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Creato da giuliosforza il 28/11/2008
Riflessione filosofico-poetico-musicale
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Messaggi del 12/08/2023
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Ritrovo casualmente la recensione che Mario Gennari, direttore del Dipartimento di Pedagogia dell’Università di Genova, fece a suo tempo, non richiesto, di uno dei miei ultimi libercoli di mestiere. Nella sua brevità il testo di Gennari coglie l’essenziale del libro e in generale di me, e per questo lo ripubblico affidandolo alla rete, venendo incontro al desiderio di amiche e amici curiosi.
“Giulio Sforza, Variazioni sul Tema, Roma, Anicia, 2007, pp. 160.
«Raccolgo qui ancora una volta alcune fronde sparse e le rendo al vecchio tronco nella speranza (nella illusione?) di restituirle a novella vita» (p. 5). Si apre con tali parole - non prive di una loro pensosa melanconia - l’ultimo libro di Giulio Sforza in cui soggiace quella “ragione partecipativa” che offre senso a tutta l’opera di un pedagogista attento alla poesia, all’arte, alla musica, alla letteratura assunte per la loro forza formativa.
Autore di studi coordinati secondo un impianto teorico rivolto alla ri-fondazione continua del discorso pedagogico, situato nella duplice dimensione della ricerca e della critica: da Metaproblematico e pedagogia a Educazione e sinistra tra conformismo e liberazione, da La funzione didattica (spunti per un discorso sul metodo come episteme) a Musica in prospettiva europea, da Studi Variazioni Divagazioni all’opera poetica Canti di Pan e Ritmi di Thiaso, l’impegno di G. Sforza s’indirizza alla costruzione di un homo aestheticus interpretato attraverso una profonda e partecipata indagine letteraria e religiosa, pedagogica e didattica, storica e filosofica dimensionata all’interno dei nuclei costitutivi della conoscenza.
Amico di Gabriel Marcel, traduttore raffinato di autori francesi (dalla Held a Lévy, da Polin a Daniélou fino a Bergounioux), musicista e poeta, Sforza ha insegnato Pedagogia Generale e Metodologia dell’Educazione Musicale nell’università di Roma “La Sapienza” codificando il proprio magistero entro una dimensione estetologica che lo ha portato a un confronto progressivo con la cultura europea. Di ciò rendono conto i saggi raccolti in questo volume, pubblicato dall’Editore romano Anicia.
Essi si rivolgono ai temi pedagogici dell’educazione religiosa, musicale, storica, artistica. Il riferimento è alla paideia classica – che Sforza implicitamente distingue dalla polymathia e dalla polièideia – nei suoi rapporti con il mito e la filosofia. Fra gli interlocutori moderni che l’autore privilegia vi sono Thomas Mann e Voltaire, Gentile e Don Bosco, Novalis e Wackenroder, Rilke e Zolla.
E proprio da Elémire Zolla sono attinte quelle «tessiture della fede» con cui Sforza sviluppa il tema della religiosità umana: « Se la vera religiosità è (…) liberante, una educazione che si proponga il fine della liberazione non può che essere “religiosa”» (p. 32). La pedagogia di Sforza costituisce un invito ad un «aprirsi all’io nuovo della metantropologia» (p. 32), a compiere la scelta intellettuale propria di chi si assume la responsabilità etica di sentirsi un «Versucher» (p. 60) – un ricercante – , ad emanciparsi dal «dogmatismo» (p. 45) e dai suoi atteggiamenti mentali imprigionati nella prassi della omologazione, infine a liberarsi di ogni «assolutismo politico» (p. 47), ripensando così una «scuola in atto» dove i bimbi siano finalmente riabituati a leggere il grande «Libro della natura» di là dal quale si trovano soltanto le schegge inutili della dis-educazione”.
Mario Gennari
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L'Élisir d'amore
Di tutte le versioni registiche e scenografiche dell’Opera donizettiana che in questi ultimi tempi ho avuto modo di comparare e dal mio punto di vista valutare, questa è quella che mi ha dato meno fastidio. La rilettura di Damiano Michieletto, pur nella sua, insieme delicata e un tantino farouche manipolazione (e si sa quanto io ce l’abbia contro la mania di forzosa ‘modernizzazione’ di tempi e ambienti in cui le opere liriche si svolgono creando una per me imperdonabile dissonanza con testo e musica - chiaramente solo fino ad un certo punto e dal direttore manipolabili - e scenografia) vuol essere un divertente giocoso tentativo di accordarsi al carattere buffo e ridanciano dell’Opera senza stravolgerla. Michieletto è in grado di contentare anche un irriducibile conservatore quale, solo in questo campo, io non mi vergogno di essere, e mi sento di condividere quanto nel trafiletto del programma, che presumo di sala e che rubo alla rete, gli si fa affermare:
“Una spiaggia in scena e il mare rappresentato idealmente dal pubblico, guardando verso la costa maceratese: è L’elisir d’amore di Gaetano Donizetti proposto in un divertente e innovativo allestimento firmato da Damiano Michieletto e messo in scena al Macerata Opera Festival nel 2018. Lo spettacolo è stato prodotto dal Palau de les Arts Reina Sofia di Valencia e dal Teatro Real di Madrid. Nella rilettura di Michieletto l’azione dell’Elisir d’amore ha luogo in un lido sulla battigia. «Ho cercato, dice Damiano Michieletto - un luogo che rendesse esplosive le relazioni tra i personaggi e al tempo stesso eliminasse i toni antiquati con cui spesso viene rappresentata quest’opera. Tutta la vicenda è ambientata su una spiaggia, durante una giornata al mare, prosegue il regista. Nemorino è un bagnino un po’ sfigato che deve ripulire i cestini, riordinare le sdraio e gonfiare i materassini; ha costantemente nei suoi occhi Adina, la più desiderata della spiaggia, proprietaria di un chiosco che porta il suo nome e nel quale lavora Giannetta. Belcore invece è un marinaio sbruffone che cerca di conquistare quante più ragazze può nel minor tempo possibile. E poi c’è Dulcamara, per il quale mi sono ispirato a un personaggio che ho realmente incontrato: un venditore da spiaggia che con i suoi abbronzanti antirughe e anticellulite, approfitta delle paranoie da prova-costume dei bagnanti. Ma è anche un personaggio con un lato oscuro, celato dietro la vendita del suo celebre Energy drink. Ci sono moltissime occasioni comiche e leggere all’interno dell’opera e ho cercato, per quanto possibile, di metterle in evidenza. Mettendo in scena una commedia mi piace che il pubblico rida e si diverta».
Lo scenario estivo, soleggiato, fresco e all’aperto è quindi in immediato dialogo e confronto con l’ambiente dello Sferisterio e con le esigenze di un palcoscenico così grande e inusuale come quello maceratese. Le scene sono firmate da Paolo Fantin, i costumi da Silvia Aymonino, mentre il light design è curato da Alessandro Carletti. Il pubblico ascolterà un cast di star acclamate sui palcoscenici di tutto il mondo, in cui brillano i nomi di Mariangela Sicilia (Adina), di John Osborn, che debutta come Nemorino, Iurii Samoilov (Belcore) e Alex Esposito (Dulcamara)……”.
Michieletto assolto! Alla prossima.
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Fonte della Nocchia
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Chàirete Dàimones!
Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)
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