Creato da ElettrikaPsike il 17/12/2012

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Dillo, bella strega...se lo sai, Adorabile strega…Dimmi, conosci l’irremissibile? (I fiori del male, C. Baudelaire)

 

 

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E TIRIAMO LE SOMME…

 

 

Dopo aver preso il via dall’interrogativo su Mercoledì Addams 2023

ed essere iniziato qui,

questo ciclo di post generazionali ha trovato il suo – momentaneo – termine proprio nel primo giorno di primavera, con l’ultima e contemporanea “Z”,

Ed ora?

 

 

Pur essendo consapevole che il rischio di (s)cadere in facili generalizzazioni possa diventare ancora e sempre maggiore, è arrivato il momento di chiudere il cerchio con una metaforica quadratura.

Tenendo, però, ancora e sempre in considerazione che non tutti gli appartenenti ad una data generazione condividono necessariamente gli stessi valori ed obiettivi (dal momento che ogni individuo è unico, con le sue scelte e preferenze personali) e tenendo naturalmente in conto che le tendenze e le dinamiche sociali sono influenzate non solo dal contesto storico, ma anche da quello culturale ed economico in cui le persone crescono.

Detto ciò,

riprendiamo la domanda iniziale e cerchiamo di capire perché, una danza come quella di Mercoledì Addams, ha stupito tanto gli adolescenti degli anni ’20 del 2000 (ed i loro genitori, a ruota).

 

In sintesi

– e specificando ancora che i quadri evidenziati non si riferiscono a singoli individui ma a tendenze generazionali e che possono variare notevolmente a seconda dei Paesi, delle culture e delle regioni del mondo –

possiamo dire che:

  I giovani a cavallo degli anni ’50 e’60 erano influenzati dalle tradizioni, dalla famiglia, dalle istituzioni e immersi in un benessere economico ottenuto nel periodo post bellico; ma l’avvento della musica rock ha smosso le acque per una rivoluzione nei costumi sociali. Una rivoluzione di cui, poi, i ragazzi degli anni ’60 e ’70 sono stati protagonisti assoluti con i movimenti di liberazione sessuale e di controcultura, con le lotte per i diritti civili e con la diffusione di ideologie e di valori nuovi in ambito sociale, politico ed economico. I giovani degli anni ’80, invece, cinici e molto più “politicamente scorretti”, hanno concentrato un maggiore interesse verso l’immagine, lo status symbol, l’ascesa sociale, il divertimento e l’edonismo. I ragazzi anni ’90 hanno assistito all’emergere della tecnologia digitale e di internet e si sono posti in una condizione di maggiore apertura tra le varie ideologie e culture differenti ed insieme ai giovani del 2000 hanno focalizzato la loro attenzione sulla globalizzazione e sulla diffusione dei social media. I ragazzi del 2010 sono stati influenzati dall’attenzione alla connessione ed alla condivisione delle informazioni con una sempre maggiore attenzione ai diritti delle minoranze. Ed infine, i teenagers attuali, i giovanissimi del 2020, con la loro consapevolezza ambientale, gli atteggiamenti coscienziosi, l’attenzione alla sostenibilità e all’equità, sono i ragazzi dell’inclusione e, in un certo senso – paradossalmente – i più anziani. Perché, per molti aspetti, sono indiscutibilmente molto più maturi rispetto alle generazioni che li hanno preceduti. Probabilmente anche grazie alla diffusione di internet e dei social visto che, innegabilmente, nel bene oltre che nel male, hanno un libero accesso – quasi gratuito e praticamente senza sforzo – ad una quantità enorme ed immediata d'informazioni come mai era stato possibile per le generazioni precedenti.

 

CONCLUDENDO...

Educati, coscienziosi, assennati, inclusivi, attivi, combattivi e rapidi.

Ma anche ansiosi e nervosi, distratti, sbrigativi ed approssimativi, iper stimolati e sovraccaricati.

E quel che è peggio: derubati della giovinezza.

Inevitabilmente, il contesto in cui stanno crescendo questi “Z” ha contribuito a renderli molto più ricettivi, rapidi e sicuramente più curiosi ed informati, aiutandoli a diventare consapevoli delle varie realtà nel mondo – o, quantomeno, di quelle più evidenti ed immediate – e delle dinamiche di innumerevoli questioni sociali, politiche ed economiche, andando a sollecitare il loro senso di responsabilità.

