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Ancora di Nietzsche su Lutero
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In merito al giudizio nicciano su Lutero, di cui nella mia precedente pagina di diario, trovo in rete un articolo di Giuseppe Bailone, che riproduce un suo intervento al corso 2011-2012 all’università popolare di Torino. Lo condivido volentieri perché esauriente e preciso nell’informazione e semplice e piacevole nello stile, come ad un discorso diretto ad un pubblico di non iniziati s’addice.
“NIETZSCHE SU LUTERO E SUI TEDESCHI
In Aurora scrive:
«Lutero, il grande benefattore. Quel che costituisce il più considerevole risultato dell’azione di Lutero, sta nella diffidenza destata da lui nei riguardi dei santi e dell’intera vita contemplativa cristiana: soltanto da allora è divenuto di nuovo accessibile in Europa il cammino verso una vita contemplativa non cristiana, ed è stata posta una meta al disprezzo dell’attività mondana e dei laici. Lutero, che restava pur sempre il figlio gagliardo di un minatore allorché fu rinchiuso nel convento, e qui, in mancanza di altre profondità e “cavità”, cominciò a salire dentro se stesso e a trivellare orribili e oscuri cunicoli, finì per notare che una santa vita contemplativa gli sarebbe stata impossibile e che la sua innata “attività” nell’anima e nella carne lo avrebbe trascinato alla perdizione. Troppo a lungo tentò di trovare, a furia di macerazioni, la via della santità, ma finalmente prese la sua decisione e si disse: «Non esiste alcuna reale vita contemplativa! Ci siamo fatti abbindolare! I santi non hanno avuto più valori di noi tutti». Indubbiamente era questo un modo d’aver ragione proprio da contadino, – ma per i Tedeschi di quel tempo era l’unico modo e quello giusto; li edificava assai leggere ora nel loro catechismo luterano: «Fuori dei Dieci Comandamenti non c’è opera alcuna che potrebbe piacere a Dio, – le magnificate opere religiose dei santi sono loro invenzioni». [1]
In Ecce homo scrive:
«Ultimamente un giudizio da idiota in historicis, una frase dell’estetologo svevo Vischer, per fortuna oggi defunto, fece il giro dei giornali tedeschi come «verità», a cui ogni tedesco doveva dire sì: «Il Rinascimento e la Riforma congiunti costituiscono un tutto – la rinascita estetica e la rinascita morale». Di fronte a frasi del genere io perdo la pazienza e mi viene la voglia, lo sento perfino come dovere, di dire una volta ai Tedeschi tutto quello che hanno sulla coscienza. Hanno sulla coscienza tutti i grandi delitti contro la civiltà degli ultimi quattro secoli! … E sempre per la stessa ragione, per la loro intima vigliaccheria davanti alla verità, per la loro falsità divenuta istinto, per «idealismo» … I Tedeschi hanno fatto perdere all’Europa il suo raccolto, il senso dell’ultima grande epoca, l’epoca del Rinascimento, nel momento in cui un ordine di valori superiori, i valori aristocratici, che dicono sì alla vita, che garantiscono l’avvenire, erano arrivati alla vittoria, sostituendosi ai valori opposti, i valori del declino – e penetrando persino negli istinti di coloro che su quei valori poggiavano! Lutero, questo monaco fatale, ha restaurato la Chiesa e, quel che è mille volte peggiore, il cristianesimo, nel momento in cui questo soccombeva … Il cristianesimo, questa negazione della volontà di vita divenuta religione! … Lutero, un monaco impossibile, che appunto per questa sua «impossibilità» attaccò la Chiesa e – in conseguenza! – la restaurò … I cattolici avrebbero tutte le ragioni di fare feste e rappresentazioni in nome di Lutero … Lutero – e la «rinascita morale»! Al diavolo tutta la psicologia! – Non c’è dubbio, i Tedeschi sono idealisti. – Per due volte, proprio quando con ardimento immenso, superando se stessi, gli uomini avevano un tipo di pensiero retto, univoco e del tutto scientifico, i Tedeschi sono riusciti a trovare delle vie tortuose per tornare al vecchio «ideale», delle conciliazioni tra verità e «ideale», in fondo delle formule che danno diritto a rifiutare la scienza, che danno diritto alla menzogna. Leibniz e Kant – questi due grandi cunei che bloccano la rettitudine intellettuale dell’Europa! – Infine i Tedeschi, quando a cavallo fra due secoli della décadence apparve una force majeure di genio e volontà, forte a sufficienza per fare dell’Europa una unità, una unità politica ed economica, tesa a governare tutta la terra, hanno privato l’Europa, con le loro «guerre di liberazione», del senso, di quel miracolo di senso che l’esistenza di Napoleone rappresenta – e perciò essi hanno sulla coscienza ciò che poi ne è seguito, ciò che esiste oggi, questa malattia, questa insensatezza, contrarie alla civiltà come null’altro, il nazionalismo, questa névrose nationale, di cui soffre l’Europa fatta di staterelli, di piccola politica: hanno privato l’Europa del suo stesso senso, della sua ragione – l’hanno spinta in un vicolo cieco». [2]
Due giudizi molto diversi. Nietzsche si contraddice?
Entrambi i giudizi sono ispirati al principio fondamentale di tutto il pensiero nicciano: è positivo ciò che dice sì alla vita, negativo ciò che la nega.
In Aurora Lutero viene esaltato come “grande benefattore” per essersi liberato ed aver liberato i Tedeschi dalla menzogna del valore della santità.
In Ecce homo Lutero viene valutato in rapporto al Rinascimento, il momento più alto della civiltà umana per Nietzsche, e il giudizio, sempre ispirato al criterio del sì alla vita, non può non essere radicalmente diverso: Lutero ha sì smascherato la menzogna del valore della santità, ma la sua lotta contro la corruzione romana che stava affossando il cristianesimo ha ridato vigore reattivo proprio al cristianesimo, contro il quale lui aveva avuto il merito di avviarne la fine combattendo contro la santità.
Lutero ha indicato la vocazione [3] religiosa e morale del cristiano nel lavoro e nell’impegno familiare e sociale, non nella santità. Fermando la fuga cristiana dal mondo e impegnando i suoi fedeli nel mondo, legandoli ai doveri familiari e professionali, ha sì avviato il positivo superamento degli aspetti più negativi del cristianesimo, ma l’ha fatto in conflitto col molto più positivo movimento culturale del Rinascimento e provocando la ripresa del cristianesimo stesso”.
1] Nietzsche, Aurora, libro I, aforisma 88, a pag. 65 dell’undicesima edizione Adelphi 2010.
[2] Il caso Wagner, in Ecce homo, ed. Adelphi 1981, pp.120-121.
[3] Nel tedesco di Lutero “vocazione” si dice Beruf, che non a caso oggi significa “professione”, “mestiere”.
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