Post n°37 pubblicato il 15 Aprile 2009 da candidacreatura
Sono le 21.30 dell’otto aprile. Percorro a piedi una via cittadina. Seguendo i consigli di chi sbandiera a destra e a manca i benefici delle passeggiate veloci, dei 3000 passi al dì (per lo scopo ho pure acquistato un economico contapassi), decido di lasciare a riposo l’automobile e di far funzionare le gambe, ottimo e salutare strumento di locomozione. Già a quest’ora il silenzio è totale, avvolgente, straniante. Luci accese nelle case che brulicano di vita. Nella campagna vicina il richiamo insistente, lugubre, ritmico di un uccello notturno. L’atmosfera pare sospesa, immutabile, eterna. Il pensiero vira verso altri silenzi ed altri spazi. Silenzi e vuoti che nessuno potrà più riempire. La terra ha tremato ancora. La Natura è la madre che tradisce i suoi figli. Da qui agli interrogativi di sapore leopardiano il passo è breve. Nasciamo per soffrire? L’amarezza è la nostra regola di vita? Il silenzio mi fa riflettere. Difficile, anzi raro, percepire il silenzio, pura espressione del nulla, nella quotidianità fagocitata da rumori che diventano compagni, ossessione, clamore, inutile contorno di giorni dolci e amari. Manca nelle fibre del nostro essere il silenzio, quello stesso silenzio che è sinonimo di pace, di raccoglimento interiore e allo stesso tempo condizione della morte. Guardo obnubilata la devastante realtà alla Tv che spezza la quiete: commozione, emozioni, ricordi. 1980: la terra trema una sera qualsiasi di una domenica qualunque, scuotendo sin nel profondo le nostre certezze, emozionandoci, commuovendoci, tradendo speranze, spezzando il corso sereno di esistenze tranquille, prosaiche, lacerando i fili di legami d’amore, gli affetti, sconvolgendo piccole comunità chiuse nel rispetto millenario delle loro tradizioni. Era un Novembre inaspettatamente caldo, una scossa stende il suo candido sudario su una realtà fatta di certezze. Ovunque morte e devastazione, speranze deluse, vite recise sul limitare della giovinezza. All’ordine si sostituisce in un attimo l’incomprensibile disordine. Ed è il caos, la perdita, la rottura. Oggi, l’ottuagenaria culturalmente impegnata, miracolosamente scampata al sisma abruzzese, che rimpiange con tenerezza infinita i propri libri, sfrattati senza alcuna ragione dai loro scaffali, il suo candido corredo di sottovesti e i pigiami merlettati esposti all’offesa dei calcinacci piovuti dal soffitto e generati, come un parto mostruoso, da una natura ingrata, mi commuove profondamente. La condivisione è totale. Il confronto con una realtà che ci offende e ci mortifica non fa che portare allo scoperto i nervi del nostro sentirci esposti, deboli, incompleti e per ciò stesso più umani. Se la terra trema non abbiamo più la base su cui costruire e far crescere le nostre certezze. La nostra essenza di essere umani perfettibili è in pericolo, in bilico sulla frattura da cui il terremoto stesso si è originato. La fragilità della nostra natura è un aspetto che spesso non consideriamo, ci fa paura. Funziona da elemento oltremodo ansiogeno il nostro sentirci ungarettianamente come le foglie che dimorano sui rami degli alberi in autunno, mai pronte ad essere portate via da un vento che le strapperà improvvisamente dalla loro pianta quando a Qualcuno o al Caso piacerà…Senza sapere il perché. Perché così è la vita e dobbiamo rispettarne le regole. Le tragedie dell’esistenza, quando abbiamo la fortuna di scamparvi, ci portano a dover considerare che oggi “siamo” (carne e sangue, muscoli e nervi, pensiero e cuore) e domani potremmo non “essere” più…puro ricordo nel dolore, nelle lacrime e nel cuore di chi ci ha amati.
