Creato da giuliosforza il 28/11/2008
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Goethe la mia Bibbia? Quarta Sinfonia di Tchaikovskij. Marito e moglie
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A quanti mi chiedono della mia fissazione goethiana.
Non che Goethe sia per me la Bibbia, ma, a parte l’arte suprema e la poliedrica personalità che ne fanno un Genio forse senza pari, trovo in lui quel classico equilibro, quell’armonia, quella misura, quella compostezza, quella saggezza che a me mancano e di cui avrei forse bisogno per controbilanciare gli scompensi, i sussulti, i fremiti, gli empiti, gli scomposti moti della mia anima sconquassata, della mia natura turbata. Un po’ di sana, mi si passi il termine atroce, goethità, mi potrebbe aiutare a limitare i danni che la assidua appassionata frequentazione degli spiriti più tormentati, dagli Schlegel ai von Kleist, dagli Hölderlin ai Novalis, dagli Herder agli Heine… ed allo stesso Schiller non del tutto, nonostante i molteplici sforzi, dal Francofortese recuperato al neoclassicismo, senza dire dei francesi e degli inglesi, mi arreca esasperando in me una sensibilità di cui in realtà mi compiaccio ma che è sempre lì lì per sconfinare nel patologico. Che poi l’operazione di bilanciamento riesca, e che io veramente lo desideri, è un altro discorso. Anzi, a parlar sincero, non mi interessa più di tanto. Non ritengo l’equilibrio un pregio, né tantomeno una virtù. Ma intanto Goethe, il “crucco”, anzi il tutto maiuscolo CRUCCO della mia cara Paola, me lo godo, come se me lo godo!.
*
IV Sinfonia di Tschaikovskij diretta da Herbert von Karajan, in video. Goethe si metterebbe le mani nei capelli. Io l’ascolto per caso da una Rete assai benemerita, almeno sotto l’aspetto dell’ascolto musicale, la Sat 2000, subito dopo aver scritto le note sul Francofortese. E non sento più nulla, nemmeno la citofonata della bella dottoressa (sic) Gabi che viene per le pulizie. Mi lascio travolgere come un fuscello dall’onda. Karajan, il direttore che con Furtwängler considero il massimo fra i Dirigenten, che alla sua capacità di concentrazione di natura greco-macedone (Karajannis il cognome originario) sa felicemente disposare la più intensa concisione gestuale di puro stile teutonico, che dirige sempre a mente e ad occhi chiusi come in estasi, manda in estasi anche me. Sotto le sue mani la materia sonora originale diventa ancora più plastica, più sensuale e sensuosa, direi più sinuosa di quella uscita dalle mani stesse di Pëtr Il’ic che in questa Sinfonia, come nella VI Patetica, esprime forse il meglio di sé. La compattezza dell’andante sostenuto del primo movimento (la granitica durezza del Fato), mano mano si sgrana nell’andante con moto del secondo, si fa gioco ironia ed irrisione nell’ineguagliabile pizzicato dello Scherzo (una presa in giro, o di giro, come direbbe Emmeti, del Destino) ed esplode nel finale in un tripudio di rutilanze sonore inneggianti alla bellezza della Vita ed alla gioia di viverla, in barba ad ogni Fato.
Irrazionalità pura. Follia scatenata. Frema pure il CRUCCO. Non sa cosa si è perso e si perde. (Ma mi si riferisce da uno dei miei dannati confidenti che ora all’inferno, Luogo d’incontro dei Grandissimi, dove egli si trova e dove non può non suonarsi che gente come Beethoven Wagner Tschaikovskij etc etc, visto che in cielo si suonerebbe, secondo Barth, Mozart, ha cambiato idea e passa- questa la sua gaudiosa condanna- da un concerto all’altro in compagnia di Faust e di Mefisto, nonché di Margherita che li ha raggiunti fuggendo dal tedioso Paradiso dove s’era vista, sicuramente - saepe etiam magnus dormitat Homerus - per una svista, contro voglia confinata).
*
Lei: “Chi sei?”. Lui: “Sono io!”
Lui: “Chi sei?”. Lei: “Sono te”.
(Noterete la finezza
spero). Et nuptiae factae sunt.
Una lunga filastrocca
d’un mio dramma giovanile
mai compiuto. Nel mio dramma
lei la buona ed io il cattivo,
incapace di capire
il mistero suo profondo.
Poi capivo (istupidivo)
E l’amore trionfava
finalmente. Ma la vita,
vero dramma
che nessuno scriverà
rivelò che nella storia
d’un amore è la fenome-
nologia d’un bel suicidio-
omicidio di cui pari
altro non v’è per effera-
tezza e per stupidità.
Nell’imperativo che
sia nubendum sia spondendum
suona è forse di spogliarsi,
gente, non di disvelarsi
(nubo suona anzi velarsi)
di lei a lui o di lui a lei
scritto l’obbligo. Il mistero
fra i due resta tutto intero
anzi col tempo s’infittisce
e nel tumulo finisce.
Celie? Fino ad un certo punto. Divenuto esperto di matrimoni sulla mia pelle, ora scriverei un dramma in prosa dal titolo: La tragicommedia del farsi sposi come del vicendevole celarsi e demolirsi. Che è una banalità solo in bocca a chi non ne ha fatto esperienza o si è vilmente (viltà contrabbandata per virtù) rassegnato.
Mai un Uomo diede il meglio di sé ad una moglie, mai Donna darà il meglio di sé ad un marito. Provatevi a dimostrare il contrario.
Chàirete Dàimones!
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