Creato da giuliosforza il 28/11/2008
Riflessione filosofico-poetico-musicale
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qui habet aures audiendi... 'Gens nova'... Considerazioni inattuali ed altro
Post 918
Ho scritto e detto negli anni e riconfermo. Celebrerò il Giorno della Memoria solo allorché sarà diventato il Giorno delle Memorie. Qui habet aures audiendi audiat.
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Ridatemi il trittico natalizio alfonsiano.
Ora che Natale è trascorso e non ho più nelle orecchie le invadenti, rumorose, infine pacchiane americanate, posso tornare a risonicchiare in solitaria le armonie raccolte nell’Antologia sesta pastorale di Casimiri-Capra e i Concentus in Betlehem della editrice musicale Carrara di Bergamo; e a ricanticchiare i Noēl provenzali, i Lieder natalizi tedeschi, in primo luogo Stille Nacht in versione originale, e infine, ultimi ma non meno importanti, i semplici motivi daliguoriani Fermarono i cieli, Quanno nascette Ninno, Tu scendi dalle stelle (derivato dalla precednte e scritto da San’Alfonso Maria de’ Liguori a Nola, in una casetta prossima alla dimora dell’avvocato Paolino Fusco che spesso m’ospita in occasione dei nostri incontri brumiani), magari nelle mie semplici armonizzazioni per quattro voci dispari. Ai quali aggiungerei la mia Nenia blu, che era nata come Ninna Nanna per Beatrice e che in vecchiaia ho pateticamente trasformato, riadattando le parole, in una Nenia, appunto, per quattro voci dispari (un canone soprano-contralto e un accompagnamento a bocca chiusa di tenori e bassi). Per me Natale non è un periodo, ma uno stato d’animo, non un celebrazione confessionale ma un evento che appartiene alla religiosità cosmica, comunque essa sia poi interpretata e tradotta, spesso mortificata, costretta com’è dalle varie Religioni entro gabbie dogmatiche. Io che ho scritto tre volumi in cui traduco cervelloticamente la mia complessa e semplice insieme visione del mondo in versi neoclassici, conferendo afflato poetico alla riflessione astratta, anzi in esso risolvendola (secondo una prassi di Denkende Dichtung, heideggeriana poesia pensante), una volta tanto mi sono voluto con-muovere, muovere con le cose, col Tutto e scrivere versetti (versucoli?) che più d’uno dei miei coristi ha commosso fino alle lacrime ( e me pure, non ho vergogna a confessarlo): Vorrei scavar nel profondo del cuore Per ritrovare il mio antico candore E sussurrare al Bambino Gesù Questa dolcissima mia Nenia blu- Blu come il cielo Blu come il mare, Blu come tutte le cose da amare, Come la gioia che in cuore mi danza, Come i sentieri della speranza e così via per altre quattro strofe nelle quali da taluno si è voluto vedere una mia riconversione alla fede infantile. Una nostalgia di infantile semplicità, sì, o semplicemente nostalgia dell’infanzia, di un’infanzia triste, per altro, sotto molti aspetti. Nostalgia di una infanzia-occasione perduta, come, ahimé, la mia fanciullezza, la mia adolescenza, la mia giovinezza
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Odo e annoto
La smitizzazione dell’endecasillabo, (ch’io ho sempre predicato, con l’ alessandrino, il Verso dell’Assoluto) secondo un Saba in vena, mica poi tanto, di facezie: Venerdì baccalà, sabato trippa / Una granita di caffè con panna.
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La triste occasione della morte di un compaesano, uomo illetterato ma forte intelligente e probo, mi riporta a un episodio fine anni settanta, che lo videro co-impegnato in una iniziativa temeraria, il Circolo culturale ‘Gens nova’, da me imprudentemente intrapresa in un ambiente oscurantista e retrogrado (prete sindaco medico maestri e ufficiale postale imperantio dall’alto del loro potere linguistico ed economico, come quei prevaricatori contro i quali un prete ebreo, sì proprio lui, Don Lorenzo Milani, avrebbe inveito dai colli fiesolani in Lettere a una professoressa che, adottato dal prof Volpicelli, di cui ero allora assistente volontario, ebbi modo di commentare per gli studenti di Pedagogia): egli aderì entusiasticamente al Circolo, che sperava di dare una svecchiata alla mentalità assopita da secoli di una popolazione contadina confinata su una collina del pre-appennino abruzzese. Gens nova non ebbe vita lunga e felice: la diversità delle opinioni circa i suoi compiti e le sue attese ma soprattutto la cecità e l’ostilità degli apparati amministrativi ed ecclesiastici bacchettoni ne detrminarono presto la fine. Ma senza Gens nova forse non sarebbe in seguito nata l’Associazione culturale di Varia Umanita’ e Musica ‘Vivarium’ tuttora felicemente vivente ed operante, che lungo gli anni ha sicuramente aperto gli orizzonti culturali ai pochi abitanti di quel benedetto Borgo con una ventina di Convegni, di cui molti internazionali, non solo, ma con numerose altre iniziative (pubblicazioni, creazione di un Museo storico della civiltà contadina, Coro polifonico ed altro) entro i locali e gli spazi esterni, finalmente recuperati agli usi comunitari, di quel che resta del Castello Borghese..