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Post n°36 pubblicato il 22 Marzo 2009 da candidacreatura
Voglia di bella stagione? Meglio farsela passare dal momento che, in pieno equinozio di primavera, il caro vecchio (ma non esausto) inverno ha deciso di sferrare l'ennesimo attacco alla natura e alla nostra pazienza
Tra una sessione e l'altra al Pc (dicono che di tanto in tanto bisogna far riposare gli occhi) il mio sguardo oltrepassa i vetri e cosa vedo? Neve? Pioggia? A quest'ora della sera risulta più difficile discernere e quindi discriminare. Poi alla fine sentenzio: è la neve "a m'ndidd"..ana fà quand ng' piac' a idd.. (deve fare quanto piace a lui (il tempo)) espressione che i nonni usavano per indicare che il tempo si era proprio messo al brutto ed avrebbe nevicato a lungo...Rinuncio ad indugiare oltre sul paesaggio i cui colori sfumano nel bruno della notte. Il mio ultimo pensiero, prima di rimettermi al lavoro, è per i fiorellini che, come nuvolette bianche e rosa agghindano aggraziati alberelli. Domani i loro petali saranno un pò gualciti, le loro corolle stropicciate...
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Post n°35 pubblicato il 24 Febbraio 2009 da candidacreatura
A volte capita di aver voglia di tacere, di astenersi dal commentare, dal rimuginare, rimasticare pensieri, affastellare parole. Anche la scrittura risente degli stati d’animo e se il morale è in caduta libera le parole si perdono, i pensieri si confondono ed il foglio, inesorabilmente bianco, finisce coll’essere il candido sudario che copre la tua amarezza . Un evento in particolare ha originato questa mia cattiva disposizione d’animo: la fine di Eluana per la quale tutti hanno speso parole che però non sono valse a salvarla. Omicidio di stato, eutanasia, volontà di Eluana esaudita (?), fine di un calvario (del padre), comunque lo si chiami la sostanza non cambia. Eluana è stata condannata a morte e lasciata spegnersi in un modo crudele. Flebile, come il destino di una vita ormai legata ad un filo, la rivolta; silenziose, quasi inavvertite le rimostranze di coloro che non erano d’accordo. Non posso che provare orrore per questa generale anestesia dei sentimenti, questa tolleranza del male alla quale sembriamo aver fatto ormai l’abitudine. Vorrei però sgombrare il campo da pregiudizi: ho sostenuto il diritto alla vita di Eluana ma non sono un’assidua frequentatrice di cattedrali se non per ragioni turistiche, anzi spesso il lato razionalistico della mia anima ha la meglio e ancor più sovente mi concedo il privilegio di dubitare o di essere comunque molto critica nei riguardi di dati che ci sono stati propinati fin da piccoli come verità indiscutibili. Ciò non toglie che io possa essere invece per una religione della vita che ritengo vada rispettata nella sua sacralità e dignità, al di là di sterili questioni politico – legali che hanno offerto la scappatoia perché si compisse questa ennesima, iniqua offesa alla vita umana. Già solo il ripensare alla brutalità di questa morte mi crea sconforto e disagio e mi suggerisce un pietoso silenzio. Forse che la vita umana è meno degna perché pulsa in un corpo piagato? E sarebbe servito ad evitare questa misera fine invocare il rispetto dell’articolo 2 della Costituzione italiana e dell’articolo 3 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo? Non so dare una risposta a queste domande. Resta il delitto commesso, la vita spezzata senza una ragione (ma c’è una ragione perché una vita debba essere interrotta?) e l’amarezza di giorni che vorrei presto dimenticare. Art. 2 La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Costituzione della Repubblica Italiana
Art. 3 Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona. Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo - UNGA, 10 dicembre 1948
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Post n°34 pubblicato il 01 Febbraio 2009 da candidacreatura
Domani vorrei fosse una giornata diversa. Vorrei il sole caldo che filtra attraverso le persiane socchiuse a disegnare arabeschi nello specchio ed intorno l’ovattata oscurità. Vorrei vedere la luce inondare il paesaggio, far brillare di verde vivo l’erba dei campi, ora sazi di acqua. Non più la minaccia di nubi grigiastre, plumbea coltre che impedisce allo sguardo di spaziare nell’immensità. Non più il silenzio dei freddi mattini d’inverno. Tacciono da mesi i canti degli uccelli, compagni delle tiepide albe della stagione novella. Non più questo stanco rabbrividire per vie quasi solitarie, questo sentirsi estranei alla natura che percepiamo lontana ed inospitale, questo sentirsi contaminati dal gelido, umido respiro dell’inverno. Non più questo instancabile ricercare un tepore che non basta mai.
