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« Neppure un metro di asfalto | E' corsa campestre se » |
Tutte le volte che si completa una gara lunga o lunghissima (dalle maratone in sù per dare un riferimento preciso) si pensa alla successiva.
A volte prevale la bramosia alla ricerca di rivalsa, di correggere gli errori commessi, magari anche per rinfacciare ai detrattori battute e battutine.
E così ricomincia come una rincorsa, in cui non si vede l'ora di iniziare di nuovo, subito sotto con gli allenamenti, nella convinzione che non si debba perdere il vantaggio acquisito.
A volte, se è andata particolarmente bene, si veleggia sulle ali dell'entusiamo, ogni obiettivo sembra raggiungibile, e si è già pronti a provare di nuovo quelle sensazioni (positive).
A volte, reduci da troppa fatica, troppa stanchezza, troppi km, troppi dolori, troppo di tutto, certe volte è andata male o malissimo (ritiri o peggio infortuni), la "prossima gara" è associata ad una sensazione di nausea, e non se ne vuole neppure parlare.
In tutti i casi bisognerebbe ascoltare il proprio corpo, ma ascoltarlo veramente. Capire quanto ha bisogno di recuperare, di fare altro, di lasciare stare di battere sempre sull'incudine. Invece ci convinciamo che la mente comanda, che la decisione è presa (non si sa neppure da chi) e si riprende a martellare!
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