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Ho pubblicato su fb, sottraendolo a questo contesto, le qui sotto riportate Considerazioni inattuali, con la seguente motivazione: ”Estrapolo dal post 918 del mio blog Dis-incanti che sto faticosamente (sempre più la vista mi cala, del corpo e dell'anima) cercando di costruire, per non rimandare ancora, sembrerebbe una fuga, la risposta ad una domanda che sempre più spesso mi si pone. Una risposta assai deludente, lo riconosco. Ma questa ho e questa do: la stessa che avrei dato nei miei ardenti vent'anni. Non odio la mischia, odio le canee, Odi profanum vulgus et arceo. Ove pro-fanum sta per colui che resta fuori del Tempio della Conoscenza, incapace, per impotenza o viltà, di varcarne la soglia”. Parole che integrano le Considerazioni, e perciò ad esse anche qui le premetto.
Considerazioni inattuali
Non voglio certo fare concorrenza a Friedrich e alle sue Unzeitgemässe Betrachtungen. Più modestamente vorrei solo far intendere agli amici che me lo chiedono cosa (non) penso del tempo presente, soprattutto della situazione italiana e come giustifico il mio deprecabile disinteresse per essi. Mi si chiede perché io così poco entri negli eventi che più animano il dibattito dei tecnici dell’informazione variamente appigionata e dei salottieri televisivi, le efemeridi giornalistiche e i tomi dei politologi, e mostri un aristocratico distacco dalle ‘cose’ di questo mondo. Potrei sbrigativamente rispondere che sono vecchio e guardo ormai le cose non da vicino ma dall’alto, da cui esse cambiano completamente di prospettiva e di senso, Ma non lo farò, anche perché da sempre, da quando bambino mi domandavo come Tommaso a Montecassino chi o cosa fosse quel Dio di cui tutti a casa, a scuola, in chiesa mi riempivano la testa, ad oggi che continuo a domandarmelo e a darmi delle risposte appunto ‘inattuali, l’ho sempre fatto, con scandalo dei benpensanti, accusato di insensibilità sociale e di snobismo individualistico. Se nacqui inattuale, che ne posso io? E’ inattuale dedicare il poco tempo concessoci tra un ciclo di rinascite e l’altro a ciò che veramente manet in aeternum, alla Conoscenza, all’amore, all’arte che “sforza il mondo a esistere”, infischiandosi (che è forse la migliore forma di resistenza) di coloro che il mondo s’adoperano a deturpare, a decivilizzare umiliando il demos a ochlos, il popolo a massa, il civis a tessera anonima di un decomposto mosaico, a frammento basaltico disperso nel mucchio, il socius a competitore, la convivenza a puro coudoiment (che è un concetto marceliano del quale non trovo uno più efficace), la dialettica della polis a carneficina da branco, il rapporto umano a meretricio? Nella attuale situazione europea e in quella italiana in particolare non riesco a riconoscere quell’idealità che dirò latamente platonica, quel respiro, quella Sehnsucht, quelle tensioni, quelle romantiche “nostalgie”, quelle ansie di ritorno all’eterno senza le quali per me la vita è invivibile.
Questa è la mia inattualità. Che mi vieta di intrupparmi e di ag-gregarmi, fedele a un progetto filosofico-pedagogico-estetico di de-gregazione, proponentesi l’utopistica finalità di strappare, per la Conoscenza e per l’Arte, pecore al gregge, servi ai padroni, schiavi ai tiranni.
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Chàirete Dàimones!
Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)
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