Creato da click_on_my_heart il 15/12/2008

La SCIENZA

DELL'EDUCAZIONE

 

Post N° 3

Post n°3 pubblicato il 16 Dicembre 2008 da click_on_my_heart

Voglio (sempre) la mamma!

Il bambino deve imparare a separarsi dalla madre. È un passo importante per la sua crescita e indipendenza. I consigli di Anna Oliverio Ferraris, docente di psicologia dello sviluppo all’università La Sapienza di Roma.

Piange appena la mamma esce, all’asilo non ci vuole andare, è sempre appeso al collo della madre reclamando ogni sua attenzione, fa un sacco di capricci appena torna dal lavoro. Sono alcuni dei tanti atteggiamenti dei bambini troppo attaccati alla mamma.

Ma cosa porta a questo comportamento? "I bambini nei primi anni della loro vita sono abituati a essere al centro dell’attenzione», spiega Anna Oliverio Ferraris, docente di psicologia dello sviluppo all’università La Sapienza di Roma. "E alle prime esperienze di separazione si possono avere due tipi di reazione: quella indolore e serena di un bambino sicuro, che comincia a esplorare il mondo, e quella difficile e problematica di un figlio che non riesce a staccarsi dalle braccia materne".

Questo dipende, oltre che dall’indole di ogni bambino, dal tipo di rapporto che ha avuto con la mamma. Se gli ha dato sicurezza attraverso sorrisi, coccole e atteggiamenti coerenti, il bimbo vivrà la separazione avendo nella mente un’immagine stabile della madre che gli permetterà di affrontare la lontananza con la consapevolezza che la mamma lo pensa e gli è accanto. "Sarà perciò un bambino sicuro e indipendente" prosegue la docente.

"Se invece la madre ha comportamenti ansiosi, nervosi, poco prevedibili o troppo distratti il bambino non avrà una base sicura e al momento del distacco si sentirà incerto e indifeso". Questo lo porterà ad attaccarsi ancora di più, perché non avrà formato nella sua mente una figura stabile della madre, non l’avrà – per così dire – “messa in valigia” per iniziare con le spalle coperte il suo viaggio verso l’indipendenza.

Come rimediare se è troppo mammone?
Se ci si accorge che il proprio bambino è eccessivamente attaccato alla mamma la prima cosa da fare è inquadrare la situazione e capire se è una questione di carattere o se ci sono altri motivi.
Se ci si rende conto che il problema nasce da un atteggiamento sbagliato da parte della figura di riferimento si deve correre ai ripari iniziando ad avere, e mantenendo, un comportamento che dia sicurezza e calore ma senza asfissiare. Ridere, giocare insieme, essere coerenti e creare ritmi regolari durante la giornata sono gli apripista per avere un bimbo indipendente, sereno e sicuro.
Un metodo per favorire il passaggio tra l’onnipresenza della madre e le prime uscite potrebbe essere dotare il bambino di un “oggetto transizionale” (quegli oggetti che rappresentano un “prolungamento” della mamma) come un peluche, una bambola o una copertina. È importante rendere le prime separazioni il più indolori possibile: preparatelo per tempo al momento del distacco, affidatelo a persone di cui si fida e, inizialmente, lasciatelo da solo per periodi brevi.

Copyright: Focus Pico www.focusjunior.it/focuspico/

 
 
 

RICOMINCIO DA QUI....

Post n°2 pubblicato il 16 Dicembre 2008 da click_on_my_heart

BAMBINI CHE "NON MANGIANO"

Più o meno tutti abbiamo avuto genitori che si sono lamentati perché non mangiavamo "nulla", che ci hanno portato dal dottore per avere prescrizioni di ricostituenti, stimolanti per l'appetito, vitamine, integratori, ecc e molti di noi oggi sono adulti che devono mettersi a dieta per ritrovare un fisico in forma! In tanti purtroppo ci siamo ritrovati ad aver superato il peso desiderabile: eppure per i genitori eravamo tutti a rischio di rimanere "piccini".

Questo "panico da cibo" è sempre stata una costante nella preoccupazione dei genitori e proprio ed incredibilmente nelle società agiate; oggi poi questa distorta lettura dei fabbisogni alimentari del figlio si è così esasperata che impone di correre ai ripari.  La lamentela più ricorrente negli ambulatori pediatrici è che il bambino "non mangia", anche se poi, alla visita, bambini sottopeso o che non crescono d'altezza perché sottoalimentati è difficile trovarne, se non in casi di malattie croniche o di estrema indigenza, per fortuna rari in Italia. 

 
Prevalentemente quindi siamo di fronte a bambini che non mangiano quanto vorrebbero i genitori, ma a sufficienza però rispetto ai loro fabbisogni energetici. 
 
