Enodas

Il mio mondo...

 

AREA PERSONALE

 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Maggio 2019 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
    1 2 3 4 5
6 7 8 9 10 11 12
13 14 15 16 17 18 19
20 21 22 23 24 25 26
27 28 29 30 31    
 
 

ULTIME VISITE AL BLOG

monellaccio19Dott.Ficcagliaacer.250m12ps12Desert.69CherryslMiele.Speziato0amorino11surfinia60felixyaxiltuocognatino1Signorina_Golightlycassetta2rossella1900.rprefazione09
 
Citazioni nei Blog Amici: 26
 
Mi piace

la musica, suonare il pianoforte, suonare il mio violino, la luce del tramonto, ascoltare il mare in una spiaggia deserta, guardare il cielo stellato, l’arte, i frattali, viaggiare, conoscere e scoprire cose nuove, perdermi nei musei, andare al cinema, camminare, correre, nuotare, le immagini riflesse sull’acqua, fare fotografie, il profumo della pioggia, l’inverno, le persone semplici, il pane fresco ancora caldo, i fuochi d’artificio, la pizza il gelato e la cioccolata


Non mi piace


l’ipocrisia, l’opportunismo, chi indossa una maschera solo per piacere a qualcuno, l’arroganza, chi pretende di dirmi cosa devo fare, chi giudica, chi ha sempre un problema più grosso del mio, sentirmi tradito, le offese gratuite, i luoghi affollati, essere al centro dell’attenzione, chi non ascolta, chi parla tanto ma poi…, l’invidia, il passato di verdura





 
Ultimi libri letti


I sei numeri dell'universo
- M. Rees -
* * *
La tavola fiamminga
- A. Perez-Reverte -
* * * * *
Lunedi blu
- A. Grunenberg -
* * *
Leonardo da Vinci
- D. Mereskovskij -
* * * *
Pilota di guerra
- A. de Saint-Exuperi -
* * *
Un nome da torero
- L. Sepulveda -
* * * * *
Il libro di mia madre
- A. Cohen -
* * *
Il disprezzo
- A. Moravia -
* * * *
Il ritorno del giovane principe
- A.G. Roemmers -
* * *
 

Suonando...


Albeniz
Granada
Asturias

Beethoven
Sonata n.3 op.10 (n.7)
Sonata op.13 “Patetica” (n.8)
Sonata n.2 op.27
“Chiaro di luna” (n.14)

Sonata op.53 “Waldstein” (n.21)

Chopin

Notturni

Debussy

Suite Bergamasque
Deux Arabesques

Liszt

Valse Oublièe
Valse Impromptu

Schubert

Impromptu n.3 op.90
Impromptu n.2 op.142




 

Messaggi di Maggio 2019

.

Post n°813 pubblicato il 24 Maggio 2019 da enodas

 

 

In un gioco un po' particolare delle parti, in queste settimane mi trovo a dover gestire colloqui di lavoro per delle posizioni aperte nel mio gruppo. E' una sensazione strana, ad un certo punto, un po' come "al di là della barricata". Ma soprattutto, sperimentando e vedendo come funziona questo processo, dall'aspetto burocratico agli aspetti mentali delle perosne coinvolte, per come soono fatto, non ho potuto evitare di provare un certo senso di delusione e rassegnazione. Di fronte alla casualità, al modo in cui io stesso ad un certo punto scorrevo i curriculum, passando per il modo, differente da persona a persona, di condurre un colloquio e giudicare un candidato. Sarà che tendo ad immedesimarmi in certe situazioni, e sarà anche che mi sono trovato più volte in disaccordi sui modi e sui giudizi, in certi casi sono finito a rappresentare il volto buono di chi stava "oltre la barricata", in altri casi semplicemente cercavo qualcosa che a quanto pare non corrispondeva alle aspettative altrui, in altri casi ancora semplicemente sono rimasto in silenzio. In ogni caso, sono giunto alla conclusione che sia sempre una buona dose di fortuna, coincidenze, e pure insistenza e faccia tosta: probabilemte niente di veramente nuovo, sicuramente poco in cui sono capace.

