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l’ipocrisia, l’opportunismo, chi indossa una maschera solo per piacere a qualcuno, l’arroganza, chi pretende di dirmi cosa devo fare, chi giudica, chi ha sempre un problema più grosso del mio, sentirmi tradito, le offese gratuite, i luoghi affollati, essere al centro dell’attenzione, chi non ascolta, chi parla tanto ma poi…, l’invidia, il passato di verdura





 
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Messaggi di Agosto 2018

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Post n°768 pubblicato il 29 Agosto 2018 da enodas

 

 

"The light of past discovery draws me forward. Its shining light guides me to the glory of exploration..."

(Francis Drake)

 

 

"...And in the shadowless, unclouded glare
Deep blue above us fades to whiteness where
A misty sea-line meets the wash of air..."

(J.Betjeman)

 

Immagino questo viaggio verso l'ignoto, in una nebbia che non si dirada, nubi grigie ed opache che inghiottono tutto. La barca va, verso questa coltre impalpabile che in lontananza svanisce in un nulla etereo. Ho perduto quella linea dell'orizzonte, non so più nemmeno capire dove mi trovo. Ho solo qualche goccia di pioggia, gelida sulla pelle, sporadica, a ricordarmi che questo é reale, ed io sono qui, sfidando blu e bianchi intrisi di mistero, cercando disperatamente con gli occhi il profilo di un faro, un guardiano silenzioso. Nessuno. Ogni linea scomparsa. E silenzio. Un po' come il profilo di quella barca che si allontana nella nebbia.

 

 

Si dice che questo fuoco non si sia mai spento. Per oltre un secolo e mezzo. Osservo le braci che covano silenziose ed ardenti. E' un'illusione, ma é come se fosse quel fuoco sopito la sola sorgente di luce nella sala del pub, dove i riflessi delle birre, i fumi del cibo portato dalla cucina ed i rivestimenti di legno scuro alle pareti barluginassero per pochi brevi istanti intermittanti. Se questa storia del fuoco mai sopito fosse mai vera, credo che non potrebbe esistere luogo migliore di questo perché possa essere effettivamente così. Ho scambiato qualche parola con la signora dietro al bancone, raccogliendo frammenti della sua storia e di quella di questa locanda. Sta scendendo la notte, ad oscurare con un'aria quasi gelida una giornata di sole. La linea della strada, là fuori, scompare velocemente, e qui le braci sembrano quasi svegliarsi dal torpore che le mantiene d'estate. E questo luogo immerso nel nulla, in un paesaggio che fonde una bellezza idilliaca con i profili ruvidi e misteriosi di spuntoni di roccia levigati dal vento, é uno di quei luoghi d'arrivo, quasi un faro immerso nel verde di un mare che non c'é.

 

“She felt... how life, from being made up of little separate incidents which one lived one by one, became curled and whole like a wave which bore one up with it and threw one down with it, there, with a dash on the beach.”

(V.Woolf)

 

 

Ho guidato attraverso una strada che scompariva, levigandomi ai fianchi. Un cunicolo di verde e di siepi. L'ho attraversato seguendo idealmente una luce proiettata da uno specchio, cercando uno di quei luoghi ai confini del mondo, dove la terra all'improvviso termina in un salto nel vuoto. Dove qualcosa nel silenzio risplende, semplicemente. E' quel silenzio disturbato solo dal vento, spezzato da eco di onde tormentate, che si fonde nei colori del tramonto. Ed imperterrito rimane il profilo di questa colonna, al termine di una strada scavata nel pendio che conduce in fondo al promontorio, ed una luce pronta ad accendersi, in cima, cavaliere impegnato in una battaglia senza speranza o sentinella in attesa dall'alto di una fortezza alla quale nessuno arriverà mai. Come a dire, non vorrei andarmente da qui.

 

“What is the meaning of life? That was all - a simple question; one that tended to close in on one with years, the great revelation had never come. The great revelation perhaps never did come. Instead, there were little daily miracles, illuminations, matches struck unexpectedly in the dark; here was one.”

