Creato da giuliosforza il 28/11/2008
Riflessione filosofico-poetico-musicale

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Littoria, pardon Latina, come Salzburg

Post n°1030 pubblicato il 17 Marzo 2020 da giuliosforza

 

Post 950

   Littoria, pardon Latina, non è Salzburg. Nella sua piatta razionalità piacentiniana, che pure ha un grande fascino, almeno in quel poco che resta del nucleo originario, non ha guglie, non chiese, non Domkirche St. Rupert und Virgil coi suoi nove organi, non cupole, non castelli, non Hohensalzburg, non Salzach che la rinfreschi, non montagne che la contornino l’abbelliscano la esaltino la proteggano, non un centro storico nido d’aquila donde il Rapace dominatore dei cieli musicali attenda di spiccare il volo. Non ha una Getreidegasse, ove al civico 19 in una discreta  casa borghese un 27 gennaio 1756 avvenne il miracolo dell’incarnazione di Euterpe in un Fanciullino gracile nel corpo ma lupesco nel nome, ove  pareti soffitti pavimenti trasudano dei  suoni  che un padre, un fratello, una sorella traggono dalla loro anima ed affidano a differenti strumenti, e una madre, anche lei imbevuta dei suoni della sua famiglia d’origine e soprattutto delle romantiche sonorità  di suo cugino Karl Maria von Weber, in sé li culla.

   Non sarà Salzburg Latina, ma ha in sé qualcosa che me la fa invidiare: due famiglie di musicisti, quattro in una, tre in un’altra, e un Quartetto di cugini già da tempo attivo non solo nell’Agro pontino. Sto dicendo dei fratelli Gianni e Gianfranco Cellacchi, flautisti, insegnanti e direttori di orchestre giovanili, e dei loro rispettivi figli riuniti a formare il “Quartetto Cellacchi” (Riccardo flauto, Andrea fagottista già per suo conto internazionalmente affermato, Giulia violinista e Davide violoncellista). Due famiglie di musicisti attivi, sette in tutto, come i bracci della Menorah, quasi il doppio dei Mozart. Che se aggiungete la consorte di Gianni, pianista e scrittrice, fanno otto, il doppio dei cavalieri dell’Apocalisse; e se aggiungete ancora la moglie di Gianfranco Daniela Scali, laureata nella ex facoltà di Scienze della Formazione, perciò anche un po’ mia ex allieva, l’umanesimo nelle famiglie Cellacchi raggiunge un culmine difficilmente eguagliabile. Kabala e alchimia non sono il mio forte. Ma come fa uno come me, che la platonica manìa, traduci follia, poetica e musicale possiede, folle di Calliope e d’Euterpe, a non invidiare le Famiglie Cellacchi, e a non ringraziare gli dei per avercele donate?

   Questa un poco deliberatamente manieristica (e manierata) e, così negli intenti, giocosa e gioiosa presentazione di Latina e delle Famiglie Cellacchi, voleva in realtà essere una premessa per la segnalazione di tre romanzi per ragazzi, ma non solo, gentilmente donatimi da Tiziana Colosimo, moglie di Gianni, che alla sua attività di pianista abbina quella di scrittrice. Molti sono i romanzi del meraviglioso pubblicati negli anni dalla Colosimo, ma di tre intendo qui brevemente riferire, che sto con gusto leggendo fra l’uno e l’altro dei miei classici, antichi o moderni non conta (e poi antico, e poi moderno, che senso ha? Classico, mi ha insegnato il Piero Bargellini di Pian dei Giullari, è ciò di cui l’autunno non fa subito seccumi, è il sempreverde che resiste alle tramontane mentre il tempo farà fascine della stipa, il tempo, molto più crudele di qualsiasi critico burbanzoso) che mi tengono compagnia in questi tempi di forzata reclusione.

   Nel primo, La Chiave di pietra, “un curioso scherzo del destino riporta alla luce il mistero degli Arcani, sepolto dalla coltre del tempo e ne risveglia il fascino misterioso: Luca e Serenella, due intraprendenti ragazzi, cercheranno di risolvere l’enigma che nascondono le carte del pittore Cavallotti, tuffandosi in una avvincente avventura, ricca di suspense e di colpi di scena, un’avventura da leggere tutta d’un fiato”.  

   Il secondo, Maschere e Segreti, è ambientato in una Venezia del 2009. “In una soffitta polverosa, in vecchio baule abbandonato emana un fascino attraente e misterioso. Al suo interno, un sacchetto di tela nera custodisce un antico segreto. Ẻ il Gioco delle Maschere: un tabellone, due dadi scintillanti, due pedine, un mazzo di carte. Le carte del Destino”.