 

 
 
 

.

Post n°812 pubblicato il 19 Maggio 2019 da enodas

 

 

 

La Storia, in questo luogo, é qualcosa che ha ancora pagine bianche. E sicuramente, quelle appena riempite graffiano ancora. A partire dall'inizio del secolo scorso, dalla caduta dell'Impero all'invasione giapponese, fino alla Seconda Guerra Mondiale e gli strascich della Guerra Fredda, così come si protraggono fino ad oggi. Non lontano dalle mura di Seoul sorge quella che era una prigione dei resistenti all'invasione nipponica: il silenzio di quello che era un carcere moderno, ormai abbandonato ed ora percorso da orde di ragazzini in gita scolastica, raccontano che la Resistenza, così come la repressione, non sono poi così diverse, in ogni parte del mondo. Gli sguardi, fissi, delle fotografie in bianco e nero, mi fissano raccontandomi una storia in una lingua indecifrabile, eppure sono lì, a testimoniare l'inizio di un secolo sciagurato, di un mondo senza fine che soltanto negli ultimi anni, tra boom economici e rivoluzioni tecnologiche, ha lasciato spazio a qualcosa di nuovo, almeno da una parte di quel maledetto parallelo che come una sciabola ancora divide in due la penisola.

 

 

Ed allora, ci sono andato, al 38mo parallelo, una terra di nessuno ad una manciata di chilometri da Seoul, seguendo una strada che velocemente iniziava ad attrezzarsi, ai lati di cinte di filo spinato e torrette di vedetta. E' ironico pensare come un luogo del genere, ad oggi, sia diventato una fonte di guadagno attraverso il turismo. Oggi, che la tensione sembra stemperata, almeno per il momento, perché comunque si ha l'impressione che basti poi poco a far salire la tensione. Oltre quella zona di nessuno, si tratti di un binario su un ponte che sparisce nel nulla, o di qualche luccichio fittizio di un'ombra disperata di vedetta, in lontananza, rimane il mistero, propaganda e contro-propaganda, probabilmente sofferenza, ed un muro inesistente senza troppo senso, alla fine. E' qui che mi rammarico di non aver avuto il tempo di allontanarmi dalla capitale, ed esplorare il Sud, almeno, e scoprire un riflesso della Korea che era, o che ancora non é, e viaggiare, a ritroso oltre questa linea invisibile che, a nord, segna un confine nel tempo, oltre che nello spazio.

 

 

E' questa, dunque, l'ultima fermata. Mi viene in mente l'immagine di copertina del romanzo di Sepulveda, La frontiera scomparsa. questi binari spariscono nel nulla, partendo da una stazione deserta con un'indicazione precisa: Pyongyang, 204 km. Oltre una foresta di mulinelli a vento colorati dai bambini, che cigolano nel loro ruotare. Oltre l'ombra di una sentinella, in fondo ad una banchina che rimane inutilizzata. Questo luogo fantasma é a metà strada tra sogno e retorica, troppo irreale e silenzioso per essere vero, troppo assordante per non essere ascoltato. Forse la frontiera scomparsa, una delle tante, si trova qui, da qualche parte, nascosta dai rottami di un treno, dallo sguardo duro di una giovane recluta in lontananza, da un cespuglio di erba selvaggia che inghiotte i binari.