(V.Woolf)

 

 

La chiamano Land's End. Letteralmente. Anche se un po' ovunque, alla vista del mare, si ha questa sensazione, di essere giunti alla fine del mondo. A tratti, idealmente, ripenso all'altra parte, sulla costa francese, ad osservare questo stesso profilo, questo stesso paesaggio, dove piccoli rovi coperti di fiori violacei coprono il terrreno e sono la carta sulla quale si disegnano labirinti di sentieri. Ad un certo punto, anche, c'é un monte che compare e scompare a seconda delle maree. Altrove, invece, rovine spettrali di miniere sospese nel baratro delle scogliere, compaiono in maniera quasi teatrale da un punto all'altro del sentiero. Ma soprattutto, ritrovo quell'emozione di sfiorare per un attimo l'infinito, anche se solo idealmente, con lo sguardo, verso una linea immaginaria e nascosta, quasi parlasse alla mia mente, ed il fragore lontano ed assordante di un mare che si abbatte sugli scogli, la vertigine di tutto questo osservato dall'alto, come sulle ali di un albatros, e l'eco di un richiamo lontano.

 

 

"Where grey Land's End repels the sky
The granite boulders stand
Reared in a column. There they lie
Laid by a giant’s hand,
And there the ascending seabirds fly
Beyond the last of land.

The shallow hills reflect that grey,
The walled-in fields are bleak.
The road from Zennor winds its way
West, in a barren streak,
Shunning the softer forms of day,
Forgetting what men speak.

Who stands upon that farthest ledge
And sees the Atlantic break,
Back through the fields with stones for hedge
His Eastward way will take   
To Zennor’s valley and its pledge,
A legend cut in teak..."

 

 

"...The mermaid knows what no man knows,
The secrets of a shell,
The pearl on fire, the breaking rose,
The murmuring, foundered bell
Whose sound through singing chambers goes
Crossed by the tingling swell. ..."

"...However long the waters roll
Longer my love shall be,
Nor shall you leave my burning soul
Torn by the moving sea,
Though all the bells of Zennor toll
And say you died for me..."

 

 

 
 
 

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Post n°767 pubblicato il 27 Agosto 2018 da enodas

 

 

"...Cornwall, and the storm-tossed isle
Where to the sky the rude sea rarely smiles
Unless in treacherous wrath..."

(P.B.Shelley)

 

 

E' già passata più di una settimana da quando sono tornato. Sono seduto qui, all'angolo del giardino, con il sapore intenso di un bicchiere di vino che avvolge la mente e la penna ancora posata sul tavolo. Scrivere dei giorni passati insieme e di paesaggi meravigliosi, spezzati da scogliere a picco, rumori di onde che si infrangono lontane, o magari da massi sospesi in chissà quale modo. Scrivere delle strade, strette fino a scomparire, perché mi conducessero a castelli da favola o fari perduti tra scogli assassini. O invece villaggi incastrati sulla terraferma, silenziose voci narranti di storie di minatori o tragedie di pescatori, una tavola rotonda, il fuoco che fiammeggiava da decenni in un calice torbido di birra, a raccontare storie dove il confine tra leggenda e realtà era sempre più esiguo. In qualche modo, vorrei udire ancora quelle onde, lontane sotto di me, laddove la fine del mondo sembra a portata di mano.

 

 

E' iniziata da lontano, dove la costa frastagliata era ancora un miraggio, e così indietro nel tempo che inizialmente risuonavano eco in lingua latina e pareva di non trovarsi in terra straniera. Fumi sulfurei salivano da specchi d'acqua verdi come la pietra e quasi come una nebbia temporale sfumavano profili arcigni di imperatori e salivano verso volte marmoree candide come un abbaglio. Nell'acqua rimanevano gioielli perduti, oggetti comuni e maledizioni imprecate.
Sono risalito, e quasi d'istinto ho svoltato verso una deviazione che andasse ancora più lontano. Troppo forte l'attrazione per ciò che da bambino é sempre stato un luogo magico e misterioso, uno di quei luoghi dove andare assolutamente, tanot che giungervi sarebbe stato come soddisfare la ragione di un viaggio intero. E' così che mi sono trovato a Stonhenge, attraversando foreste ed ondulazioni del terreno che erano qualcosa di talmente ancestrale da sembrare che nemmeno mi appartenessero. E come una folata di vento, tra le pietre giganti ho intravisto fuochi danzanti come i fili d'erba radenti sul terreno, ed udito parole di una lingua sconosciuta.

 

 

Sotterranei di cavatori di pietre e di contrabbandieri. Non é più così lontano il ribollire del mare, dove la costa finalmente inizia a mostrarsi, dove sento ormai di essere giunto. Clangore di pietre spezzate, perché prendano la via di una cattedrale cangiante, molti chilometri più in là, e storie accennate tra le ombre incise sulle pareti dove anime hanno scavato, dove altri hanno trovato rifugio. La costa é sempre più vicina.

