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Il palloncino magico

Post n°4 pubblicato il 05 Ottobre 2010 da nuraghin45

IL PALLONCINO MAGICO

Personaggi: principessa - elefante - cane - cavaliere.
Luoghi: castello - giardino

Prima parte

C'era una volta una principessa di nome Viola che viveva in uno splendido castello. Attorno alla costruzione c'era un immenso parco che ospitava numerosi animali. La principessa non aveva nessuno con cui stare e spesso usciva nel parco per cercare qualche bestia con cui giocare un po'.
Ma soltanto un elefante accettava le sue carezze e si mostrava affettuoso. Il pachiderma era sempre molto triste perché sentiva la nostalgia per la sua terra, l'Africa, dove aveva lasciato i suoi genitori e i suoi fratelli adorati. Quando pensava alla sconfinata savana, ai giochi in riva al fiume e alla saporita erba di cui si cibava, gli veniva una gran malinconia. I suoi occhi divenivano lucidi e un lamentoso barrito usciva dalla sua bocca.

Allora la principessa gli si avvicinava e gli accarezzava le grandi orecchie per farlo calmare e dargli un po' di conforto. Anche lei capiva che il suo amico sarebbe stato molto meglio nella sua terra ma non sapeva come fare per riportarlo in Africa. Oltre a ciò, pensava al suo futuro di solitudine. Se avesse perso quell'unico compagno sarebbe rimasta completamente sola, e nessuno allora avrebbe allietato le lunghe giornate al castello.

In una bella mattinata di primavera i due amici decisero di andare a cercare nuove avventure fuori dal parco. La principessa stava seduta sull'ampio dorso dell'elefante che procedeva tra alberi e siepi in fiore per un sentiero di campagna. Ad un tratto si bloccarono a causa di un curioso animale che faceva strani versi, e si era fermato proprio davanti alle zampe del pachiderma impedendogli di procedere.
La bestiola era attratta soprattutto dalla grossa proboscide che l'elefante sollevava ed abbassava, e si mise a giocherellare spiccando buffi salti. Viola osservava la spassosa scena e rideva come mai le era accaduto prima. Ordinò al suo amico di sollevare lo strano essere e l'elefante ubbidì prontamente. L'animale era un piccolo cane molto giocherellone, che fece molte feste e ricambiò le carezze con leccatine alle mani e festosi gridolini. La fanciulla decise prontamente di portarlo con sé al castello.
Con il cagnolino la vita della principessa cambiò completamente. Ora aveva un piccolo amico che non la lasciava mai, scodinzolava ed abbaiava felice ogni volta che sentiva la sua voce, e non si stancava mai di giocare.

L'elefante però sentiva ancora più acuta la nostalgia per la sua terra e la principessa, distratta dal nuovo amico, talvolta non s'accorgeva nemmeno dei suoi momenti di sconforto. Allora egli barriva disperato, soprattutto nelle belle mattinate estive, quando il caldo sole gli ricordava le roventi giornate tropicali trascorse in riva al fiume a rinfrescarsi con abbondanti spruzzi d'acqua, insieme con i fratelli più grandi. Il cagnolino, sentendo la sua pena, gli andava vicino, gli leccava le grosse zampe, giocherellava con quel grosso "naso" e gli mordeva delicatamente le zanne, quasi fossero dei gustosi ossi da rosicchiare. La principessa infine capì il dolore del pachiderma e nel suo intimo pensò che fosse arrivato il momento di farlo tornare in Africa, visto che ormai lei aveva già qualcuno con cui trascorrere le giornate. Ma come fare?

L'Africa era lontana; bisognava percorrere grandi pianure, montagne innevate, strette valli, fiumi, dirupi e strapiombi per raggiungerla. Come avrebbe fatto un animale così grosso ad affrontare un così lungo e faticoso viaggio? E poi, ad un certo punto, sarebbero arrivati al mare... e allora? Come avrebbero fatto ad attraversare quell'immensa massa d'acqua? No, non era proprio possibile. Soltanto volando il nostro amico avrebbe potuto raggiungere la sua terra, ma purtroppo non aveva le ali.

Più passavano i giorni, e più i tre amici diventavano tristi. Ormai nessuno aveva più voglia di giocare e divertirsi. Tutti e tre, giorno e notte, cercavano una soluzione per quell'inquietante problema. Ma nessuna idea sembrava realizzabile, nessun progetto sembrava buono.
La principessa stava per intere giornate chiusa nella biblioteca a consultare atlanti e vecchi libri alla ricerca di qualche suggerimento utile. Cerca e cerca, andò a frugare in una cassapanca abbandonata in un angolo del sotterraneo. C'erano tubi di vetro, ampolle piccole e grandi, ed infine, proprio sul fondo, giaceva un libro. Era scritto a mano in una lingua un po' differente dalla sua.


In una pagina trovò un disegno che raffigurava un palloncino minuscolo, e, accanto, un grande pallone che sorvolava il mare e la terra. Un'altra illustrazione mostrava un buio labirinto dove vagavano strani personaggi. Provò quindi a leggere le arcane parole:


- Dove il sole cala stanco
c'è un castello nero e bianco.
Arrivare non si puote
se le teste son zucche vuote.
Sotto terra nel più scuro
in un loco assai securo
un pallone puoi trovare
che sorvola terra e mare.
Sol due volte tentar puoi
il percorso come vuoi.
Alla terza, oh gran doglianza,
diverrà la scura stanza,
una cella od un avello
per chi è senza cervello.

La principessa lesse e rilesse con molta attenzione, osservò anche i minimi dettagli dei disegni ed infine capì che in un lontano castello, che si trovava ad occidente, esisteva un pallone magico che poteva diventare grandissimo e che poteva volare sul mare. Però era difficilissimo impadronirsene perché era custodito nelle segrete della costruzione. Per avere il palloncino occorreva conoscere il percorso esatto. Non si poteva sbagliare il percorso per più di tre volte. Ma il malcapitato che avesse sbagliato, sarebbe rimasto rinchiuso nel sotterraneo insieme con il palloncino, fino al momento in cui qualcuno non l'avesse finalmente ritrovato. Già diversi cavalieri avevano cercato di impadronirsi del palloncino per provare la gioia di volare liberi nel cielo come gli uccelli, ma nessuno era riuscito nello scopo. Essi vagavano ormai da anni e anni senza scampo nei labirinti bui e freddi cercando una via d'uscita che era sbarrata per loro.
Sicura di aver capito tutte le indicazioni, Viola accompagnata dall'elefante e dal cagnolino si mise in viaggio in una bella mattinata di primavera. Sapeva bene che le speranze di riuscire nell'impresa erano minime ma non poteva rinunciare all'impresa.

La principessa aveva portato con sé il libro perché conteneva anche un disegno del maniero. Vi si vedevano le montagne e poi un picco sul quale sorgeva la costruzione. Spesso il cane avanzava annusando il terreno intorno e guidava l'elefante. Per giorni e giorni i tre vagarono attraversando pianure verdi di grano e rosse di papaveri finché in lontananza, quasi al confine del regno, videro delle alte montagne. Proprio nel punto dove il sole stava per tramontare la principessa vide un castello costruito con pietre scure e chiare, su un alto picco. Forse era il luogo che stavano cercando. Davanti a loro stava ora un fitto bosco che l'elefante a stento riuscì a percorrere passando tra la fitta vegetazione.  

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