ElettriKaMente
Dillo, bella strega...se lo sai, Adorabile strega…Dimmi, conosci l’irremissibile? (I fiori del male, C. Baudelaire)
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AVVISO AI NAVIGANTI...
Tutti i passanti sono gentilmente invitati a lasciare fuori da questo blog:
incontinenze di ogni genere e tipo,
pratiche onanistiche finalizzate alla pubblicazione
e manie persecutorie-vittimistiche,
grazie.
Anche se il blog é moderato, ogni intervento pervenuto viene pubblicato.
Qualora il vostro non risulti, invece, visibile tra gli altri è semplicemente perché, presentando tracce delle sopracitate (incontinenze, pratiche onanistiche o manie persecutorie-vittimistiche)
vergognandosi di se stesso e di chi l'ha messo al mondo, si è autoeliminato.
Capisco che il nome del blog potrebbe trarre in inganno, ma qui non troverete il supporto psichiatrico che andate cercando.
Cordialmente,
Elettrikamente,
EleP.
Messaggi di Ottobre 2018
Post n°275 pubblicato il 27 Ottobre 2018 da ElettrikaPsike
Di questi tempi velati come il tempo, sanciti dalle nebbie dei climi sepolcrali, ho sempre scritto post che mi scaldassero e parlassero di fiamme, legni, sorbi e streghe, di piccole grondaie fatate dai volti del demonio e grottesche incongruenze che respingono attraendo. Proprio come le domande insoddisfatte che consumano tutti i riflessi dei sensi, infiammandoci di fervori e fuochi fatui per quel qualcosa - o nulla - che sta all’ombra dell’altrove. Quest’anno non ho scelto fra le streghe e gli angeli, i soggetti per le mie evocazioni da fantasma, perchè per questo indizio di novembre, i languori pallidi, bianchi come le stelle, si trovano in un brano senza nome e nell'amore mistico di un religioso verso Dio. Inizio da quest'ultimo. "Voglio aver bisogno della misericordia di Dio come fosse un dono", così iniziava. Non ricordo dove, tempo fa, ne abbia letto le parole, ma ricordo chi le ha espresse, ed ancor di più quanto fossero pericolosamente vicine al mio scellerato modo di volere il desiderio. E proseguiva con: "e non esigerlo ogni volta che cado, come fosse un mio diritto". Le parole erano del missionario Peter Joseph Kentenich, un uomo dalla spiritualità spesso in contrasto con le forme di insegnamento della chiesa cattolica. Fatto prigioniero a Coblenza dal regime nazista, venne quindi mandato nel campo di Dachau, soprattutto per aver promosso una libertà interiore e di scelta non ascrivibile ad alcuna ideologia precotta e cieca, ma garante solo della libertà individuale e della coscienza intima di ogni persona. Ed io potrei parafrasare quella sua dichiarazione – per quanto, comunque, veramente di poco si discostino il mistico e il sensuale ai miei occhi defilati e discordanti - ed estenderla anche alla passione e all'αγάπη del mondo ... Così, anch'io, lo dico, che voglio aver bisogno di un desiderio insoddisfatto, e che voglio non doverlo esigere ogni volta, quando cado, come fosse un mio diritto.
"Voglio annunciare quel Dio sconosciuto che riempie la vita. Che placa la sete. Che calma il pianto. Voglio parlare di quel Dio infinito e misericordioso che sazia i miei desideri infiniti", diceva Kentenich. E voglio poter parlare anch'io così di chiunque possa e voglia scegliere di amare.
E poter dire anche che il mio cuore nutrirà per sempre una nostalgia di cielo insoddisfatta.
Perchè il mio amore non è mai sufficiente e non riesco a riempire ogni mio vuoto. Ringrazio, però, di non poter amare con tutta la mia anima, perché punto all’infinito e non voglio dover dire che mi basti, mai. E, come lui, anche se forse per un amore differente, al quesito atavico “Come dev’essere il mio amore?”, risponderei senz’altro: “Dev’essere un amore insoddisfatto.”
“(…) Un ragazzo aveva aperto la porta e portato un vento commovente nelle stanze. Un amore impossibile, ghiaccio sulle finestre, ceppi di legno pronti per la stufa. Da allora una creatura invisibile abitava la tana del corpo, per sfamarsi della sua gioia. Così è l’amore insensato, che pretende attenzione, che ruba la voce, che fa tremare le mani. Una luna sopra un’automobile, la bellezza sublime di un viso e la tristezza lunga come un fiume che non arriverà mai al mare.”
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Post n°274 pubblicato il 14 Ottobre 2018 da ElettrikaPsike
Difficile vivere come se fosse in noi sempre settembre...