Inoltre, rispetto ai ragazzi analogici, gli adolescenti di adesso si trovano in un contesto enfatizzato, dove la percezione di ogni fenomeno risulta influenzata dai mezzi di comunicazione e dalle narrazioni dominanti.

E se, da un lato, la veloce e massiccia diffusione mediatica delle notizie ci potrebbe indurre a credere che gli episodi di violenza tra i più giovani – pensiamo anche alle baby gang degli ultimi anni – potrebbero essere più numerosi rispetto al passato anche laddove non ne esiste un effettivo riscontro, allo stesso modo anche la percezione di innumerevoli ragazzi di talento straordinario e di tante eccezioni che confermano la regola, enfatizzata da una divulgazione immediata, virale e talvolta ammorbante delle informazioni, ha contribuito a far sedimentare nelle coscienze dei genitori la malsana convinzione che sia invariabilmente obbligatorio spingere il proprio figlio nell’arena della velocità.

I ragazzi di questa decade vivono, infatti, in un’epoca in cui precise aspettative e puntuali pressioni sociali, come l’attenzione spasmodica al successo personale ed una cultura veloce dell’hic et nunc, inducono a bruciare senza alcuna remora non poche tappe, pur di acquisire tutta una serie di comportamenti maturi e responsabili nel minor tempo possibile.

Anche a discapito dell’approfondimento, dell’acquisizione dell’arte della pazienza e della possibilità di viversi la propria imperfetta e libera adolescenza.

 

 

Peccato che la maturità si costruisca per gradi e si acquisisca

(quando – e se! – la si acquisisce)

grazie a tanti strati di polvere e cicatrici.

E che solo il tempo

– non certo le varie aspettative genitoriali o dei media –

decide quando sia il momento giusto per averla.

E se si cerca dì comprarla in anticipo, indossando vestiti vecchi ante litteram, si resterà comunque bambini.

Ma bambini precocemente avvizziti e palesemente appesantiti da abbigliamenti troppo vintage.

 

 

 

 

N.B.

La foto utilizzata nel post è stata reperita dal web. Non è stato possibile risalire all'autore ma qualora il legittimo proprietario lo richiedesse, verrebbe immediatamente rimossa. 

 

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Commenti al Post:
woodenship
woodenship il 17/05/23 alle 02:34 via WEB
Sempre ammesso che, le condizioni internazionali, permettano un ulteriore sviluppo della generazione degli anni 30 del 2000, è alquanto azzardato riuscire ad immaginare gli effetti che avrà su di essa, l'avanzamento e diffusione, della cosiddetta intelligenza artificiale...un bacio scintillante di stelle.....w....
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 10/06/23 alle 19:05 via WEB
Assolutamente, certo. Quello che dici è implicito. Nel frattempo possiamo solo abbozzare ipotesi e scattare una piccola foto sull'oggi.
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
ARGYRIA il 03/06/23 alle 17:08 via WEB
WoW Ele! Peccato non poterti dare un like :)) bel lavorone hai fatto. Spero possa essere utile come fonte perché online non ci sono idee chiarissime nemmeno sui nomi delle varie generazioni! A presto, Nina.
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 10/06/23 alle 19:07 via WEB
Grazie mille Nina, ma in realtà io cercando qua e là sono riuscita a documentarmi con il materiale in rete, non è così poco, anzi...Anche se - inevitabilmente - a volte contraddittorio o non troppo lineare.
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Stellasenzacielo62 il 03/06/23 alle 17:14 via WEB
Credo che tu sia stata molto brava a cogliere proprio il segno della tendenza generazionale di questi giovanissimi Z e da insegnante concordo. Complimenti. Stefania.
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 10/06/23 alle 19:07 via WEB
Grazie Stefania ;-)
 
legrillonnoirdestael
legrillonnoirdestael il 04/06/23 alle 04:34 via WEB
Ottime somme conclusive Ele. Hai fatto un buon conto e hai ricevuto un guadagno notevole in termini di risultato. Chapeau. Mi chiedo quale sarà il prossimo coniglio nel tuo cilindro anche se, naturalmente, non sei un mago ma une belle sorciere...
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 10/06/23 alle 19:08 via WEB
Un cilindro corto, un cappello leggero e un coniglio sintetico ;-) Sono esausta...!
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Arwen71 il 04/06/23 alle 18:22 via WEB
La penso sostanzialmente come te Ele, un'acuta analisi come sempre :) Torna presto!
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 10/06/23 alle 19:09 via WEB
Grazie Arwen, ed eccomi tornata! Un abbraccio.
 
