ElettriKaMente
Dillo, bella strega...se lo sai, Adorabile strega…Dimmi, conosci l’irremissibile? (I fiori del male, C. Baudelaire)
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Anche se il blog é moderato, ogni intervento pervenuto viene pubblicato.
Qualora il vostro non risulti, invece, visibile tra gli altri è semplicemente perché, presentando tracce delle sopracitate (incontinenze, pratiche onanistiche o manie persecutorie-vittimistiche)
vergognandosi di se stesso e di chi l'ha messo al mondo, si è autoeliminato.
Capisco che il nome del blog potrebbe trarre in inganno, ma qui non troverete il supporto psichiatrico che andate cercando.
Cordialmente,
Elettrikamente,
EleP.
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RIFLESSIVI RECIPROCI
Post n°220 pubblicato il 12 Aprile 2017 da ElettrikaPsike
"La vera libertà di stampa è dire alla gente ciò che la gente non vorrebbe sentirsi dire." George Orwell
Emulare: impegnarsi per uguagliare o superare qualcuno in pregi e meriti, oppure cercare di imitare le sue opere, imprese, qualità. Libertà: condizione per la quale un individuo può decidere di pensare, esprimersi ed agire senza costrizioni, ricorrendo alla volontà di ideare e mettere in atto un'azione, mediante una libera scelta dei fini e degli strumenti che ritiene utili a realizzarla.
E’ bene tenere alla mente questi due significati perché, talvolta, quando si uniscono al sonno della ragione, non generano soltanto mostri; ma mostri virali.
La libertà di stampa è un diritto che ogni Stato, insieme agli organi d'informazione, dovrebbe poter garantire ai cittadini ed alle loro associazioni, per assicurare l'esistenza della libertà di parola e della stampa libera. Esiste però, rispetto all'accesso delle informazioni, una limitazione a tale libertà. E’ previsto, infatti, che un qualsiasi governo possa decidere, in base alla Costituzione ed alle leggi ordinarie o speciali emanate dal legislatore, di non permettere la pubblica conoscenza di alcuni documenti, adducendo motivi di protezione dell'interesse nazionale e della sicurezza nazionale e sottraendoli alla stampa ed al pubblico.
Il punto però è... Chi stabilisce quali siano i limiti delle conseguenze provocate da un’informazione, quando smette d’essere informazione, asettica, nozionistica e diventa un tripudio di morbosa spettacolarizzazione, drammatizzata e resa epica, dell’orrore? «Da noi le donne le bruciano», spiegava Fernando Iglesias, deputato e scrittore, «è diventata una moda in Argentina che gli uomini diano fuoco alle donne; da quando il musicista Eduardo Vazquez ha bruciato la sua compagna nel 2010, è subito scattato l'effetto emulazione.» Si registra, infatti, che nei tre anni successivi all’omicidio, furono ben 132 le donne argentine che morirono nello stesso modo in cui morì la compagna del batterista dei Callejeros…
Ah, l’emulazione cosa non produce, nei disturbati mentali…
Ed ecco manifestarsi una catena di azioni terroristiche, proclamate in nome della jihad e compiute da individui assoldati e radicalizzati nel tempo di un click. Ma non solo. Già circuiti ed affabulati dalle proprie ossessioni, gli aspiranti martiri vengono, poi, anche più galvanizzati quando a tutta la loro follia viene regalata, mentre la si trasmette sul web o in televisione, la stessa presentazione scenica di un kolossal cinematografico. E così, anche i kamikaze che hanno fatto l’ultima strage di cristiani copti in Egitto e l'attacco terroristico islamico di matrice cecena nella metropolitana di San Pietroburgo non sono che le più recenti fra le macabre conseguenze di una virale esaltazione dell’orrore che, imperterrita, prosegue, alimentandosi e facendosi ancor più alimentare dalla spettacolarizzazione con cui viene divulgata dai media. L’Isis ha davvero creato un meccanismo di strategia mediatica non indifferente se, grazie ad esso, mentre la cronaca denuncia l’orrore degli atti da loro commessi, al contempo li incrementa, predisponendo i nuovi febbrili adepti ad emulare i crimini già compiuti, commettendone di nuovi, sempre più elaborati e più impressionanti, in un brutto gioco ad alta creatività mortale. La censura castra ed uccide, questo è indubbio; dove lei ci impedisce di raccontare, divulgare, portare alla conoscenza, la libertà di stampa risponde con un irrinunciabile "racconta ad ogni costo, divulga, fai sapere!"