    Nel terzo, il più recente, Un magico Luna Park, il lettore è invitato a immaginare “un ragazzo intelligente, con doti musicali ma con poca voglia di studiare, disordinato come un predone del deserto, interessato all’avventura ma non troppo, un tipo tranquillo e pacato che sognava un weekend tutto relax e videogiochi e che invece…si ritrova protagonista di un’incredibile avventura in un magico Luna Park!”. Nella musicista Colosimo il riferimento alla musica è del tutto naturale, musicale è sempre l’atmosfera in cui le magiche avventure si svolgono, ma è di questo racconto che Frau Musik è la vera protagonista. “Cosa accadrebbe se i grandi musicisti non fossero mai esistiti o, peggio ancora, se per un misterioso incantesimo avessero dovuto adattarsi a fare un altro mestiere? Se si fossero trovati a dover gestire un vecchio Luna Park abbandonato e a rimettere in moto le vecchie attrazioni immobili e   arrugginite? Rodolfo Baccini, studente di Conservatorio di Musica, non sapeva di poter cambiare il corso della Storia e di riscrivere in chiave diversa la vita di personaggi famosi. Esasperato dalla terribile professoressa Bernarda Papagno Tritorchia, Rodolfo desidera che tutti i musicisti spariscano di colpo dal libro di Storia della Musica, cancellando secoli di composizioni musicali. Per riportare la Musica al proprio posto, Rodolfo, il suo amico Terenzio e una misteriosa quanto affascinante ragazza, dovranno affrontare le pericolose insidie che ogni attrazione nasconde e sfuggire alla furia e all’indignazione di personaggi e di autori insoddisfatti. Una delicata storia d’amore, un’avventura avvincente e leggera per avvicinare gli adolescenti al meraviglioso mondo della Musica e per far riflettere sull’importanza degli artisti del passato”.

  Alla fine del fantasioso e fantastico percorso in compagnia di Tiziana, il lettore-Rodolfo non solo recupera i grandi geni della musica via via incontrati e magistralmente e sinteticamente illustrati, ma soprattutto se ne innamora, in barba alla strega professoressa Bernarda Papagno Tritorchia, che, come troppi prof. ahimè, sembra fare di tutto per disamorare i discepoli della disciplina che insegna.

   Uno come me (se accenno qui ai miei interessi e alle mie iniziative è solo per magnificare l’opera della Colosimo, di fronte alla quale la mia impallidisce) che ha sempre per mestiere frequentato la letteratura fantastica per bambini e adolescenti; che ha molto detto e abbastanza scritto di Collodi (spinto da Luigi Volpicelli, che a Collodi e al suo capolavoro dedicò studi durati una vita) e di Salgari nei loro rispettivi anniversari; che ha avuto in qualità di ospiti e relatori nei suoi convegni scrittori di fantastico per la gioventù di fama internazionale come Perla Suez e Jacqueline Held, autrice di un ormai classico L’Imaginaire au pouvoir di cui per Armando Armando curai la traduzione, e con suo marito Claude di centinaia di  romanzi poesie e album; che ha avuto  il piacere di dedicare  più di un convegno internazionale all’educazione estetica, con particolare riguardo anche alla letteratura per la gioventù; uno come me si chiede come abbia fatto a lasciarsi sfuggire una Colosimo che, col suo sbalorditivo talento letterario e didattico e la sua  profonda  cultura musicale, avrebbe potuto arricchire i nostri dibattiti ed essere, con la cara  Maria Teresa Luciani, la perfetta curatrice dei seminari di educazione all’ascolto collegati al mio insegnamento presso Roma Tre. Appena rinasco, giuro, la rapisco.

   Immergersi nelle atmosfere imaginarie e imaginifiche (preferisco dannunzianamente per questi due termini vaporosi ed evanescenti una sola emme: scivolano meglio in bocca) delle pagine colosimiane, che le numerose illustrazioni a colori in stile Piccolo Principe, opera esse stesse dell’autrice, magnificamente contribuiscono a rendere ancor più magiche, non solo fa bene all’anima del lettore adolescente, ma anche a quella non ancora del tutto disincantata del Vegliardo che lungo  una vita brevissima e interminabile (boeziana eternità, interminabilis vitae tota simul et perfecta possessio?) si sforzò di salvaguardare (o recuperare) quel bimbo che mai totalmente fu.

   Se “crescere”, come vuole il Bach di Nessun luogo è lontano, “non significa uscire d’infanzia”, pochi come Tiziana sono in grado di dimostrarne la verità. Fortunati i figli, di sangue e di spirito, che una educatrice come Tiziana prende per mano e guida per le vie che conducono, è proprio il caso qui di dirlo, al Parnaso.

   Gradus ad Parnassum.

    ______________

   Chàirete Dàimones!

   Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)

 

 

 

 
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