Eppure, questo, salverebbe forse entrambi dai fondali accusatori di una me autoimmune - antagonista di se stessa -
spostando il mio alterato "ovunque" di parallele sovrapposte un po' piu' in la': al salvo dai reattivi passati plagiati nel tempo in scomposti futuri. Al sicuro dagli inverni che ci storpiano i cuori crocifissi spuntellati con gli affanni;
al sicuro dai lemmi circonflessi in barocchi d'amarezze; da promesse fatte con le dita, inginocchiate al caos su materassi d'infinito, quando stesi sopra i regni del "non più determinato" sono scritti da un'Alice di congelate meraviglie.
Difficile, e contrario anche al nostro umano respirare, è questo mio imbarazzato tentativo di sopravvivere all'estate, quando agosto è un'Atlantide sommersa d'ossessioni compulsive, in fuga vigile dagli incubi senza più una direzione che li indirizzi altrove, volti a vigili realtà, in un divenire che è già assente di ogni tempo e controtempo.
Ma, talvolta, l'atteso inaspettato anche da noi si fa sorprendere e poi scartare, arreso, come si fa con un regalo che ci sembra facile accettare.
Ed accade quando, docili, diventano anche le più annuvolate labbra, da settembre rifinite in un sorriso ambrato liberato dagli spettri.
Accade quando le finestre aperte respirano dal cielo e quando, flessuoso d'equilibrio, ci osserva dallo sguardo di uno specchio il volto d'una giovinezza quieta, e tutto il mondo ci guarda in quel riflesso di rossi sorseggiati stregati dal silenzio dell'autunno e dai capelli accesi di acero e speranze.
Ed infine accade quando, disseminato sull'argento d'una falce settembrina, anche il mio dolore plana in ben più miti forme.
Di spezie cremisi soffuso, infuso di lunari grazie, il riposo si fa tiepido dentro i misurati sogni:
Buone per l'anima degli spiriti ammalati sono le note di quei sonetti caldi che, per noi, il sonno adesso può cantare.
EleP.
Per le note sull'immagine utilizzata nel post: https://natipervivereblog.com/author/natipervivereblog/
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Post n°273 pubblicato il 04 Ottobre 2018 da ElettrikaPsike
Tag: amore, Andrea Martis, anima, autunno, desiderare, Dovere, entusiasmo, giovinezza, maturità, Passione, programmi, successo, tempo, Vecchiaia
E poi l'estate svanisce e passa, ed arriva ottobre. Si fiuta l'umidità, si sente una chiarezza insospettabile, un brivido nervoso, una veloce esaltazione ... (THOMAS WOLFE)
E così, scrivo quelle riflessioni di mezza estate sulla giovinezza e la vecchiaia che erano rimaste ancora in valigia, ancora da mettere a posto e prese in prestito dalla scrittrice e poetessa Maya Angelou. Perché la giovinezza, in fondo, è un po' l'estate (e viceversa) ma anche l'autunno, a volersene accorgere, non è necessariamente da meno. Che l'autunno sia una stagione che amo e che settembre sia il mio mese preferito, lo sa bene chi mi conosce ed anche chi - un po' volontariamente o un po' per caso - mi legge, dal momento che ho ribadito il concetto un po' ovunque, spargendo in più post dichiarazioni multiformi a questo mese. Ma anche ottobre ha il suo perché. E se da un lato il suo tempo diventa sempre più simile ad un guizzo di colore su una malinconica partenza programmata, contemporaneamente ci concede anche un brivido che forse l'anima non sempre riesce a capire ma che ha tutto il sapore delle promesse. La maggior parte delle persone non cresce, la maggior parte invecchia. Trova parcheggi più grandi, onora le sue carte di credito, poi magari si sposa e mette al mondo un certo numero di figli ma si ritrova sempre più spesso con un "devo" che non vorrebbe sulle labbra. Occupa ogni battito dell'orologio con le cose "da fare" e le persone "da vedere", ma queste cose e queste persone sono sempre più cadenzate all'ombra dell'ultimo sole di un dovere. Qualche volta non se ne accorge se non a giornata, stagione o vita finita; altre volte, invece, se ne rende improvvisamente conto ma procede comunque, continuando ad avanzare passi obbligati, intenti a confezionare esistenze cerimoniosamente digerite, chiamando questo cammino "approdo alla maturità". Io, in tutto questo non trovo, però, nulla di assennato e ogni stanco perseguire processioni obbligatoriamente incanalate lo chiamo solamente diventare vecchi. La mia missione nella vita non è semplicemente sopravvivere, ma costruire un percorso libero - per quanto mi è possibile - con mosaici di passione e compassione, umorismo e inventiva. Perchè l'unico successo che voglio io, è quello che si raggiunge quando hai trovato una tregua con te stesso, ti piace quello che fai, ti piace come lo fai e non derubi di tempo (ma ancor più, di sostanza) la tua anima. Anche perché dentro di lei ci sono tutti i tuoi averi: le cose e le persone che si amano. Quello che voglio, in sintesi, è la parola più bella del mondo:
Che è un'eccitazione ispirata, un'energia vitale ed una fonte creativa che pungola le idee MA sopra ogni altra cosa... significa avere la divinità dentro di noi.
Che desiderare, dunque, di più?
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