Vorrei fosse già primavera… |
Post n°33 pubblicato il 31 Gennaio 2009 da candidacreatura
Come al solito la mancanza di voglia di fare caratterizza il primo approccio con il foglio bianco. Scrivo a mano e poi riscrivo al PC. Quella della penna e del foglio intonso che va pian piano ricoprendosi di parole è un’esperienza a cui non riesco a rinunciare. E’ un vivere anche sensualmente il momento topico della stesura di pensieri che vengono via via prendendo le forme di un discorso. Mettersi in un angolino a meditare, il foglio davanti, potrebbe essere un ottimo incentivo alla “produzione”. In pochi istanti vedi prender vita il nucleo di quello che, una volta rielaborato, costituirà la materia prima di un post. In questi giorni di desolante inverno (che belle però le tempeste che in questo periodo squassano il mare!) guardo la Tv, anche se il più delle volte l’ascolto soltanto (molto raramente mi siedo davanti ad essa con l’intento di sorbirmi tutto ciò che essa propina). Mi piace poi rovistare fra i vari link della rete alla ricerca di commenti sui programmi più visti. Cosa che mi diverte e mi intriga. Anche se il più delle volte ciò che vedo non mi rallegra per niente. Come certa informazione televisiva che punta troppo spesso il dito contro i giovani italiani dipingendoli così. Sono tutti (o quasi)
Ne viene fuori un ritratto poco esaltante. E’ chiaro che l’adolescente violento fa notizia, quello ubbidiente e bravo no. Il ragazzino che fuma e spaccia marijuana nel bagno del Liceo “Tal dei Tali” ti riempie un filmato di 3 minuti che puoi dare in pasto a coloro che: 1. scandalizzati diranno: “Possibile?”.; 2. ed a quelli che invece esclameranno divertiti: “Figo!” (sono gli stessi giovani) Col giovane intelligente, interessato della politica, non alcolista, insomma normale non ci fai nulla. Anzi sembra così poco trendy. Insomma obsoleto.
A questo punto sorge spontanea una domanda, alimentata da un sospetto che si avvia a diventare una specie di certezza. Le notizie di alunni devastatori che tengono testa a prof sempre più incapaci di svolgere il loro ruolo di guida all’interno delle classi non serviranno forse ad alimentare l’ideologia che la scuola, così com’è, non serve a nulla e che quindi sia legittimo tagliarle i già magri fondi che riceve? Il fatto certo è che generalizzare è sempre un atto che i programmi di informazione televisiva non dovrebbero fare. Perché i pericoli che si corrono sono poi difficilmente controllabili.
Volete mettere l’effetto emulazione che il vedere l’ennesimo bulletto che dà fuoco alla bella capigliatura di un suo simile più debole può comportare sul giovane che non ha ancora freni morali ben definiti? Avete presente il fenomeno “sassi dal cavalcavia”? Ebbene il rischio che si corre facendo informazione di questo tipo è proprio questo. Volete mettere poi il gusto per il protagonismo che, giovani con pochi freni inibitori e venuti fuori da famiglie il cui stile educativo è improntato al “laissez faire, laissez passer” vorrebbero poter sperimentare? Ciò che emerge, e non so se sia un’impressione sbagliata, è che certa informazione televisiva fa propaganda dell’essere tanto (troppo a mio parere!) vicina ai giovani proprio strizzando l’occhio e quasi avallando le scelte trasgressive di alcuni di loro. Non è chiaro o sufficientemente evidente insomma l’atteggiamento di condanna che dovrebbe essere il substrato, l’atmosfera prevalente in cui inserire le trasgressioni degli stessi. Piuttosto che destinare la maggior parte del servizio alla messa in mostra di Lolite che si vendono per pochi euro, di ragazzini che si impasticcano o che spaccano le suppellettili della scuola fai vedere cosa ti succede se lo fai.
L’esposizione del fatto in sé non ha alcuna valenza educativa ma ce l’ha invece il racconto dei suoi effetti.. Se non vogliamo ritrovarci a breve giovani davvero tutti drogati, alcolizzati e violenti urge una regolamentazione del sistema informativo televisivo. Ancora una volta colpa della TV? Si, colpa di “certa” TV. |
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