EnodasIl mio mondo... |
... " Non si conoscono che le cose che si addomesticano", dissela volpe." gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico addomesticami!" ...
... "Ma piangerai!" disse il piccolo principe.
"E' certo",disse la volpe.
"Ma allora ch eci guadagni?"
"Ci guadagno", disse la volpe, "il colore del grano".
soggiunse: "Va a rivederele rose. Capirai che la tua è unica al mondo". ...
... "Addio",disse la volpe. "Ecco il mio segreto. E' molto semplice: non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi".
"L'essenziale è invisibile agli occhi", ripeté il piccolo principe, per ricordarselo.
"E' il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante".
"E' il tempo che ho perduto per la mia rosa…" sussurrò il piccolo principe per ricordarselo.
"Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa…"
Tutte le foto contenute in questo blog, se non specificato diversamente, sono mie e come tali sono protette da diritto d'autore. Rappresentano un momento, un istante, un'idea un'emozione.
Ho costruito un sito per raccoglierne alcune, e condividere una passione nata e cresciuta negli ultimi anni. Il sito é raggiungibile cliccando l'immagine qui sotto:
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ultimo aggiornamento: 20 Febbraio 2014
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Post n°870 pubblicato il 03 Ottobre 2020 da enodas
"Narrami, o musa, dell'eroe multiforme, che tanto
Oytis. Oytis. Ancora, il suono del mare, un'eco che sospira di forza divina. Nessuno. In balia delle onde, in balia di se stesso, e di un viaggio infinito. Sciolto in un pianto, esaltato nelle sfide, assetato di sapere. Oytis é un'eco che risuona quando osservo, quando cammino, esaltato ed un po' impaurito in una terra sconosciuta, quando sogno di fronte alle stelle o ad un cielo che si spalanca chiudendo gli occhi, quando perduto naufrago dentro me stesso. Allora penso che in un mondo antico, da qualche parte, qualcuno ha scritto il suo nome, ha raccontato le sue avventure ed il suo viaggio che non é mai veramente terminato. E da qualche parte sento il rumore delle onde, la linea d'orizzonte infinita del mare. Eroe per me, eroe un po' di tutti, viaggiatore e viandante, non é più davvero Nessuno. "...Ciclope, mi chiedi il nome famoso, ed io
Polytropos, l'eroe dai mille volti che nel viaggio impara a conoscere se stesso. Intrico della mente, sconvolgimento di ogni pensiero, astuzia ed inganni, ricerca e racconto, vendetta ed amore. Perché alla fine non resta altra forza talmente intensa da riuscire sempre a spingerlo oltre e far sì che raggiunga il prossimo approdo. Verso un abbraccio, quello col padre, un pianto liberatorio, quello della nutrice, il palpito di una mano che sfiora un altro corpo, quello della donna che ama. Nella purezza delle emozioni e nella semplicità degli affetti, svelati dall'arte, l'eroe é nudo. E terribilmente umano.
"...Era Odisseo: lo riportava il mare
Ulisse. Gli dei lo osservano, sbattuto dalle onde, inseguito da creature mostruose o donne di una bellezza tale da essere incantesimo. Gli dei osservano e capricciosi quasi giocano, sul destino degli uomini, immobili e giganti, in una grande sala il cui romore é quello di un mare in tempesta, ed al cui centro fluttuano i resti di un'imbarcazione strappata al tempo ed al mare. Un po' come lui, la sua vita disperatamente rivolta verso casa, verso gli affetti di chi, nonostante tutto continua ad attendere con speranza incrollabile, o di chi, disperato ha ceduto alla vita. Il viaggio, dell'eroe e dell'arte che ha voluto raccontarlo, secolo dopo secolo, inizia da qui, da questo simposio che si materializza nell'evocazione di una sala enorme che già vale lo sforzo di essere qui, straordinaria sensazione di attraversare minuscoli ed insignificanti una sala aperta sull'Olimpo, là dove né noi, né lui, avrebbe potuto camminare e perorare la sua causa.
"...Non adirarti con me, Odisseo, tu che sei
(...) Disse così e in lui suscitò ancor di più il desiderio di piangere:
E allora, non saprei quante parole spendere davvero per raccontare. Così invece lo raccontarono poeti pittori e scultori, generando bellezza e meraviglia. Ma anche scavando nell'animo umano, esplorando le proprie inquietudini e riflettendo sul proprio destino. E così il Mito ha attraversato, viaggiando come si canterebbe di lui, lungo i secoli, la storia dell'Arte, e le epoche degli uomini, adattandosi al Tempo, narrando uno o un altro aspetto di quello che siamo, un po' come fossero ciascuna una di quelle isole dove l'eroe approdava - talvolta naufragava - in un peregrinare continuo. Ha udito canti ipnotici e fatali, ha affrontato creature mostruose, ha amato colmo di passione o in preda ad un sortilegio. Ha perso i compagni e forse, chissà, ogni tanto anche la speranza. Perché é umano. Ma dentro di sé deve aver custodito acceso quel frammento di casa che lo riporterà ad Itaca. Per ripartire, un giorno, alla fine del mondo. O forse, come racconta l'ultima sala dedicata al Secolo Breve, di fatto non riuscirà a ritrovare davvero la via, e perdendo il ricordo del ritorno si è perduto, scordando il proprio destino. Itaca, per sempre.
"...Essi poi mi legarono mani e piedi nella nave,
"Il protagonista dell’Odissea è il più antico e il più moderno personaggio della letteratura occidentale. Egli getta un’ombra lunga sull’immaginario dell’uomo, in ogni tempo. L’arte ne ha espresso e reinterpretato costantemente il mito. Raccontare di Ulisse ha significato raccontare di sé, da ogni riva del tempo e raccontarlo utilizzando i propri alfabeti simbolici, la propria forma artistica, attribuendogli il significato del momento storico e del proprio sistema di valori. (dall'Introduzione alla Mostra)
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