 

 

Sono tornato, altrove, dove le frotte di turisti non c'erano. Sono sceso in un altro di quei tunnel scavati da nord con dinamite, piccozza ed un prezzo sconosciuto di vite umane. Ma questa volta, senza necessariamente essere in fila indiana tra frotte di altri visitatori. Così come nella prima occasione, il luogo più vicino alla Corea del nord l'ho sfiorato sotto terra, in questi cunicoli sinistri e saturi di umidità. Un muro a sbarrare il confine, anche a cento metri di profondità, marcava quel limite invalicabile. Ed una piantina, chissà come, si aggrappava a quel blocco di cemento armato, illuminata dalla luce di un faro. Lungo questa linea di confine, o nelle sue immediate vicinanze, si accalcano memoriali di battaglie senza fine e ruderi di luoghi sinistri. Il silenzio, la serenità in un giorno di primavera, la pace, in certi casi, stride in maniera eclatante con la Storia. Stride col paesaggio, quando la natura decide di prevalere con la sua bellezza, dove un fiume ha eroso la terra fino a graffiarla in un solco profondo, e le rocce circostanti raccontano di una storia d'amore tra divinità e grandi re del passato. Tutto scorre. E questo nostro accanimento sulla Storia perde anche quell'ultimo barlume di significato.

 

 
 
 

.

Post n°811 pubblicato il 14 Maggio 2019 da enodas

 

 

Oltraggiosamente incomprensibile. E' più o meno in questi termini che Rudolphe Kreutzer (e gran parte dei musicisti della Parigi di inizio Ottocento) definì la sonata che Beethoven aveva dedicato al suo nome. Destino curioso ebeffardo, quello del violinista la cui fama già stava scemando al termine della sua vita: il suo nome é rimasto legato all'opera che disprezzava e che - probabilmente - non si prese mai cura di eseguire. Del resto, la Sonata a Kreutzer é uno di quegli aneddoti che accompagnano le opere immortali. Inizialmente dedicata ad un altro virtuoso del violino dell'epoca, George Bridgetower, che la eseguì con Beethoven al pianoforte alla sua prima esecuzione "pubblica", cambiò presto nome dopo una discussione con Beethoven stesso a proposito di una ragazza che il compositore stimava, lasciando quest'ultimo furioso. Fu dunque passione e furore non solo tra le note, ma nella sua stessa genesi.
Tolstoj, molti anni più tardi, la ascoltò per la prima volta in compagnia del pittore Repin e dell'attore Andreev Burlak. Tutti e tre rimasero tanto ammaliati dal potere di quel brano tanto seducente e carnale, che decisero di tradurre l'impressione suscitata dalla musica attraverso gli strumenti della loro arte. Per motivi differenti, soltanto lo scrittore portò a termine questo proposito, dando vita ad un racconto dove arte e vita si compenetrano in un crescendo di sospetti, passione e gelosia. Esattamente come la musica che lo aveva ispirato. Tolstoj non poteva immaginare che anni più tardi avrebbe sperimentato in un certo modo la situazione stessa che aveva descritto nelle sue pagine, quando la moglie Sofia, depressa per la morte del figlioletto Vanja, si invaghì del musicista Sergej Ivanovic Taneev, che per qualche tempo frequentò la casa dei coniugi Tolstoj.
Un altro compositore, Leos Janacek, nel Novecento, si accosterà alla Sonata a Kreutzer, riprendendone in un quartetto non soltanto la dedica, ma citando in continuazione i temi lasciati da Beethoven e le pagine di Tolstoj, in una dichiarazione d'amore segreto e disperato per una ragazza sposata, Kamila Stösslová, affidando alle proprie note il racconto agitato e tormentato di questa storia d'amore.
La Sonata a Kreutzer é un racconto tempestoso e a tratti conturbante di amore, passione, infedeltà, ma anche di religione, questioni sociali ed assassini. Soprattutto, é l'evocazione stessa del potere che la musica può esercitare e della sua capacità di permeare la vita e le forze pulsanti degli uomini.
Così, l'altra sera, sono bastate le prime, perentoree, note del violino per gettarmi in questo mondo a far riemergere questo nome, che la musica che luis stesso disprezzò in vita ha reso eterno, per risvegliarmi, e ricondurmi ancora una volta lungo questa narrazione di tormenti e di fuoco, così come anche di ricordi che affondano come sassi lanciati sull'acqua, in una lunga ssociazione di idee e di immagini che ho recuperato dalla mente. Laddove per mancanza di talento non ho certo la mia Sonata, almeno, ho lasciato che note altrui parlassero per me.

