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Inno alla Vita

Post n°787 pubblicato il 18 Agosto 2014 da giuliosforza

Post 743

Trascorsi i giorni infuocati (quest’anno per la verità capricciosamente freschi) delle Feriae Augusti (Augustii, scrive erroneamente Beppe Severgnini nel suo elzeviro di prima pagina sul Corsera del 15 scorso dedicato a Il Ferragosto di un paese in bilico, come recita l’occhiello del suo articolo ‘Alla ricerca della fiducia’, ma si guarda bene dallo sbagliare gloom, Angst, malaise) mi appresto a celebrare con malinconica nostalgia per la ottantunesima volta il giorno où ma mère, per ridirla col Réné chateaubriandiano,   m’infligea la vie, l’inizio del secondo anno del mio quinto ventennio, che cadrà il 19 agosto: in quel giorno del 1933, anniversario della crocefissione del primo povero Cristo, e perciò Anno particolarmente Santo, a mezzo il giorno, in piena canicola, lanciai il mio primo urlo alla Vita, “dono grande e tremendo del Dio” nelle parole del nostro Gabri, giurando di celebrarla e venerarla  ogni giorno ‘di Sé stessa Sacerdotessa’. Non so se se sono stato fedele al mio impegno, ma ce l’ho messa tutta, come ognuno  può testimoniare.  Celebrerò il mio genetliaco al Frainile, il piccolo Eden che faticosamente e dolorosamente mi costruii nei giorni del mio più grande travaglio, il mio Hortus conclusus, il mio Fons signatus, ove tutta concepii la mia spirituale figliolanza tra le fragranze e i canti di una natura incontaminata. Di tale spirituale figliolanza ai Canti di Pan e ritmi del Thiaso appartiene il diritto di primogenitura morale, come alla mia opera più ponderosa in cui tentai la trascrizione poetica della mia visione del mondo anteriormente affidata a trattatelli teorici; ai quali come esergo premisi dei versi di Goethe che presuntuosamente feci miei, come, nell’infinitamente più piccolo, quelli che meglio riassumevano l’ideale di vita che mi era proposto e che gli dei mi concessero di realizzare; versi che qui ritrascrivo, sintesi di una esistenza nella quale la Provvidenza, o l’astuzia della Ragione, seppe trarre sempre dal male il bene,  e al bene ricondurre il male talvolta tratto dal bene:

Der Seligkeit Fǘlle, die hab ich empfunden! /Die Schoenheit besass ich, sie hat mich gebunden; /Im Fruehlingsgefolge trat herrlich sie an.

Ho sperimentato  la pienezza della beatitudine! Ho posseduto la bellezza, essa mi ha circondato e mi ha introdotto nel corteo  della Primavera.

 

Come tutti gli anni nel mio giorno, ripropongo per i miei cinque ma scelti lettori l’!nno alla Vita, che i  Canti di Pan e Ritmi del Thiaso apre ed ai quali dà, per così dire, l’intonazione. Lo dedico a tutti gli amici, augurando loro di poterne intonare fra mill’anni uno più solenne del mio .

 HYMNUS AN DAS LEBEN Bella vissi la vita. A me Natura

Madre fu non matrigna. A me col canto

(musico fui e poeta: d’ogni vero

toccai la corda lirica e la scienza

arte me fu novalisianamente)

fu dato di redimere ogni angoscia

(e san gli iddii se attorte le mie viscere

furono dal dolore) e trarre immense

gioie dai lutti. Il mondo fecondai

(e me stesso col mondo: ermafrodito

è l’Universo ed androgino il Tutto

che sono; possedere il mondo è sempre

sé possedere); figli

dispersi (Voci nuove

e Parole novelle con cui dice

l’Universo che sono la sua essenza),

seppi ammirare (ed ammirarmi) seppi

meravigliarmi (zum erstaunen dissi

con Goethe sind wir da) e di Dio le lodi

(che è il mondo e sono) ininterrottamente

cantai, da che vagii dentro la culla

la prima volta (fu il vagito canto

di lode per la Vita che in novissima

forma in me s’esprimeva), a Mattutino

a Lodi a Vespro ed a Compieta. Venere

seppe il mio canto e Sirio lo raccolse

e le stelle alla luna e luna al sole

ridissero le lodi sempiterne

di Dio. E l’essenza stessa voluttuosa

che trassi da ogni fiore (gode Iddio

con me di Sé) un’essenza fu di lode.

Ed anche nel peccato in cui ruggì

brama di Brahman per le cose belle

uscite dal suo petto (attorno ai gangli

ove ha edoné sua fonte anche di grazia

tersa l’acqua scintilla) proclamai

la gloria di colui che tutto move

sé movendo, la gloria

di lui che l’opera sua santa dice.

D’umile grazia un inno sempiterno

fu mia vita. E sarà. E saprò di morte

stessa fare un Te Deum che nessun Bruckner

seppe intonare. La mia vita bella

e ardita prende slancio

per la sua eternità.

 

*

Il 19 agosto ricorrerà quest’anno anche il duemillesimo anniversario della morte di Cesare Augusto nella sua villa di Nola. Come non inviare un pensiero anche a Lui, alla Pax augusta e al…Nolano?

Ma un pensiero ir-riverente va anche a Cartesio, il vichiano Renato delle Carte, che il 19 agosto del 1619 ebbe, è lui a confessarlo, la ‘divina ispirazione’ del Cogito, in ringraziamento della quale si recò in pellegrinaggio, guardandosi bene dal deviare per Arcetri a salutare Galileo, alla Madonna di Loreto. Davvero un gran bell’inizio del razionalismo moderno, il colmo per il suo fondatore, che sconterà il  peccato con la morte prematura nel gelo di Stoccolma, colà giunto al richiamo di un’altra… vergine, la vergine regina Cristina, essa ormai in procinto di abbandonare le brume nordiche per le solarità mediterranee.

E perché non un pensiero al Còrso, che il 19 agosto 1769 da quattro giorni vagiva nella culla, già sognando

….le mobili
Tende, e i percossi valli,

il lampo de’ manipoli,
E l’onda dei cavalli,
E il concitato imperio,
E il celere ubbidir?

Io glielo invio volentieri, chinando la mente a Colui che in Lui “volle / del creator suo spirito / più vasta orma stampar”.

 

_______________

Chàirete Dàimones!

 
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