 

 

Anche se non sono propriamente in Conrnovaglia. Ho trovato scogliere sempre più alte e quei paesini incastrati al termine una strada che sembra esaurirsi come un fiume che giunge alla foce. Ho cercato il primo sole che tramontava dietro un muro a strapiombo di roccia che improvvisamente cambiava colore, o la prima eco di un mare invisibile metri e metri sotto i miei piedi. E' come se li ritrovassi, in realtà, tanto era l'attesa di questo peasaggio, tanto che quel passaggio che si arrampica e si snoda seguendo il confine di terra ed acqua lo percorrerei interamente a piedi, in un lungo impossibile viaggio ai confini del mondo.

 

 

"...The golden and unpeopled bays
The shadowy cliffs and sheep-worn ways
The white unpopulated surf
The thyme-and-mushroom scented surf
The slate-hung farms, the oil-lit chapels
Thin elms and lemon-coloured apples..."

(J.Betjeman)

 
 
 

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Post n°766 pubblicato il 21 Agosto 2018 da enodas

 

 

...sempre molti ricordi quando arrivo in questa piazza...

 

 

 
 
 

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Post n°765 pubblicato il 02 Agosto 2018 da enodas

 

 

 

Mi spiace non avere avuto molti contatti. Finanche nei colori, nella musica, nei racconti, un po' mi manca questo aspetto. E non so dire se li abbia persi per coincidenze temporali o se, in qualche modo, anch'essi siano ormai diluiti nel mondo moderno. Quando é capitato, tra una parola d'inglese e molte altre in un linguaggio che vagamente suonava familiare, ho trovato sempre persone gentili e molto disponibili, pronte ad aiutare e cercare di dare informazioni. Ho constatato quasi per caso che spesso non é difficile trovare connessioni con qualche luogo in Italia ed una storia soltanto accennata da raccontare che mi ricordasse il nostro Paese visto da un altro punto di vista esterno. A malincuore, molto di questa regione mi rimane nascosto.

 

 

A colpirmi, mentre guidavo, erano i luoghi deserti. Attraversavo questi villaggi, a volte mi fermavo, ed avevo sempre la stessa percezione che non ci fosse nessuno, solo case colorate lungo la strada principale, ed un vento caldo che nel spirare aumentava questo sentimento. Ho guardato ancora, con più attenzione. Ogni tanto scorgevo qualche volto segnato dal tempo, il corpo lo stesso, magari, un po' piegato. Volti anziani. Volti di un tempo che fu, di un mondo che sta cambiando un po' ovunque, inaridendo la presenza in questi luoghi a vantaggio dei grandi centri urbani. Ancor più quando si iniziava ad arrampicarsi lungo le salite di montagna. Quei volti, le ombre che proiettavano ed il loro incedere meno sicuro erano anche ciò che rimaneva di quelle immagini che mi aspettavo di trovare lungo le strade. Ne ho trovate poche istantanee, quasi per caso, sorpassando un carretto, rimanendo bloccato tra greggi di animali. Mentre il resto andava perduto, non oltre uno sguardo fugace dal finestrino.

 

 

Sono risalito in macchina. Tirava, in un certo senso, dopo tornanti secchi e rampe improvvise. Ho sentito il senso di un'impresa epica scorrere tra le ruote. E per un attimo mi sono esaltato. Ho pensato al serpente, steso nel deserto, visto dalle cime dell'Atlante, immagine fugace di un ricordo che si sovrappone. Ora, che il ghiaccio resiste, in qualche angolo d'ombra, e le acque di questo lago ghiacciato sembrano uno specchio torbido che affonda nel buio. Adesso, sì posso guardare in basso, quel serpente snodarsi fino a scomparire, là dove il sole sovrasta le nubi. Ancora, per un attimo provo quel senso di esaltazione, semplicemente, per avere guidato, fino a qui, come per altre strade. Ora le posso riavvolgere, nella conta dei giorni. Non sempre perfette, ben lontane dall'esserlo. Ho ripensato spesso alla prima volta che sono andato in Polonia, dieci anni fa, a quelle strade disastrate che lentamente cercavano un riparo. Le ho riavvolte, assaporando il paesaggio, via via che diventava sempre più verde, come smerando d'estate, e sempre più lento, con i profili delle montagne a guardarmi, talvolta anche da affrontare, direttamente, lre ombre dei covoni, finalmente scovate, ed i villaggi che si materializzavano, ogni tanto, mentre guidavo. E' come se da quassù le potessi rivedere, al termine di questa strada inseguita e cercata, che si materializza come l'ultima immagine da raccontare.

 

 

 
 
 
 
 

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