ravenback0
ravenback0 il 07/06/23 alle 19:04 via WEB
Bel ciclo di post, Ele e una bella chiusura del cerchio con queste ultime considerazioni sulla gen Z. E concordo le tue considerazioni sulla maturità. Alla prossima allora, hai già qualche idea? :)
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 10/06/23 alle 19:10 via WEB
In effetti, come ho appena scritto a Niccolò, sono così stanca che posso solo optare sulla brevità...Vedrai ;-)
 
rteo1
rteo1 il 11/06/23 alle 13:20 via WEB
Ottimo contributo di sintesi.Individuare e catalogare aspetti comuni alle diverse generazioni è impresa non semplice. Mi complimento. Voglio però lasciare una mia perplessità del tutto estemporanea: se ogni singolo essere è diverso da tutti gli altri è perché dev'essere così com'è secondo necessità oppure può amalgamarsi tradendo l'esser sè nel momento in cui diventi parte di una determinata generazione? Inoltre, una generazione è tale secondo natura, per cui non potrebbe essere diversa da come essa si manifesta?
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 02/07/23 alle 17:29 via WEB
Le tue domande, caro rteo, sarebbero perfette in un Simposio. Mi piacerebbe molto poterle offrire all'aere digitale ed imbandire un Convivio d'estate in questo 2023 d.C. (e probabilmente potremmo effettivamente farlo, anche se non so quanto le risposte potranno essere nella modalità platonica augurata, perché l'interazione intesa come scambio progressivo di dialoghi non è prassi molto comune qui su Libero, fatta eccezione di pochissime persone, ovviamente). Ad ogni modo, inizio a risponderti, se vuoi. O, almeno ci provo. Dicendoti qual è il mio punto di vista. La diversità tra gli individui, lo sappiamo tutti, come caratteristica intrinseca dell'essere umano, deriva da una combinazione di fattori biologici, ambientali, culturali e personali difficilmente separabili. Ogni individuo è unico e ha le proprie caratteristiche, esperienze, punti di vista, predisposizioni e talenti e questa unicità è una parte naturale e fondamentale nella società perché contribuisce alla ricchezza e alla varietà delle espressioni nelle relazioni umane. Così, per quanto esistano certe influenze culturali e sociali che possono contribuire a un'omogeneità o a una similitudine tra i membri di una generazione, ogni individuo in ogni caso conserva comunque (inevitabilmente) la propria unicità e identità. Non credo, quindi, che sia necessario "tradire" il proprio vero essere per diventare parte (oppure, pur diventando - naturalmente e, anche qui, inevitabilmente - parte) di una generazione. Perché anche se ci possono essere tratti e tendenze comuni all'interno di una generazione per vissuti e contesti storici (anche perché alla fine, "generazione" significa soltanto avere la stessa età in un determinato periodo storico e culturale) non significa che ogni individuo debba conformarsi completamente a tali aspetti. Oltretutto - da sempre e, chissà, forse per sempre - non tutti i coetanei del mondo hanno mai potuto vivere una realtà generazionale omogenea. Cambiando lo scenario geografico e socio-culturale,  le esperienze singole, l'aspetto economico, familiare e le condizioni fisiche, cambia il significato di generazione. In ogni caso, però, anche in una somiglianza (impossibile parlare di parità) di contesti, situazioni e opportunità, ognuno ha la possibilità di esprimere la propria individualità e contribuire alla diversità all'interno della propria generazione. O all'interno della propria vita temporale, che poi è lo stesso. In fondo "generazione" vuol dire soltanto periodo. Uno specifico periodo della vita di un individuo che, per quanto possa essere influenzato dalla cultura, dai valori dominanti e dagli accadimenti del suo tempo, non dev'essere necessariamente e completamente determinato da questi elementi. La manifestazione esterna di una "forma" generazionale, quindi, dipende dall'interazione tra gli individui, dalle scelte personali e dalle circostanze storiche e personali, specifiche. L'individuo influenza la generazione a cui appartiene e la determina, ma allo stesso tempo ne è anche plasmato per il contesto che respira. Per cui possono emergere tendenze o tratti comuni all'interno di una generazione, ma la diversità individuale e le influenze diverse modellano le esperienze di vita e le prospettive di ciascun individuo all'interno della generazione stessa. Alla fine, una generazione è solo una definizione socioculturale che può offrire un quadro di riferimento per comprendere le lotte, gli obbiettivi, le sfide, le opportunità e le influenze comuni in un certo tempo storico di individui adolescenti - 13/19 - e se la manifestazione di una generazione può variare da individuo a individuo, ogni singolo ragazzo può apportare un contributo unico e diversificato per "manifestarla". Perché "generazione" è solo ciò che i ragazzi sono. Ma ciò che i ragazzi sono è dato dalla loro natura e dal modo in cui reagiscono al contesto in cui si trovano.
 
