in un buio totale, cercando quel contatto che trovo solo quando sono al cospetto con me stessa.
Razionalità?
Non lo so.
La paura mi fotte.
La paura di tante cose.
La paura di smentirmi.
La paura di confermarmi.
La paura di perdermi.
La paura della perdita.
La paura di aprirmi completamente.
Come quella frase.
Diceva all'incirca...
Amare qualcuno significa fidarsi ciecamente dell'altro, incondizionatamente.
Ma potrei sbagliare.
Ecco.
Io non mi fido neppure di me stessa.
Parlare occhi negli occhi per me significa, lasciare aperta quella linea di confine.
Aprire la mia anima significa, lasciar passare.
Invitare ad entrare.
Permettere di compiere passi dentro di me.
Poi mi fermo.
E se invece di camminare si calpesta?
Ecco il punto.
Il mio tallone di Achille.
Ecco la mia razionalità dove risiede.
Ecco il nucleo dei miei silenzi o dei mie discorsi celati dietro a futili banalità.
Posso essere tutto.
Posso essere niente.
Ho imparato a non far del male.
A prendermi cura degli altri.
E se solo sentissi un campanello di avvisaglia che potrebbe trasformarsi in carneficina con me come carnefice io, getto la spugna.
Quando ascolto gli altri, quando mi tuffo dentro i loro silenzi, percepisco ogni più piccola vibrazione.
Conosco me stessa.
So cosa posso e non posso dare.
So cosa voglio.
E so cosa non voglio.
Taglio di netto le mie necessità e i mie bisogni per dedicare quel tempo che non vorrei buttare via inutilmente.
Ecco la mia sensibilità.
Ecco il mio cinico romanticismo.
Non vivo solo d'emozioni, vivo anche di rispetto.
Senza falsi pudori e senza miseri egoismi a fare di me una sanguisuga solo per il diritto di restare coerente con le mie spinte di vita.
Ci penso a non far male.
E quando persuguo qualcosa lo faccio con cognizione.
Con riflessione.
Mai allo sbaraglio seguendo gli istinti del mio basso ventre.
Se lo faccio i patti sono chiari fin dal principio.
Prendendo atto e assumendo tutte le sfaccettature che sono.
E gli altri?

 
 
 
 
 

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Un blog di: solstiziod_inverno
Data di creazione: 29/04/2005
 

 

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