 

"...I was in torture, especially because I was sure that toward me she had no other feeling than of perpetual irritation, sometimes interrupted by the customary sensuality, and that this man,—thanks to his external elegance and his novelty, and, above all, thanks to his unquestionably remarkable talent, thanks to the attraction exercised under the influence of music, thanks to the impression that music produces upon nervous natures,—this man would not only please, but would inevitably, and without difficulty, subjugate and conquer her, and do with her as he liked..."

(Tolstoj - The Kreutzer Sonata)

 


 
 
 

.

Post n°810 pubblicato il 09 Maggio 2019 da enodas

 

 

 

"Ji" means "wise", wisdom that knows which one is right or wrong
"In" means "generous", a mind that loves people
"Ye" means "polite", an attitude that respects or consiers other people
"Ui" means "righteous", a mind that feels ashamed of injustice
"Shin" means "reliable", a mind that is reliable and trustful

 

 

"In", "Ui", "Ye" e "Ji" sono le quattro virtù fondamentali del Confucianesimo, le direzioni cui tendere come essere umano, i punti cardinali dei quattro bastioni principali delle mura di Seoul: Nord, Sud, Est ed Ovest.
Saggezza, Benevolenza, Rispetto, Giustizia, Sincerità. Sono le caratteristiche che un re deve coltivare e possedere. Sono le qualità del guerriero che scala la montagna, che affronta i ripidi gradini delle mura difensive. C'é un legame profondo, tra ogni passo e la sua rappresentazione nell'universo personale. Questi gradini, che spezzano il fiato e si inerpicano verso le nuvole, sono un riflesso dell'animo. E' un concetto molto orientale, che da parole antiche e pensieri dogmatici giunge fino al presente. Continua a salirmi in mente la Grande Muraglia. Qui, come allora, ho queste parole sconosciute che mi spingono, mi animano, guidano la mia mente. Perché ogni bastione conquistato sia un passo un po' più in alto, verso quell'immagine di guerriero dall'animo nobile e dal cuore indomito, perché sia una stella da aggiungere in quell'equilibrio universale di cui io sono un piccolo riflesso. E perché, dall'alto, anche io possa conquistare questa gigantesca città.

 

 

Il numero - ed i chilometri - di percorsi attorno a Seoul é praticamente infinito. Abbandonato il centro interminabile della metropoli, del resto, la natura inizia a splendere come gemme che si vorrebbe collezionare. Sono stupito ed affascinato da quante persone si incontrino su questi sentieri. Persone di ogni età, allenate, che fanno di questa attività una specie di sport nazionale. Del resto, nella terra dello Yin e Yang, dell'equilibrio sotto ogni aspetto, immagino, il camminare é qualcosa che va ben oltre il movimento fisico, é un'esperienza che trascende la bellezza di un paesaggio selvaggio dove esplode la primavera, gli alberi in fiore, e la pioggia di colori trapassati dal sole. E' una bellezza silenziosa ed inebriante, che cresce camminando e sprofonda in una sensazione di pace.

 

 

I picchi di granito, in lontananza, mi ricordano un paesaggio da sogno che ho visto a Zhangjiajie, in Cina. La foresta di roccia. Sono lontani, davanti a me, prima che vengano coperti dalla foresta sottostante. Da questa strada di pietra e di polvere dipartono di tanto in tanto sentieri laterali, marcati da strisce di nastri colorati. Marcano l'accesso ad un tempio, ogni volta, nascosto da qualche parte, dietro uno strapiombo o una salita improvvisamente ripida. Marcano l'accesso ad un'isola di calma e serenità, acqua corrente, silenzio nel vuoto, e colori vivaci. Piccole città della gioia, alcuni scintillanti all'ingresso, altri remoti e provati dal tempo. Penso ancora alle parole incise sulla pietra dei gradini. Penso al guerriero di animo nobile che li percorre. Perché il sentiero diventa ripido, ora che gli speroni di granito incombono sulla testa, e la strada non é sempre chiara. Ombre e riflessi. Prima che il vento spazzi via tutto, sulla nuda roccia, ora sospesa verso la cima. Quasi mi reggo aggrappato ad ina linea di ferro. I templi, i sentieri colorati da cordoni di nastri, le volte di acero rosso, i fiori più starni, sono tutti nascosti, da qualche parte, sotto il mio sguardo: li ho raggiunti, sfiorati, oltrepassati. Ora, che la montagna continua, alle mie spalle, in un saliscendi impetuoso. Come il vento che la sferza. Come il battito del cuore.