   
rteo1
rteo1 il 03/07/23 alle 08:28 via WEB
Leggo con piacere le riflessioni relative alle mie domande. Concordo, anzitutto, che se questi spazi (blog) venissero utilizzati per scavare in profondità di sè stessi tutti ne trarrebbero dei benefici. Ci vorrebbe però il desiderio di crescere riconoscendo allo scambio culturale un ruolo determinante. Tu dici, tra l'altro, che "ciò che i ragazzi sono è dato dalla loro natura e dal modo in cui reagiscono al contesto in cui si trovano". Tutto giusto. Il problema però sta nel comprendere che cosa sia "la loro natura". Per 'loro" noi intendiamo semplicemente che "sono fatti così" ma non ci chiediamo anche "perché ?". E inoltre: la "loro natura" è strumentale a sè stessi ovvero ad altro ? Gli umani vogliono credere di essere gli artefici del proprio "destino". E se non fosse così? Essere artefici del proprio destino vuol dire anche decidere se nascere o meno e anche di non morire, se lo si voglia. È nelle cose che non è così. E allora è evidente che gli umani (e tutte le cose) sono soltanto degli strumenti, in una rete universale, che ha senso in sè. Ma questo è insopportabile perché non si può umanamente accettare che il "senso" sia stabilito altrove, oltre l'antropocentrismo. Circa poi il "contesto", escludendo quello naturale che ha proprie leggi inflessibili, bisogna riflettere meglio sul "contesto sociale" e sulle "leggi" che gli umani si danno per regolare i reciproci rapporti. Quali sono i fondamenti di tali "leggi" ? E. Severino avrebbe domandato: si fondano sulla incontrovertibilià del Destino della Verità? Mi fermo quì... perché non è mio intendimento scuotere le certezze di coloro che potrebbero leggere questo mio breve intervento.
 
     
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 05/08/23 alle 20:20 via WEB
Tu, caro rteo, sollevi un punto non da poco. Dici che essere artefici del proprio destino vuol dire anche poter decidere se nascere o meno o di non morire, se lo si voglia. Ma, di fatto, possiamo davvero affermare con tanta leggerezza che non sia (possa essere) così? Ed in questo caso sarebbe, invece, evidente che gli umani (e tutte le cose) non sono soltanto degli strumenti in una rete universale che ha senso in sé, ma un tutt’uno con essa. E significherebbe assumersi totalmente e incondizionatamente la responsabilità di co-creatori, in un modo che va oltre il concetto di antropocentrismo come tutti lo conosciamo. Ti invito a non fermarti affatto invece... perché se non è tuo intendimento scuotere le certezze di coloro che potrebbero leggere il tuo intervento, il mio desiderio, al contrario, è quello di non spegnere affatto la mente, né di chiudere occhi ed orecchie per la paura di guardare da altri punti di vista orizzonti sempre più allargati. Anche perché ogni panorama, alla fine, come ogni sicurezza, è solo parziale per definizione…
 
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