Vi sono poi anche bambini che effetti vamente in certi periodi riducono l'alimentazione, e questo può accadere per vari motivi (malattie in corso, con valescenza, problematiche familiari, gelosie con i fratelli, scuola, ecc.). Si tratta in genere di fasi transitorie che non richiedono alcun intervento, ed è comunque inutile stimolare l'appetito con farmaci: in questi casi, più corretto e certamente più produttivo è occuparsi delle cause che hanno provocato la disappetenza. 
 
I farmaci "ricostituenti" sono ancora oggi fra i più venduti, e non solo i "polivitaminici", il cui uso ha senso solo in alcune precise patologie, ma anche i cosiddetti integratori "naturali", come la pappa reale, il ginseng, e altro. Si tratta di prodotti carichi di suggestione, presentati come capaci di ricostituire qualcosa che si è perso (l'appetito, la memoria, il vigore fisico) e di restituire alla persona, al bambino, allo studente, la carica necessaria per affrontare le difficoltà e gli impegni quotidiani. 
 
Gli studiosi giudicano questi prodotti completamente inutili. Questi farmaci rappresentano evidentemente solo una prescrizione medica semplicistica e priva di rigore scientifico, un'illusione per il genitore che li dà con fiducia al bambino e soprattutto un buon affare per chi li produce. 
 
L'alimentazione non è mai solo un fatto di cifre, a nessuna età. Entra sempre in gioco la complessità dei rapporti, come quelli instaurati dai genitori con il bambino e dal bambino con i genitori.  
 
I genitori dovrebbero cercare di capire le proprie ansie, quale è la loro origine e cercare di non soccombervi: potrebbero per esempio pensare che il bambino sia un essere molto più fragile di quanto non sia in realtà, che non abbia nessun meccanismo di difesa e di scelta, che se non mangia quanto vogliamo e come vogliamo "non ci vuole bene", ecc. 
 
Il bambino può opporsi a tutto questo e rifiutare di mangiare più di quanto gli è necessario. Scatta allora nei genitori il timore che il figlio sia disappetente: si instaura un meccanismo che vede da una parte il genitore che insiste perché il bambino mangi e dall'altra il bambino che insiste nel rifiuto.  
 
Tale stato di cose può durare nel tempo, per più anni, tanto che per molti genitori il mangiare diventa una specie di guerra/sfida. 
 
Di fronte all'inappetenza del bambino o ad atteggiamenti di parziale rifiuto dei cibi, si dovrebbe sempre avere un comportamento non autoritario e quindi di rispetto della sua autodeterminazione. 
 
Ci sono alcune conoscenze e considerazioni razionali che potrebbero aiutare l'adulto a tranquillizzarsi nelle sue valutazioni: 
 
- il bisogno di introdurre calorie e quindi proteine, lipidi e liquidi si riduce sensibilmente dopo il primo anno di età; 
 
- esistono variazioni individuali riguardanti la quantità di alimenti necessari e nello stesso bambino è possibile osservare variazioni nel tempo del tutto normali; 
 
- il giudizio sul fatto che il bambino mangi poco non è ben definito (si tratta dell'impressione dell'adulto, più che di dati correlati all'assunzione del cibo in rapporto al reale fabbisogno di quel bambino) ed è in genere in conflitto con i positivi dati relativi alla crescita in peso ed altezza; 
 
- un bambino sovralimentato nel primo anno di vita (evenienza tutt'altro che rara) tende a mangiare meno nel secondo anno; 
 
- periodi transitori di eccitazione e di ansia tendono a tradursi in un momentaneo rifiuto del cibo; 
 
- in una sperimentazione svolta su bambini nel corso del divezzamento, questi, messi di fronte a vari alimenti, in pochi giorni hanno scelto una dieta equilibrata, del tutto confacente alle loro esigenze: va quindi data fiducia alla capacità di autoregolazione del bambino; 
 
- può influire nelle richieste di maggiore assunzione di cibo il fatto di voler adeguare l'immagine del proprio bambino a quella del bambino di tanta pubblicità, un bambino grasso e paffuto. 
Il modello di bellezza infantile, al contrario del modello di bellezza adulta, viene offerto nella stragrande maggioranza dei mass media come "grasso" (se non addirittura obeso); 
 
- un bambino che è stato capace di correre, giocare, restare attivo per gran parte della sua giornata, è quasi certo che abbia assunto calorie in quantità sufficiente a soddisfare il suo fabbisogno energetico.
 
 
 

Post N° 1

Post n°1 pubblicato il 15 Dicembre 2008 da click_on_my_heart

MI SONO ASSENTATA PER MOTIVI DI FAMIGLIA E QUANDO TORNO TROVO IL BLOG CANCELLATO ED IL PROFILO CHIUSO...

PUO' ESSERE CHE LA "SIGNORA" CHE TEMPO FA MINACCIO' DI ENTRARE NEI MIEI DATI E CANCELLARE TUTTO L'ABBIA FATTO SUL SERIO?

A CHI POSSO CHIEDERE AIUTO IN QUESTA PIATTAFORMA??

 
 
 

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