 

 
 
 

.

Post n°809 pubblicato il 07 Maggio 2019 da enodas

 

 

Certo, le premesse per cui ero sceso nei giorni scorsi erano completamente diverse. Il tempo e le distanze sono anche questi, frustranti ed incontrastabili, soprattutto il primo (anche se il secondo lo stesso, in un certo senso). Un cruccio ed una malinconia ancora più evidenti, in certe situazioni. Così, riparto con una tristezza ed una preoccupazione che non posso narrare. Penso sempre ad un giorno di novembre, quando sono partito.


 
 
 

.

Post n°808 pubblicato il 02 Maggio 2019 da enodas

 

 

 

Mi aspettavo una città iper-tecnologica ed una società in perenne movimento, ed é ciò che ho trovato. Almeno, di primo impatto. Sono atterrato a Seoul già immaginandone il profilo segnato dai grattacieli vertiginosi, le miriadi di luci, nella notte, la metropolitana colma di persone con lo sguardo fisso su un telefonino. Mi aspettavo di osservare il sud-est asiatico nella sua declinazone più occidentale e moderna, quasi futuristica. L'ho fatto, negli interminabili viaggi passati in metropolitana, quasi spaventato da un ritmo che sembra renderci automi, macchine programmate capaci ovunque di isolarci nella folla. Li ho trovati divertenti, questi giorni passati nella capitale coreana, perché tutto era diverso, ma al tempo stesso non c'era pressione; malgrado i numeri da capogiro, non si sentiva l'oppressione della folla, e qualunque cosa semplicemente mi faceva sentire a mio agio. Mi sono divertito, perché sono partito all'ultimo istante, letteralmente, con poche idee in mente, ed ho scoperto un luogo affascinante, ricco di storia e, ancor più di quanto é noto a noi occidentali, in rapida evoluzione. In primavera, quando quell'equilibrio della natura e della terra, riflesso dell'universo, esprimeva il suo lato più variopinto ed affascinante. E se c'é qualcosa che mi dispiace é che, per certi motivi, alla fine non mi sia spinto molto più in là di Seoul, in questo Paese che dell'equilibrio dello spirito ha fatto la propria bandiera, alla scoperta di luoghi e città che, adesso che sono tornato, desidererei attraversare e scoprire.

 

Sono sceso dalla metropolitana, per riemergere al sole, le mura alle spalle ed una montagna che rapidamente sembrava sparire dalla città. Ho seguito quel canto rauco, sincopato ed indecifrabile che quasi sembrava infilarsi tra i ripidi sentieri e gli edifici arroccati. E mi sono lasciato alle spalle velocemente la città ipertecnologica, le folle in movimento come onde ed i ritmi frenetici, per entrare, anche solo sfiorandola, in una dimensione sconosciuta e misteriosa, dove uno sciamano coperto di maschere e vestiti si stagliava all'accesso.
Sono queste variazioni, tra eremi solitari ed isole di pace inaspettata sparse per la città, in qualche modo a connettere questa realtà moderna ed avanzata, ad un sentire antico e radicato, che si manifesta nei piccoli gesti delle persone, per quanto sia capace di percepirli, del modo di porsi che rivela una visione del mondo basata su un equilibrio perfetto. Ed é un incontro che rimane affascinante e sfumato tra futuro e passato.