...ma attenzione, perchè la libertà e il diritto all’informazione sono una cosa, mentre la diffusione ostentata a benefici scenici è ben altro. Libertà di stampa non è e non vuole essere sinonimo di epopea dell’incubo. Il sensazionalismo finalizzato a paralizzarci e moltiplicare la paura (facendo, tra l’altro, proprio quel gioco voluto dalla propaganda terroristica) non è esattamente quel che si può definire un servizio di pubblica utilità. Ricordiamoci che è la libertà di stampa ad essere un diritto inviolabile dell'uomo; e non di certo la glorificazione, seppure involontaria, dell’orrore… Oltretutto la questione "rischio emulazione" non è nemmeno un grande scoop: già dagli anni ’70, infatti, è oggetto di sistematico studio. E vale a dire da quando alcuni particolari comportamenti suicidari resi celebri da sfavillanti luci scenografiche e monopolizzazioni mediatiche senza sosta, fecero aumentare, proprio sull’onda della spinta macabro-imitativa, il numero di azioni suicide copia-incolla. Il rischio non è, quindi, solo un rischio; ma una probabilità molto alta. Tanto che diventa sempre più difficile cercare di nascondersi dietro al diritto di cronaca o alla libertà di stampa se è la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità, nell’Acta Psychiatrica Scandinavica, a chiarirci, senza nessun sottinteso, come i mezzi di comunicazione abbiano l’obbligo di “esercitare estrema prudenza e riservatezza nelle notizie riguardanti casi di comportamento suicida” e che ogni singolo caso “dovrebbe essere discusso con esperti di comportamento suicida e di prevenzione, prima d'essere reso pubblico”. D'altra parte non è certo necessario chiamarsi Søren Kierkegaard per arrivare a comprendere che la gente, talvolta, esige e reclama la libertà di parola soltanto per poter compensare una ben altra libertà che, invece, molto frequentemente (e volentieri) rifugge: la libertà di pensiero. Ma, giusto per diritto all'informazione, vediamo qualche esempio di propagazione sanguinaria trasmessa per delirio imitativo? Non c’è che da scegliere: gesti di ordinario esaurimento cerebrale esaltati in stragi parentali e di vicinato; femminili acidificazioni compulsive per maschili ossessioni vendicative; omicidi ripresi in diretta da criminali più folli e distopici di quelli diretti da Kubrick in “Arancia meccanica”... E poi non dimentichiamoci delle macabre pestilenze da alienazioni di coscienza che hanno moltiplicato episodi di torture a discapito di ogni sorta di animale, o gli stupri collettivi di minorenni su minorenni... Ed ancora, sequestri di persona con segregazioni più lunghe e sanguinose della guerra di Troia, parricidi consumati sugli altari della patria e figlicidi in lucidi deliri post partum; senza scordare l'abominevole moda delle gestazioni programmate a scopo d’incesto che supera, se possibile, in tutto il suo orrore, il raccapricciante Miss Violence del 70esimo Festival di Venezia...
C'è altro da aggiungere?
Sì. Non scordiamo quel riflessivo reciproco del titolo che, purtroppo, nella libertà di emulazione del macabro, significa imitarsi a vicenda cercando di essere l'uno alla pari dell'altro e molto spesso superiore all'altro. E questo stupro del termine libertà, perdonatemi, è proprio tutt’altro che un’emancipazione dalla schiavitù. Oltretutto, fare informazione senza dover necessariamente sfamare il mostro di turno, non è neppure un’impresa così estrema... Ad esempio, come suggerì la Bbc nel 2009, si potrebbe iniziare non alimentando il senso di allarmismo. E sicuramente smettendo di pubblicare le fotografie di tutti gli assassini, magari evitando pure di farli diventare i nuovi ragazzi immagine per qualche marca di jeans da pubblicizzare… Forse si potrebbe semplicemente iniziare in questo modo: dando esclusivamente la notizia. Lasciando, finalmente, agli atti criminali la possibilità di essere, e restare, soltanto quel che sono: bastardi senza (nessuna) gloria.
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