 

 

Grandi come città, inaccessibili come fortezze, enigmatici come complessi labirinti. Ho oltrepassato il fiume, un rivolo prosciugato su cui si inarcava in piccolo ponte di pietra, in segno di purificazione. Ad attendermi, di volta in volta, erano guardie reali schierate su un piazzale vuoto e silenzioso di pietra ruvida e bianca, progili di drago dipinti dai colori vivaci e stilizzati, intrichi di palazzi, edifici dal pavimento in legno rialzato e finestre aperte sui cortili. Fruscio di vesti che sfiorano il terreno, come i passi silenziosi che trasportava il vento, perché da lontano si udissero solamente note accennate disperse nell'aria. Ho passato un altra porta, forse ancora più segreta ed inaccessibile. Per percorrere una via degli spiriti, magari, facendo però attenzione a camminare parallelo alla strada senza colpestarne la linea principale, o per accedere al luogo più riservato, un'isola dentro l'altra, labirinto di acqua, vegetazione scintillante e padiglioni isolati, forse illuminato soltanto da scie di lanterne flebili sospese sopra la testa, guidato soltanto da suoni lontani come eco indistinte.

 

 

Non so come descrivere le tante anime che ho assaportato di questa città nell'arco dei pochi giorni che avevo. Nel tempo e nei luoghi, era una variazione continua che oscillava tra passato, presente e futuro. Raccolgo immagini su immagini, e non so quale descrivere. Nel perdermi tra pagine di storia gloriose e luci incandescenti che esplodevano la notte, tra edifici giganti e futuristici, fino alle strade lavate di pioggia di una Chinatown rimasta vestigia del periodo coloniale, dalle piazze animate di aquiloni e movimenti lenti e coordinati, passando per silenziose sale da the con i loro tavolini a pochi centimetri da terra, a cui sedere su un pavimento di legno riscaldato accompagnati dal suono circolare dell'acqua di una fontana, gli abiti tradizionali che apparivano tra le strade strette in salita, fino agli stalli che traboccavano sulle strade colme di oggetti e di cibo. Urla, sapori, fiumi di voci mi investivano, ad ogni angolo che potessi cercare, ad ogni passo che potessi tentare. Anche quando, per un motivo o per l'altro, una di queste sensazioni venivano meno. Perché la cosa più inaspettata era di trovarmi spesso in angoli di pace assoluta, silenziosi a volte fino al mistero, sotto una coltre di rami intrecciati dei colori d'aprile, in giardini dell'universo interiore. E poi, con la stessa sensazione improvvisa, mi ritrovavo per strada e con quella sua vita continua che racchiude ed esalta si riaffermavano nella mia mente ancora una volta. Di nuovo, ho realizzato di trovarmi sulle strade d'Asia, anche se in una visione nuova come non avevo visto prima.

 



 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: enodas
Data di creazione: 18/11/2007
 

CONTATTA L'AUTORE

Nickname: enodas
Se copi, violi le regole della Community Sesso: M
Età: 44
Prov: VR
 
Mi trovate anche su:

DeviantArt




e su: Flickr
(foto pubblicate nel blog)




 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

CHI PUò SCRIVERE SUL BLOG

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
I commenti sono moderati dall'autore del blog, verranno verificati e pubblicati a sua discrezione.
 
 
La gente non fa i viaggi. Sono i viaggi che fanno la gente.
(J. Steinbeck)

Nell'ultimo anno...


 
Si usa uno specchio di vetro per guardare il viso,
si usano le opere d'arte per guardare la propria anima

G.B.Shaw


Leonardo da Vinci


Raffaello Sanzio


Michelangelo Buonarroti

 

 


Caravaggio


Rembrandt van Rijn


Jan Vermeer
 


Antonio Canova



Caspar David Friedrich


Claude Mone
 


Vincent van Gogh


Salvador Dalì


Marc Chagall

 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963